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Autore: kiku77    08/02/2010    9 recensioni
seguito di "ALLA RICERCA DELLA FELICITA'"
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji, Kumiko Sugimoto/Susie Spencer
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Grazie come sempre a tutte le persone che scrivono , leggono e si appassionano a questa ff....

Miki87: ciao!grazie per aver scritto! ..lo so….lo so che Kumiko avrebbe anche potuto accettare i “passi da gigante” di Genzo. In fondo lui, a modo suo, gliel’ha detto che l’ama. Ma Kumiko sta tentando di difendersi….non so fino a che punto ci potrà riuscire…..

Sanae78: ti ringrazio moltissimo per la tua bella rec, e per aver sottolineato il passaggio di sanae che piange per nostalgia. Ci tenevo ad inserire una nota di malinconia perché altrimenti la coppia OZORA sembrava ormai troppo perfetta e di plastica. Non so se hai notato quando ho scritto che Tsubasa, le propone di andare in Giappone, ma “si vedeva che ..non aveva piacere…”. Sono anche d’accordissimo con ciò che scrivi: anche secondo me Sanae soffre molto per essere lontana dal Giappone….

Marychan82: grazie infinite per quello che scrivi… il tuo modo di sentire i pers è come se mi aprisse ancora meglio gli occhi, non so bene come dire: io scrivo e li vedo da una certa prospettiva, in certi momenti, davanti a me sono a tutto tondo, ma non sempre. E mi aiuta leggere come li percepite voi, cosa ne pensate, come li interpretate. Hai un modo molto poetico di esprimerti. Ti ringrazio davvero per dedicare proprio a questa storia questo tuo modo così intenso di scrivere…Riguardo alla domanda su Taro al Tokyo: in parte credo che sia così. Forse preferirebbe vederlo giocare, sì, ma in un posto più sicuro…sotto la sua protezione…sa quanto il calcio sia “spietato” per certi aspetti…. Grazie ancora

Giusyna: grazie mille come sempre per la tua rec. Anch’io, se posso esprimere il mio parere ( anche se in quanto autore, non dovrei…uhps), sono d’accordo con Kumiko. Secondo me ha fatto bene. Lei ha sofferto troppo: ha paura… ma ce la farà a resistere?

Sany: ciao… grazie per la tua rec così “coinvolta”! le tue osservazioni sono tutte condivisibili…vallo a spiegare a quei due, pero’!

Mareluna:ciao! Che bello quando mi scrivi! Sono felice che la storia ti appassioni tanto…. Anche a me…credimi, all’idea che tra poco è finita mi sento un po’ triste…vorrei continuare a scrivere su questi 2 pers.. mi piacciono troppo. Ho capito perfettamente cosa vuoi dire e, senz’altro quando siamo al penultimo cap lo dico. Così ci prepariamo un po’ tutte…

Makiolina: bellissima rec…lucida, precisa..non so neanche cosa dirti… so solo che l’avrò già letta 5-6 volte ….!Grazie per il tempo che mi hai dedicato e per tutte le riflessioni che hai espresso. Nelle tue parole ci sono anche delle intuizioni….ma non posso anticipare niente…..

Hitomichan: eh.. lo so… ma dai era troppo scontato se finiva così….va beh che sulla trama non lavoro molto, ma ho cercato di fare il possibile per rendere questa ff un po’ speciale ( ve lo meritate no?!). Devo dire la verità…. La storia mi viene proprio da dentro…il modo in cui si susseguono gli eventi è un processo del tutto irrazionale, su cui non applico nessun ragionamento. Solo in un secondo momento ( quando cioè scrivo fisicamente i cap), cerco la coerenza e la coesione fra i vari elementi… quindi non so come dirti.. mi è venuta così! …. Spero che saprai aspettare…..grazie ancora!

Vi lascio al cap che è di transizione ma… fondamentale…….

A presto

__

 

 

Per Taro, dopo i primi giorni, che furono un po’ duri, la vita riprese il suo corso. Si godeva le vacanze, giocando a pallone con gli amichetti e puntualmente ogni sera, all’ora stabilita , si piazzava davanti al cellulare appoggiato sulla mensola del corridoio e  aspettava che il padre lo chiamasse.

Le loro conversazioni erano lunghe e articolate, perché sia l’uno che l’altro erano molto curiosi e facevano molte domande; di tanto in tanto Taro  scoppiava a ridere e sembrava molto felice.

Per Kumiko era un continuo cercare di sopravvivere. Si sentiva molto strana fisicamente; dopo tutto quel sesso, ripiombare nell’astinenza non era stato come sei anni prima. Le mancavano molto le notti passate con lui e pensava che, visto che non aveva avuto molto altro, fosse anche normale. Inoltre aveva continuamente la sensazione di averlo ancora dentro di sè.

La vita era amara, senza di lui. Lavorava e pensava a Taro, temendo ogni giorno che potesse accadere qualcosa di brutto, sperando che potesse succedere qualcosa di bello.

Tutti i giorni Sanae le scriveva  e lei ora aveva imparato a rispondere. All’inizio erano solo frasi sconnesse o molto, troppo sintetiche. Poi, piano piano, erano diventati pensieri più profondi e ben scritti e Sanae capiva , attraverso le sue parole, tutto quel mondo che prima lei esprimeva solo attraverso il suo amore per i fiori o i dolci.

Era riuscita a raccontarle le sue cose più intime e private e le aveva parlato a lungo di sua madre; cosa che non aveva mai fatto con nessun altro.

Per Kumiko, le email a Sanae erano un modo per sciogliere un po’ della sua durezza interiore. Con la moglie del capitano, era tutto più semplice; ogni cosa sembrava risplendere di luce propria e anche  i suoi ricordi più terribili, parevano far meno male una volta che li aveva scritti sullo schermo del computer.

Parlavano di Genzo e Sanae non faceva che ripeterle di quanto fosse triste e avesse radicalmente cambiato abitudini; non usciva con nessuno; non usciva quasi più. E sembrava aspettare solo di chiamare il bambino.

Parlava poco ma Sanae riusciva a sentire che gli mancava anche molto Kumiko.

 

Genzo si svegliava e chiamava il piccolo Taro. Tutta la sua giornata ruotava intorno al momento della telefonata a suo figlio; tutto il resto passava in secondo piano. Ogni volta, quando riattaccava, aveva una sensazione di vuoto, di perdita, di assenza. Niente e nessuno, nell’arco del giorno riusciva a colmare quella sensazione di mancanza ed era tremendo per lui. Si presentava puntualmente alle sedute di allenamento e lavorava sodo come aveva sempre fatto nella sua vita. Nel tempo libero, passeggiava solo o con i bambini di Sanae e Tsubasa per i parchi di Barcellona e si fermava spesso ad osservare gli alberi, le foglie. I fiori.

Poi la sera si sedeva fuori e guardava il cielo che cambiava colore; adesso capiva che cosa fosse la malinconia, quella specie di fitta al cuore e allo stomaco di cui così tanto gli aveva parlato Tsubasa.

Di notte invece c’era posto solo per lei, per il suo corpo stupendo, per la sua bocca e per quegli occhi che sempre gli chiedevano una parola e lui lì, fermo, impalato.Tutte le certezze, tutte quelle piccole difese mentali che si era costruito crollavano al solo ricordo della sua schiena morbida e del suo petto nudo.

Viveva nell’attesa di poterla rivedere e toccare.

Aveva incontrato suo padre, mentre era di passaggio a Barcellona per lavoro e  gli aveva raccontato tutto. Il signor Wakabayashi aveva ascoltato le poche parole di Genzo ed era rimasto a guardare fuori mentre erano seduti in un bel ristorante del centro.

“E pensare che quando ti ho chiesto chi fosse…. tu mi hai risposto che non era “nessuno”….Sei sempre stato un ragazzo chiuso….”

“Non avresti mai capito… anche se ti avessi detto cosa provavo per lei…cosa provo per lei, tu non avresti capito…”

Suo padre scosse la testa.

“Io ho amato una sola donna in tutta la mia vita. Ed è stata tua madre. Io avrei capito, Genzo…”

Genzo lo fissò.

“Se davvero credi di amarla, devi andare da lei e devi dirglielo. Perdere la donna che ami è come perdere se stessi.”

“Mi fa paura….l’amore mi fa paura…il pensiero di averla e poi magari di perderla….mi fa troppo male. Invece se le sto lontano… mi sembra di….”

“Sopravvivere….ti sembra di farcela… e di non avere nessun tipo di dolore. Ma ne vale la pena?Per cosa? A che scopo….non puoi difenderti dall’amore. E’ una cosa che non funziona. Tua madre lo sapeva che vi amavate…è per quello che le voleva lasciare la villa…. Adesso è tutto chiaro.”

Prese l’ultimo sorso di caffè e poi guardò l’orologio.

“Sarò in Giappone quando avrai la partita con la Nazionale…. E se sei d‘accordo vorrei conoscere il piccolo. E anche questa ragazza…vorrei rivedere la ragazza dei tulipani….”

Genzo si alzò “Va bene….”

Ognuno andò per la sua strada e Genzo invece di salire in macchina, decise di fare due passi. La città era piena di gente e ogni tanto qualcuno lo fermava per una foto e un autografo. Lui sorrideva all’obbiettivo e si sentiva un po’ più vero, un po’ più vivo.

Davanti ad una vetrina fu attirato dal bagliore e dal luccichio degli oggetti esposti. Entrò.

“Salve” disse una commessa.

“Salve…”

“Posso aiutarla?”

Genzo fissava il ripiano perfettamente pulito e lucido.

“Non lo so….”

La commessa lo fissò un po’ perplessa ma poi sorrise.

“Guardi pure… io resto qui e se vuole un consiglio, chieda…”

“Non so dove guardare….non so….”s’interruppe.

“Si tratta di una ragazza?” chiese lei, che di uomini sperduti ne aveva visti a decine.

Genzo allora la guardò.

“Ma…sì…. potrebbe essere…..lei….noi abbiamo un bambino stupendo….”

La commessa lo guardò con dolcezza.

“Beh…. La madre di un bambino stupendo, si merita un regalo altrettanto stupendo, no?”

Genzo aveva ricominciato a guardare il ripiano. Ma non parlava. Lui faceva sempre perdere l’equilibrio alle donne.

“Io credo che le serva un anello…..” disse allora lei.

“Un anello?”

“Già….”

“Un anello come? Un anello è complicato…. Lei fa la pasticcera….non porta gli anelli..”

“Oh vedrà che il suo lo porterà di sicuro…. “

“Le ho fatto molto male….” disse Genzo ancora con gli occhi bassi.

“Allora ci vuole qualcosa di semplice. Le cose semplici, senza tanti arzigogoli, sembrano più vere. Sono più sincere” disse la ragazza tirando fuori da sotto il banco un astuccio con tante vere di diverse fattezze.

Il portiere le osservò e in un primo momento le parvero tanti cerchietti d’oro, uno identico all’altro. Si abbassò con il busto per cercare meglio e dopo poco vide che invece ogni cerchietto era diverso: cambiava lo spessore, la grossezza; qualcuno avevano delle piccole pietre colorate, altri invece niente.

“Gliene porto degli altri…”

“No… aspetti….” Genzo uscì un attimo e andò alla vetrina: sul secondo ripiano, c’era un anello dalla vera sottile in oro bianco con una piccola perla di corallo.

“Voglio quello….”

La commessa l’aveva raggiunto e sorrise.

“E’ bellissimo….” disse lei

“Dice?”

“Sì….ha davvero buon gusto….”

Corse alla macchina e si fermò davanti alla casa di Tsubasa.

Una volta entrato, cercò il capitano e Sanae, che erano seduti sul divano a giocare con i bambini.

“Ciao Genzo!” dissero in coro i gemelli.

“Ho comprato un anello…” disse lui tutto d’un fiato, guardando Sanae e Tsubasa, come non li aveva mai guardati prima.

 

   
 
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