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Autore: SunVenice    08/02/2010    5 recensioni
“Itokosan!” Gliel’ho promesso! Ho promesso che ci saremmo riviste! Sono sicura che se non mantengo la parola Lei piangerà! Lei non merita di piangere! “Rivoglio la mia Itokosan!!!” Vi prego lasciatemi andare da Lei!!!. Attenzione possibili Spoiler ed alzamento di Rating in futuro! La storia é anche una trascrizione dello storyboard di un Fanmanga pubblicato su Deviantart. [sono viva! Rallentata a causa dagli esami imminenti ma comunque viva ed attiva! Stato del 25° capitolo: 0%; Cambio del titolo, motivo spiegato nel mio account]
Genere: Romantico, Avventura, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sakura Haruno, Sasuke Uchiha, Shikamaru Nara, Sorpresa
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Sono tornataaaaa!! *Suono di grilli in sottofondo*Ehm… hallo? *ancora grilli* C’è nessuuuuno?

Sniff, lo so di essere in ritardissimo, ma potreste almeno non punirmi con il silenzio… ? Y.Y

Vabbé, lasciamo spazio alle recensioni. Sob.

 

Risposte alle recensioni:  

 

Gloglo_96: Spero che questo capitolo non ti lasci stranita come l’ultimo! Lunghino anche questo (25 pagine), e come sempre pieno di avvenimenti. Goditelo fino in fondo! ^^ Ciao ciao

 

 kry333: Non dico nulla non dico nulla…. <.< Mah, non sarò un po’ prevedibile? Va bhe. Lascio la parola al capitolo! Mi ha fatto piacere che le Anticipazioni siano state gradite! Grazie!

 

 sakura92: E dopo un’estenuante attesa il segreto di Sakura svelato! Ma non del tutto eh. Altrimenti posso fare armi e bagagli e finire qui la fic! ^^ Spero che le tue occhiaie non siano state troppo profonde! Bhe, la tua attesa è finita! ^O^  ciaoooo!!

 

 Rinoagirl89: LUUUU!!!  é.è Mi dispiaceee!!! Sono mancata per tanto tempo! Y.Y Perdonami per la mia lunga assenza e anche per la mancata presenza di Sasuke in questo capitolo! Sob! Fan delle Shika Tema eh? Anche a me piace quella coppia, ma si sa, ogni personaggio è il più bello per la sua mamma! ^_^ Quindi Moriko ha la precedenza! Mhwahaha! In questo capitolo Coco fa comparsa, ma non ci sarà nel prossimo. Scusa… X( Ti è piaciuta la ragazza alla fine del capitolo eh? (gongola) Lo so lo so, le OC sono la mia specialità. Ok ora basta con le ciance e corri a leggere! Marsh! Ps. Fammi gli auguri per gli esami!! O.O’’

 

Capitolo 23: Verità svelate

 

Quando la sveglia suonò sul suo comodino, puntualmente come tutti i giorni alle 6,25 del mattino, Sakura era già sveglia. I suoi occhi, seppur avvertiti intorpiditi e pesanti sulle palpebre, erano rimasti aperti per quasi tutta la notte, facendo comparire inevitabilmente sotto di essi  delle lievi occhiaie, testimoni di una notte passata a girarsi e rigirarsi come un’anima in pena sotto le coperte.

Sospirò, allungando una mano sull’aggeggio, spegnendolo con un colpo secco, per poi ritirarla nuovamente sotto le lenzuola e tornare a concentrarsi sul soffitto della propria camera.

Aveva ancora in testa gli avvenimenti della scorsa notte: non solo aveva attraversato tutta Konoha per cercare Moriko, fuggita dopo essere stata baciata da quell’imbecille di Shikamaru, ma si era anche trovata faccia a faccia con Sasuke.

Sentì il suo petto tremare al ricordo delle parole del moro, portandola ad afferrare i lembi della propria coperta e portarsela fino agli occhi, coprendosi il volto, quasi quel pezzo di stoffa imbottita potesse farle da scudo di fronte agli avvenimenti dell’altro giorno e dalle sue conseguenze sui giorni successivi.

I sui denti artigliarono con fare nervoso il labbro inferiore, per evitare che ne uscisse un singhiozzo.

Ancora non riusciva a capacitarsene.

Era stata una stupida: tutta quella fatica, quelle bugie per le quali aveva dovuto fare i salti mortali, per poi essere messa con le spalle al muro in quel modo ridicolo.

E tutto perché aveva abbassato la guardia per un misero istante.

Riabbassò la trapunta, posandosela sul naso e scoprendo gli occhi già umidi  per il pianto ormai prossimo ad esplodere.

Questa volta non se la sarebbe cavata con una scusa o una bugia, ne era sicura, Sasuke non avrebbe mai mancato di informare Kakashi-sensei delle sue ultime scoperte. Anzi, era addirittura probabile che il jonin ne fosse già stato informato da tempo.

Serrò gli occhi con forza, lasciando un paio di lacrime di frustrazione scivolarle lungo le proprie guance.

No, no! Così non andava! Non poteva arrendersi in quel modo!

Era sicura che avrebbe trovato una scappatoia, l’unica cosa che doveva fare era trovarla.

Con un gesto secco liberò le proprie gambe dalle lenzuola, alzandosi in piedi di scatto ed afferrando la propria divisa ninja dalla sedia posta accanto alla scrivania. Se la infilò senza tante cerimonie ed uscì dalla stanza passando davanti allo specchio come se non esistesse.

Arrivata alla fine delle scale, trovò sua “madre” in cucina intenta ad apparecchiare con la solita aria seccata la tavola anche per lei.

Appena la vide oltrepassare la soglia della stanza, Riiki la squadrò severamente, incrociando le braccia al petto, seguendola con quei suoi irritanti occhi color pagliericcio finché non si fu seduta a tavola.

Lei non si scompose più di tanto: ormai era abituata a quella routine nella quale era costretta a vivere da quando era stata presa sotto la custodia di quella donna, portandone il nome da almeno 8 anni.

Senza dar segno di essersi accorta di quella gelida accoglienza, Sakura si sedette compostamente, con la schiena ritta e prese tra le mani le bacchette, unendole in segno di ringraziamento e chinando leggermente in avanti il capo, con gli occhi chiusi con decoro.

Itadakimasu.” Proferì semplicemente per poi attendere che anche la “madre” si fosse seduta davanti a lei, facendo altrettanto.

Mentre mangiavano, la cucina fu sommersa da un pesante silenzio, cosa non abituale, anche in una “famiglia” come la loro, ma sapeva bene il perché di tutta quella freddezza: era da quando aveva incontrato Moriko all’ospedale che Riiki non le rivolgeva più la parola nemmeno per le più semplici domande di circostanza. Non che lei ne soffrisse, in fondo anche lei aveva le sue ragioni per non rivolgerle più di semplici frasi di cortesia. Per farla breve: lei non aveva gradito quel moto di ribellione nei confronti della sua, seppur formale,  autorità di madre e Sakura stava rispondendo con il suo stesso silenzio allo schiaffo che Moriko aveva dovuto subire.

Poco male… pensò … in fondo non è molto diverso rispetto agli altri giorni.

“Io ho finito. Era tutto squisito.” Disse meccanicamente subito dopo aver ingoiato l’ultimo pezzo di pesce, riunendo le mani davanti a sé con cortesia e sparecchiarsi, cominciando a lavare quello che aveva usato nel lavandino e metterlo da parte sul lavabo. Anche quella era una clausola del loro condividere lo stesso tetto: Riiki Haruno le dava vitto, alloggio e un nome che le assicurasse la sua permanenza al villaggio, e lei le evitava il disturbo di farle da cameriera, non facendole pulire né la sua camera, né le cose che lei utilizzava per mangiare o dormire. Addirittura lavavano le rispettive biancherie separatamente.

Certe volte Sakura, nel vedere come Riiki evitasse accuratamente di toccare tutto quello che entrava a contatto anche solo per sbaglio con lei, si era domandata se non la vedesse come un animale fastidioso ed affetto da una strana malattia contagiosa.

Però il coraggio per schiaffeggiarmi l’ha avuto… rifletté ostile, lanciando un’occhiata alla donna che mai e poi mai avrebbe chiamato mamma.

Non appena ebbe lavato anche l’ultima ciotola, poco prima usata come contenitore della sua porzione di riso, si sfilò i guanti di gomma, dirigendosi a passi veloci e ben cadenzati verso l’entrata, infilandosi  le scarpe, per poi lanciare un’occhiata guardinga alla sua matrigna.

Bene, non la degnava nemmeno di uno sguardo. Di solito quando la guardava mentre usciva di casa era perché voleva sapere dove stesse andando e questo implicava quasi sempre un sospetto nei confronti del suo comportamento.

Questo significava che aveva recitato bene la sua parte anche quella mattina.

Senza aspettare un secondo di più uscì da quella casa, ritrovandosi con suo grande sollievo a contatto con l’aria fresca di Konoha.   

Ne inspirò una grande boccata, riempiendo così tanto i polmoni da farseli quasi scoppiare, per poi buttarla fuori in un sol colpo, godendosi la sensazione di essersi appena depurata dall’atmosfera viziata nella quale era stata sommersa poco prima.

Bene… si disse riaprendo gli occhi decisa … almeno una cosa buona è successa ieri.

Si volse velocemente da una parte cominciando a percorrere a passo abbastanza veloce la via che l’avrebbe portata verso il suo obbiettivo.

Lo stesso di ieri notte.

Sì, perché l’unica cosa buona che era riuscita a scoprire, seppur disturbando il riposo di Hinata e Neji era che Moriko si era rifugiata veramente da loro e che avrebbe passato la notte nel quartiere degli Hyuuga. 

 

 

 

Il sole era sorto da poco quando Moriko, stropicciando gli occhi a causa della luce, che prepotentemente l’aveva disturbata, si mise seduta nel futon con lo sguardo perso davanti a sé, per poi scorrere stancamente il viso alla propria destra, fino ad arrivare alla porta che dava sul giardino della villa.

Il suo occhio socchiuso ed ancora assonnato si incantò a guardare la sabbia bianca ed ondeggiante del giardino per poi soffermarsi sulle foglie degli alberi, sulle pietre, fino ad arrivare alla recinzione che ne segnava la fine.

Il modo in cui la luce del sole si infrangeva sulla staccionata in particolare, la lasciò affascinata, quasi perplessa, a causa della sfumatura che aveva assunto il cielo all’orizzonte, visibile anche dalla sua posizione.

Rosso.

Un colore che le ricordava molto il fuoco… e non solo quello.

Suoni di passi frettolosi, dello scoppiettare di tante fiaccole, accese disperatamente su delle torce.

Poi un liquido rosso, caldo, viscioso, dall’odore acre e il sapore metallico.

Sbarrando  l’occhio, scostò velocemente il volto da quella visione purpurea, sopprimendo a fatica quei sibili insinuanti che le invadevano sia il corpo che la mente, facendola tremare di paura.

Le mani si strinsero l’una sull’altra quasi in preghiera, rimanendo poggiate in grembo e la sua testa si chinò in avanti mentre un nome, mai pronunciato, le salì spontaneamente alla gola muovendole le labbra in una muta supplica.

Moriko-chan?” la voce di Hinata le arrivò improvvisamente alle orecchie facendola sobbalzare dalla sorpresa e voltare verso la figura dell’amica, apparsa da poco sulla soglia della stanza.

Hinata-… chan?” sussurrò incerta, vedendola entrare nella stanza con aria preoccupata e sedersi affianco al suo letto.

C-come ti senti?” domandò preoccupata l’altra torcendosi nervosamente le mani.

“Bene.” Rispose semplicemente la ragazza dai capelli verdi, ma questo non bastò per tranquillizzare Hinata che, solo la sera prima, si era vista apparire in evidente stato confusionario la migliore amica, riversa di schiena sul retro di casa sua.

“Sei sicura?” insisté premurosa “Ieri eri… eri spaventatissima, Moriko-chan.”

La mente di Moriko ripercorse automaticamente gli avvenimenti della giornata precedente, ma non appena arrivò sul particolare che aveva dato il via alla sua fuga, la sua palpebra semichiusa si aprì completamente, sentendo quei  sussurri malefici tornare alla carica.

Lanciò un gemito lamentoso, tappandosi le orecchie con le mani e cominciando a tremare forse più di prima.

M-moriko-chan?!” sussultò Hinata vedendola in quello stato, facendo per alzarsi e farsi più vicina all’altra, ma, quando il suo sguardo perlaceo si posò sul lenzuolo del letto, si bloccò, vedendo una goccia infrangersi e venire assorbita dal cotone.

Stava piangendo.

Moriko-chan…?”

Io… io…” balbettò incoerentemente, mentre dal suo occhio sbarrato continuavano a sgorgare copiose le lacrime “… io … non potevo…

Hinata rimase in quella posizione, attendendo a fiato sospeso che Moriko continuasse.

“… io non potevo… rimanere lì. Io… gli avrei… avrei… “ continuò fermandosi ogni qualvolta un singhiozzo le erompeva in petto

“Che cosa?” chiese quasi senza rendersene conto Hinata, non osando neppure toccarla per paura di farla scattare via e vederla fuggire, spaventata da chissà cosa.

“… avrei fatto del male… a … a Shikamaru nii-san.”

A quella rivelazione la giovane Hyuuga si pietrificò, non sapendo che cosa pensare.

Io… non so che cosa… sia successo …” continuò imperterrita a spiegare Moriko, sempre tenendosi le mani sulle orecchie e chinando sempre più in avanti la schiena.

ma… con me vicino… Shikamaru nii-san sarebbe… sarebbe…

Un sibilo più forte le fece lanciare un urletto strozzato, spingendola ad abbassare la fronte fino alla coperta.

A nulla valsero i tentativi di Hinata di richiamarla e cercare di calmarla: rimase in quella posizione, con l’occhio serrato, finché non sentì le mani calde e rassicuranti dell’amica cingerle le spalle e i sussurri malevoli farsi più fievoli all’istante.

 

 

 

Ok, avevano superato il limite.

Non solo la stavano tenendo sotto chiave da una settimana , ovvero, da quando quelle due idiote erano venuta a farle una “visitina” di cortesia, ma si erano anche messi in testa di farle vuotare il sacco.

E, non contenti, oltre al danno anche la beffa: l’avevano chiusa nella propria stanza impedendole di muoversi con centinaia di carte bomba appese alle pareti, costringendola a stare sul letto, venendole a fare visita solo quando necessitava di cibo o arrivavano le 5,00 di sera per continuare quell’estenuante interrogatorio.

Coco ormai stava diventando rabbiosa. Oh, Gaara gliel’avrebbe pagata. Eccome se l’avrebbe fatto.

Come si era permesso a spifferare a Temari e Kankuro quello che era successo tra lei e quelle due dementi delle sue cugine? Non si aspettava che le sue minacce non avessero sortito alcun effetto su di lui. Andiamo! Quale imbecille al mondo l’avrebbe sfidata così apertamente!? Era senz’altro un masochista quel rosso che si era incaricata, per sua grande iella, di proteggere.

Non per molto però… si disse ringhiando sommessamente mentre guardava con astio la porta della camera … ho promesso di proteggerlo, ma di certo non mi è vietato torturarlo. Ragionò pregustando già il modo con il quale gli avrebbe fatto pentire del suo tradimento, ridacchiando sadicamente.

Stava ancora fantasticando su corde e sabbie mobili quando il ringhio insoddisfatto del suo stomaco la interruppe, facendola impallidire e, inclinando la testa da un lato, con la bocca semiaperta dalla quale sembrarono spuntare un paio di canini aguzzi, vide la sua anima cercare di scivolare beatamente fuori dal suo corpo dopo aver risalito il suo esofago.

“Ho faaame…” sussurrò disperatamente afferrando l’anima per l’estremità informe e ricacciarsela dentro, per poi tenersi una mano davanti alla bocca.

Intorno a lei la stanza sembrava stranamente sfocata.

Avrebbe dato qualsiasi cosa per un bel nikuman, magari con piccola aggiunta di paprika nel ripieno. Oh sarebbe stato un sogno.

Adesso che ci pensava, però, da quanto tempo non veniva Kankuro a portarle cibo? Nella sua stanza non c’era neppure un orologio.

Vediamo… ragionò lanciando un’occhiata alla finestra dal quale il cielo rossiccio di Suna, sopra le case color ruggine, faceva da panorama … Il sole sta per tramontare e l’ultima volta che sono entrati da quella porta erano le 2… se non sbaglio dovrebbero essere…

Aveva cominciato a contare con le dita delle mani senza accorgersene, ma si fermò immediatamente, con lo sguardo perso nel vuoto, finché la sua pancia non si fece nuovamente sentire, questa volta più adirata di prima.

“AAAARGH!!!” sbraitò mettendosi in piedi sul letto con le mani tra i capelli.

“BASTA! NON CE LA FACCIO PIU’!!!!”

Finito lo sfogo si lasciò ricadere sfinita sul letto con le gambe a penzoloni e le braccia rilassate, osservando sconsolata le carte bomba che attorniavano il suo giaciglio non permettendole di alzarsi.

Che situazione schifosa.

Il cigolio della porta della stanza preannunciò l’arrivo dei fratelli Subaku.

“Era ora…” sussurrò non facendosi sentire, sperando ardentemente che Kankuro si fosse ricordato che lei faceva sempre uno spuntino nel tardo pomeriggio.

Rialzò stancamente lo sguardo, sorreggendosi la testa con una mano, inclinandola da un lato e scoccando un’occhiata impaziente a Temari, Kankuro e Gaara che rimanevano al sicuro dalle carte bomba restando sulla soglia ed appoggiandosi agli stipiti di essa, squadrandola indagatori.

Il suo sguardo incrociò quello del rosso, imperturbato e freddo come sempre.

Dovette fare uno sforzo immane per soffocare la serie di insulti, che le invasero il cervello nell’istante in cui lo vide.

“Ciao, Coco.” Intervenne placidamente la voce di Temari, distraendola poco prima che lei potesse cedere ai suoi bassi istinti.

La biondina si voltò verso la ragazza.

Dire che in quel momento i suoi occhi verde giada mandavano fiamme sarebbe stato un eufemismo, parevano promettere mille o più modi di morire.

Temari sbuffò chiudendo gli occhi per non incontrare quello sguardo accusatore. Neanche a lei piaceva quella situazione, aveva cominciato finalmente a farsi piacere quella scontrosa biondina, ma, dal giorno in cui Gaara aveva riferito a lei ed a Kankuro la strana conversazione avvenuta tra lei e le due intruse di pochi giorni fa, si era vista costretta a rivalutare il proprio comportamento ed a prendere misure drastiche.

“Credimi Coco, tenerti rinchiusa qui dentro non fa piacere neppure a me.” Disse accomodante la ragazza, ritornando ad affrontare gli occhi dell’altra con i propri, mentre i due fratelli facevano, come da copione, da silenziosi spettatori.

“Ma finché non ci dici chi erano quelle due donne e il rapporto tra te e loro…” continuò scandendo bene ogni parola per assicurarsi di essersi fatta capire “… non possiamo lasciarti uscire da qui.”

Tsk.” Sibilò Coco, scattando la testa da una parte, quasi sputando quel monosillabo colmo di disprezzo “Come no, sono certa che ora mi direte che mi state facendo un favore a tenermi chiusa qui dentro, invece che in una delle celle di Suna.”

Il tono sarcastico della belva gialla provocò uno sbuffo esasperato da parte di Kankuro, che si strofinò la testa da sopra il cappuccio.

“Guarda che anche noi rischiamo, non consegnandoti alla squadra interrogatori …” specificò accigliandosi il marionettista .

A quelle parole Coco inarcò un sopracciglio con sufficienza “Ah, davvero?”

“Ascolta Coco, …” riprese Temari, facendo trasparire dalla propria voce una certa nota di impazienza “, … capisco che in questo momento tu ti senta in qualche modo tradita, ma devi capire che se non ci racconti tutta la verità, noi non possiamo fidarci di te, né tantomeno aiutarti.”

I tre fratelli di Suna videro Coco abbassare la testa, incavandola nelle spalle cominciando a sussultare, ma, anche se la loro prima impressione fosse quella che stesse piangendo, dovettero ricredersi, trovandosi a ad ascoltare la risata più fredda ed amara che avessero mai udito.

“Certo, certo.” Ridacchiò la biondina con una mano sugli occhi mentre cercava di smettere di ridere “Valla a raccontare a qualcun altro la bella storiellina del fidarsi, Temari.”

Inclinò la testa da un lato, lanciando un’occhiata insinuante e derisoria verso di lei, lasciando che le ciocche bionde delle proprie codine ispide le incorniciassero meglio il viso, conferendole un aspetto ancora più minaccioso.

“Ho già fatto quell’errore nel bagno e non penso proprio di ricascarci così facilmente.”

Coco…” sussurrò inquieta Temari, vedendola in quello stato.

Fu allora che Gaara, per la prima volta in quasi 5 giorni, parlò.

“Sicura di voler finire sotto i ferri della squadra interrogatori?”

La risata della biondina cessò improvvisamente ed un paio di occhi verdi e freddi scattarono sul rosso.

Temari e Kankuro rimasero lì fermi e preoccupati ad osservare quei due sfidarsi a vicenda, rimanendo in silenzio senza mai distogliere lo sguardo l’uno dall’altro, come la prima volta in cui si erano incontrati.

Gli occhi di Coco si assottigliarono minacciosamente e Kankuro poté giurare di essere in grado di sentire il lieve stridore dei denti della biondina nel tentativo di sopprimere la rabbia.

Poi accadde l’inaspettato.

Una mano della biondina scattò verso uno dei cuscini della stanza, afferrandolo e lanciandolo malamente verso di lui, rischiando di farlo cadere proprio in mezzo alle carte bomba.

Temari e Kankuro trattennero il respiro.

Gaara!” riuscì a dire con tono strozzato la kunoichi, per poi vedere, con suo grande sollievo, la sabbia del fratello fuoriuscire dalla giara e soffocare nella propria silenziosa morsa il cuscino, poco prima che quest’ultimo cadesse a terra.

Nella stanza i presenti , chi più o chi meno esplicitamente, lanciarono un sospiro di sollievo.

Per un pelo.

Tuttavia, non appena realizzarono che il peggio fosse passato, dovettero ricredersi, vedendo la mano sabbiosa del fratellino cominciare a scattare in quante più direzioni possibili per afferrare in tempo la serie di oggetti che Coco aveva continuato a lanciare contro di loro.

“Non ti sopporto!!” urlò improvvisamente la ragazzina, tra un oggetto e l’altro, fermandosi per un attimo per riprendere fiato, abbassando il capo e nascondendo il viso alla loro vista.

Tu…” ringhiò, stringendo i pugni sulle lenzuola del proprio letto “… pensi di sapere tutto, vero? Ti fai tanto grande, tanto forte… quando in realtà il vero dolore non l’hai mai provato!!!” concluse con fierezza, ritornando a sfidarlo con lo sguardo e, questa volta, anche Gaara trattenne il fiato, nel vedere gli occhi adirati di Coco farsi lucidi.

Coco…?” fece per chiedere Temari, rinunciando però quasi immediatamente e completare la domanda, nel vedere l’altra ignorarla del tutto, come se non esistesse altro che lei e Gaara.

“Tu non hai idea, di cosa voglia dire, perdere tutto. Non sai cosa significhi essere così felice da poterti permettere di ridere ogni benedetto giorno e poi all’improvviso ritrovarti completamente solo…

La voce di Coco, diventata molto simile ad un sibilo, era ormai l’unica cosa che si poteva udire nella stanza. Nessuno di loro osava interromperla, anche perché, visto il modo in cui si stava comportando, erano certi che non gli avrebbe nemmeno ascoltati.

La mano rosea della biondina scattò nuovamente e con lo stesso movimento repentino afferrò la lampada del comodino accanto al letto, alzandola verso l’alto con disperazione per poi gettarla verso terra.

Anche quella volta però, la sabbia del Jinchuuriki intercettò l’oggetto appena in tempo, evitando loro di ritrovarsi con un’esplosione in piena regola dentro casa.

“Cazzo Gaara, svegliati! Smettila di fare la vittima!” esclamò sorreggendosi con una mano sul letto, leggermente inclinata da una parte, rimanendo seduta a ginocchioni. Alle orecchie dei tre la voce era uscita stranamente incrinata.

“Tu ce l’hai una famiglia, no? Temari e Kankuro sono i tuoi fratelli,…” continuò imperterrita quella sua rabbiosa e sofferta invettiva.

Coco ormai sentiva la gola farsi secca ed arida, ma non le importava di rimanere senza voce.

“…, ma allora perché diavolo continui ad avere quel maledetto sguardo?!”

Che tipo di sguardo? Si domandò Temari, lanciando un’occhiata preoccupata al fratellino, che in quel momento aveva in volto la solita espressione fredda ed indecifrabile in volto. Anzi no, gli occhi non erano gli stessi di sempre, sembrava… sì, sembrava che si stesse addirittura sforzando di rimanere impassibile.

“SMETTILA DI SEMBRARE MORTO, DANNAZIONE!”

Fu quella la conclusione del suo sfogo. Una frase che lasciò la stanza più silenziosa di prima,con solo il suo respiro ansimante a scandire lo scorrere del tempo.

“Cos’è Abeille?”

La voce di Gaara, arrochita come se fosse stata forzata fuori dalla gola,ci mise un po’ per acquisire senso logico nella propria testa,ma, non appena lo fece, lei smise di ansare. Chiuse la bocca in un’espressione seria, e l’aria della stanza sembrò farsi gelida. Temari e Kankuro non si stupirono più di tanto a quella domanda, in fondo Gaara aveva raccontato ogni minimo particolare del fatto che gli aveva portati a rinchiudere Coco, ma non si aspettavano che l’atmosfera della discussione diventasse così fredda al solo formulare la frase.

“È un’ape.”spiegò Coco brevemente, rimanendo a testa bassa e quasi soffiando l’ultima parola.

“Un’ape?” ripeté stranita dopo un po’ Temari, inarcando un sopracciglio.

“Quelle due ti hanno chiamato ape?” intervenne Kankuro cercando lo sguardo della sorella maggiore, anche lui non riuscendo a capire il nesso tra la più giovane e quel soprannome.

Coco sbuffò, chiudendosi di nuovo in un ostinato silenzio, voltando poi loro le spalle e lasciandosi cadere pesantemente sul letto.

“È tutto.”

I tre fratelli si guardarono a vicenda, capendo che quelle due parole avevano segnato la fine della loro conversazione. Scuotendo la testa con rassegnazione Temari fu la prima ad allontanarsi dalla stanza, venendo poi imitata da Kankuro.

Solo Gaara rimase di più, osservando insistentemente le spalle della biondina rimanere immobili, come se stesse evitando addirittura di respirare.

Le palpebre del Jinchuuriki si abbassarono lievemente, venendo invaso dallo sgradevole presentimento di capire il motivo di quella immobilità, e per un attimo si sentì colpevole, come quella volta in cui i suoi fratelli lo avevano portato via da Konoha più morto che vivo, rischiando di venire catturati per non averlo lasciato indietro, essendo lui stesso, l’arma di Suna,diventato un peso inutile.

Lentamente si voltò dall’altra parte chiudendo dietro di sé la porta della stanza, senza riuscire comunque a togliersi di dosso l’orribile sensazione di essere lui la causa principale di quello sguardo disperato.

E mentre lui poggiava la schiena sul legno pressato che lo separava dall’altra, cercando freneticamente di capire da dove gli venisse quel senso di colpevolezza, Coco, udito lo scatto della serratura, aveva ricominciato a far entrare aria nei polmoni, dando sfogo alle sue lacrime che silenziose le scendevano sul viso, mentre le sue labbra serrate impedivano ai singhiozzi che aveva in gola di propagarsi per la stanza.

Non posso continuare così…

 

 

 

“Come sarebbe a dire che è uscita?!” esclamò Sakura agitando disperatamente le mani tra i capelli, scompigliandoli per il nervoso. Davanti a lei Neji Hyuuga e sua cugina Hinata la guardavano più mortificati che mai, avendole appena riferito che la cugina era uscita una mezzoretta prima dal quartiere del loro clan, dopo aver appositamente ringraziato sia loro due che Hiashi-san per l’ospitalità ricevuta.

Hinata chinò il capo dispiaciuta.

G-gomenasai, Sakura-chan.” Sussurrò sinceramente costernata per il disturbo che aveva procurato inconsapevolmente alla rosa, mentre Neji lanciava uno sbuffo silenzioso, a causa dell’incredibilità della situazione.

“E non avete idea di dove possa essere andata?” chiese sbrigativa l’Haruno, aggiustandosi la chioma rosata alla bene e meglio, già pronta a ripartire alla ricerca di Moriko.

Ma come faceva a sfuggirle in quel modo?! Accidenti!

Tutta colpa di Shikamaru… rimuginò mentalmente, meditando vendetta nei confronti del genin.

Il segno di dissenso dei due cugini la fece quasi andare nel panico: doveva ricominciare tutto daccapo?!

“Aspetta un attimo…” intervenne cortesemente Neji, attivando in un battito di ciglia il proprio Byakugan che gli contornò le tempie con le solite escrescenze venose e gli fece dilatare l’invisibile pupilla ai limiti di ogni umana sopportazione.

Grande Neji! Esultò Sakura, ripromettendosi di ringraziare appena possibile l’altro.

Passarono solo una ventina di secondi prima che Neji, con lo sguardo fisso verso un punto alla loro sinistra, riprendesse a parlare.

“Trovata.”

Un sorriso si dipinse su entrambi i volti delle due kunoichi.

“Dove si trova?” domandò ansiosa la rosa, aspettando di ricevere le indicazioni da parte dello shinobi per correre all’inseguimento della cugina.

“A circa 2 kilometri da noi…” spiegò con precisione la promessa degli Hyuuga, accigliandosi improvvisamente realizzando una cosa “… si sta dirigendo verso l’uscita del villaggio.”

Nani?” esclamarono attonite Hinata e Sakura.

Non dirmi che …?

“Sei sicuro?!” insisté la rosa, assumendo un’espressione talmente seria da intimidire persino Hinata.

Il ragazzo però scosse la testa.

“Non del tutto.” Rispose “Ma a giudicare dal fatto che stia costeggiando il fiume e che si diriga proprio in quella direzione …”

Non riuscì a terminare la frase che già Sakura era scattata nella direzione indicatale, mossa dall’orribile presentimento di sapere quello che aveva in mente Moriko,e non  lasciò neppure il tempo ad Hinata di chiederle che cosa fosse successo la sera prima alla ragazza.

 

 

“Mi dispiace Itokosan.” Sussurrò a labbra socchiuse, mentre osservava la montagna dei 4 Hokage per l’ultima volta, per poi voltarsi e dirigersi a passi decisi lungo la riva del corso d’acqua, che sinuoso percorreva in lungo tutto il villaggio.

Se ne stava andando. Questo era quanto, e non aveva alcuna intenzione di tornare indietro.

“Mi dispiace tanto…

Non poteva rimanere lì. Avrebbe rischiato di fare del male a tante persone, troppe. Ormai se ne stava lentamente rendendo conto: prima o poi avrebbe fatto del male a qualcuno. Quei dolori, quelle voci orribili che le echeggiavano nelle vene proprio come 8 anni fa, quando il suo onii-san stringeva amorevolmente una guancia tra le dita, erano oramai diventati per lei motivo di terrore.

In particolar modo il giorno prima, quando l’antica ferita del suo occhio destro aveva pulsato verso l’esterno, mentre quelle cose le ordinavano di farle uscire.

Moriko si fermò di colpo portando la mano destra al di sotto della ciocca laterale che le copriva il volto, tastando con la punta delle dita, e lo stomaco in subbuglio, la carne raggrinzita morbida e leggermente umida nascosta sotto di essa.

Le sue labbra pallide si strinsero nervosamente e la mano diafana ritornò tremante distesa lungo il suo fianco. L’occhio semistretto in un’espressione sofferente e triste.

Probabilmente avrebbe cominciato a piangere se la sua attenzione non fosse stata attirata da un forte tonfo, simile a qualcosa lasciato cadere pesantemente a terra, proveniente dall’altra sponda del fiume.

Voltandosi automaticamente verso la direzione da cui era provenuto, come al solito spinta dalla sua inimitabile curiosità, le venne spontaneo riconoscere, nonostante la grande distanza che li separava, Asuma-sensei e Kurenai-sensei, occupati, da quel che riuscì a capire, a parlare con altre due persone che non riconobbe, conciate in modo strano.

L’unico particolare di quei due strani tizi che la colpì furono i loro cappotti: neri con delle nuvole purpuree dipinte sopra.

Notò che uno dei due uomini, con i quali stavano parlando Kurenai-sensei e Asuma-sensei, aveva tirato su con una mano qualcosa di particolarmente grosso e lungo, appoggiandoselo sulla spalla destra.

Staranno parlando? Si chiese incuriosita la ragazza dai capelli verdi, poggiando ambedue le mani sulla ringhiera in ferro che la separava dal corso d’acqua.

Dovette ben presto ricredersi quando vide l’uomo con il lungo oggetto, a suo parere una spada,far scattare in braccio armato in direzione di Kurenai-sensei e Asuma-sensei bloccare prontamente l’oggetto con le braccia incrociate in posizione difensiva.

Il suo occhietto verde giada si sbarrò per la sorpresa, vedendo quella mossa improvvisa da parte del jonin, che si ritrovò a fronteggiare da solo quella che sembrava essere l’enorme pressione esercitata dalla spada dell’avversario. Era così impegnata a guardare piena di ansia quello che stava succedendo ad Asuma-sensei che non si accorse neppure di quello che stava facendo Kurenai-sensei.

E ancor di più non se ne curò quando vide l’uomo dalla tunica nera e rossa ritirare con uno strattone la propria spada, sciogliendola da delle sorte di bende.

La distanza che la divideva dal luogo dello scontro non le impedì di notare che la spalla di Asuma era stata ferita da quella strana arma, che in quel momento mostrava delle strane cose sporgenti ed azzurrognole.

Il respiro le si fermò per un attimo in gola, vedendo l’assalitore del sensei, farsi ancora un po’ più indietro, pronto a caricare un altro colpo.

Asuma-sensei!” sussurrò con il cuore in gola, stringendo un po’ di più il ferro battuto che stringeva ancora tra le mani.

L’uomo con la spada, inaspettatamente, si bloccò, scattando con le braccia come per difendersi da qualcosa, mentre nel frattempo, l’altro uomo con la tunica strana, fino ad allora rimasto immobile, si ritrovò dietro Kurenai-sensei armata di pugnale. Anche in quel momento però successe qualcosa di molto strano: la kunoichi si bloccò, lasciando tutto il tempo all’altro di voltarsi verso di lei.

Per la prima volta, Moriko vide il secondo dei due uomini cercare di colpire la sensei con un kunai.

A quella vista la ragazza dalla treccia sentì il cuore mancarle di un battito. La foto che ritraeva lei, Shikamaru-niisan, Kiba-kun e Kurenai-sensei le apparve davanti agli occhi come un fulmine a ciel sereno e, mosse dall’istinto, le sue gambe la alzarono al di sopra della ringhiera per poi in pochi premere su di essa con un forza tale da farla cigolare pericolosamente. Saltò in avanti con uno slancio a dir poco incredibile.

Sotto di lei l’acqua continuò a scorrere, incurante del suo passaggio, riflettendo l’immagine di lei che, ancora sospesa in aria, attraversò in un lampo il fiume in tutta la sua larghezza, finché non arrivò, flettendo le ginocchia per attutire l’ atterraggio, sulla ringhiera opposta.

Afferrando con una mano il ferro sulla quale in quel momento si era appollaiata, Moriko alzò la testa, ruotandola di fianco nel vedere Kurenai-sensei cadere nel fiume, rimanendo miracolosamente a galla.

Moriko?!” esclamò nel frattempo Asuma, stupito di vederla apparire così all’improvviso e in quella maniera, come del resto Itachi e Kisame, che si erano nel frattempo fermati per guardare la nuova arrivata.

Moriko, da parte sua, non diede molto peso agli altri tre e, continuando a guardare la sua sensei con espressione apparentemente imperturbata, chiese:

Kurenai-sensei, daijobu?”

A quelle parole Kurenai, a ginocchioni sull’acqua nel tentativo di mantenere un buon controllo del chakra sulla pianta dei propri piedi, alzò la testa di scatto, incredula.

Moriko! Che ci fai qui?” chiese piena d’apprensione la donna.

Non ripose neanche a quella domanda.

Semplicemente si voltò verso i due mukenin, squadrandoli senza espressione.

L’uomo dalla spada che aveva attaccato Asuma-sensei aveva la pelle azzurra e delle fattezze che ricordavano quelle di uno squalo, mentre l’altro, più giovane rispetto all’altro, era moro e l’unica cosa strana che possedeva a parte la tunica erano gli occhi; rossi cremisi come quelli di Kurenai-sensei, ma punteggiati da tre virgole nere attorno alla pupilla.

Hoshigaki Kisame ghignò divertito dal comportamento di quella ragazzina, che non smetteva di osservarli con infantile interesse.

“Ciao ragazzina.” Disse semplicemente con fare di scherno, mentre dietro di lui Itachi continuava a studiarla silenziosamente.

A dispetto delle sue aspettative però, Moriko fece una cosa che nessuna persona avrebbe mai fatto nella sua stessa situazione.

Ohayo.” sussurrò meccanicamente, senza mai muoversi di un millimetro dalla propria posizione accovacciata, lasciando interdetti sia il mukenin della Nebbia, sia i due jonin di Konoha.

Moriko… pensò sudando freddo Asuma …che diavolo combini? Va’ via.

La ragazza dai capelli verdi  inclinò leggermente la testa da un lato, più precisamente in direzione di Itachi.

“Non è stato molto carino, signore.” Constatò con calma, tornando poi con lo sguardo a KisameKurenai-sensei avrebbe potuto farsi molto male.”

Moriko!” esclamò improvvisamente la kunoichi, ancora un poco stordita dal calcio ricevuto dall’Uchiha “Capisco che tu sia preoccupata per me, ma non devi metterti in mezzo! Capito? Queste due persone sono molto pericolose! Ci occuperemo io ed Asuma di loro! Tu pensa a metterti al sicuro!”

Le parole della donna colpirono sì le orecchie di Moriko, facendola sobbalzare leggermente, ma non nel modo in cui lei aveva sperato.

Kurenai-sensei.” Disse piano la ragazzina, abbassando tristemente la testa “Anche io sono..-”

La Samehada venne diretta verso di lei in un istante, distruggendo la ringhiera in ferro sul quale si era poggiata.

Il mukenin dalla pelle azzurra rimase piacevolmente sorpreso nel vedere che la mocciosa era riuscita non solo a scansare il suo attacco, di una velocità degna di un maestro di spada quale era lui, ma era totalmente scomparsa dalla sua visuale.

“Mi dispiace, signore.” Disse una voce dietro di lui.

Asuma sbarrò gli occhi, vedendo riapparire Moriko alle spalle di Hoshigaki Kisame come dal nulla.

La ragazza si abbassò velocemente, flettendo un ginocchio da un lato, mantenendosi in equilibrio con il supporto delle braccia poggiate sul terreno, mentre roteò l’altra gamba puntando alle caviglie del più grande, evidentemente per fargli perdere l’equilibrio, senza però riuscire a far andare a segno il colpo.

Kisame ghignò al di sopra della propria spalla, mentre guardava la ragazzina rialzare il suo unico occhio visibile verso di lui che, per non venire colpito, era saltato in alto con entrambe le gambe.

Con una torsione del busto, l’uomo dalle fattezze di squalo caricò un colpo con la propria spada, scagliandola nuovamente verso Moriko che però ripeté la stessa mossa di poco prima, scomparendo nel nulla e lasciando che l’arma colpisse al suo posto la pavimentazione della strada.

Teh…” fece Kisame, una volta atterrato nuovamente per terra, senza mai smettere di ridacchiare divertito “… veloce la piccolina.”

Kisame.” Lo richiamò improvvisamente Itachi, guardandolo severamente. Lo sharingan del suo compagno di viaggio sembrò trapassarlo da parte a parte, costringendolo a ricambiare il suo sguardo ammonitore.

“Non sottovalurla.”

Per qualche istante quelle parole lo lasciarono interdetto, ma non ebbe molto da pensarci, visto che avvertì dietro di sé la presenza della ragazza. Fece appena in tempo a parare il calcio di Moriko con la spada, prima di dover cominciare ad affrontare l’enorme pressione che la gamba di quest’ultima esercitò su di essa.

Kisame sorrise divertito ancora una volta, sfoggiando nuovamente la propria dentatura acuminata a Moriko, la quale non smetteva di osservarlo inespressiva, quasi lo stesse scrutando da lontano.

“Che c’è piccola? La mia faccia ti fa paura per caso?”chiese ironicamente il mukenin, ma non ricevette risposta.

Al contrario, la ragazza dai capelli verdi pareva non aver neanche udito le sue parole, a giudicare dal modo in cui continuava a fissare a vuoto il viso dell’ Hoshigaki.

Che strano… pensò Moriko con la testa altrove, nonostante la sua gamba cominciasse a farsi lievemente più debole … Non è come stamattina e con Shikamaru nii-san.

“Non sento nulla…” sussurrò la ragazza con voce sottile e quasi inudibile, facendo per la prima volta stupire il mukenin della Nebbia.

 Dietro di lei Asuma non aveva sentito quello che aveva detto, ma da quel che riusciva a vedere, sembrava incredibilmente in grado di tenergli testa. Anche Kurenai e Itachi non avevano sentito le parole della ragazzina, poiché troppo distanti.

Forse fu proprio per la loro lontananza e la posizione a loro sfavorevole che, quando una singola lacrima scivolò lungo la pallida guancia di Moriko, soltanto Kisame se ne accorse.

L’uomo dalla pelle azzurra sbarrò le iridi color ghiaccio nel vedere quella reazione inaspettata.

Doshite?” sussurrò nuovamente Moriko, avvicinando più che poté il proprio volto a quello dell’uomo di fronte a lei, facendo apparire in viso un’espressione disperata.

Doshite?” ripetè ancora, mentre ormai la sua gamba aveva cominciato a tremare pericolosamente.

Poi una fitta.

I suoi pensieri vennero immediatamente scacciati via dalla gamba che stava usando per fronteggiare la parata di Kisame. L’arto cominciò improvvisamente a contrarsi dolorosamente, facendole rendere conto di quanto fosse diventata debole rispetto a prima.

L’espressione incredula rivolta verso il proprio arto inferiore della ragazzina fece capire al volo la situazione a Kisame, che con uno strattone, ne scacciò via la gamba per poi roteare verso di lei la Samehada e colpirla, facendola ruzzolare qualche metro più in là.

Moriko!” urlò preoccupata la jonin pronta ad intervenire, ma fu bloccata da un kunai poggiato sulla propria giugulare.

“Non si muova, Kurenai-sensei.” Scandì con tranquillità Itachi.

Moriko si era ritrovata distesa a pancia a terra, e quando, un poco incerta nei movimenti, si rimise in piedi sulle proprie gambe, si accorse che qualcosa non andava.

Un poco incredula, mosse la gamba ancora un paio di volte, trovando però immutata quella brutta sensazione di pesantezza che partiva dal fianco fino alle dita del piede.

Come per ottenere conferma dei propri sospetti, la ragazza dai capelli verdi rialzò lo sguardo monoculare su Kisame, incontrandone ancora una volta il ghigno divertito.

Samehada ti ringrazia per il tuo chakra, ragazzina.” Disse semplicemente il mukenin, poggiandosi spensieratamente la spada sulla spalla.

A quella rivelazione Moriko realizzò quello che era successo alla sua gamba e, inclinando nuovamente la testa da un lato, non curandosi di avere ancora la guancia sinistra rigata dalla scia acquosa del pianto di pochi istanti prima, distese le labbra in un sorriso e socchiuse leggermente l’occhio sinistro in un’espressione angelica che lasciò tutti quanti sbalorditi.

“Allora adesso lascerete in pace Kurenai-sensei e Asuma-sensei?” chiese serenamente Moriko, cominciando a dirigersi a passo malfermo verso Kisame, non meno stupito degli altri di fronte all’inspiegabile reazione della ragazza.

“Non volevate dare un po’ di chakra alla vostra spada, signore?” chiese ingenuamente la ragazza, zoppicando.

“Se vuole posso darle anche l’altra gamba.”

Il cammino di Moriko si arrestò a pochi metri da lui.

Io…” cominciò la ragazza alzando innocentemente il viso in direzione dell’altro, senza mai smettere di sorridere “…voglio molto bene a Kurenai-sensei, e anche ad Asuma-sensei.”

Il cuore di Kurenai, ancora tenuta sotto tiro dall’Uchiha, si strinse automaticamente al suono di quelle parole.

“Non voglio che qualcuno faccia loro del male.” Specificò continuando imperterrita il proprio discorso “L’ho promesso.” A quelle parole lo sguardo di Moriko, seppur rimanendo dolce, si fece più deciso. “Quindi, se volete fare del male a qualcuno, fatene a me. Tanto anche se morissi io…

Per un istante anche Itachi Uchiha rimase stupito dalla piega che aveva preso il discorso.

 “MORIKOOO!!!” urlò disperatamente una voce in lontananza.

Asuma e Kurenai, insieme ai due mukenin non capirono subito di chi si trattasse, ma a Moriko, irrigiditasi improvvisamente, non servì neppure voltarsi per capire chi fosse il proprietario di quella voce .

Itokosan.” Sussurrò sbarrando l’occhio sinistro.

In quel momento Asuma, approfittando dal momento di distrazione del mukenin della nebbia, si lanciò all’attacco, impugnando i propri pugnali puntando al viso del criminale.

Moriko vide il sensei superarla e saltare verso il suo avversario a lame sguainate, ma solo per vedere l’attacco venire eluso da un semplice movimento del collo di Kisame, che ridacchiò di fronte a quel debole tentativo di ferirlo.

Il suo sorriso animalesco gli si gelò in faccia non appena sentì il caldo fluido del proprio sangue schizzargli via dal viso e i suoi occhi si dilatarono dalla sorpresa, notando solo allora che la lama del pugnale era attorniata da uno strato di chakra tagliente ed acuminato, che ne allungava la gittata.

Moriko, dietro Asuma, socchiuse la bocca per la sorpresa, alzando istintivamente un braccio non appena vide le mani di Kisame cominciare a comporre una veloce serie di sigilli. Probabilmente si sarebbe scansata se non avesse visto qualcun altro interporsi all’ultimo istante tra Asuma-sensei ed il mukenin.

Suiton. Suikoudan no jutsu!” pronunciarono due voci nello stesso tempo, mentre un vortice d’acqua cristallina, roteando velocemente in aria formò in contemporanea due squali perfettamente identici che si scontrarono tra loro, bagnandoli per via degli schizzi che l’impatto sparse ovunque.

Alla ragazza dai capelli verdi, quando riuscì a riaprire l’occhio, bastò vedere la faccia del mukenin dalla pelle azzurra per capire quanto quel contrattacco l’avesse sorpreso.

Asuma si rialzò ridacchiando sollevato, sempre tenendo la sigaretta, ormai spenta, tra i denti, guardando le spalle di Kakashi.

“Ah sei tu. Ben arrivato, eh.” Disse ironicamente il ninja fumatore, alludendo al suo ennesimo ritardo.

Nah, ero qui già da un po’.” Gli rispose per le rime il copia-ninja facendo il vago.

Kakashi-sensei! Pensò Moriko, notando poi qualcun altro che si era affiancato a Itachi, rimanendo in piedi sull’acqua: un altro Kakashi.

Moriko sbattè un paio di volte la palpebra per la confusione.

Kage Bunshin” sussurrò Kurenai, capendo al volo quale justu aveva usato per comparire in due posti contemporaneamente.

“Bene! Mettiamo fine a questo combattimento.” Disse apparentemente a proprio agio lo shinobi senza smettere di tenere Itachi Uchiha a portata di kunai.

Moriko, che ne diresti di lasciare a noi il resto?” aggiunse subito socchiudendo l’occhio in un’espressione sorridente.

La ragazza in questione rimase ancora un momento sbigottita dall’apparizione di ben due persone identiche e ci mise qualche secondo prima di riprendere coscienza delle proprie azioni.

Kakashi-sensei?” chiese ancora incredula.

Per una seconda volta la voce di Sakura vibrò nell’aria circostante facendo ricordare la propria presenza sull’altra sponda del fiume.

“Rimandiamo le spiegazioni a dopo, Moriko. Sembra che Sakura sia piuttosto preoccupata.”

Moriko alzò meglio la testa focalizzando la figura lontana della sua Itokosan che si sbracciava parecchi metri più in là nel disperato tentativo di farsi notare da lei, poi ritornò a guardare Kisame seria e, ricominciando ad avanzare, superò di poco la seconda copia del sensei.

Il mukenin della Nebbia vide per l’ennesima volta quella strana ragazzina sorridergli serenamente, come se non ritenesse minimamente possibile che lui fosse una minaccia per lei.

Quell’espressione gli risultò non poco irritante, almeno finché Moriko non riaprì bocca, rendendo quel sorriso angelico lievemente inquietante.

“La prossima volta che ci vedremo, Kisame-san, le consiglio di stare attento, perché potrei arrabbiarmi sul serio. Quindi…” fece una pausa “… spero che non si arrabbi se le dico che preferirei non incontrarla mai più. Neh?” terminò inclinando leggermente la testa.

Le labbra di Kisame si distesero incredule. Pazzesco. Non sapeva come classificare quelle parole. Il modo in cui le aveva pronunciate era pieno di sincerità, eppure c’era qualcosa che non andava, come se tra le righe aleggiasse in sospeso una muta minaccia. Quasi un avvertimento sentito.

Sayonara, Kisame-san.” Fu tutto quello che disse Moriko prima di andarsene, tornando sui suoi passi e dirigendosi verso il ponte che collegava le sponde del fiume.

Kurenai, la tua allieva mi sembra diventata un po’ troppo esuberante.” Scherzò immediatamente Kakashi, appena vide la ragazza cominciare ad allontanarsi.

“Vedrò cosa posso fare.” Ribattè concisa sentendosi responsabile della discutibile condotta della propria allieva.

“Va be’. Ne riparleremo dopo.” Intervenne Asuma impugnando nuovamente i pugnali.

Intanto l’Hoshigaki non smetteva di guardare la ragazzina, che proseguiva la propria corsa.

Un sorriso gli deformò nuovamente le labbra azzurrognole.

Teh.”

 Quella ragazzina ha uno strano modo di irritare le persone.

 “Ad ogni modo, penso che sia arrivato il momento di dedicarci seriamente a questo combattimento.” Decretò il copia-ninja scoccando infine un’occhiata ad Itachi Uchiha.

Il mukenin dagli occhi scarlatti si voltò verso di jonin, incrociandone minacciosamente l’occhio sfregiato, rosso quanto il suo.

Hatake Kakashi.” rispose pieno di risentimento Itachi.

 

 

Vedere Moriko correre nella sua direzione, oltrepassando finalmente il ponte in legno che le divideva, fu per Sakura come un sogno ad occhi aperti.

Moriko!” esclamò correndo ad abbracciarla, circondandole le spalle con le proprie braccia, quasi timorosa di farsela scappare un’altra volta. Una volta che il suo cuore si fu calmato, la rosa si scostò un poco dalla cugina, guardandola in volto severa.

“Cosa stavi facendo in mezzo a quel combattimento? Quelli non erano ninja del villaggio! Erano degli intrusi!” le spiegò di getto l’Haruno, prendendo la ragazza dai capelli verdi per le spalle, scrollandola appena.

“Saresti potuta morire!” sottolineò con una punta di isteria nella voce. “Non devi mai più farmi preoccupare in questo modo capito?!”

Moriko però continuava a guardare per terra in silenzio con espressione colpevole, sentendosi in gola un groppone che le rendeva arduo il decidersi a parlare.

Come poteva dire alla sua Itokosan che stava per abbandonarla? Aveva promesso di proteggerla, eppure era stata a pochi passi dal lasciarla nuovamente sola. Come poteva?

Alla mancata reazione della cugina Sakura si calmò un poco, facendo scivolare le proprie mani via dalle spalle dell’altra.

Aveva esagerato un po’ troppo.

Abbasò lo sguardo.

“Scusa.”

Itokosan.” La chiamò debolmente la voce di Moriko.

La rosa ritornò a guardarla stupendosi di ritrovarla tremante e con la guancia sinistra rigata da un copioso rivolo di lacrime.

“Io ho paura.” Disse facendo mancare al cuore della cugina un battito “Non so se riuscirò… a rimanere con Itokosan … come avevo promesso.”

A quelle parole Sakura si strinse forte le mani l’una con l’altra premendosele al petto.

“È per via di quello che è successo con Shikamaru?”

Moriko annuì.

Le mani della rosa si riappoggiarono sulle spalle tremolanti della ragazza, con una calma quasi preoccupante.

Moriko…” disse Sakura cercando di mantenere ferma la voce, mentre sentiva gli occhi pungere fastidiosamente“… io so che prima o poi dovrai andartene. Lo so. Però…” deglutì, sapendo di star per dire qualcosa di estremamente egoista “… ti chiedo solo… di rimanere ancora per un po’. Ti prego Moriko…

La ragazza dalla treccia guardò mortificata la cugina sorridere in modo talmente forzato da far apparire palese il fatto che si trovasse ormai sull’orlo del pianto.

“… finché ti sarà possibile, resta con me.”

Moriko non trovò altro modo di risponderle se non annuendo di nuovo, prima di  cominciare a dirigersi con lei, mano nella mano, verso casa sua. O meglio, la casa dove avrebbe vissuto con Shikamaru nii-san e Yoshino kaa-san ancora per un po’.

Finché le fosse stato possibile.

 

 

Nella stanza di Shikamaru, Kiba era rimasto inebetito e in silenzio, mentre i suoi occhi ferini, divenuti quasi strabici, a causa della rivelazione del compagno di squadra riguardo quanto avvenuto tra lui e Moriko, fissavano il Nara, ancora seduto sul proprio letto a gambe incrociate, a quanto pareva, intenzionato a scavarsi con le unghie un buco in testa.

 Per la terza volta in due giorni aveva vuotato il sacco con qualcuno riguardo la sua situazione. Ma porca miseria! Che cosa aveva di sbagliato il suo cervello ultimamente? Perché diamine si ritrovava a raccontare le sue cavolate a destra e a manca? Era forse uscito di testa?

Sbuffò lievemente, facendo scivolare la mano, intenta a grattargli la nuca, sul materasso del letto.

No non era impazzito, e lo sapeva. Il suo non era altro che un patetico tentativo di chiedere aiuto. Analizzare le situazioni e capire quale fosse la mossa più giusta da fare era una delle sue specialità, ma in quella situazione non ci riusciva. Guardare dall’esterno una situazione e valutarla era diverso.

Diverso rispetto a quando ci si trovava coinvolto emotivamente come in quel momento.

Assurdo.

Proprio lui, il misogino per eccellenza, colui che considerava le ragazze e le donne in generale una seccatura continua, c’era cascato.

E quel che era peggio, era che la confusione, che il solo pensiero di Moriko gli dava in testa, non gli permetteva di capire come uscirne.

 Quando i suoi occhi scuri si rialzarono incerti su Kiba, poggiato sulla parete opposta a lui e con Akamaru ai suoi piedi che scodinzolava nel tentativo di svegliarlo dal suo stato di catalessi, ebbe il terribile presentimento che la linea di pensiero dell’Inuzuka fosse simile alla sua.

La mascella dell’altro era leggermente caduta, lasciando che i denti appuntiti tipici del suo clan gli spuntassero lievemente dalle labbra, e i suoi occhi sottili e scuri, già di loro aguzzi a causa della forma, erano puntati su di lui, quasi a voler studiare ogni sua minima reazione per cogliervi le tracce di uno scherzo.

Ma non è uno scherzo Kiba. Pensò tristemente Shikamaru. È tutto vero, purtroppo.

Una risata inaspettata gli arrivò violentemente ai timpani, squarciando in un lampo l’aria densa di tensione che fino ad allora, aveva aleggiato su di lui come uno spettro persecutore.

Non ci furono parole per descrivere ciò che provò nel vedere la bocca di Kiba spalancarsi in una fragorosa risata, talmente forte da far scivolare lo stesso violentemente contro il muro, fino a terra, con una mano sullo stomaco.

“Non ci credo…Ahahahaa!!” biascicò con le lacrime agli occhi Kiba, con una mano che gli sorreggeva la fronte.

In un istante il giovane Nara si accigliò: Che cosa c’era da ridere?

“Che cosa c’è da ridere?” fece eco ai propri pensieri, congelando sul nascere l’inspiegabile entusiasmo dell’Inuzuka che, sì, smise di ridere, ma continuò a guardarlo con un sorriso a malapena trattenuto, quasi in procinto di esplodere nuovamente.

“Di solito… pff… in questi casi si ride.” Fu la semplice risposta di Kiba, non ancora ripresosi del tutto.

Shikamaru però non sembrava aver capito, a giudicare dallo sguardo dubbioso che gli stava rivolgendo, e per questo, con un grande sforzo da parte del suo stomaco, ancora fremente dalle risate, cercò di mettersi seduto per terra e di cominciare un discorso sensato che gli chiarisse la situazione.

“Andiamo, Shika! Non avrai mica creduto di poter sfuggire a questo genere di cose?” chiese ironicamente inarcando un sopracciglio l’Inuzuka, vedendo il volto del compagno farsi sorpreso “Nessuno può!” aggiunse poi con ovvietà, costringendosi ad alzarsi in piedi facendosi perno con le mani sulle ginocchia, andandosi poi a buttare sul letto dell’altro con un sospiro.

“Le donne sono come le pulci amico mio…” continuò poi senza quasi più aver bisogno di guardare in faccia il Nara per capire quanto il suo discorso lo stesse sconvolgendo. “… più cerchi di grattarle via, più queste rimangono attaccate, e in più, finisci solo per farti del male.”

Un guaito di Akamaru diede più peso alle sue parole.

Le labbra di Shikamaru si incurvarono in un lieve sorriso, per poi lasciar scivolare via un sospiro.

“E quindi? Che dovrei fare?” chiese ancora avvilito poggiando la testa sul muro a cui era accostata la sua branda, lanciando al tempo stesso uno sguardo al cielo fuori dalla finestra.

Comodamente sdraiato sul materasso con le mani incrociate sotto la testa, Kiba aveva ormai gli occhi chiusi con un sorriso sornione in faccia, aspettando le fatidiche parole che tanto aspettava.

“È diventata mia sorella.”

“E quindi?” insisté con fare divertito lo shinobi dei cani, provocando dell’altro un leggero disappunto.

“Quindi, cosa?!” sbottò Shikamaru ritornando a guardarlo “Hai idea di cosa mi farebbe mia madre? Per non parlare di Sakura, che mi ha quasi soppresso ieri non appena l’ha saputo.”

Ahiai.”

Il tono ironico dell’ultima frase del castano gli fece scattare un’intuizione.

E gli occhietti vispi di Kiba accompagnati da un sorrisetto birbante e puntati direttamente sui suoi, non fecero che dargli conferma.

“Me lo darai un consiglio o no?” tentò, guardandolo sospettoso, ottenendo solamente l’ennesima risatina sommessa da parte sua.

Mmmmh.” Fece girandosi dall’altra parte sempre con le mani dietro la testa “Non so.”

In quel momento Shikamaru avrebbe volentieri fatto scontrare un paio di volte o più la propria testa contro il tenero muro di casa sua, tanto il mal di testa che lo aveva riassalito era forte. Ma perché la vita continuava a mandargli complicazioni?

Sai…” aveva continuato intanto Kiba, sorridendo furbesco senza lasciarsi vedere dall’altro “… sono un po’ indeciso se darti un consiglio d’amico o da rivale in amore.”

Ecco, ormai lo scontro tra lui e l’angolo più duro di casa sua era assicurato.

“Tu cosa preferisci?”

La mano di Shikamaru accolse gli occhi stanchi di quest’ultimo, ormai troppo provato psicologicamente per mettere insieme un solo pensiero coerente.

Alle orecchie di Kiba il silenzio del compagno valse più di mille parole.

Chi è il baka adesso?Eh?

 

Entrando in casa Moriko si era guardata attorno un po’ intimorita, fermandosi sulla soglia principale con quasi ostinato terrore. Sakura, dietro di lei, la guardò dispiaciuta, forzando subito dopo un sorriso incoraggiante sulle labbra per poi con una mano darle una piccola spintarella sulla schiena.

Ondeggiando per via di quel gesto, Moriko si voltò, come previsto, verso di lei e la rosa, rispose all’espressione incerta della cugina con segno di assenso con la testa che voleva essere rassicurante.

Non ancora del tutto convinta, la ragazza dalla treccia, si rivoltò verso il gradino dell’entrata, fissandolo per un paio di secondi prima di abbassarsi verso i propri sandali e cominciare a sfilarseli, per poi indossare le pantofole ancora messe in disparte in un angolo a sua disposizione.

Itokosan… pensò Moriko mentre saliva lentamente sul gradino del parquet … mi dispiace...

“Non preoccuparti Moriko.”

Le parole della sua Itokosan però non gli diedero molto conforto, tutt’altro.

Si girò verso di lei, sempre con l’occhietto verde languido, esprimendo come meglio poteva il suo sconforto ed il suo pentimento.

Fu allora che dalle scale di casa Nara, Sakura  sentì scendere rumorosamente Kiba e Shikamaru.

 

“Immagino che la cosa ti faccia piacere.” Asserì Shikamaru, chiudendo lentamente la porta della propria stanza e affiancandosi accanto a Kiba, ancora ghignante e soddisfatto.

“Cosa?” chiese lo shinobi dei cani, facendo lo gnorri “Il fatto che tu ti sia dimostrato più baka di me o che adesso sono io ad avere più vantaggio su Moriko?”

A quelle parole il giovane Nara si sentì toccato sull’orgoglio e come per miracolo, il suo spirito combattivo si accese.

“Viviamo sotto lo stesso tetto.” Disse quasi annoiato, ma senza perdere il suo cipiglio serio.

“Ma siete fratello e sorella.”

Uno a zero per Inuzuka.

“L’hai abbandonata sul ciglio di un burrone.”

Questa volta fu il turno di Kiba di sentirsi provocato. Il sorrisetto sereno si dissipò dalle sue labbra, lasciando il posto ad un’espressione che, unita ad i suoi elementi animaleschi, andava ben oltre il minaccioso.

“Mi ha perdonato.” Ringhiò guardandolo dritto negli occhi. “E non mi sono mai sentito tanto stupido quanto nel momento stesso in cui  me ne sono reso conto.”

“Punto tuo.” Ammise quasi con uno sbuffo Shikamaru continuando a camminargli accanto lungo il corridoio, dirigendosi verso le scale.

“Ah, e da quel che mi ha detto Hinata il mio peluche le è piaciuto.”  Aggiunse Kiba fermandosi improvvisamente con un nuovo sorriso (ebete secondo Shikamaru) stampato in faccia e con un tono di voce entusiasta, simile a quello di un bambino che sa di aver fatto bene, ma vuole sentirsi elogiare ancora un po’.

“Già.” Liquidò con noncuranza Shikamaru, indispettendolo.

“Ah, un’ultima cosa: …” fece l’Inuzuka passandogli davanti, certo di star giocando il proprio asso nella manica “… a differenza di te Shikamaru nii-SAN …”

Shikamaru cercò di non dare molto peso al modo in cui aveva accentuato la particella onorifica “-san”, ma la cosa fu impossibile quando sentì il resto della frase.

…io sono diventato Kiba-KUN.” Terminò con tono da birbante il castano dalle guance tatuate.

Gli occhi si Shikamaru si sbarrarono ad un livello indecente che fece quasi scoppiare a ridere Kiba.

E il cervello di Shikamaru cominciò a lavorare, dopo molto tempo di oziosa inattività, scavando ad una velocità sorprendente tutti gli elementi in suo favore, ma ne trovò solo uno, abbastanza semplice ed efficace da poter essere tirato fuori così di punto in bianco. Non dovette neanche sforzarsi tanto per trovarlo.

“E io sono suo fratello.” Disse  rimettendo stancamente le mani nelle tasche dei pantaloni e ricominciando a camminare con la solita andatura sciancata “… e come tale, ti proibisco di frequentare mia sorella.”

Kiba ci rimase non poco di sasso. Osservò il moro ondeggiare come un mezzo rimbambito verso le scale , per poi fermarsi e sbadigliare clamorosamente in aria come se nulla fosse successo.

E lì esplose.

Coooooosaa???!!” urlò, spaventando inevitabilmente Akamaru nella sua giacca “Tu proibisci a ME?! Non se ne parla!”

Shikamaru ridacchiò vittorioso, cominciando a scendere le scale, sentendo la rumorosa presenza di Kiba dietro di sé. Già, rumorosa, perché Kiba non era altro che quello, un cane rumoroso, non certo il compagno ideale per lui che anelava alla quiete di una collina 24 ore su 24.

Eppure, dovette ammettere a se stesso il moro, mentre cercava di evitare i le mani di Kiba che tentavano invano di fermarlo, anche la rumorosità di Kiba aveva i suoi lati positivi, specie sul suo malumore, dal quale era riuscito a distrarlo con solo un paio di parole e ringhi di sfida.

Non dovette fare molta strada, però, prima di vedere il proprio attimo di serenità venire spazzato via non appena, nell’entrata gli apparvero Moriko e Sakura, certamente appena rientrate.

Gli occhi pieni di biasimo della rosa lo inchiodarono sull’ultimo scalino, imprigionando sulla gradinata anche Kiba, anche lui accortosi con un groppo alla gola della presenza delle due cugine.

Shimatta¹.” Sussurrò Kiba tra i denti, facendo arrivare l’imprecazione solo al suo orecchio.

Sakura non sembrava aver nemmeno notato la presenza di Kiba, tanto i suoi occhi color giada erano rimasti fissi sul giovane Nara, mentre le sue braccia si erano irrigidite ed incrociate al petto.

“Credo che tu abbia qualcosa da dire a Moriko, Shikamaru.” Sibilò facendo intendere bene tra le righe quanto quell’ “abbia” intendesse un certo dovere nei suoi confronti.

Un dovere molto pesante, che raddoppiò non appena notò che Moriko, non accennava a voltarsi verso di lui, nonostante avesse ben intuito la sua presenza.

Notò che aveva irrigidito le spalle e che tremava appena.

Rabbuiandosi di colpo, Shikamaru scese completamente dalle scale, avvicinandosi a poco a poco, sotto lo sguardo sbalordito di Kiba, alla ragazza dai capelli verdi.

Si fermò a pochi passi da lei, fissandole le spalle con insistenza, quasi potesse trasmetterle il suo desiderio che si voltasse verso di lui con il solo sguardo, giusto quel tanto che lo potesse farlo sentire meno colpevole di quanto non fosse.

Ma Moriko non si voltò, anzi, più passava il tempo, più le sue mani, premute contro il petto, facevano fatica a trattenere quel tremore che le invadeva il petto, causato dalla paura di risentire le stesse cose, le stesse voci feroci e sibilanti urlarle nella testa non appena avesse incrociato lo sguardo del suo nii-san.

Gomenasai.” Fu il sussurro che la fece sussultare sul posto, spingendola quasi a voltarsi verso Shikamaru.

Dietro di lei, senza che lei potesse vederlo, Shikamaru si era inchinato profondamente, nascondendo allo sguardo di Sakura e Kiba la propria espressione sofferente.

Gomenasai, Moriko-chan.” Ripetè abbassando ancora un po’ di più la testa “Avresti tutte le ragioni a non volermi perdonare, ma…” fece una pausa, mentre una piccola goccia di sudore gli colò lungo il viso. “Ti prego Moriko, dammi un’altra possibilità. Dammi un’altra possibilità per essere un onii-san migliore.”

Niente, Moriko ancora non accennava a voltarsi, ma almeno aveva smesso di tremare.

“Ti prometto…” continuò intanto imperterrito Shikamaru…che non accadrà più.”

“Me lo promette?”

La voce di Moriko aveva finalmente rotto l’atmosfera pesante di casa Nara, facendo tirare un piccolo respiro di sollievo a Sakura.

E così ha inizio… pensò Sakura sorridendo appena, riconoscendo subito nell’atteggiamento della cugina uno spiraglio.

“Sì,…” rispose dopo un attimo di stupore Shikamaru, senza mai alzarsi dal suo inchino “… te lo prometto.” Concluse, rimanendo fermo ancora un po’ in quella posizione di pentimento, finché un singhiozzo non eruppe dalla gola della ragazza dalla treccia.

Sigh …, Nii… nii-san sigh.” Piagnucolò flebilmente Moriko, asciugandosi con le manine pallide i lacrimoni che, a poco a poco, le stavano scivolando copiosi dall’occhio sinistro.

In un attimo, Shikamaru si vide la sorella acquisita buttarglisi addosso, aggrappandosi quasi disperatamente alla sua maglietta con le mani, stropicciandola e bagnandola con le proprie lacrime.

Nii-san!” urlò alla fine buttandosi in un pianto disperato.

Shikamaru ci mise un po’ a capire quello che stava succedendo. Tutto quello che riusciva a percepire in quel momento era il corpo di Moriko: le sue mani sottili e diafane strette ai suoi vestiti, la sua testa contro il suo petto, la sua maglietta che lentamente assorbiva all’altezza del cuore il dolore e il sollievo del suo unico occhio rimasto, e le sue spalle scosse dai singhiozzi.

La sua mano si mosse lentamente sulla schiena della ragazza, tastandola e strofinandola affettuosamente e il suo mento si poggiò sulla sua nuca, come al solito intricata come un cespuglio di rovi.

Gomenasai.”

Sakura constatò che fosse meglio lasciarli soli e fu per questo che , cercando di non attirare troppo l’attenzione, sgattaiolò fuori dalla porta principale, dirigendosi poi velocemente, e con un sorriso sereno in viso, verso casa propria: l’indomani avrebbero avuto gli allenamenti e di certo a lei non andava proprio di sentire la signora Riiki biasimarla per non essere riuscita a pulire la casa.

Durante il suo tragitto fu però fermata da una mano sulla propria spalla, che la portò a voltarsi incuriosita ed a incontrare un volto ben conosciuto, ma in quel momento più prossimo allo svenimento che ad altro, a giudicare dalla profonda occhiaia che gli solcava il viso non coperto dalla maschera e dal copri fronte.

Asuma le parve un poco in difficoltà nel sostenere con le braccia il peso del Copia-ninja.

Kakashi-sensei?” chiese stupita la rosa, sbattendo un paio di volte le palpebre, non credendo ai propri occhi. Poi le tornò in mente tutto: il combattimento in riva al fiume, Moriko nel bel mezzo di quest’ultimo e l’intervento tempestivo di Kakashi.

Accidenti, è ridotto proprio male. Constatò guardandolo meglio e deducendo di conseguenza che gli allenamenti non ci sarebbero stati nemmeno l’indomani.

Sakura…” disse con voce flebile il jonin, trattenuto a stento dall’amico, che muto osservava la scena di cui non sembrava comprendere molto “… dobbiamo parlare.”

Quelle parole furono peggio di un campanello d’allarme nella testa di Sakura, ma ancor di più a metterla in allerta fu il modo in cui l’occhio stanco e sofferente del proprio sensei la guardò nell’attimo in cui terminò la frase.

E stavolta… voglio tutta la verità.

 

 

 

 

 

 

 

E rieccoli lì. In piedi sulla soglia di quella stupida stanza. Tutti e tre in fila i fratelli Subaku, come delle belle statuine, in attesa di una sua confessione.

“Allora, Coco?” chiese con voce stanca Temari.

Coco la guardò un attimo in faccia, dimenticandosi di essersi ripromessa di tenere gli occhi ancorati alle coperte del letto: non aveva una bella cera, tutt’altro, sembrava non aver chiuso occhio durante la notte.

Strinse gli occhi, non capendo. Cosa c’era di tanto diverso da infrangere la sua maschera da dura?

Spostò lo sguardo su Kankuro, ma, nonostante i suoi sforzi, non riuscì, a causa dell’ostinazione che quest’ultimo dimostrò nell’evitare accuratamente i suoi occhi. Digrignò i denti infastidita, tentando per l’ultima volta con Gaara.

I suoi occhi acquamarina si impuntarono sui suoi, stupendola con la loro intensità.

Eppure… pensò sentendosi sempre più nervosa, notando lo sguardo fisso ed incolore del rosso … c’è qualcosa che non va.

“Questa è l’ultima possibilità che hai per dirci la verità.” Continuò incurante del suo stato d’animo Temari.

“E se non lo faccio?” azzardò con il tono più strafottente ed ironico che riuscì ad assemblare, mal dissimulando il proprio turbamento.

“Saremo costretti a cacciarti dal villaggio.” Intervenne improvvisamente Gaara, senza battere ciglio.

Il respiro di Coco le si mozzò in gola. Per un attimo ebbe quasi l’impressione che il suo cuore avesse saltato di un battito, ma solo per un attimo. Un poco a fatica distese le labbra in un sorriso, il meno convincente della sua vita.

“E come mai non mi sbattete nelle celle degli interrogatori? Troppa paura che riesca a fare fuori i vostri amati sensei?”

Un tonfo sordo la fece sobbalzare. Alzò lo sguardo, trovando Kankuro con una mano chiuso a pugno sullo stipite della porta, al quale aveva appena dato un pugno rabbioso.

“Smettila di fare la bambina!!” sbraitò il marionettista a testa bassa “È di te che siamo preoccupati! Baka!”

Un silenzio tombale scese sulla camera da letto.

Gli occhi color giada di Coco si abbassarono involontariamente.

Preoccupati? Per lei?

 Come suonava strano. Qualcuno che si preoccupava per lei. Fino ad allora nessuno mai si era preoccupato per lei. E chi l’avrebbe mai fatto? Lei non l’aveva mai permesso a nessuno. Era indipendente, testarda, egoista.

Egoista.

Sì forse era quella la parola più adatta a lei. Egoista, completamente presa da se stessa, così tanto da non riuscire nemmeno ad accettare gli altri, così tanto da respingere con battute acide e sadiche ogni tentativo di approccio da parte del prossimo nei suoi confronti. Ma lei non era così, lo sapeva bene chi era lei, e di certo non era la Coco sanguinaria e cinica che faceva finta di essere.

No, lei era semplicemente orgogliosa.

Orgogliosa.

Troppo orgogliosa.

Temari, Gaara e Kankuro si scambiarono un’occhiata desolata l’un l’altro, interpretando quell’ennesimo silenzio come il loro ultimo baluardo di speranza che veniva infranto. La più grande dei tre si era leggermente voltata verso la porta, questa volta per uscirne per sempre, quando la voce dura e leggermente arrochita dalla sete della loro prigioniera si fece sentire, bloccandole i piedi a pochi centimetri dalla soglia.

Abeille sta per AO-02.”

I tre fratelli Subaku ritornarono ad osservarla, un po’ stupiti per quell’improvviso cambiamento, un po’ sollevati per lo stesso motivo, ma ugualmente incuriositi dal significato di quella frase che, veloce come un soffio di vento, era uscita dalle labbra della biondina.

“A dirla tutta…” continuò con fare assente, senza mai alzare gli occhi su di loro e stringendosi le ginocchia al petto “… il nome per intero sarebbe Abeille Ouvriére, esperimento numero 02.”

Il respiro si mozzò in gola a tutti e tre, alla parola esperimento.

Stavano entrando in un territorio pericoloso, con quella parola, specie se la parola in questione viene associata ad un essere umano.

Gli occhi verdi di Coco si rialzarono finalmente su di loro, accigliati come al solito, ma… vuoti, vinti.

“Volete sapere la verità, bambocci?” chiese dando all’ultima parola una sottile intonazione di rimprovero che fece ricordare con un certo conforto a Temari la grinta di cui era dotata l’altra “Fate pure, ma poi…” fece una piccola pausa tornando a guardarsi le ginocchia “… non venite a dirmi che non mi credete.”

“Possiamo farti delle domande, allora?” azzardò Kankuro alquanto speranzoso.

Coco sospirò pesantemente “Ovvio. Se mi mettessi a raccontare io da sola, non saprei da che parte iniziare.”

Gaara lanciò un’occhiata d’intesa al fratello maggiore, ricevendo da lui un segno d’assenso, e facendo un passo in avanti, segno che sarebbe stato lui a condurre l’interrogatorio.

“Chi erano quelle due che ti hanno minacciato?” fu la prima secca domanda.

Ruri e Ryuuchi.” Specificò Coco con voce stranamente atona “Sono mie cugine.”

Eeeeh?!” esclamo immediatamente Kankuro “Avevi detto di non avere parenti!”

Il solito baka… pensò la biondina, vedendosi interrompere in quel modo.

“In un certo senso è vero…” gli rispose immediatamente Coco “… i miei genitori, zii e nonni sono tutti morti. Gli unici parenti rimastimi sono i miei cugini.”

“E perché non vivi con loro?” intervenne spontanea Temari, incuriosita.

“Ti pare che una pazzoide armata di spada ed un travestito ninfomane siano persone con cui convivere?” domandò di rimando la biondina, guardando con la coda dell’occhio la reazione di Gaara che, alle sue parole, era sussultato appena percettibilmente.

“Travestito?” chiese il rosso confuso.

Ryuuchi è un uomo. Uno dei pochi sopravvissuti, ma odia essere un maschio, per questo si traveste.” Cercò di spiegare alla bene e meglio “In sostanza, si sente donna.”

Bleah!” sentì fare Kankuro e questo non fece che infastidirla.

“Ognuno vive come vuole.” Sibilò, facendo morire sul nascere ogni possibile commento nei confronti di suo cugino Ryuuchi. Non gli era molto simpatico, a dirla tutta, ma nemmeno lo odiava. In fondo rimaneva sempre suo cugino.

“Loro sanno che sei un…?” riprese Gaara facendo finta che il discorso sulla sessualità di Ryuuchi non fosse mai avvenuto.

“… esperimento?” concluse Coco al posto suo “Sì, lo sanno. In fondo anche loro lo sono.”

L’ennesimo scambio di occhiate tra fratelli.

Coco sospirò: si stava andando per le lunghe.

“In sostanza, …” ricominciò, preparandosi a spiattellare la realtà così come la conosceva lei in faccia a quei tre “ … la mia famiglia è stata sterminata e gli unici sopravvissuti più giovani sono stati chiusi in un laboratorio…

Rialzò lo sguardo di nuovo assente, sui tre fratelli.

“… diventando soggetti da esperimento.”

“Esperimenti per cosa?”

 La domanda di Gaara, quasi la fece sorridere: aveva centrato il nocciolo della questione e ora a lei non spettava altro ch rispondere.

Si rannicchiò su se stessa, poggiando la fronte sulle ginocchia.

“Creare delle armi umane…” disse, sentendosi la gola in fiamme ed improvvisamente secca “… atte unicamente all’uccisione di tutti i jinchuuriki.”

Il silenzio che seguì dopo, spezzato soltanto da dei rapidi respiri di sorpresa, le fece inconsciamente stringere di più le mani sulle proprie gambe, quasi volesse farsi piccola piccola su quel letto.

“A ognuno di noi…” continuò, sentendosi gli occhi inumidirsi velocemente “ …fu dato un’appellativo, un numero, un nuovo cognome… e un jinchuuriki da uccidere.”  fece una pausa per nascondere quella piccola incrinatura che la sua voce aveva subìto alla fine.

“Fummo tutti quanti sottoposti ad operazioni dirette sul nostro sistema nervoso, sui nostri organi…” prese ancora una volta il respiro, sentiva le lacrime gocciolarle sulle gambe, nei suoi occhi passavano come fulminei scatti le immagini della sua infanzia, fatta di dolore, lividi ed odio. “Ognuno di noi fu allenato fino allo sfinimento ogni giorno, per settimane, facendoci raggiungere, anche con l’aiuto di tecniche proibite, la perfezione.”

“Quanti anni avevate?”

Era stata Temari a farle quella domanda e, a giudicare dal suo tono di voce, anche lei era sull’orlo del pianto.

“La più grande ne aveva 16, Ryuuchi, Ruri e un altro maschio ne avevano 12…” un’altra pausa “… io ed altre quattro bambine… eravamo tra i 4 e i 5 anni.”

Un singhiozzo di Temari le fece capire che aveva raggiunto il limite.

“Che fine hanno fatto i promotori del progetto?”

Ancora una volta Gaara la stupì, dimostrando di riuscire ad esternare sicurezza e calma anche attraverso il tono di voce.

“I finanziatori non li ho mai visti. So solo che… fui messa sotto spirito per 8 anni, e che al mio risveglio…

Rialzò leggermente la testa per scorgere oltre l’orlo delle ginocchia i volti dei tre: erano totalmente presi dalle sue parole “…la mia cella si aprì da sola facendomi cadere per terra, sporcandomi la faccia della polvere che si era formata da anni nella mia stanza.” Spostò la testa di lato, poggiando la guancia sulle gambe, godendosi la nebbia acquosa che attorniava i muri della stanza attraverso i suoi occhi.

“La porta della mia stanza si aprì da sola…” ormai le parole uscivano fuori meccaniche “.. e uscendo scoprii che tutti i dottori che lavoravano lì erano morti.”

Un altro sussulto da parte di Temari.

“In corridoio trovai un foglietto con sopra scritto il simbolo di Konoha e più avanti, nella stanza di chi sembrava averlo scritto, trovai una delle mie cugine con la mia stessa età.”

“Decideste di andare a Konoha.” Quella di Gaara era più un affermazione che una domanda.

Lei annuì appena.

“La cugina che aveva scritto quel foglietto era stata mandata a Konoha per uccidere il jinchuuriki del Kyuubi molto tempo prima.”

Uzumaki Naruto.” Sussurrò Gaara tra l’allarmato e l’arrabbiato.

Ma…?” la voce di Kankuro, a quanto pare trovava strano che il biondino esaltato che aveva sconfitto il fratello fosse ancora vivo nonostante gli fosse stato mandato un sicario anni prima.

“Tua cugina ha … ha deciso di non ucciderlo?” Temari non era la sorella maggiore per nulla.

“Tutte noi abbiamo rinunciato ad uccidere voi Jinchuuriki.” Disse atona, rialzando finalmente lo sguardo, aveva finalmente smesso di piangere. I suoi occhi si posarono uno ad uno sui volti dei presenti fermandosi infine su quelli cerchiati di nero di Gaara.

“Perché?” fu la domanda secca, ma smaniosa di una risposta, del rosso.

“La nostra famiglia è stata distrutta , Gaara.” Puntualizzò “Siamo completamente perse in un mondo in cui siamo state esiliate. Perché mai dovremmo uccidervi?”

Un silenzio imbarazzante.

“La vendetta non ci porterebbe a nulla.” Sospirò “Voi jinchuuriki non avete colpe, sono quelli che ci hanno fatto questo...” disse toccandosi inconsciamente i capelli tagliati male ed ispidi “… i veri responsabili.”

Il suo sguardo si fece duro e perso in un pensiero che non esitò ad esternare.

“E io spero di non sapere mai le loro identità…” sibilò, turbando non poco Temari e Kankuro.

…perché so che non esiterei ad andare lì ed ammazzarli.”

Il tono di voce che aveva usato, calmo e basso, era inequivocabilmente serio e fu per questo che Temari non riuscì a trattenere un brivido dal percorrerle lungo la schiena.

Solo Gaara, che ancora non smetteva di fissare Coco con lo sguardo acquamarina fisso su di lei, sembrava non aver risentito di quel tono di voce.

“Hai sempre fatto finta di essere svantaggiata dalle mie tecniche di sabbia, vero?”

Le labbra della biondina si incurvarono.

Si è accorto anche di quello…

“Già.” Fu la sua unica risposta divertita.

“Dovevo ottenere la tua fiducia.” La giustificazione, alle orecchie dei tre fratelli non fece una grinza: di certo non si sarebbero mai fidati di una completa estranea, capace anche di resistere agli attacchi micidiali del più piccolo di loro.

“Uff.” sbuffò contrariato Kankuro mettendosi le mani dietro la nuca “Avremmo dovuto capirlo, per principio il fulmine non può essere più debole della sabbia.” Terminò accennando ad un sorrisetto forzato, lanciando un’occhiata d’intesa alla sorella.

“Eh.., sì.” Disse inizialmente un poco incerta Temari, sorridendo alle intenzioni del fratellino “È riuscita a farci fessi tutti e tre.”

Seguì una risata nervosa da parte dei due fratelli maggiori.

Coco li guardò allibita.

Voi…” iniziò incerta “… voi mi credete?” chiese incredula.

“Certo.” Rispose immediatamente Temari “Perché mai dovresti mentirci?”

“Ma io… ho appena detto di essere stata mandata qui per uccidere Gaara!” obiettò, mettendosi improvvisamente in piedi sul letto, fregandosene altamente dell’igiene.

“Ma da quel che ha sentito Gaara, ti sei rifiutata di farlo, nonostante una delle tue cugine pazzoidi ti puntasse una spada alla gola e comunque …” ribatté immediatamente la più grande riassumendo in pochissimo tempo il proprio atteggiamento calmo ed autoritario “… giù i piedi da quel letto, Coco.”

I piedi di Coco si mossero meccanicamente, facendola cadere di peso sul letto ad occhi sbarrati.

Incredibile.

Quindi… voi…” balbettò, non osando nemmeno incontrare il volto di Gaara, che aveva intravisto abbozzare un sorriso sottile quanto un filo.

Temari si limitò soltanto ad annuire.

E la vecchia Coco tornò a farsi sentire.

“Cretini! E adesso come la mettiamo con le carte bomba?! Eh?! Non crediate di passarla liscia dopo tutto quello che mi avete fatto passare, comunque!! Vi concerò così male da implorare di essere morti!”

Temari e Kankuro sospirarono all’unisono. C’era un non so che di tranquillizzante nel tono iroso e assetato di vendetta della loro biondina.

Gaara intanto continuava ad osservare di sbieco la ragazzina, cercando di non farsi notare dai fratelli. La guardò agitare furiosamente le mani strette a pugno, dirette minacciosamente verso di loro, mentre i suoi capelli si agitavano in aria allo stesso ritmo delle sue braccia.

Ancora faceva fatica a mandare giù il passato di Coco, ma, per esperienza, sapeva che quello che aveva passato era molto verosimile, se confrontato all’atteggiamento che il mondo aveva avuto nei suoi confronti, nonostante fosse ancora bambino.

Arrivare a distruggere la vita di una bambina… pensò, stringendo inconsciamente le labbra, constatando mentalmente che lui e Coco avevano dovuto fare i conti con la violenza del mondo adulto più o meno alla stessa età.

Le lanciò ancora una volta uno sguardo di sottecchi, studiandola per l’ennesima volta.

Abeille Ouvrère… Un’ape… ragionò mentre studiava ogni suo atteggiamento.

 “Un soprannome decisamente appropriato.” Sussurrò senza riuscire a farsi udire né da Coco né dai propri fratelli, troppo occupati a trovare un modo per riuscire a dirle che buona parte di quelle carte-bomba, specie quelle che andavano dalla porta al letto, erano finte.

“FATEMI USCIRE DA QUIIIII!!!!”

 

 

 

 

 

 

A Sakura la stanza d’ospedale di Kakashi-sensei non era mai parsa tanto inquietante quanto in quel momento.

Doveva essere a causa del fatto che era pienamente cosciente di quello che Kakashi voleva sentire da lei: la verità su lei e Moriko. Dopo essere stato avvertito da Sasuke pochi minuti prima delle sue ultime scoperte, aveva pregato Asuma-sensei di aiutarlo a cercarla, finendo così per intercettarla nel momento che la rosa ritenne il più sbagliato della sua vita.

Ma forse, più specificatamente, era per l’effetto che lo sguardo fisso del suo sensei le stava dando, a trasmetterle quel senso di incicurezza.

Non era passato molto tempo da quando Asuma, Kurenai e Gai-sensei erano usciti dalla stanza, lasciandoli soli nonostante la richiesta del collega gli avesse straniti non poco. Adesso lei era semplicemente in piedi accanto al letto del jonin, rigida a tesa come una corda di violino, mentre il Copia-ninja era semidisteso sul letto, con la schiena sostenuta da un secondo cucino. Il coprifronte era stato abbandonato sul comodino accanto a letto e questo le permetteva di vedere la cicatrice che solcava verticalmente l’occhio munito di Sharingan.

Maledizione… imprecò mentalmente Sakura, mordendosi nervosamente il labbro inferiore.

Sakura…” la richiamò la voce stanca del suo sensei.

Non le servì guardarlo in faccia per capire quanta delusione esprimesse il suo viso: poteva benissimo intuirla. Gli aveva mentito, aveva tradito la sua fiducia e non era cosa che potesse essere perdonata così alla leggera. Le sue mani strinsero più forte la stoffa purpurea del vestito. Non poteva andare avanti in quel modo: il tempo stava ormai per scadere, la donna che avrebbe dovuto pendere il posto di Hokage ancora tardava ad arrivare e lei sapeva che Moriko, stentava a resistere agli istinti di quelle cose racchiuse dentro di lei.

Non poteva più sopportare quella pressione. Aveva bisogno di qualcuno a cui confidarsi, qualcuno che le credesse.

Alzò lo sguardo sul suo sensei, stanco come non mai dal combattimento avvenuto poco prima, e si decise.

Era Kakashi-sensei la persona di cui si fidava di più e non l’avrebbe persa, non così. Sarebbe andata fino in fondo, questa volta. Niente ripensamenti. Non più.

“Glielo dirò.” Disse con voce flebile, vedendo la testa del sensei, muoversi leggermente verso di lei a quelle parole.

“Glielo dirò.” Ripetè, senza accennare ad abbassare lo sguardo “Ma non dovrà dirlo a nessuno. Nemmeno a Sasuke.”

Specialmente a Sasuke.

Lo sguardo monoculare di Kakashi incontrò il suo, interdetto.

“Va bene?” insisté, ottenendo un segno di assenso da parte dell’adulto.

Rassicurata, la rosa si avvicinò al letto dell’altro, premendosi nervosamente le mani al petto.

Kakashi-sensei…” sussurrò, sentendosi colpevole come non mai “… quello che le dirò ora sarà la verità. Quella vera.” Specificò, quasi facendo fatica a mantenere il contatto visivo con l’occhio color pece del sensei, che continuava ad ascoltare muto ed accigliato la voce della sua giovane allieva.

“Le chiedo solo di credermi, sensei. La prego… per quel che vale, detto da me. Mi creda.” Implorò, stringendosi le mani così forte da farne defluire il sangue all’interno.

“D’accordo, Sakura.” Fu la risposta biascicata a fatica dal più grande “Ci proverò.”

Lei annuì comprensiva, si sedette ai piedi del letto dell’altro con un sospiro, cominciando a scrutare con falso interesse il muro in legno opposto a lei, racimolando nel frattempo le idee.

Poi, dopo aver preso un breve respiro in petto, parlò.

“Sono stata adottata.” Disse senza neanche osare guardare la reazione di KakashiRiiki Haruno non è mia madre. Io, Moriko e Coco, siamo orfane.”

Fece una pausa, aspettando per un attimo che Kakashi-sensei mandasse giù la notizia.

“Non sei… di questo villaggio?” sentì balbettare l’uomo dai capelli argentati.

Sorrise: prevedibile come domanda.

“No, Kakashi-sensei.” Disse scuotendo la testa “Sono nata in un piccola comunità fantasma costituita da un solo Clan. Il mio.”

“Che fine ha fatto la tua famiglia?”

Abbassò lo sguardo, ancora una volta, una domanda prevedibile.

“Venne sterminata davanti ai nostri occhi quando avevamo 4 anni.” Disse, tentando in tutti i modi di mantenere un tono di voce neutro “Delle persone ci trovarono … e ci rovinarono la vita.”

Una lacrima solitaria le scese su una guancia, nonostante le sue labbra fossero tirate in un sorriso. Il silenzio di Kakashi valse più di mille parole. Non capiva.

“Il mio clan era famoso per il doujutsu² di cui solo le donne potevano fare uso.” Spiegò con quanta più semplicità riuscì a trovare, nonostante dentro si sentiva una tempesta di emozioni che le rendeva quasi impossibile mettere insieme i pensieri.

“Un doujutsu che ha parecchie varianti e che è conosciuto come Kiishimugan, l’occhio dell’ammaliatrice.”

Si voltò verso il proprio sensei, sconvolto tanto da farle quasi paura, sorridendogli amaramente con ancora la guancia rigata di pianto.

“È l’unico motivo per il quale io, Coco, Moriko e i nostri restanti cugini, siamo rimasti in vita.” disse flebilmente.

Come…?” fece Kakashi, confuso, tentando di mettere insieme una domanda sensata, ma ancora una volta si vide interrompere da Sakura, che era nel frattempo ritornata ad evitare il suo sguardo, ora focalizzato sulla coperta punteggiata di shuriken del suo letto.

“I nostri occhi sono molto rari, Kakashi-sensei… è un doujutsu imprevedibile, penalizzante a volte, ma anche molto efficace, specie se confrontato …” prese un respiro profondo “… con lo Sharingan.”

A quel punto fece incrociare nuovamente i suoi occhi con quello di aperto si Kakashi, leggendovi stupore.

 Kakashi-sensei, ora cercherò di usare il mio Kiishimugan su di lei, lei provi a schermarsi con lo Sharingan.” Disse velocemente la rosa, leggendo confusione sul viso del più grande. Sapeva di star facendo una mossa azzardata, ma tutto dipendeva da quella dimostrazione. “La prego solo di osservare il cambiamento dei miei occhi e di reagire in fretta.” Aggiunse accigliandosi, parlando più chiaramente che poté.

Dopo un attimo di incertezza, vide il volto dell’uomo prima rilassarsi, poi indurirsi deciso ed annuire.

“Bene.” Asserì la rosa, chiudendo per un istante gli occhi per poi riaprirli e focalizzarli sull’occhio ancora chiuso e sfregiato del sensei.

Kiishimugan. Richiamò intensamente per poi vedere la sua vista piombare nella più completa oscurità, eccezion fatta per una piccola luce azzurrognola localizzata dove prima stava il petto di Kakashi. Lei però non ci fece caso ed aspettò.

Una luce circolare e rosso sangue si accese dove lei aveva posato gli occhi l’ultima volta.

Ora. Pensò, dando voce al primo, stupido ordine che le venne in mente.

Kakashi-sensei.” Sentenziò con voce innaturale quasi echeggiante alle orecchie dell’adulto “Si strappi due fili di capelli e li tenga in mano. Ora.”

A quelle parole, il jonin si sentì per un attimo mancare, poi travolgere da qualcosa di più forte, qualcosa di non suo. Il suo occhio sinistro era ancora spalancato ed attivo prima che una delle sue mani si alzasse, afferrando e strappando con un colpo netto due dei cuoi capelli argentati, per poi, incredibilmente, abbassarsi, tenendoli fermi tra l’indice ed il pollice.

Fu allora che quella sensazione di pesantezza, quello strano torpore che aveva invaso ogni singola cellula del suo corpo, si dissolse, lasciandolo libero di abbassare lo sguardo sui due filamenti argentati da lui stesso strappati poco prima.

“Ma come…?” sussurrò allibito, spostando subito dopo gli occhi sul viso della propria allieva.

Gli occhi verdi di Sakura lo scrutarono vitrei e privi di pupilla ancora per un istante, prima di ritornare alla normalità.

Non c’erano parole per descrivere quelle che stava provando in quel momento. Solo confusione.

“Che cosa…?” balbettò ancora una volta, tentando una frase che però non venne mai pronunciata, venendo immediatamente sostituita da una consapevolezza.

Lui si era schermato con lo Sharingan, lo aveva fatto davvero! Com’era potuto cadere nell’effetto di un’arte oculare?Era…

“Assurdo, vero?” chiese Sakura, tornando a stirare la bocca in un sorriso amaro, nonostante continuasse a guardarlo.

Sakura…?

“Si ricorda l’esame dei chuunin, Kakashi-sensei? La prova nella foresta della morte, intendo.” Gli chiese la sua allieva in modo così veloce che non poté fare a meno di annuire.

Sasuke era impazzito…” cominciò senza troppi preamboli la ragazza, chiudendo gli occhi “… Naruto era privo di conoscenza e Sasuke sembrava sull’orlo di commettere un omicidio.” Fu la spiegazione che diede velocemente, in modo sintetico come solo lei sarebbe riuscita a fare.

La vide stringere spasmodicamente la coperta del suo letto.

“Non ce la feci…” singhiozzò la ragazza tra i denti “… mi buttai alle spalle di Sasuke, costringendolo a guardarmi negli occhi…

Una pausa sofferente separò il resto della frase

“E gli ordinai di fermarsi… esattamente… come ho fatto poco prima con lei, Kakashi-sensei.”

Di nuovo il jonin si ritrovò incredulo.

Le lacrime scendevano ormai copiose sulle guance di Sakura.

“Non avevo,… altra scelta.” Singhiozzò la ragazza “Quella fu la prima volta… in otto anni, che usai il Kiishimugan su qualcuno.”

Kami-sama.” Sussurrò l’uomo, posandosi una mano sulla fronte, intontito da quella rivelazione. “Non posso crederci.”

“Mi creda, sensei.” Intervenne Sakura, supplichevole, ma senza mai smettere di piangere, nonostante i singhiozzi avevano smesso di scuoterle il petto “… è la prima volta in 8 anni che sono completamente sincera con qualcuno.”

“Cosa sapete fare tu e … le tue cugine?” fu la domanda improvvisa di Kakashi.

Avrebbe potuto non rispondere a quella domanda, ma aveva deciso. Non sarebbe fuggita, non una volta di più.

“Io so solo imporre la mia volontà a quelli che mi ascoltano e che mi guardano negli occhi.” Cominciò, ritornando a guardarlo “Potrei benissimo ordinare a qualcuno di suicidarsi e quello lo farebbe.” Ammise, provocando nel jonin un moto di terrore.

Kami-sama… ripeté mentalmente.

Moriko,…” riprese intanto la sua allieva “… ha una sorta di retro visione. Una specie di terzo occhio interno che le permette di vedere nei ricordi e nei cuori di persone e cose, a volte solo con un contatto visivo, a volte con uno tattile.”

Kakashi la vide sorridere pensierosa, abbassando lo sguardo, come presa da un ricordo.

“In un certo senso, riesce a vedere la verità.”

“E Coco?”

A quella domanda a Sakura parve di essere giunta all’ultima tappa del suo percorso, l’ultima verità.

“Lei vede il chakra altrui.” Spiegò “Riesce a catalogare i tipi di chakra per tipologia, distinguendone gli attributi e le capacità speciali per il quale vengono utilizzati.”

Come i doujutsu… rammentò il sensei, ritornando con la mente al suo primo incontro con la biondina, durante il quale era riuscita ad elencare non solo i tipi di chakra suoi e di Sasuke, ma anche la presenza dello Sharingan in entrambi.

“Come se facesse un’analisi completa.” Sussurrò meccanicamente, ricevendo da parte di Sakura un segno di assenso.

“Ora capisce Kakashi-sensei?”

Di nuovo si ritrovò gli occhi verdi della sua allieva confrontarsi con i suoi.

Non capiva invece, perché non raccontarlo? Che cosa c’era di sbagliato nell’essere stata adottata e nel possedere un doujutsu?

Fu Sakura a dargli la risposta.

“Il mio clan fu ritenuto troppo pericoloso a causa del Kiishimugan.”

L’occhio destro di Kakashi si allargò.

Non era possibile.

“Per il Paese del fuoco, io non dovrei nemmeno esistere.”

 

                                                                                                                                Continua….

 

 

 

Note di TRADUZIONE

 

¹Shimatta: altra imprecazione giapponese che si traduce come un “dannazione” molto pesante.

²Doujutsu: arte innata oculare

 

 

ANTICIPAZIONI:

Il mio compito è praticamente finito adesso.

Sasuke! Svegliati!”

Ormai la catena di eventi che cominceranno a susseguirsi inesorabili saranno unicamente soggetti all’opera del destino.

Naruto chi è quella donna che sì dà tante arie?”

“Tranquilla Sakura! Presto Sasuke starà bene! Ti ho portato un grande dottore!”

“Mi dispiace, ma non potrai più essere uno Shinobi.”

La mia volontà non conterà più … se non per me stessa.

“E tu? Come ti chiami?”

Moriko Nara, ojousan.”

Nulla potrà fermare l’ombra che si aggira attorno a Konoha.

“Moriko-chan~!!”

Il prossimo capitolo di Naruto Shippuden-Nana hana ora diventato Nanaban Hana: I sette fiori insanguinati- il risveglio, s’intitolerà “Verso il baratro.”Non perdetevelo!

Devo diventare più forte! A qualsiasi costo!

E le persone a me più care, inizieranno una ad una ad allontanarsi.

 

 

   
 
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