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Autore: Lovy91    04/02/2010    1 recensioni
Jonathan, Euridice, Lucas, Martin e Silvester si conoscono da quando Jonathan, Martin e Lucas facevano i bulletti contro Silvester. All'arrivo di Euridice, Silvester stringe una tenera amicizia con lei e la ragazzina fa capire a tutti e quattro che non bisogna “farsi la guerra”. Tre anni dopo, quei ragazzini non esistono più e degli adolescenti hanno preso il loro posto. Con un futuro da costruire e una vita da scegliere. Euridice ha un padre considerato da tutti uno scienziato pazzo alla ricerca di un sogno impossibile e lei è stata strascinata da lui per ogni parte del mondo, costringendola a una vita di vagabondaggi, decidendosi finalmente di stabilirsi a Mesa, California almeno finché non deciderà di andarsene. Lei non crede per niente in suo padre ed è convinta che presto abbandonerà i suoi propositi. Ma dovrà ricredersi presto, molto presto. In particolare quando coinvolgerà anche i suoi amici. Problemi su problemi nascono e non solo: essere l'unica ragazza in un gruppo di ragazzi non è facile... perché, prima o poi, i bambini crescono...
Genere: Romantico, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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                                                                Capitolo 8

                                                            Tre settimane dopo...


<< Per fortuna che l'auto funzionava ancora! >>, si lamentò Lucas. Era seduto dentro Coraline, l'auto di cui Lilian aveva tanto parlato bene ed era appartenuta a suo padre. Datata di prima mano 1985, blu scolorita, emanava un fastidioso e acre fumo scuro. Il motore sussultò qualche volta prima di spegnersi definitivamente.
<< Be', che pretendi? Quella macchina ha quasi venticinque anni >>, replicò Lilian, appoggiata a un bancone del garage, intenta a passarsi la lima sulle unghie. La posò e passo allo smalto bianco perlaceo.
Lucas cacciò fuori la testa dal finestrino. << Ehi, ragazzina! Potresti farti dopo le unghie e aiutarmi >>.
<< Non sono un meccanico! >>, protestò lei. << E poi ho lo smalto screpolato, che credi? >>.
<< Donne >>, bofonchiò Lucas, tornando all'auto e dandogli un pugno sul cruscotto.
Era passato quasi un mese da quando si erano dati alla fuga e tre settimane da quando erano scappati da Carson City. Convincere David, il maggiordomo che tanto voleva bene a Lilian, non fu semplice. Lei gli promise che sarebbe tornata prestissimo e di consolare i suoi da parte sua. E se qualcuno si presentava alla villa, vestito di scuro, non doveva dire niente che potesse compromettere la loro sicurezza. Il vecchio uomo li aveva accompagnati personalmente a Salt Lake City con il jet di famiglia e lasciati in un posto sperduto della città, la più importante dello Utah.
E poi se ne era andato con le lacrime agli occhi e guardando male i cinque che avevano trascinato Lilian con essi.
La casa scelta dove alloggiare e ritrovare un po' di tranquillità non era bella e grande come villa Doolan ma non era male neanche quella. A due piani, color lilla e con il tetto a punta rosso, tegole disposte in modo regolare e pulite. Il piano terra era composto da una cucina, un salotto e due bagni e una camera. Il piano superiore da un altro bagno e tre camere da letto e una scaletta conduceva a un solaio che ospitava un piccolo bagno. Dato che le camere erano meno di loro, Lilian e Euridice dividevano quella al piano terra e Silvester la divideva con Lucas.
In quelle tre settimane si erano ripresi ma erano scossi comunque. Nessuno era venuto a cercarli e questo li inquietava non poco. Da un momento all'altro, potevano tornare e ucciderli.
Guardando la televisione, le foto dei cinque e in seguito quella della ragazzina erano presenti in tanti telegiornali. Un appello a chi sapesse qualcosa e aiutasse le famiglie e riaverli.
Per la prima volta, videro i signori Doolan in televisione. Dieci anni in più rispetto alla foto sul comò nella camera di Lilian, ma comunque belli come la figlia.
La signora Natalie Doolan piangeva davanti alla telecamera, disperata da giorni e giorni di angoscia. Il marito, Justin Doolan, erano distrutto dal dolore. Avevano rimandato tutti gli impegni di lavoro per gettarsi nella ricerca di Lilian ma brancolavano nel buio. Segno che David si era stato zitto.
A Lilian le si era stretto il cuore a quella scena però non poteva farci niente. Sperava nel suo ritorno il prima possibile e rivedere il sorriso di sua mamma e di suo papà.
Giugno era a metà e la scuola era terminata. Perdere un mese di scuola poteva essere fatale per i sei. Lilian era al primo anno e doveva passare al secondo e quel mese di scuola non aveva contribuito ad aiutarla. E Jonathan sperò di non perdere un secondo anno.
La situazione era calma, per il momento.
Ma qualcosa turbava tutti. Un'atmosfera che si era creata ventuno giorni prima. La notte della decisione di Euridice, una decisione che era costata troppo a Jonathan e a lei stessa.

<< Io... >>.
Euridice non aveva proseguito. E Jonathan era rimasto a fissarla, prendendole le mani e stringendole.
<< Jonathan, non credo sia la situazione migliore per una relazione >>.
Quelle parole ebbero lo stesso effetto di un fulmine sul giovane. Aveva lasciato le sue mani ed era arretrato di un paio di passi da lei, distanziandosi ben bene come se ne avesse paura. E in effetti ne aveva. L'unica che poteva fargli del male, ferirlo, era Euridice.
<< Non dirai sul serio >>, era riuscito a dire.
<< Dico sul serio. Metterci insieme in questo tumulto, complicherebbe le cose. Baciarmi è stato un errore, un grosso errore. Ha solo reso tutto più difficile. Cerca di capire e non odiarmi troppo >>.
La verità era un'altra. La ragazza avrebbe tanto voluto dirgli di sì, stare con lui, concludere quella decisione felice con un altro bacio. Ma non poteva essere egoista: la situazione era già complicata, la loro vita appesa a un filo sottile che Mark poteva spezzare a suo piacimento.
Jonathan era rimasto immobile per diverso tempo, a guardarla senza emozioni nei suoi occhi sempre allegri e che incantavano la giovane Rosetti.
Poi le aveva dato le spalle e corso via, per sfuggire a lei e ai suoi occhi di cui era innamorato. Ed Euridice era caduta sull'erba, le mani a nascondere il viso, a piangere e rimanendo lì finché la figura luminosa di Lilian non si era fatta strada fino a lei e l'aveva abbracciata per consolarla.

Euridice preparava il pranzo per sé e per i suoi amici ed era in ritardo. Passò un dito sul gas e una fiamma guizzante circondò la piastra usata per cucinare. Mise le pentole sulla fiamma alzata al massimo e poi si appoggiò al bancone della cucina. Si occupava sempre lei di faccende simili nelle ultime settimane. Un modo per sfuggire a Jonathan e alle sue occhiate tristi. Perché da quella notte, i suoi occhi erano spenti.
E lei si sentiva colpevole.
Voleva chiedergli scusa per poi rendersi conto che erano scuse inutili, lo aveva ferito, illuso ancora.
Buttò la pasta e chiuse la pentola con il coperchio tintinnante, quasi sbattendolo per sfogare la rabbia e la frustrazione che l'attanagliava senza lasciarle scampo. Il coperchio cadde per terra per la troppa forza.
Lilian lo raccolse e glielo porse.
<< Irritata? >>.
<< Arrabbiata, frustrata, piena di sensi di colpa >>, rispose, rimettendo il coperchio dov'era.
<< Parla con Jonathan >>.
<< No >>, disse categorica.
<< Sono giorni che non vi rivolgete la parola. A malapena vi sfiorate con gli occhi. Lui ti ama e anche tu >>.
<< Io non amo Jonathan >>.
<< Negare è una parte tanto istintiva nelle persone >>, si sedette sull'unica sedia del cucinino. << Smettila di prenderti in giro. Mi hai raccontato quello che è successo nella camera e a me sembra che a te non abbia fatto schifo >>.
<<  Certo che no >>. Si coprì la bocca con le mani come per non far uscire altro di compromettente.
Lilian sorrise trionfante. << Visto? >>.
<< Non cambia le cose. Non posso andare e dirgli: “Ehi, ho cambiato idea. Voglio mettermi con te” >>.
<< Potresti se non fossi tanto orgogliosa >>, disse lei, inarcando le sopracciglia.
<< Hai quindici anni o trenta? >>.
Rise. << A volte mi sembra veramente di averli >>, disse improvvisamente triste.
<< Passerà >>, disse rincuorante Euridice, dandole un breve abbraccio e lasciandola subito.
Un odore di bruciate le invase le narici.
La pasta stava bruciando.

Si erano dedicati anche allo studio delle ricerche del padre di Euridice. Un foglio attaccato nel salotto aveva tracciato tutti gli indizi più importanti e scritti tutti gli Elementi.
I principali acqua, fuoco, terra e aria erano in loro possesso così come il ghiaccio e la luce, due complementari.
All'appello mancavano: roccia, metallo, sabbia, buio, elettricità.
Cinque Elementi. Si chiedevano se erano ancora incastonati in qualche roccia sperduta o nascosti sotto terra. O assorbiti da altre persone.
L'ipotesi più plausibile, suggerita da Euridice, era che si trovassero tutti in America. Il semplice motivo era dovuto al fatto che i sei che avevano scovato erano lì da secoli e secoli. E l'America era stata scoperta seicento anni prima. Questo voleva dire che non si erano mai mossi da lì.
Cinque a Mesa, uno nelle vicinanze di Carson City. Nevada e California. E gli altri cinque?
Non potevano usufruire di Internet per non avere un indirizzo IP rintracciabile. Silvester era pratico di PC.
Un Internet Point poteva essere una soluzione. Decisero di mandarci Euridice, l'unica che avesse i capelli tinti e quindi difficile riconoscerla.
Un assolato pomeriggio, la ragazza in compagnia di Lilian era uscita di casa in modo furtivo. Invisibili entrambe per più sicurezza, camminavano per strada fino a un café adibito a Internet Point. A quel punto, Lilian si nascose in un vicolo ad attenderla.
Euridice era entrata nel posto con fare naturale. Poi si era fatta dare una postazione ed era rimasto a fissare lo schermo del computer fisso, grigio, che aveva dinanzi. Tamburellava con le dita il tavolino, senza sapere da dove cominciare. Decise di cercare tra gli eventi inspiegabili successi negli ultimi dieci anni.
Aprì la pagina di Google e digitò qualche parola.
I risultati erano troppi e li guardò con orrore. Tornò indietro e mise parole più specifiche.
Passò così un'ora intera di ricerche.
Una mano le si poggiò su una spalla e saltò sulla sedia.
Un giovane ragazzo dal bel sorriso le sorrideva cordiale.
<< Scusa >>, disse dispiaciuto. Tolse la mano e l'agitò.
<< Scusa tu >>, disse lei. << Sono un po'... Non importa >>.
<< Mi chiedevo se ti mancasse molto. Sai, tutti i computer sono occupati e tu sei qui da... >>, guardò l'orologio. << Un'ora e mezza >>.
<< Davvero? >>, chiese stupita. < < Non me ne sono neanche accorta >>. Guardò il PC e poi lui. Fece un gesto scocciato. << Usalo. Tanto non mi serve più >>.
Si sedette al suo posto. Euridice gli fece un cenno di saluto e se ne andò via. Uscì dal caffè livida di rabbia per non aver trovato niente.
Vide la mano di Lilian agitarsi a mezz'aria che le faceva segno di raggiungerla.
<< Quanto ci hai messo? >>.
<< Mi dispiace. Non ho trovato niente >>.
<< Favoloso >>, disse ironica. Poi si fece maliziosa. << Chi era il bel ragazzo che ti ha preso il computer? >>.
<< Uno a cui serviva ed è troppo grande per te >>, ci tenne a precisare e Lilian sbuffò.
Si avviarono per tornare a casa e Lilian bloccò Euridice davanti a una vetrina di cosmetici. Aveva visto un colore di smalto che le mancava e la pregò di farla entrare e prenderlo. Acconsentì e si sentì tanto una mamma paziente.
Attese, appoggiata contro il muro accanto alla porta, osservando il mondo scuro dietro le sue lenti nere. Le macchine correvano veloci sulla strada e tante altre persone passeggiavano tranquille e Euridice le invidiò.
Di colpo, una scena attirò la sua attenzione. Un gruppetto di bambini stava giocando a pallone in un parco vicino e la palla sfuggì e cadde in strada. Un bambino sfrecciò senza controllare le macchine che passavano e una andava a forte velocità, diretta proprio contro di lui. Euridice si staccò dal muro e voleva intervenire ma facendolo avrebbe dato nell'occhio.
Poi tutto divenne scuro. Urlò e si stropicciò gli occhi.
Un urlo da congelare il sangue provenne da Lilian, da dentro il negozio. Quel buio improvviso l'aveva terrorizzata.
Quando la luce tornò, Lilian era aggrappata a Euridice, pallida come una morta e cosa incredibile, il bambino salvo.
<< Cos'è stato? >>, chiese a fiato corto Lilian.
<< Dubito che il sole si sia spento, Lilian. Un Elemento >>, disse con certezza assoluta.
<< A Salt Lake City?! >>.
Senza aggiungere altro, la trascinò a casa, lasciando le persone in strada scioccate e il bambino consolato dalla madre.
Tornate a casa, raccontarono l'accaduto agli amici e anche loro erano molto confusi. Possibile che avessero già trovato un Elemento?
Il ritrovamento di Lilian li aveva scioccati ma addirittura due in meno di un mese era troppo.
<< Qualcosa non quadra >>, disse Silvester, seduto sulla poltrona del salotto a braccia incrociate.
<< Spiegati meglio >>, lo invitò Lilian.
<< Pensateci un attimo. Abbiamo trovato i quattro Elementi principali e uno complementare a Mesa. Giovanni Rosetti era lì da tre anni, ha girato nei dintorni senza mai trovarli e poi... puff!... saltano fuori proprio a Mesa! Andiamo a Carson City e incontriamo Lilian. Ed ora questa nuova traccia >>.
<< È come se... ci stessero... aiutando >>, disse Martin, comprendendo dove voleva arrivare Silvester.
<< Esatto >>, confermò l'amico.
<< È ridicolo >>, disse Jonathan, per niente d'accordo. << Chi ci aiuta? E perché? >>.
<< Non ne ho idea. Ma chiunque sia, che si faccia vedere presto >>, disse Lucas.
La discussione cadde e ognuno torno alle sue faccende, evitando di pensare a quella storia per un po' di tempo. Lilian si era ripresa ed era tornato la solita ragazzina rompiscatole che litigava con Lucas.
La sera giunse, con la luna a metà che guardava il mondo dall'alto come faceva ormai da millenni.
Euridice si era seduta sul dondolo posto su un portico di legno recentemente ristrutturato. Dondolava leggermente per l'aria freddina che si era innalzata da qualche ora. In quella città, vicino alle montagne, faceva un po' meno caldo. Ma per lei non avrebbe fatto differenza. Non indossava maglioni o giacche. I vestiti corti e senza maniche erano diventati il suo abbigliamento quotidiano.
Appoggiò la testa contro la struttura in legno del dondolo e sospirò, chiudendo gli occhi. Esprimendo un desiderio a quelle stelle, fedeli amiche della luna. Chiedendogli di renderla felice, che ogni cosa tornasse al suo posto. O riportare indietro il tempo di un mese, non andare mai in quella caverna, non aver baciato una seconda volta Jonathan ed essere fuggita di casa.
Sentiva tanto la mancanza della famiglia e avvertiva l'ansia che doveva ucciderli.
<< Princesa >>. Il nomignolo la fece sorridere.
Fece posto a Silvester.
<< Sei triste? >>, le domandò.
<< Un po' >>.
Silvester si guardava le mani e contorceva le dita. Aveva saputo quello che era accaduto nella stanza ed era stato molto male. Ormai era certo: aveva una cotta per Euridice. Avrebbe voluto confessarglielo e farlo significava mandarla più in crisi di quanto già non fosse. Restare ai margini, l'amico di tutti i giorni, era difficile.
Guardarla era vedere la bella ragazza che era cresciuta in quegli anni con lui. La goffa quattordicenne, seppur carina, era divenuta la diciassettenne che Jonathan amava e per cui Silvester aveva una cotta.
<< E per lui? >>.
<< Sì. È sempre per lui >>, disse. << Non capisce che così mi complica la vita? Non ci arriva? Non gli ho mica detto un “no” tassativo! Semplicemente non ora, non in questo frangente >>.
Disse tutto in fretta, sfogandosi e Silvester l'ascoltò. Jonathan aveva ragione nel dire che era un po' ingenua. Come poteva non capire del tutto lo sguardo scuro di Silvester? Di com'era cambiato? Dava per tutto per scontato, lei.
<< Quindi tu non ti metterai con lui? >>.
Aggrottò le sopracciglia. Non si era aspettata una domanda simile. << Ehm... no >>.
<< Se questa è la tua decisione, deve rispettarla. Però smettetela di evitarvi. Questo non giova alla situazione. Ritornate amici >>.
<< Non posso essere amica di uno che si dichiara innamorato di me e mi ha baciata due volte e la seconda praticamente non mi ha lasciato via di fuga. Non potrà mai essere come prima >>.
Silvester cercò di contenere la gelosia che lo divorava. << Sei sempre tanto testarda >>.
<< Non sarei Euridice. Non trovi? >>, disse ridendo e il ragazzo si unì a lei.
Silvester restò sul dondolo ancora un po' e una luce danzante gli si parò davanti alla faccia. La scacciò come se fosse una zanzara fastidiosa.
<< Io le chiamo lucette notturne >>, disse la ragazzina, sulla soglia della porta. << Sono tante carine >>.
La lucetta si spense quando un po' d'acqua la bagnò e svanì in un leggero fumo.
<< Cattivo! >>.
<< Non è il momento, Lilian >>.
Fece per andarsene ma prima disse: << Eh... l'amore fa male... >>.
Silvester la bloccò per un braccio. << Che hai detto? >>.
Lo guardò. << Io ho capito >>.
<< Sei una ragazzina insopportabile >>.
<< Gli altri dicono perspicace >>, lo corresse con fare altezzoso e poi sorrise. << Hai anche tu una cotta per lei, vero? >>.
La lasciò andare. << Okay. Sei contenta? >>.
<< Povera Euridice. Non fa niente per farsi piacere eppure piace. Ed è una grande ingenua per non accorgersene >>.
<< Lei ha una visione semplice del mondo, tutto qua >>, disse per difenderla.
<< Parla come Silvester non come il ragazzo che vorrebbe fare molto di più che sfiorarle una mano >>. Era molto seria. Gli occhi blu si addolcirono. << Glielo dirai? >>.
<< Cosa?! >>, esclamò lui. << Per metterla definitivamente K.O? Assolutamente no >>.
<< Non fa mai bene tenersi i sentimenti dentro, Silvester. Presto, guardarla non ti basterà più. Lei starà con Jonathan >>.
<< Pensavo che brillassi come una bajour non che vedessi il futuro >>.
<< Non guardo il futuro. Guardo la realtà >>. Detto questo rientrò in casa.
Silvester rimase solo, ancora con la mano tesa per fermarla e parlarle ancora. Ritrovandosi solo con i suoi dolori e la realtà che Lilian gli aveva appena mostrato.

Indecisa o no se bussare, mordendosi un labbro. Il pugno alzato, ma non osava toccare il legno della porta, bussare e far uscire Jonathan da lì.
Poi si decise e lo fece senza pensarci.
I passi assonati del ragazzo le giunsero alle orecchie e aprì la porta, girando la chiave nella toppa. Aveva la cattiva abitudine di dormire con la porta chiusa a chiave.
I primi secondi si bloccò come se fosse pietra. Euridice lo guardava imbarazzata. Praticamente era la prima volta che cercava di spiccicare parola davanti a lui.
Jonathan si ridestò e si appoggiò contro il bordo della porta, aperta in parte come se volesse chiuderla.
Euridice aprì bocca per parlare ma non uscì alcun suono.
Il ragazzo si passò una mano fra i capelli. << Sei venuta qui per parlarmi o rimanere imbambolata? >>.
<< Per... parlarti >>, riuscì a dire. Si sentiva tanto stupida.
<< Se sono scuse non le voglio. Non è questo quello che voglio sentire da te >>.
<< Non sono venuta per darti scuse inutili >>.
Guardò il corridoio deserto e la porta di fronte, un'altra camera occupata da Lucas.
<< Entri? >>.
Esitò. << No! >>.
Ridacchiò. << È così hai paura di stare sola con me >>.
<< Non confondermi. Non sono qui per cadere tra le tue braccia ma per un compromesso >>.
<< Un compromesso? >>.
<< Sì. Basta silenzi, basta occhiate tristi. Io e te non siamo una coppia, non possiamo essere più gli amici di prima. Ma cerchiamo di comportarci da persone... normali >>.
Jonathan inarcò le sopracciglia.
<< So che in questo periodo la parola “normale” non fa parte del nostro vocabolario però vorrei cercare di sistemare le cose. Gli altri non c'è la fanno più a vederci combinati in questo stato >>.
<< L'hai voluto tu, questo stato >>, le ricordò con un tono sgradevole.
<< Lo so >>, convenne lei, prendendo ampi respiri per non piangere e ricordare quella scena del parco di tre settimane prima. << E me ne prendo le responsabilità. Ma ora smettiamola. Siamo grandi per comportarci così >>.
Annuì. << Come vuoi. Buonanotte Euridice >>. Stava per chiudere la porta ma la ragazza lo fermò.
Lo guardò con occhi stupiti. << Tutto qui? Non vuoi provare a farne un altro, a protestare, strillare o altro? >>.
<< Devo baciarti? >>, chiese confuso.
<< Non intendevo questo. Intendevo che non hai detto niente >>.
<< Se è questo quello che vuoi io non posso obbiettare. Se vuoi, lo faccio volentieri >>. La stava chiaramente prendendo in giro.
<< Okay, smettiamola qua. Buonanotte >>. Si girò di scatto e se ne andò. A metà corridoio   si voltò di nuovo, irritata. << E piantala di fissarmi! >>.
Jonathan rise e rientrò nella sua camera.
Euridice scese le scale e si rifugiò in camera sua, gettandosi sul letto a peso morto, senza mettersi il pigiama.
Per accorgersi poi di Lilian che la guardava, stesa nel suo letto con un libro aperto. Sconcertata.
<< Ho parlato con lui >>.
<< Ah... >>, mormorò, posando il libro sul comodino. << E come l'ha presa? >>.
<< Troppo bene >>, disse ricomponendosi. << Avrei preferito strilli, proteste >>.
Lilian scoppiò a ridere di gusto. Euridice la guardò male.
<< Sai perché? Così potevi cedere e invece reagendo in questo modo non avevi la scusa. Bravo Jonathan >>.
<< Figlio di buona donna >>, imprecò Euridice.
<< Jonathan sta giocando, Euridice. Il premio sei tu. Aspetterà che tu ceda, arriverai al punto che non resisterai più e andrai dritta dritta da lui con le idee totalmente diverse >>.
<< Allora mi attenderà per tanto tempo >>, disse decisa, aprendo la sua valigia nuova e cercando un pigiama.
<< Io non credo >>. Lilian aprì il cassetto del mobile e ne tirò fuori un flaconcino trasparente  marrone con sfumature arancioni. Svitò il coperchio. << Io la penso come lui >>.
<< Come fai ad avere sempre così chiare le persone e le loro intenzioni? >>.
Rimase con la mano sospesa in mano e sul palmo due pillole bianche. Ci pensò su. << Ci sono sempre riuscita >>.
<< Forse è per via dell'elemento. Insomma, la luce viene sempre indicata come colei che tutto rischiara e fa comprendere. Magari è per questo che riesci tanto a capire le persone >>, ipotizzò Euridice.
<< Se è così, allora questo “dono” sparirà quando tornerò normale >>. Ingoiò le due pillole con due sorsi d'acqua e poi ripose tutto.
Euridice doveva dormire con la luce accesa, altrimenti Lilian sarebbe caduta nel panico. Attendeva che i sonniferi facessero effetto per poi spegnerla.
Il respiro della biondina si fece lieve e si addormentò definitivamente. Ed Euridice spense la luce.
Sotto le coperte, abbracciò il cuscino e restò a pensare, aspettando che il sonno la rapisse come ogni notte.
Era vero quello che diceva Lilian? Che Jonathan l'aspettava al... varco?
Se era così, Euridice dovette ammettere che era astuto. Ma l'orgoglio che impediva di cedere, la situazione idem.
Doveva solo comportarsi come ogni giorno... come ogni giorno...


Angolino!

So di essere tremendamente in ritardo! Chiedo scusa e tanto! Ma anche per le altre mie storie la situazione è la stessa quindi cercate di capire! In questo capitolo non è successo niente di particolare, a parte la traccia di un nuovo Elemento e la probabilità di un piano molto più grande di loro dietro... Nel prossimo, arriverà un nuovo "amico" se così si può definire... Be', alla prossima!
Baci!










   
 
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