hPOUR TOUJOURS TON PRISONNIERh
III Chapter
-Tuo figlio è un deviato.-
Fu la prima cosa che mia madre disse a mio padre non
appena lui ci raggiunse all’hotel per il weekend. Etienne se n’era andato da
tre giorni, dopo solo cinque o sei ore di
soggiorno… Cercare di convincerlo a restare fu altamente inutile, ma d’altronde
Anne lo avrebbe mandato via lo stesso. Io dalla sua partenza me n’ero stato
rintanato in camera mia tranne che per l’orario di pranzo e di cena, in cui mi
sedevo al tavolo in silenzio assoluto. Quel giorno Pete -mio padre- arrivò
giusto per pranzo e fu informato della ‘terribile notizia’ della mia ‘immorale
relazione’ con quel ‘depravato ragazzo francese che fin da piccolo si
comportava male’. La reazione di quel povero e sottomesso uomo era
prevedibile… Mi guardò da dietro i suoi occhialini rettangolari e si passò una
mano fra i pochi capelli sopravvissuti alla stempiatura, balbettando un misero
e deludente “Oddio”. Le conseguenze non furono inaspettate, Anne si mise a parlare
senza fermarsi nemmeno un secondo per lasciarci commentare.
I principali concetti espressi dal suo ripetitivo
assolo furono i seguenti: l’omosessualità era sbagliata. La cosa
peggiore di tutte era che io non avevo detto nulla per farmi aiutare.
Etienne ci aveva preso in giro tutti quanti, era un opportunista infimo
e miscredente. Io avevo la colpa –difficile da perdonare- di essermi fatto ingannare
e traviare, rifiutando ogni visione alternativa della situazione. Non capii
esattamente cosa lei volesse dire, ma io la intesi come un’accusa di ‘eterofobia’.
Io avrei dovuto pensare che per gli altri ciò che stavo facendo era puramente
immorale e quindi, di logica conseguenza, avrei dovuto accorgermi che lasciare
perdere Etienne era l’unica soluzione. Ciò che fece scoppiare a ridere Kevin fu
la battuta di chiusura del discorso di nostra madre.
-Avresti potuto guarire dall’inizio.-
Io stavo per alzarmi ed andarmene dritto a Rye in
casa Méliés per rapire il secondogenito e scappare a )le Europa –per chi non lo sapesse
è da qualche parte nel Canale di Mozambico, ma è politicamente appartenente
alla Francia-. Per mia sfortuna, mio fratello mi precedette scoppiando in una
sonora risata che fece sbiancare tutto il resto del tavolo, me compreso.
Essendo la vittima del dramma mi aspettavo di dover avere la scena madre tutta
per me, invece lui mi rubò il palcoscenico.
-Tutto ciò è ridicolo! Mica è una malattia, mamma…
Lascia in pace Steph. A mio parere sono cazzi suoi se vuole stare con Eth.-
Disse mio fratello minore e, a quel punto, mi misi a
ridere pure io: la faccia sconvolta di Anne era uno spettacolo. Pete trasudava
ansia da tutti i pori, invece. Sembra una scenetta comica a descriverla, ma
assicuro che in quel momento non lo era per niente. La tensione si poteva sentire
addosso come se avessimo dei mattoni appoggiati sulle spalle, la mia risata era
inopportuna ed altamente isterica, mio fratello ostentava un’aria sovversiva.
La verità in quella tragicommedia familiare era questa: eravamo in bilico
sull’orlo di una rottura ed al primo passo falso sarebbe accaduto
l’irreparabile.
-Primo, Kevin non puoi permetterti di parlare così
con me, intesi? Secondo, quel Méliès e tuo fratello non possono stare insieme!
È contro natura! Questo non è un telefi-
Il mio cellulare suonò interrompendo Anne proprio
nell’istante sbagliato –anche se preferisco pensare che mi abbia solo
salvato-. Com’era prevedibile era un
messaggio di Etienne, che non osai leggere subito sapendo che altrimenti i miei
sarebbero esplosi. La cosa buffa è che diedero fuori di matto lo stesso! Mia
madre si alzò e mi prese il telefonino per controllare lei stessa cosa ci aveva
interrotto, storpiando la bocca in una smorfia che –ringrazio Dio- Etienne non
ha potuto vedere. Io mi allungai per afferrare quell’aggeggio, ma lei si
allontanò dalla mia portata continuando a leggere. Ad un certo punto, poi,
sorrise… Il sorriso di un avvoltoio che vola in cerchi sempre più a bassa
quota, sapendo che la sua futura vittima è ormai in punto di morte. La fissavo
stizzito, quasi deciso ad abbandonare tutti quanti e prendere il primo aereo.
Giuro, )le Europa iniziava ad essere davvero una meta
allettante.
-Mi vuoi ridare il cellulare o vuoi che venga a
prenderlo con le maniere forti?-
Sibilai allora, digrignando i denti come un cane
rabbioso. Mi sentivo braccato e minacciato, quindi non potevo far altro che
acquattarmi e ringhiare: se avessi abbaito veramente, allora i miei mi
avrebbero di certo preso a bastonate.
-Stephan, non parlare a tua madre con quel tono…-
-Se non mi restituisce il cellulare, faccio voltare
tutta la sala da pranzo verso di noi.-
Iniziai ad intimidirli accennando all’unico fatto
che avrebbe potuto mandarli in crisi: attirare l’attenzione dei perbenisti
tutt’intorno a noi. Non mi stupii quando Anne appoggiò di nuovo il telefonino
dove era prima e tornò composta al suo posto. Grace, che era stata immobile per
tutto il tempo, iniziò improvvismente a piangere e tremare dalla paura.
Avvertiva pure lei che la sua amata famiglia del cazzo ormai era distrutta: dal
suo punto di vista Kevin si era dato alla ribellione ed io minacciavo
brutalmente i nostri genitori. Questo sovvertiva tutta la sua vita perfetta da
figlia devota… In effetti, però, sovvertiva un po’ la vita di tutti quanti. Non
mi ero più comportato male con i miei da quando ero uscito da quella stupida
gang, anche perché Etienne non era mai stato coinvolto.
Ripresi il cellulare e lessi l’sms che aveva fatto
sorridere mia madre pochi attimi prima. Per fortuna non vi era scritto nulla di
osceno o sdolcinato… O forse fu una sfortuna. Una sorpresa davvero atterrente,
a dire il vero.
“L’università di Brest mi ha preso. C’est la vie… La France m’attends.(1)”
Alzai lo sguardo verso Anne, avendo compreso quale
fosse il motivo del suo ghigno soddisfatto: Etienne se ne stava andando in
Francia e io sarei stato dunque liberato da quella ‘malattia’ che lui mi aveva
attaccato. Etienne se ne stava
andando via da me… La sola idea mi bloccò il groppo in gola e una nausea
mai provata prima s’impossessò del mio stomaco.
-Devo andare in bagno…-
Dissi, alzandomi ed andando dritto di corsa alla
costa. Difficilmente mi comportavo come un ragazzino e mi chiudevo in camera
mia quando volevo dar sfogo alla tensione: mi sarei sentito chiuso in trappola
ed ancora più perso… Etienne mi aveva insegnato che guardare il mare in un
momento di disperazione liberava totalmente la mente e faceva nascere nuove
speranze. Aveva proprio ragione. Guardai il mare smarrirsi all’orizzonte e poi
mi concentrai su una barca a vela che tagliava il cielo. Un ragazzo cercava di
far correre il suo dinghy il più veloce possibile con il vento per niente
favorevole. Mi ricordava un pomeriggio soleggiato alla baia di Rye in cui
Antoine -ancora quattordicenne- era alle prese con la barca a vela di suo
padre.
Io ed Etienne avevamo otto anni e l’osservavamo
curiosi dal molo, sognando di potere intraprendere la stessa avventura e
partire per il mare aperto. Ci vedevamo come dei pirati con tanto di benda
all’occhio –cosa che se davvero la vedessi in faccia ad Eth gliela strapperei
accusandola di coprirmi quel viso stupendo- e immaginavamo di rubare i tesori
sulle isole. Purtroppo per i nostri sogni lui non volle mai salire a bordo di
quello che ormai è il dinghy di Antoine per paura di distruggerlo ed io, dal
canto mio, non potevo permettermi di farmene comprare uno dai miei genitori. Si
erano rifiutati pure di iscrivermi ad un corso di vela, dicendo che era meglio
se continuassi a frequentare quello di canottaggio. Il maggiore dei Méliès
intanto era riuscito ad entrare nello Yachting club di Cowes, rinunciandoci poi
per poter lavorare al porto vicino alla sua famiglia una volta morto suo padre.
Io avevo continuato ad andare con lo skiff sul fiume Brede fino alla fine del
liceo, senza aspirare alla gara tra Oxford e Cambridge. Non mi avrebbero mai
preso in quelle università, data la media dei miei voti… Etienne invece, con il
suo brevetto in immersioni subacquee, se ne andava all’università di Brest. C’est
la vie una sega. Era un ingiustizia…
Così, guardando il tizio sulla barca a vela,
m’immaginai il francesino che mi sorrideva dal timone e mi chiamava a bordo per
occuparmi del fiocco a prua. Poi via verso l’)le d’Yeu con il vento in poppa per più di 625 miglia… Cosa alquanto
improbabile, ma a me piaceva consolarmi con quella scena da romanzo. La realtà
me l’avrebbe certamente messo nel culo: Etienne sarebbe partito da solo, per il
successo mi avrebbe dimenticato e io sarei rimasto a Rye a vivere come un
emarginato con delle devianze sessuali incurabili. Una prospettiva davvero
allettante…
Il mio cellulare squillò, “Ocean Avenue” sovrastò il
rumore delle onde all’improvviso, distraendomi dai miei viaggi mentali. Chi altro poteva essere se non il mio
ragazzo? “Rispondo o no”, pensai titubando qualche attimo, “Sono pronto per
sentirmi dire che verrò lasciato?”.
-Pronto?-
A quanto pare ero preparato ad affrontare le dure
parole di Etienne. La prontezza era una mia caratteristica irremovibile.
-Miel… Il messaggio non ti è andato giù, eh?-
Da parte mia solo silenzio, dalla sua una risatina
nervosissima che a stento riconoscevo. Essere nervoso per lui era anormale, lo
stesso valeva per me che raramente ero calmo: era come se uno tsunami avesse stravolto La Manica.
-Capisco che la notizia non ti vada affatto a genio.
L’avevo previsto… Non ho scritto tutto nell’sms perché sapevo che era meglio
parlarne a voce.-
Stava arrivando il momento cruciale, me lo
aspettavo. Guardai le onde cercando di rimanere tranquillo e non sbraitare
contro la persona che amavo… Ciò che provavo per lui includeva soprattutto la
sua felicità, mi ripetevo. Ma cristo santo, non avevo mai tollerato questa
storia del volere il bene altrui e rinunciare al proprio. Io ed Etienne
dovevamo restare insieme fino alla fine, come avevo figurato nella mia mente
anni prima. La felicità come singolo individuo non era prevista affatto… E lui
sapeva benissimo questa cosa. Per un attimo –sbagliandomi, grazie a Dio- pensai
che se la fosse dimenticata e avesse deciso di mandare a puttane tutti i nostri
piani.
-…vieni via con me, Stephan. La France nous attends…(2)-
Il mio cuore fece un salto sentendogli pronunciare
quelle parole in modo tanto sensuale e deciso, prima che il ritmo dei battiti
iniziasse ad aumentare. Allora sussurrai piano, singhiozzando, “oui…”
h h h
Ricordo che era una giornata luminosa, un pomeriggio
caldo appena ventilato lungo la costa, dove il Sole illuminava la superficie
lievemente ondeggiante del mare. La baia di Rye si apriva stretta davanti ai
miei occhi, un gabbiano era appoggiato sull’albero di una piccola imbarcazione
a vela. Sul pontile in legno, un ragazzo dai lunghi capelli color del grano
legati in una coda stava sistemando delle casse. Lì accanto un altro biondino
se ne stava seduto con la schiena appoggiata al traliccio per l’attracco a
leggere un libro. Le loro voci soffuse si mescolavano all’ondeggiare dolce
dell’acqua, la cosa certa è che non stavano parlando inglese ma bensì una
lingua con un’inflessione più seducente.
Mi avvicinai in silenzio e fu Antoine ad avvistarmi
per primo, dal momento che suo fratello minore mi dava le spalle. Un istante
dopo si voltò anche Etienne e le sue labbra sensuali e carnose si curvarono in
un sorriso abbagliante. Mi corse incontro e mi portò le braccia intorno per
baciarmi, non preoccupandosi di essere visto dal suo familiare e lasciandomi
così di stucco. Lo zaino che tenevo in mano cadde a terra con un tonfo sordo,
mentre le mie braccia rimanevano a penzoloni incapaci di stringer la sua
schiena. La sua lingua s’infilò prepotente e imprudente fra le mie labbra,
niente a che vedere con il bacio a stampo che io gli avevo dato a Southend la
settimana prima.
-Stephan… Non posso crederci! Che ci fai già qui?-
Disse staccandosi da me per guardarmi in faccia, i
suoi grandi occhi grigi guizzavano veloci alla ricerca di una risposta da parte
mia. Nel mio organismo nel frattempo era in corso un aumento del flusso
sanguigno che provocava un misto tra eccitazione e stordimento. L’idea di
essere appena stato abbracciato in un luogo pubblico mandava i miei ormoni su
di giri, mentre il mio cervello faticava a capire la motivazione di tale gesto.
Era l’emozione che si prova per la novità, per un’esperienza mai avuta prima…
Curiosità, sorpresa ed eccitamento.
-Sono scappato… Dobbiamo andare a Brest, no?-
Gli sussurrai agitato all’orecchio, stringendomelo
finalmente addosso e sentendo il suo torace asciutto aderire al mio. Lui
scoppiò nella sua risatina cristallina ed insolente, prima di far scivolare una
mano fra i miei capelli e mugulare “sei pazzo!”.
-Macchè pazzo! Sono solo istintivo. Sentivo che era
giusto tornare a Rye per partire con te…-
Afferrai la sua mano con la mia mentre lasciavo un
bacio sulla sua fronte fresca, facendolo arrossire con compiacimento. Il
gabbiano prese il volo all’improvviso, gracchiando sopra le nostre teste prima
di allontanarsi lungo la costa verso il mare aperto. Guardando il suo tragitto
incrociai lo sguardo di Antoine, preso ad osservarci incerto con una cassa di
legno in mano. Suo fratello minore si sganciò da me e si voltò sventolando il
braccio sinistro con entusiasmo.
-Antoine! Stephan vien avec moi… (3)-
Gridò,
sovrastando il silenzio del molo prima di corrergli incontro ed abbracciare
pure lui –provocandomi un moto di gelosia del tutto insensato in corpo-.
Etienne altalenava momenti d’infantilità ad altri di estrema maturità, ciò
dipendeva dall’umore che aveva in un dato momento. Più si arrabbiava più
diventava serio, più era contento più si lasciava andare in comportamenti
fanciulleschi… Fare l’amore con me era in un punto a metà fra queste due
situazioni: richiedeva serietà ed imprudenza. L’Etienne che stava al mio fianco
era per la maggior parte del tempo in equilibrio stabile su questa banchina
costruita sul confine tra un mare di spensieratezza ed una terra di responsabilità.
Io, purtroppo, eccedevo esageratamente con la mia sbadataggine ed il mio
umorismo. Ma ciò ci stabilizzava permettendoci di continuare a modellarci a
vicenda.
-Etienne… Mon dieu! Quante volte devo dirti di non parlare
francese con me quando c’è qualcun altro che non capisce. È maleducazione…-
Sbuffò il maggiore dei Méliès alzando gli occhi al
cielo, esasperato dalla ripetizione di alcuni comportamenti di suo fratello. Io
sorrisi, notando che il mio ragazzo era più felice di quanto lo avessi mai
visto da quando lo conoscevo. Probabilmente la notizia di poter restare con me
lo portò al settimo cielo, solo più tardi mi confermò questo mio presentimento.
Tornavamo dal molo da soli, camminando l’uno accanto
all’altro tenendoci per mano come mai ci eravamo permessi di fare. Ad un tratto
si fermò sul lungomare e si appoggiò alla staccionata, con il viso rivolto
verso la cittadina.
-Pensavo che mi sarei sentito in colpa a lasciare
Rye… Ho troppi ricordi legati a questo posto, sai. Il molo, camera tua, le vie
del centro, il castello. La baia… Sono luoghi che avrei preferito non
abbandonare mai, anche se il ritorno in Francia rimaneva sempre un desiderio
che non potevo reprimere. Guardandoti ora, però…-
Mi scoccò uno sguardo teneramente intenso e mi prese
una mano fra le sue, calde ed appena sudate per l’agitazione.
-…capisco che non era Rye ciò che veramente avrei
potuto rimpiangere. Eri tu… E sono così immensamente felice a saperti al mio
fianco nonostante io abbia turbato la tua vita.-
Un cedimento… Uno dei pochi che gli avevo visto
avere. In quel momento sembrava che stesse per sgretolarsi ed affondare nel blu
del mare alle sue spalle. Non era tipo da lasciarsi cogliere dalla debolezza,
dato che ciò avrebbe significato una sua sconfitta, una mancanza di coraggio.
Mi avvicinai, abbattendo l’ennesima barriera costruita per non inimicarci il
nostro paese e lo abbracciai forte con gli occhi chiusi. Il suo profumo si
mischiava a quello della salsedine, di nuovo Etienne e il mare in un binomio
inscindibile…
-Non hai turbato la mia vita, honey… Hai causato un vero e
proprio terremoto nel giorno stesso in cui ci sei entrato. È tardi per piangere
sul latte versato…-
Alla mia battuta rise e si strinse contro di me,
facendomi venire voglia di denudarlo in quello stesso momento e di fare l’amore
con lui contro quella staccionata. Per la salvezza dell’integrità della nostra
fedina penale, lui mi spinse indietro e riprese a camminare lungo il
marciapiede. Non parlò più, si limitò a sogghignare finchè ci trovammo sulla
soglia della sua stanza e mi ci trascinò dentro.
Finire di nuovo sul suo materasso ad acqua fu
sconvolgente e allo stesso tempo stimolante, era la cosa che più mi ricordava
le nostre notti insieme. Lo guardai negli occhi e lui ricambiò lo sguardo,
prima di togliermi la maglia e lasciare una scia di umidi baci lungo il mio
ventre. Una scossa elettrica mi trapassò da capo a piedi quando con il viso sfiorò il cavallo dei miei pantaloni,
scossa che arrivò dritta nel punto che lui stava stimolando con tanta malizia.
Protesi l’inguine verso di lui, che con prontezza slacciò la cerniera dei jeans
e li fece scivolare ai miei piedi con le mutande. La sua lingua mi accarezzò
appena ed i brividi si tramutarono in un gemito che lasciò la mia bocca
incontrollato. Poi, improvvisamente, si alzò a carponi sopra di me ed iniziò a
fissarmi intensamente. D’istinto portai la mano al suo viso e ve la passai adagio,
prima di protendermi in avanti per poterlo baciare…
Quel bacio fu il primo che ci scambiammo con una
calma del tutto estranea dal nostro solito comportamento. La tenerezza che
muoveva le nostre labbra era quasi sconcertante, ma allo stesso tempo provocava
quello strano eccitamento della novità di cui ho parlato anche prima. Cinsi la
sua schiena, trascinandolo contro di me in un abbraccio che sembrava quello di
chi aveva paura che da un momento all’altro arrivasse la fine del mondo. Risi,
contento di quella nuova emozione che stava nascendo in me, sentendo poi
Etienne ridere con me e stringermisi addosso.
Pian piano mi voltai e lo feci sdraiare sotto di me,
rimanendo a contemplarlo in tutto il suo splendore, prima di abbassarmi e
disfarmi dei suoi vestiti. Fu la prima volta che la passione e la fretta non
s’impossessarono di noi –a dirla tutta fu anche l’ultima- permettendoci di
gustarci ogni minimo gesto che ci stavamo scambiando. Ricordo ancora le sue
mani che scorrevano sulla mia schiena con lentezza, i suoi denti che
pizzicavano il mio collo, le sue cosce sotto il palmo delle mie mani… Ricordo i
nostri sospiri sereni, le nostre risatine soffuse e i sussurri.
Non so esattamente cosa ci portò a quel nuovo modo
di fare l’amore, forse fu la certezza di essere veramente insieme, senza più
doverci nascondere. Forse la consapevolezza che ormai nulla più ci avrebbe
impedito di essere noi stessi, noi due insieme fino alla fine. Sì, credo fu
questo…
h h h
L’aeroporto era pieno di gente in giacca e cravatta
che parlava al cellulare e correva in modo frenetico, altra che piangeva
abbracciando qualcuno, altra ancora che alzava le braccia per correre incontro
ad un gruppo di persone… Il caldo di agosto
sembrava un bel ricordo, l’aria condizionata rendeva il posto simile ad
un enorme frigorifero. In mezzo alla marmaglia di individui che si muovevano
all’imbarco c’eravamo io ed Etienne, seduti sui nostri bagagli davanti ad un
pilastro e con in mano i biglietti aerei. La luce al neon delle lampade faceva
sembrare i suoi capelli ancora più chiari, tendenti al platino, così che
osservarli mi distraeva totalmente da Cècile che ci parlava raccomandandoci
tutto ciò che le veniva in mente al momento. A volte pronunciava qualcosa in
francese così che solo Etienne capisse, forse riguardo la scuola o al suo bene…
So che non era nulla contro di me. Il fatto io e suo figlio stessimo insieme
non aveva sconvolto Cècile quanto lo aveva fatto con Anne. “Credimi, mia madre
è un hippie di quelle toste” mi aveva detto lui quando gli avevo domandato
com’era andata con Cècile. Un po’ ero invidioso di questo perfetto quadretto
familiare, ma non ero molto convinto che mi piacesse il fatto della libertà tra
madre e secondogenito. Nessun profondo legame o regola: Etienne era una barca
alla deriva nell’oceano della vita, senza un porto vero e proprio dove
attraccare. Credo fosse anche per questo che aveva deciso di legarsi a me in
quel modo morboso, trovando qualcosa al mondo che potesse definire ‘suo’ -o ‘la sua rosa’ come spesso si
divertiva a dirmi-. Per uno come lui, devoto a “Le
Petit Prince”, vivere
senza qualcosa di veramente importante era demoralizzante e, a volte, doloroso.
Perdendo suo padre all’età di nove anni la ricerca di questa speciale ed unica
rosa fu per lui l’unico motivo per cui continuare a vivere… E per qualcuno così
ambizoso non è stato difficile darsi da fare e trovare me. Guardare sua madre
che ci parlava in aereoporto mi fece rendere conto di quanto tutta quell’enorme
metafora di vita nel possedere una rosa fosse importante e vera, soprattutto
per Etienne… Avrebbe lasciato chiunque tranne me, avrebbe viaggiato per il
mondo intero purchè io fossi stato al suo fianco: per questo abbandonare Cècile
ed Antoine a Rye e tornare in Francia –anche se in un paese che non era il suo-
non lo faceva soffrire. Per suo fratello credo fosse completamente diverso: non
avere più Etienne al suo fianco era una seconda perdita in famiglia. Non era in
grado di staccarsi dalla sua casa, era un po’ come suo padre Bastien. Etienne e
Cècile erano invece completamente svincolati… Come avrei voluto essere anche
io. Fu quello il giorno in cui lo diventai a tutti gli effetti.
Il numero del nostro aereo fu detto all’autoparlante
e il momento d’imbarcarsi arrivò. Dei componenti della mia famiglia nemmeno
l’ombra, come previsto… Nemmeno Kevin era riuscito a venire a salutarmi, chiuso
com’era in quell’aula dei corsi di recupero. Il fatto che mi avesse mandato un
sms di scuse riuscì comunque a consolarmi. Degli altri non me ne importava
molto, ciò che volevo in quel momento era partire e lasciarmi tutto alle
spalle. Avere qualcosa da dividere solo con Etienne e con nessun altro… E stavo
per averlo fra le mani senza imprevisti che me l’avrebbero fatto sfuggire. Mi
alzai dalla valigia e sorrisi ai Méliès, stringendo la mano del primogenito e
baciando le guance della madre. Etienne abbracciò entrambi per lunghi istanti
prima di prendere il suo bagaglio a mano e sorridere ad entrambi in modo
radioso ed adorabile.
-Adieu…-
Disse, prima di prendermi a braccetto ed
incamminarsi con me verso l’imbarco.
-Mi dispiace, Stephan, che i tuoi non siano venuti a
salutarti. Non odiarli per questo… Capiranno di aver sbagliato e ti chiameranno.-
Sussurrandolo mi lasciò un pizzicotto sul fianco e
mi superò per il corridoio. Osservai i suoi capelli mossi dall’ondeggiare della
sua camminata, rimuginando le sue parole fin troppo cordiali. Dentro di me
l’odio per mia madre era ormai un cattivo veleno iniettatomi endovena, non
riuscivo a ragionare come lui. Era impossibile perdonare che la persona che ti
ha messo al mondo ti rifiuti solo perché ami diversamente da come amano gli
altri… Non che Etienne fosse cieco e non capisse la situazione, lui odiava in
modo totalmente diverso dal mio, quasi più adulto ed intelligente. Anche
se mi chiedo se veramente solo le persone intelligenti siano in grado di perdonare
ed invece non lo siano gli stolti… Gli stolti perdonano più facilmente perché
non sono in grado di soppesare la situazione. Ma il mio bel francesino non era
affatto uno stupido, anzi… Sono certo che lui credesse di essere più brillante
di chiunque altro, tanto da concedere il perdono a chi per ignoranza si era
comportato in modo sbagliato. Ammetto fosse un po’ altezzoso da parte sua, ma
lo trovavo un bene dal momento che riusciva a tenermi con i piedi a terra
quando io m’incazzavo di bestia e volevo prendere a pugni chi mi aveva fatto un
torto. Un’ennesima conferma che noi due c’eravamo formati in modo da essere
complementari, per colmare le carenze dell’altro o bloccarne gli eccessi. Lui
era il mio freno contro il temperamento aggressivo, io ero la sua spinta verso
l’azione irragionevole.
Camminando verso l’imbarco, perso nel risentimento
verso i miei familiari, sperai di sentire una voce che chiamasse il mio nome in
lontananza. Magari quel ripensamento a cui Etienne accennava era possibile… Eppure
al mio orecchio non arrivò nessun “Stephan”. Raggiunsi il mio ragazzo e gli
afferrai la mano, così che lui si voltò verso di me e sorrise nel suo modo
disarmante. I suoi occhi grigi illuminati da una luce propria, che li rendeva
ancora più incantevoli…
-Sai che ti dico, Eth… Non me ne infischia molto che
i miei mi chiamino subito. Tanto tu farai vedere loro che le stelle sanno
ridere, giusto?-
Rise nel sentirmi dire quella cosa, riferendomi al
suo discorso alla stazione di Southend-on-Sea.
-Giusto. Je te promets…(4)-
h h h
Quieta Visione Esterna di
Etienne M. Pt II
10 luglio 2009
Costa di Saint-Mathieu.
Il mare è calmo, solo un lieve venticello scompiglia l’erba del
prato perfettamente tagliata. Il ragazzo dai capelli castani osserva le stelle
che puntigliano il cielo, perso nei pensieri che ancora lo tormentano. Dietro
di lui il biondo se ne sta seduto a terra, sfogliando delle pagine stampate. A
tratti sorride.
-Te
l’ho mai detto che avresti un posto sicuro all’università?-
-Sì,
ma non mi va di studiare quanto fai tu, secchione…-
-Tutta
la tua intelligenza così va sprecata, miel… Lavorare al porto di Brest! Mon dieu, quel
dommage! C’è tutto ciò che
un professore di letteratura vorrebbe… Ironia, descrizioni, metafore,
citazioni! Stupéfiant! E poi la nostra storia qui, in qualche pagina…
Vien da piangere a me che l’ho vissuta!-
Il francese ridacchia, facendo voltare l’amico verso di lui. Si
scambiano uno sguardo d’intesa mentre il faro illumina le loro figure e
l’inglese si siede a terra al fianco dell’altro. Dalla tracolla del biondo
estrae un libro e lo apre.
-“E
se allora mi diranno che l’Amore per una rosa non serve a nulla, per me sarà
come se il mondo cadesse ai miei piedi frantumandosi. Sarebbe come se tutto ciò
in cui ho sempre creduto, tutto ciò per cui ho vissuto e combattuto non avesse
importanza… E tutto ad un tratto mi ritroverei povero e vuoto, sradicato dalla
mia stessa vita.” Questo semmai è tutto ciò che un professore vuole leggere…-
-Metafore!
Metafore e basta… E decifrare metafore non è ciò che la gente normale si
diletta a fare. Se si vuole far sì che la gente ci capisca, allora bisognerebbe
parlare loro in modo diretto! L’Amour non è quello di cui vogliono
discutere… E io scrivo perché qualcuno possa aprire gli occhi grazie alle mie
parole, non perché si mettano a copiarle sul diario durante le ore di
matematica! C'est degueulasse… (5)-
-Etienne… La tua idea del mondo è totalmente distorta e cavalleresca.-
-La
mia idea del mondo è che nessuno è in grado di vedere quello che veramente
conta nella vita… Stephan! Non lo vedi che non cercheranno mai di comprendere
che è l’Amore ciò che tiene insieme noi due, proprio come accade tra una donna
ed un uomo? Che non è una patologia, ma un sentimento? Un dono! Saper
amare qualcuno per ciò che è veramente è un dono!-
Il biondo si alza in piedi e guarda il cielo a sua volta. Il
silenzio è rotto solo dall’oscillare delle onde marine, nessuno dei due osa
dire niente di più. Qualcuno nel villaggio alle loro spalle avvia il motore di
una moto di grossa cilindrata, sgasando per produrre più rumore possibile. Il
moro raggiunge il compagno e lo abbraccia, appoggiandogli il mento sulla
spalla. Nessuna parola, nel loro gesto qualcosa di più profondo ed esplicativo
di qualsiasi concetto. Il faro rischiara di nuovo le loro sagome solitarie sul
promontorio. Un sorriso piega le labbra di entrambi.
Fin
h h h
h h h
Appunti traduzioni
(1) Così è la vita. La Francia mi attende.
(2) La Francia ci attende.
(3) Stephan viene con me!
(4) Te lo prometto.
(5) È disgustoso.
(6) Ti odio.
------------------
Ecco dopo un po’ troppo tempo che arriva l’ultimo capitolo
di quella storia che doveva essere una one.
Il finale è un po’ troppo realistico, senza nessun stra
lieto fine come dovrebbe esserci in un libro… Come dice Stephan. XD Però mi
andava di metterlo così, per non essere troppo smielata.
La cosa migliore di tutte è che perlomeno Stephan ed Etienne
sono insieme, in Francia…
Anne purtroppo per noi è uno di quei personaggi che nella vita reale sono in
maggioranza e rompono pure le palle. Ma che si puo’ fare??
Intanto, siccome non riesco a scrivere molto per colpa di
facebook e msn che bloccano la mia creatività momentanea, scrivo i
ringrazimenti per i pochi commenti…
Cry_chan: Ecco qua l’ultimo capitolo…
Anne si è dimostrata ancora più bigotta, mi dispiace. XD Ahahah! Comunque spero
ti piaccia la fine… Il Piccolo Principe regna! E per fortuna hai capito le
metafore… Grazie mille per i commenti! Adieu!
Losegirl: mi raccomando continua così
che quando magari pubblicherò libri la tua dipendenza dai miei racconti mi
renderà ancora più felice. Comunque, seriamente, grazie per essere qui ancora a
leggere le mie storie… Sono contenta ti sia piaciuta! Aidan purtroppo mi sta
uccidendo pian piano… ancora solo Breaktime ed ho letto tutta la Death Sequence
Ringrazio anche chi mi ha messo nei preferiti e seguite.
Spero mi lasciate un giudizio finale!! <3
3 - Ritsuka96
1 - Arashi_Forsaken
2 - cino nero
3 - dark manson
4 - ladidely
5 - lady moon
6 - Mitsubachan
7 - NemuChan
8 - sholove
9 - _FaLLeD_aNGeL_
XOXO
Miky