Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: mery_wolf    06/02/2010    1 recensioni
"E intanto il tempo passa e tu non passi mai."
[Estate - Negramaro]
Saranno ancora – e sempre – soleggiati giorni d’estate.
Genere: Introspettivo, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Ehi, buongiorno!

Grazie ^^ grazie di cuore per le recensioni!

Già due recensione mi riempiono il cuore di gioia, ma anche qualche altro misero commentuccio da parte di solo quelli che leggono accrescerebbe la mia già bassa autostima da scrittrice è_é

Ringrazio anche dal profondo del mio cuore effe_95 che si è unita a recensire Sunny insieme a CipDebbi.

P. S. vi consiglio di leggere questo capitolo con in sottofondo la canzone di Sarah McLachlan, Blackbird che potrete trovare qui, su YouTube.

È lei che ha ispirato questo capitolo.

 

 

 

 __________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________

2

BREAD&BUTTER 

 

Non senti che
Tremo mentre canto?
Nascondo questa stupida allegria
Quando mi guardi

 

 

 

Da quel giorno siamo sempre insieme Jenny e io, come il pane e il burro.

[ Forrest Gump ]

 

 

<< Sgrunt. ‘Giorno... >>, borbottai, grattandomi distrattamente una guancia.
<< Buongiorno. Dormito bene? >>. Mia madre mi accolse nella cucina assolata, con un sorriso altrettanto raggiante.
<< Direi di no >>.
<< Perché mai quella faccia cadaverica, sorellina? >>, fece mio fratello minore, sbigottito.
<< Mh... Non è che mi va di parlarne, ok? >>. Odiavo quando mi facevano il terzo grado di mattina presto. << Ditemi che ore sono >>. 
Caspita, mi sentivo come se avessero messo la sveglia alle cinque del mattino.
<< È mezzogiorno >>.
Spalancai gli occhi e la bocca. << Miseria ladra... >>, biascicai, più che sorpresa.
Decidendo di non pensarci ancora su, mi fiondai verso il frigorifero, famelica. Ma subito la voce di mio fratello mi ammonì:
<< Non vorrai mangiare a quest’ora! >>.
<< Lo sai che poi a pranzo non toccherai niente, vero? >>, rincarò la dose mia madre.
<< E non rompete >>, sbottai, di malumore.
Mio fratello sopirò: << Eppure ieri sembravi di così di buonumore... >>.
Preferii non rispondere.
Poi entrambi i miei familiari si fecero i fattacci propri, come se glielo avessi ordinato. Salvatore riprese a sfogliare il suo fumetto giapponese e mia madre a togliere 
dalla tavola i resti della cena di ieri. Bevvi un bicchiere d’acqua per schiarirmi le idee e poi mi rivenne in mente cos’era accaduto ieri...
No, niente paura.
Non si trattava di nessuna invasione aliena, ultimatum alla generazione umana o qualcosa di catastrofiche. Avevamo solo visto un film alquanto insensato, insieme a 
degli amici che ci erano venuti a trovare nella nostra casa in campagna. Ma era stato comunque un evento di dimensioni epiche, per me.
Il mio stomaco si contorse all’idea che tra poco sarebbe iniziato un nuovo anno scolastico. Con quello che era successo ieri era bello poter credere che non fossimo già a Agosto...
Feci uno sbadiglio e la mia pancia emise un brontolio alquanto imbarazzante.
Non so se sia stato per la mia faccia oppure per il rumore del mio stomaco ma suscitai una certa pena in mia madre che, alla fine, acconsentì a preparami la colazione.
Mi lodai mentalmente, per la mia performance da cane bastonato. Sorrisi diabolicamente.
<< Guarda >>, fece mia madre, << abbiamo comprato dei cornetti vuoti così li possiamo riempire di ciò che più ci piace. Te ne preparo uno. Cosa vuoi che ci metta dentro? >>.
La guardai aprire il cornetto con un coltello. Ci pensai su: << Burro >>.
<< Sicura? >>, chiese, stranita. << Non ti disgusta? No? Come vuoi >>. Spalmò il burro dentro il cornetto ed aspettai pazientemente che mi servisse.
Non avrei dovuto trattarla come una serva. Di certo non la guardavo con lo sguardo che diceva chiaramente “ora inginocchiati e baciami i piedi” ma non potevo far a meno 
di stare seduta, a rimuginare. << Come ai vecchi tempi >>, bofonchiai tra me, senza voler che ascoltassero la mia constatazione.
<< Come hai detto? >>, mi fu chiesto inevitabilmente.
Iniziai a masticare il mio pane e burro, diffidente. << Niente, niente >>.

 

***

 

<< Fa caldo... >>.
<< Sì, è almeno la centesima volta che lo ripeti >>.
<< Ma è vero...! >>.
<< Sentila, non ha neanche la forza di parlare! >>.
Mi voltai, fulminando con lo sguardo Luca. << Non sono stata io a tracannarmi metà bottiglietta d’acqua, se non sbaglio >>. Dire che assomigliavo ad un serpente era poco.
Nella salita ripida di asfalto dal paese fino alle casette affiancate sulla collina che avevano affittato la mia famiglia e quella di Luca c’era sempre da faticare.
Specialmente se erano le cinque del pomeriggio, dopo merenda e senza essere muniti di almeno un litro d’acqua.
Sospirai. Mi chiesi se Luca lo facesse a posta ad irritarmi. Ci voleva un talento, d’altronde.
<< Comunque, potevi anche farti un bagno prima di salire. Il costume ce l’avevi >>.
<< Non ci tengo a lavarmi da capo >>.
<< Come vuoi tu >>.
<< E poi quella piscina piana di sassolini che voi chiamate mare è infestato dalle meduse. Perché sfidare ben due volte la sorte? Non voglio essere punta. 
Stamattina l’ho scampata appena in tempo >>.
<< B’è, questo lo devi a me >>, si lodò. In quel momento mi pentii di avergli espresso la mia gratitudine. << Se non ci fossi stato io e non avessi catturato quella medusa, 
tu saresti stata punta >>.
<< Oh, certo. Adesso non è che sei diventato un eroe. Non montarti la testa >>.
Ma a che serviva dirglielo, poi?
La testa montava, quello là, ce l’aveva dalla nascita. Ci avrei scommesso che le sue prime parole – mi manca solamente la conferma finale, che non potrò mai avere – erano state 
“Quanto sono bello”. A volte, la sua vanità mi faceva venire i giramenti di... testa. Sì, testa.
<< Piantala, Luca >>, intervenne suo fratello minore. Per un momento pensai che stesse per dire qualcosa di intelligente. << Che l’unico che non ha paura delle meduse, qui, 
sono io >>, concluse con un senso di superiorità.
Oh, come non detto.
Come se la mia mente e quella di Luca fossero collegate, ci guardammo silenziosamente.
Sorridemmo diabolicamente.
Facendo finta di niente lasciammo andare avanti Vincenzo e ci limitammo a stargli alle spalle, camminando più lentamente.
Ci limitammo solo per poco. Facendoci un cenno quasi disinteressato, ci avvicinammo a lui di soppiatto.
Prendemmo fiato:
<< MEDUSA! >>, gridammo all’unisono nelle sue orecchie.
Vincenzo trasalì, prendendo l’equilibrio. << Dove?! >>, si guardò attorno, allarmato.
Veloci come fulmini, io e Luca iniziammo a correre, sorpassandolo. << Medusa di terra! >>, gli gridò Luca, per indispettirlo ancora di più.
Vincenzo, quando si accorse della beffa iniziò a pronunciare parole irripetibili.
Corremmo più velocemente perché se solo ci avesse preso non osavo immaginare cosa ci avrebbe fatto. Ma ridevamo, ridevamo così forte che ad un certo punto 
dovemmo smettere di correre, per il mal di pancia.
Ormai il fratellino del ragazzo che avevo davanti era lontano ed aveva rinunciato a raggiungerci. Il sole picchiava così forte che pensai di avere le allucinazioni.
Perché vidi Luca splendere sotto quella luce forte. La sensazione che provai alla testa non doveva essere altro che un allucinazione.
Smisi di ridere.
Lui non sentì il mio cambiamento, ancora troppo preso a sghignazzare di gusto.
Cercai di distrarmi da suo viso dai lineamenti che non mi erano mai sembrati così carini fino a quel momento e tentai di trovare un qualsiasi pensiero che mi distraesse.
Diamine, dovevo smetterla di fissarlo. Non era educato. Ed era imbarazzante.
Pensai a Gaetano.
Mi diedi mentalmente della stupida per aver voluto pensare a lui.
 
A rovinarmi la giornata bastava veramente poco.
Bastavano le nuvole grigie che oscuravano il sole, così vitale per il mio buonumore.
Bastava la pioggia, così deprimente.
Per rovinarmi la giornata bastava solo un messaggio di Gaetano, il mio vecchio migliore amico.
A volte, poteva sembrare che aiutarmi nelle mie difficoltà e starmi vicino fosse l’obiettivo per cui era nato, altre che farsi i fatti propri, sparendo dalla circolazione, 
fosse la cosa migliore per tutti. Non vi avevo mai dato troppo peso al suo strano comportamento.
Almeno, non finché non mi ero innamorata di lui...
<< Sei silenziosa. Cosa ti succede? >>, Vincenzo mi si avvicinò, con aria apprensiva.
<< Pensavo >>, risposi senza rendermene conto.
A cena non era da me restarmene zitta a rimuginare, era abbastanza ovvio. A me piaceva blaterare e blaterare all’infinito e scherzare persino mentre mangiavamo.
Era questo uno dei vantaggi ad essere con Vincenzo e Luca in vacanza: non ci si annoiava mai.
Sarà perché Vincenzo è irascibile e rumoroso; una volta scatenato il suo uragano non lo ferma più nessuno. Ed è fermamente convinto di quello che fa, anche se non è una 
mossa intelligente.
Sarà perché Luca è più ragionevole, ma altrettanto rumoroso e fastidioso se si lasciava andare. E forse il suo repertorio di battute era anche migliore di quello di 
Vincenzo – essendo il fratello maggiore.
Oppure sarà la somma di quei due fratelli, il che era assolutamente irresistibile.
Ma fatto sta che quella sera non sopportavo proprio nessuno.
Luca tentò di attirare l’attenzione altrui su di sé:
<< Vuoi vedere un trucco con le carte? >>, mi chiese cacciando un mazzo di carte francesi dalla tasca del pantalone.
Subii il suo stupido giochetto con quelle stupide carte, senza smettere un attimo di pensare a Gaetano. Diamine! Era come un’ossessione.
Più il tempo scorreva, più il suo nome m’invadeva la testa.
Tic tac, tic tac, tic tac.
Gaetano Gaetano, Gaetano Gaetano, Gaetano Gaetano.
<< Ehi, ma ti pare che tua sorella debba stare con il broncio a tavola? >>, bisbigliò Luca a mio fratello, nel tentativo vano di non farsi sentire da me.
Non avrei dovuto dargli molto peso, non avrei dovuto neanche arrabbiarmi e rispondergli. Però lo feci.
<< Perché? >>, gli dissi, alzando la voce. << C’è qualche problema se oggi ho la luna storta? Non ti va bene che io sia arrabbiata; che vuoi da me? 
Non posso essere sempre a tua disposizione per tutte le stronzate che ti vengono in mente, lo capisci? Smettila di fare il bambino, non ti sopporto quando fai così! >>.
Mi alzai dal tavolo e lo lasciai lì, basito, a guardare il mio posto vuoto.
Mi diressi verso la spiaggia a passo spedito e mi sedetti sui ciottoli scomodi e duri.
Avvolsi le ginocchia tra le braccia ed ebbi la tentazione di affondarvi il viso e piangere a dirotto.
Forse mi sarei sentita meglio dopo un pianto liberatorio.
Quando si aveva una profonda tristezza come la mia era dura far finta che andasse tutto bene.
Non andava mai tutto bene, non fino in fondo.
Perché da quando mi ero dichiarata e Gaetano mi aveva respinto con freddezza... tutto era diventato più freddo. E neanche il sole mi sembrava più così caloroso come ricordavo.
Il gelo era nel cuore, ed aveva il colore verde degli occhi di Gaetano.
Dovevo avere una faccia molto arrabbiata, visto che in uno scatto scaraventai in acqua un sassolino arraffato da terra. Immaginai che quel sassolino dal colore rossastro
 fosse Gaetano e mi sentii vagamente più soddisfatta, nella certezza che in quel momento stesse affogando.
Guardando il mare all’orizzonte mi accorsi di come il profilo dell’isola di fronte spariva nel semibuio rischiarito dallo spicchio di luna nel cielo che combatteva 
contro il nero attorno a sé, per non essere inghiottito dall’oscurità.
Mi persi a contemplare il mare buio e calmo, in quella sera animata dallo sciabordio delle barche in vicinanza. E tutto quel nero inghiottì anche i miei pensieri.
Li azzerò quasi tutti, rendendomi partecipe di uno solo: Luca.
Cazzo, dovevo averlo offeso. Non lo vedevo così stranito da non ricordavo più quanto tempo.
Infondo lui voleva solo tirarmi su di morale e i suoi tentativi di tutta una serata, pensandoci bene, erano più che ammirevoli. Oh, ma perché non si faceva i fatti suoi?
Oltre che suo buon pregio, l’altruismo era anche un gigantesco difetto. Il suo cuore grande non meritava il trattamento che gli avevo dato io.
<< Oh, eccoti qui >>, esclamò la voce di Luca, raggiante. Come se non fosse successo niente.
Mi raggiunse in poco tempo e si sedette affianco a me, con calma.
<< Che velocità. Mi hai già perdonata? >>, sputai sarcastica.
Non avrei dovuto esserlo.
<< No >>, rispose secco, pur sorridendo. << Ma pensavo che ci volesse qualcosa per tirarti su il morale, non credi? >>.
Solo in quel momento mi accorsi che con sé aveva una specie di valigia. Quando la aprì vi era una chitarra vecchio stile all’interno, di quelle dal legno chiaro e lucido.
Alla vista di quella meraviglia qualcosa dentro di me si mosse, forse commozione.
<< Sai, ho preso lezioni di chitarra quest’anno >>, mi spiegò, pratico mentre prendeva dalla tasca interna della valigia un plettro. << Non mi piace che debba essere io a dirlo, 
ma sono diventato anche piuttosto bravo a suonarla. Speravo che ascoltare un po’ di musica dal vivo, ti distraesse dai brutti pensieri che hai >>.
Mi suonarono abbastanza stranamente quelle parole, dette da lui. Luca che non voleva ammettere di esser diventato bravo a suonare la chitarra?
Cosa c’era che non andava?
Di solito era lui a correre da tutti i suoi amici per vantarsi della sua nuova abilità; invece l’aveva tenuta nascosta a quasi il mondo intero...
Iniziò prima ad accordare lo strumento per bene e poi a strimpellare, improvvisando per la maggior parte del tempo.
M’incantai alla vista delle sue mani che si muovevano in maniera così naturale sulle corde.
<< Wow >>. Quella sera era tutto più strano del solito. << Perché non mi chiedi a cosa penso? >>, gli chiesi, malinconica.
<< Sarebbe scorretto verso di te. Di certo ci saranno ottimi motivi perché tu abbia una faccia così arrabbiata. Ma non è possibile che io debba sapere sempre tutto di tutti. 
Hai ragione quando dici che io dovrei smetterla di fare il bambino >>.
Acconsentii, annuendo. Non so cosa mi spinse a confidarmi, esattamente, ma forse era solo l’odore del salmastro che mi aveva dato leggermente alla testa:
<< Mi sento molto triste.
Perché ogni volta che tento di stare bene fallisco e mi sento ancora più triste. I miei familiari si preoccupano per il mio stato e io non vogliono che lo facciano. Voglio solo 
che mi lascino in pace con la mia tristezza. Forse non è come dicono, e la solitudine non aiuta per niente.
Io mi sento davvero sola.
Ci sono persone che dicono di sentirsi sole al mondo, che non c’è nessuno che le capisca. Alcuni dicono che coloro che dicono così non sanno cos’è la vera solitudine.
Ma sentirsi soli è l’esperienza più universale del mondo. La gente si sente piccola. E inutile. Si crede che ci sono persone molto più perfette di noi, e che noi non meritiamo niente. 
Puoi anche non crederci, Luca, se ti dico che mi odio per fare questi pensieri. Vorrei stare meglio, ma la mia tristezza profonda non me lo permette. 
Sento che ogni giorno fallisco miseramente il mio tentativo di vivere con felicità. Perché io, per Gaetano, non sono niente. Io per Gaetano non sono abbastanza >>. 
E iniziai a piangere, versando lacrime amare mentre Luca ascoltava, senza smettere di suonare quella musica che era diventata come un sottofondo. 
<< Anche se ce la metto tutta... non è abbastanza! È come se io non fossi abbastanza >>. La mia voce si spezzò sull’ultima frase.
Cadde un silenzio riempito dalle sue note e dai miei singhiozzi.
<< No, noi non siamo mai abbastanza per il mondo... >>, sussurrò Luca o forse lo immaginai soltanto. Non ebbi mai una vera verifica di quello che disse.
<< Lo sai, questa è una delle mie canzoni preferite >>, disse Luca ad alta voce, sorridendo teneramente.
Cacciò un foglio con un testo. Me lo porse, anche se non lessi nessuna delle sue parole.
Mi limitai ad ascoltare la melodia alla chitarra, estasiata.
<< Puoi cantarmela, per favore? >>. Sorrisi tra le lacrime. << E asciugati quegli occhi! Che cantautrice sei se ti commuovi già all’inizio della tua performance? 
Credevo che lo facesse solo Michael Jackson... >>.
Risi divertita.
Sì, Luca mi sapeva sempre tirar su di morale.
Avendo già memorizzato il ritmo, non mi rimase che lasciare che le parole fuoriuscissero con naturalezza dalle mie labbra.
 
<<  Blackbird singing in the dead of night
Take these broken wings and learn to fly
All your life
You were only waiting for this moment to arise.
Blackbird singing in the dead of night
Take these sunken eyes and learn to see
All your life
You were only waiting for this moment to be free
Blackbird fly
Blackbird fly
Into the light of a dark black night
Blackbird singing in the dead of night
Take these broken wings and learn to fly
All your life
You were only waiting for this moment to arise
You were only waiting for this moment to arise
You were only waiting for this moment to arise
>>.
 
Ci sorridemmo entrambi, in quel momento magico e silenzioso.
Un momento che sarebbe stato perfetto nella storia se un uccello non avesse sorvolato sopra le nostre teste, facendoci sobbalzare.
Con gli occhi sgranati guardammo la figura nera che si confondeva con il cielo, che volava libera tra acrobazie leggiadre nell’aria.
<< È un uccello... >>, constatò Luca, respirando profondamente.
<< Nero >>, completai io.
Scoppiammo a ridere per l’ironia del momento.
Insomma, avevamo appena cantato una canzone che parlava di un uccello nero ed eccome comparire uno, dal cuore del cielo buio.
Quella figura che era riuscita a portarmi pace nel cuore, anche solo per un momento, sparì com’era comparsa. Anche se finsi di dimenticare quella sagoma quasi onirica, 
quella notte fui sempre all’erta.
Con gli occhi puntati all’orizzonte, in cerca di quel blackbird di cui io e Luca avevamo cantato.

 

 

 

 _________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________

 Note:

 

Okay, anche questo è finito! *fa la danza di festeggiamento*
Credo che mi sia venuto abbastanza bene, però giudicate voi.
Cercavo giusto l’ispirazione per scrivere questo capitolo quando rivedendo una scena del film con il geniale attore Sean Penn, Io Sono Sam – film che mi ha sconvolto nel 
profondo – e ascoltando  Blackbird omonima canzone dei Beatles, cantata poi da Sarah McLachlan.
Fa molto più effetto quella cantata da Sarah, secondo me! *_*
Perciò ho chiesto di sentirla, ha allietato i miei giorni febbrili, in cui mi sono dedicata a questo capitolo anche se è un po’ corto, secondo me.
La citazione di Forrest Gump non è a caso, visto che da quel giorno Giulia e Luca sono molto uniti, come il pane e il burro... ;)
Ho trovato, per la mia gioia, anche la versione solamente suonata di Blackbird, il link è qui ch rende molto più l’effetto. Forse.
E sono contenta che nel capitolo scorso le frasi in napoletani siano state mitiche e abbiano favorito l’effetto che desideravo: far apparire la situazione come la realtà. XD
Spero solo di non aver esagerato con l’ultima scena della chitarra!  >>////<<  
Grazie ancora delle recensioni e spero che anche altri possano aggiungersi a recensire, per la gioia del mio piccolo cuoricino bisognoso di commenti. *fa la ruffiana*
Qui c’è la traduzione, fatta da me XD, della canzone:
 
L’uccello nero canta nel cuore della notte
Prendi queste ali spezzate e impara a volare
Tutta la tua vita
Eri solo in attesa di questo momento, per sorgere
 
L’uccello nero canta nel cuore della notte
Prendi questi occhi infossati e impara a vedere
Tutta la tua vita
Eri solo in attesa di questo momento, per essere libero
 
L’uccello nero vola
L’uccello nero vola
Nella luce di una scura e buia notte
 
L’uccello nero canta nel cuore della notte
Prendi queste ali spezzate e impara a volare
Tutta la tua vita
Eri solo in attesa di questo momento, per sorgere
Eri solo in attesa di questo momento, per sorgere
Eri solo in attesa di questo momento, per sorgere.”

 

“Dona l’8% del tuo tempo alla causa pro recensioni

Farai felici milioni di scrittori.”

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: mery_wolf