Capitolo 18: L’incidente
“P |
ilota
a navigatore: dammi la posizione, Cookie!” ordinò il comandante Legan, del Candy Candy.
“Navigatore
a pilota” rispose il tenente Laffey, dopo aver velocemente fatto il punto
“siamo sulla verticale di Bilzen, circa
“Roger…
dove cavolo sono finiti, allora, quei fottutissimi caccia di scorta?” ribatté
Neal, discretamente alterato.
“Probabilmente
a smaltire la sbronza in qualche bordello di Brighton!” suggerì, senza peli
sulla lingua, il puntatore Boyle.
“Taci,
scostumato” lo redarguì prontamente il navigatore “se no lo racconto a Candy!”
“Me
la sto facendo sotto, mozzucolo da strapazzo.”
“Tappatevi
quelle fogne” gridò il comandante nell’intercom, che diventava sempre piuttosto
irritabile a sentir nominare la dannazione della sua vita “e muovetevi a
controllare le armi: siamo quasi in Kartofalia.”
Poco
dopo il monotono brontolio dei quattro motori radiali venne interrotto dai secchi
scatti delle sicure che venivano disinnestate, seguiti dal crepitio delle
raffiche di prova sputate dalle mitragliatrici.
Il
pensiero di vedersi piombare addosso tutta
Le
rimostranze del comandante Askey non tardarono a farsi sentire: “Ehi, badate a
ciò che fate, là sotto, banda di orbi: siamo americani anche noi!!”
“Le
nostre scuse, colleghi” bofonchiò Neal, nervosamente “faremo più attenzione.”
“Ce
l’auguriamo di cuore, adescatori di infermiere!” replicò, provocatorio, il
tenente Mantano.
“Vattene
al diavolo, reporter fallito” grugnì Legan, per poi richiamare severamente il
suo mitragliere di destra “tieni la testa a posto, Sammy: non intendo fare più figure
simili!!”
“Sono
mortificato, signore… non ricapiterà!”
“Capo,
abbiamo raggiunto il Way-Point[1]
numero
“Roger…!”
sbuffò il pilota.
Mentre
il Delta-Fox assumeva la rotta
definitiva verso il bersaglio, accompagnato dalla sua formazione, Cookie
tracciava scrupolosamente sulla mappa la posizione dell’apparecchio,
rimembrando con nostalgia le prime lezioni di navigazione che il suo
benefattore, il capitano Nieven, gli aveva impartito sulla Seagull.
“Mustang a ore sette, in alto!” annunciò
la voce di Tom, dalla postazione superiore.
Pochi
attimi dopo la formazione del 22° Gruppo Bombardieri venne sorvolata da una
squadriglia di P-51, splendenti nelle
loro livree d’alluminio. Quella vista era un vero toccasana per l’animo di
quegli aviatori: dai primi mesi del 1944, grazie ai nuovi serbatoi
supplementari sganciabili, le Fortezze non erano più sole ad affrontare i lupi
arrabbiati della Jagdwaffe
hitleriana.
“Le
Cadillac del cielo sono qui” esclamò allegramente Gilbert Evans “ormai siamo
al sicuro!”
“Non
sono mica tanti, però” osservò suo malgrado il tenente Curtright “dipende da
quanti crauti spunteranno da qui all’obiettivo!”
“Parecchi,
temo, data l’importanza del bersaglio” commentò amaramente Neal “per fortuna ci
saranno anche i Thunderbolt del
generale Greason.”
“Ancora, però, non si vedono” ribatté polemicamente Charlie
“speriamo che non si siano dimenticati della festa!”
“E
dagli il tempo d’arrivare” osservò Cookie “il P-47 è più lento del P-51
di almeno
“Banditi
a ore undici!!” gracchiò nell’intercom dei piloti e del marconista la voce del
colonnello Richardson dalla South Sea
Sinner, a meno di
“Pronti
al fuoco, mitraglieri” passò parola Neal, dopo essersi umettato le labbra “stanno
arrivando i crauti!”
“Ecco,
lo sapevo” imprecò il navigatore contro il compagno di volo “ma perché non
tieni mai chiusa quella maledetta boccaccia da gangster?!”
“Come
se bastasse a tener lontani i nazi…!” ribatté costui, affrettandosi ad
impugnare la sua Browning sulla destra,
mentre l’altro lo imitava brandeggiando la sinistra.
“Sono
almeno una dozzina, tra Messerscmitt
e Focke-Wulf” segnalò Gilbert, dal
suo comparto radio, sporgendosi attraverso il lucernaio superiore “fra poco
farà caldo, quassù…!”
“Sbatteteli
giù, compari!” gridò Tom Steeve, a mo’ d’incoraggiamento, stringendo febbrile i
comandi della sua torretta.
I
sei Mustang del 30th Squadron del 99th Figthing Group, al comando dell’ormai svezzato capitano Roger Williams,
per giunta accompagnati dal maggiore Roy Master sul suo Blonde dalla prua scarlatta e dal brigadier-generale Victor
Sanders, ai comandi del Big Beautiful
Doll dal muso quadrettato, piombarono subito come falchi sugli intercettori
tedeschi, incuranti del loro numero più elevato.
Ben
presto tutto il cielo circostante diventò una giostra di velivoli che cercavano
di abbattersi a vicenda e una parte degli attaccanti stava riuscendo a
sgusciare dagli artigli della scorta per avventarsi sulle Fortezze, che purtroppo,
nonostante la loro robustezza leggendaria, avevano lo svantaggio di fornire dei
bersagli piuttosto facili, grazie alla loro notevole mole.
Nelle
cuffie di tutti i componenti degli equipaggi iniziò subito un frenetico scambio
di messaggi e avvertimenti diretti ai mitraglieri: puntatore,
A
dispetto dei 30 gradi sottozero che imperversavano alla quota di 25000 piedi,[2]
accentuati dagli spifferi che passavano attraverso le aperture delle postazioni
difensive, gli aviatori del 22nd
Bombardment Group non sentivano eccessivamente il freddo, poiché
l’adrenalina aiutava efficacemente il termo-riscaldamento delle tute a far scorrere
un copioso sudore lungo le loro membra.
“Puttana
miseria” imprecò Charlie nel tentare di seguire la traiettoria di un
“Pare
di sì… sulla Francia era un’altra cosa” ammise Laffey, tentando anche lui inutilmente
d’inquadrare un 109 che sfrecciava
sulla sinistra “merda, queste armi hanno un campo di tiro schifoso! Datti da
fare, Tommy…!”
“Faccio
del mio meglio, Cook!” rispose costui, con l’occhio puntato sul mirino a
riflessione delle sue mitragliatrici. Un altro Messerschmitt, dopo avere effettuato un tiro frontale contro
“Ce
l’ho” esclamò l’ex ranchero, con le dita contratte sui grilletti “fuoco…!!!”
Le
raffiche congiunte del sergente Steeve e del mitragliere inferiore del Belle investirono senz’appello il caccia
tedesco, che iniziò ad avvitarsi, completamente crivellato, lasciandosi dietro
una scia di fumo nero.
“Beccato”
gridò il marconista, esultante “complimenti, Tom!”
“Grazie,
Gil” rispose il compagno, mentre osservava sollevato il paracadute del tedesco
che si apriva “stasera mi offrirai una birra!”
“Con
immenso piacere!” rispose l’ex fattorino del Miami Post Dispatch *Sempre però che non venga a trovarc…*
“Attenti,
Candy Candy” lo avvertì
improvvisamente la voce del marconista del Chow
Hourd, gregario destro della pattuglia del maggiore Connelly, che volava
trenta metri più avanti e trenta metri sotto di loro “un 190 vi sta puntando a ore 3!”
I
nervi del sergente Smith (detto spesso Baby-Jo
per la giovanissima età di sedici anni, con gran spasso del collega di coda)
armiere di fusoliera e “fratellino adottivo” della bionda collega di Mrs
Greason, si tesero fino allo spasimo, nella coscienza di trovarsi, di lì a
pochi istanti, di fronte alla tragica scelta di uccidere per non essere ucciso!
La
sua fronte era gelida, le gambe gli tremavano e le natiche erano in fiamme, probabilmente
al ricordo di quegli sculaccioni (simbolici nell’intenzione ma reali nella
consistenza) che la vice-direttrice della Casa
di Pony gli aveva rifilato a suo tempo per punirlo di avere preso parte a
quelle “esercitazioni di guerra” organizzate dal suo “capo” e attuale
co-pilota!
Anche
il metallo della mitragliatrice da 12,7 gli bruciava sotto la pelle dei guanti
da volo o almeno così parve al piccolo John mentre la muoveva per far entrare
la sagoma del caccia nemico entro il cerchio del reticolo di mira.
“Che
cacchio aspetti a sparare, Johnny?!” gli gridò alle spalle il sergente Carson, armiere
della postazione destra.
*Non
ci riesco* rispose mentalmente il poveretto, in preda alla più grave crisi di
coscienza della sua giovane vita *oh, Dio… non ce la faccio…!!*
In
quei fatali attimi, le immagini del suo corso di addestramento gli scorrevano
nella mente, come fotogrammi scoloriti di un vecchio film…
***
“Non
essere così teso, Smith” gli diceva l’istruttore “le Browning mordono solo chi sta davanti. Forza, tira una breve
raffica al bersaglio 3!”
C’era
voluta la voce grossa del sergente-maggiore a minacciargli due giornate di
consegna, se non si fosse deciso a tirare quel fottuto grilletto e soltanto il
pensiero degli scherni della recluta Robert Malone, arruolatosi insieme a lui,
l’avevano infine deciso. Ogni centimetro cubo del suo corpo aveva sussultato
alle vibrazioni e al frastuono infernale di quell’orribile arma, assieme ai
proiettili che andavano a colpire una semplice sagoma di compensato. Dopo, Baby-Jo l’aveva vista da vicino, quella
sagoma: nulla più d’un mucchietto di schegge e di frammenti… ma stavolta
davanti alla sua arma ci sarebbe stato proprio un vero aereo. E all’interno ci
sarebbe stato un uomo.
***
“John,
stai aspettando che ci spezzi in due?” dicevano le urla isteriche di Sammy,
nella cuffia “Spara, per amor di Cristo!!”
Stringendo
fortemente le palplebre, l’ex orfanello che aveva aiutato la sua “sorellina maggiore”
a far recedere i signori Brighton dall’intenzione di adottarla prestandole un
lenzuolo bagnato, azionò infine il grilletto della M2HB mandando un gemito soffocato: “Perdonami, Candy…!!!”
La
raffica da mezzo pollice partì, prendendo in pieno il radiale BMW del malcapitato intercettore
germanico, che stava semplicemente cercando di allontanarsi dalla formazione. Per
lui quel bersaglio sarebbe stato in piena deflessione e un centro praticamente
impossibile, nonostante l’armamento poderoso.[3] Ma il
fuoco difensivo del Candy Candy, aperto
dal piccolo Baby-Jo, si rivelò fatale
per l’hauptmann Rudolf Strassmann: tutti quei colpi gli avevano frantumato le
palette della ventola di raffreddamento, altri avevano forse raggiunto il
serbatoio dell’olio e il motore prese fuoco… dopo una manciata di secondi, il Focke-Wulf 190 s’era già trasformato in
una torcia fiammeggiante, che precipitò subito verso terra senza dar tempo al
suo pilota di lanciarsi.
“Bel
lavoro, Baby” gli gridò il pilota, nell’interfono “cerca solo d’essere più
svelto, la prossima volta!”
“Vaffanculo,
Neal!!” sbottò tuttavia John, esasperato, fra un singhiozzo e l’altro.
“Ehi,
che ti prende, pivello? Cerchi guai, forse?” ribatté il comandante, irritato
dalla mancanza di rispetto e anche un po’ ferito.
“Dai,
lascialo” lo pregò Jimmy, che aveva compreso la situazione “era il suo primo abbattimento!”
Legan
grugnì, comprensivo, mentre Tony Chaklies, dalla torretta sferica inferiore,
osservava la caduta del caccia che si perdeva nella foschia: “A quel poveraccio
dev’essersi bloccata la capottina.” commentò.
“Poveraccio un corno” replicò Bob, dalla
postazione di coda “o noi o loro, fratello!”
“Silenzio,
voialtri” li redarguì il comandante “non distraetevi, se tenete alla pelle!”
“Altri
banditi, di sopra a ore due!” gridò nuovamente il buon Tom dalla torretta dorsale.
“Questa
non ci voleva” osservò Jimmy “i nostri caccia sono impegnati a darsele con
quell’altro squadrone!”
“E
allora ce la caveremo da soli!” rispose asciutto il comandante. E il co-pilota
scosse la testa, constatando di nuovo quanto fosse cambiato il viziato rampollo
di casa Legan.
Seguirono
parecchi minuti infernali, che misero a dura prova i nervi degli equipaggi del
22°… almeno una decina di Messerschmitt
li avevano circondati, crivellandoli di colpi da 13, da 20 e da
“Colonnello
Richardson al Gruppo” s’udì nelle cuffie dei marconisti e dei piloti la voce
del Comandante del 22° “serrate più i ranghi e concentrate il fuoco difensivo. Ci
stanno bastonando di brutto!”
“Meno
male che le incursioni diversive dovevano distrarli!” commentò Charlie,
sarcastico, facendo seguire un’imprecazione alquanto spinta.
“Già”
commentò sempre Cookie cercando d’inquadrare un 109 che puntava verso la pattuglia inferiore, guidata dal maggiore
Connelly “chi era quell’idiota che diceva che i crauti stavano per essere
sconfitti?”
“Tenete
duro, amici: siamo qui!!”
Il
timbro di quella voce ridiede linfa vitale all’animo di tutti gli equipaggi… in
poco meno di dieci secondi si videro sbucare dalle nuvole dodici massicci P-47 Thunderbolt nella loro mimetica
verde oliva, guidati da un gemello che mostrava una vistosa cappottatura a
scacchi bianconeri. La 20a Squadriglia del 99° Gruppo Caccia del capitano
Harris e la 10a Squadriglia, al comando del capitano Maxim, ma di
fatto condotta dall’Aquila Americana in
persona, s’avventarono contro lo Staffel
di Messerschmitt che aveva
approfittato del vantaggio momentaneo fornitogli dal gruppo dei Focke-Wulf, che stavano impegnando
totalmente i Mustang di Roger Williams,
Roy Master e Victor Sanders.
In
breve tempo i feroci lupi della Luftwaffe,
presi fra due fuochi dal tiro difensivo dei bombardieri e da quello offensivo
dei loro nuovi accompagnatori, ripiegarono disordinatamente lasciando dietro tre
dei loro, rispettivamente abbattuti da Andy Greason, da James Stone e da John
Maxim.
“Scusate
il ritardo, fratelli maggiori” trasmise l’Aquila
Americana, dopo essersi affiancato alla South
Sea Sinner del colonnello Richardson “ma tutta la benzina che abbiamo in
pancia ci ha fatto rallentare un po’…!”
“Scuse
accettate, piccoli amici” rispose il comandante del 22° “ai nostri mitraglieri
non faceva che bene un po’ d’allenamento in più!”
“Davvero
buona, come fregnaccia!” storse la bocca il marconista Evans.
Dopo
questo scambio di battute, che per fortuna i diretti interessati non potevano
sentire, i caccia delle tre squadriglie assunsero l’assetto più idoneo alla
protezione delle dodici Fortezze Volanti.[4]
Ormai
erano quasi le undici del mattino sul meridiano di Greenwich[5] e i
due Gruppi della Decima Air Force si
trovavano a meno di
***
Nel
tratto finale del percorso non ci furono altri attacchi nemici di particolare
entità. Evidentemente, nonostante lo scetticismo di Charlie Boyle, le
operazioni diversive effettuate dagli stormi dell’Ottava e della Quindicesima
Forza Aerea stavano tenendo occupato il grosso della Luftwaffe, le cui squadriglie dovevano cominciare a fare i conti
con una disponibilità di benzina sempre più bassa. O magari i responsabili
delle zone aeree sorvolate pensavano che non valesse troppo la pena scomodarsi
per una formazione così piccola, che non sembrava diretta verso obiettivi
particolarmente importanti.
Fatto
sta che il 22nd Bombardment Group
riuscì ad arrivare sulla Westfalia praticamente intatto, a parte l’assenza del
povero Chow-Hourd di Robert Gerryson,
abbattuto durante il primo scontro con i caccia tedeschi. Per fortuna almeno 8
paracadute su dieci erano stati visti scendere verso terra, dopodiché la
“mutilata” pattuglia del capitano Connelly (leader della 44a
Squadriglia) s’era avvicinata alla pattuglia di testa del colonnello
Richardson, lasciando un po’ sguarnita quella posteriore di Swanson della 66a,
nella quale volava il Candy Candy.
A
bordo di quest’ultimo il tenente Boyle stata congelandosi per armare le otto M44 appese alle rastrelliere. Purtroppo
per lui nella stiva-bombe non esistevano prese elettriche per la
termo-combinazione di volo e nemmeno prese per l’ossigeno. Cosicché l’ex
teppista di New York doveva reggere con un braccio una scomoda bomboletta
portatile, mentre con l’altra mano doveva raggiungere e sfilare tutte le sicure
che impedivano alle spolette posteriori di mettersi a girare incidentalmente
per far poi detonare l’esplosivo. Il tutto con la consapevolezza che, se avesse
perso l’equilibrio piombando sui portelloni sottostanti, i suoi 78 chili di
peso li avrebbero sfondati facendolo cadere nel vuoto e questo l’obbligava a
portarsi dietro anche l’ingombrante paracadute.
Dopo
aver levato l’ultimo ferretto, Charlie stava per tornare nel compartimento del
muso, quando s’accorse che una delle pinze d’attacco superiori appariva serrata
in modo anomalo. Tentare di sistemarla con le mani era fatica sprecata; avrebbe
dovuto recarsi nella retrostante cabina radio di Gilbert a prendere qualche
attrezzo, ma ormai non c’era più tempo: solo pochi istanti prima, Cookie aveva infatti
segnalato l’ultimo Way-Point.
Uscì
allora dalla stiva per entrare nella cabina di pilotaggio, dove scosse
leggermente la spalla di Neal: “Ehi, capo…”
“Che
vuoi? Hai finito di spolettare?”
“Sì,
però…” accostata la bocca al suo orecchio, il puntatore gli spiegò la faccenda
della pinza.
“Non
c’è tempo per ripararla” rispose l’altro, scuotendo la testa “torna al tuo
posto.”
“Ma…”
“Fa’
come t’ho detto: fra poco dovrò passarti i comandi.”
“D’accordo.”
Dopo
aver seguito una leggera deviazione a sud per arrivare sull’obiettivo dalla
direzione prestabilita, appena la formazione venne a trovarsi sopra il
villaggio di Derschen, il colonnello Richardson, avvertito dal suo navigatore,
annunciò che si trovavano sull’Initial
Point.[6]
Immediatamente dopo la formazione si trasformò e le quattro pattuglie del 22°
si disposero una dietro l’altra, affinché la trama delle bombe piovute sul
bersaglio risultasse meno larga possibile.
“Capo-formazione
ai piloti: lasciare i comandi ai puntatori.” ordinò Richardson.
Su
ogni Fortezza Volante del gruppo ogni comandante di velivolo settò il suo
pilota automatico nella posizione che consentiva allo strumento di ricevere i
segnali direttamente dal calcolatore del traguardo Norden; in altre parole, ogni addetto al bombardamento stava
pilotando personalmente l’apparecchio per mantenerlo nella posizione ottimale
di sgancio.
“Pilota
a bombardiere: ho girato l’automatico sul mirino. Il Candy è tutto tuo!”
Quello
scapestrato di Charlie non seppe resistere alla tentazione: “È tutta mia, vorrai dire!”
“Va
bene, è tutta tua.” si corresse Neal, senza pensarci troppo.
“Grazie,
capo! In effetti, quella volta, ci avevo fatto un pensierino…”[7]
“TACI
E LAVORA, IDIOTA!!” urlò Neal, furioso, non appena ebbe afferrato il doppio
senso. Sogghignando, l’ex teppista del Bronx armeggiò con le manopole dello
strumento e accostò l’orbita destra all’oculare del mirino. Quindi si dispose
ad attendere che il buon Cookie, dietro di lui, gli segnalasse l’avvenuto
sgancio delle bombe dall’aereo di testa.
Contemporaneamente,
a qualche centinaio di yarde più in alto rispetto alle Fortezze del 22°, le
squadriglie del 99° facevano buona guardia contro eventuali ricomparse della Luftwaffe. I piloti dei caccia non
vedevano l’ora che i colleghi dei bombardieri mollassero quelle maledette
pillole sul bersaglio e riprendessero la via di casa. Specialmente i piloti dei
P-47 lanciavano nervosi sguardi alle lancette
degli indicatori di livello, ormai consapevoli di poter contare soltanto sul
carburante contenuto nei serbatoi interni, giacché quelli esterni li avevano
dovuti mollare durante i duelli con i caccia tedeschi.[8]
Oltretutto,
per spremere la maggiore autonomia possibile dai
“Caricheremo
solo 2000 colpi da cinquanta, anziché i soliti
“Sei
uscito di senno?” aveva obiettato James Stone “Fanno appena 20 secondi di fuoco
per arma!”
“Lo
so” rispose il capo, fissandolo negli occhi “del resto, noi non siamo tipi da
sprecare colpi!”
“È
sfidare la bontà divina, signore” fece osservare il suo capo-squadriglia,
capitano Maxim “non siamo mai
penetrati così a fondo nel cuore della Germania!”
“Hai
ragione, Johnny. Ma senza questa mossa, i nostri Jug non avranno mai l’autonomia sufficiente per arrivare laggiù,
nemmeno coi 3 babies da 108.[10]
Dovrei mandare soltanto Roy e Victor, con la 30a di Williams, sui Mustangs… troppo pochi per i miei gusti!”
“E
se invece smontassimo un paio di Browning?”
propose il capitano Harris, comandante del 20th Squadron.
Andy
scosse la testa: “Non basterebbe, Sammy: per ottenere lo stesso sgravio
dovremmo toglierne almeno quattro… e non credo che dimezzare la potenza di fuoco
sia una cosa molto saggia, in quest’operazione. Meglio sparare meno raffiche,
ma più nutrite!”[11]
“Speriamo
in bene…!” aveva sentenziato Stone, in chiusura.
***
E in
effetti, fino a quel momento, era andata bene. I pochi attacchi nemici che la
formazione americana aveva subito lungo la rotta di avvicinamento erano stati
eseguiti da piloti non eccessivamente esperti, tanto è vero che poche puntate
della scorta erano state sufficienti per
farli desistere. Evidentemente la zona del bersaglio non era fra le priorità
della difesa aerea del Reich, che si concentrava soprattutto attorno a Berlino,
ad Amburgo e al triangolo industriale della Ruhr.[12]
Probabilmente lo stesso Adolf Galland, comandante in capo della Jadgwaffe, ignorava l’esistenza di quel
fantomatico laboratorio di armi batteriologiche che il Primo Stormo della Decima era stato chiamato a neutralizzare.
L’avvicinamento
finale al bersaglio si svolse lungo una direzione un poco divergente da quella
che avrebbe portato le Fortezze a sorvolare direttamente la cittadina di
Eiserfeld, anche se ciò comportava un allungamento del percorso. Era l’ultima
precauzione possibile che il generale Greason aveva potuto adottare per
preservare la città del suo migliore amico.
Parecchi
suoi colleghi, da entrambe le parti in lotta, l’avrebbero severamente criticato
di posporre l’integrità del suo stesso personale ad uno stravagante favoritismo
verso la controparte, ma Andy non avrebbe potuto agire in nessun modo
differente.
Laggiù
vivevano pur sempre i concittadini di Schultz von Heindrich, l’uomo che aveva
rischiato la fucilazione per non averlo consegnato ai nazisti quand’era dovuto
atterrare fortunosamente presso il campo di Saint Dizier nel Luglio del ’42;[13] l’amico
che sarebbe stato pronto ad evitare che cadesse nelle grinfie del colonnello
Erminio Rospetti[14] quando lui ed i suoi
compagni erano stati catturati dagli italiani quell’8 Settembre del ’43 (anche
se poi non ce n’era stato bisogno). Ma soprattutto era il collega che, con la
sua grande e affettuosa stima, gli ricordava che nel popolo tedesco non c’erano
soltanto gli spietati assassini di Hitler, fornendogli la continua speranza che
un giorno quel povero mondo avrebbe potuto rinascere.
Senza
contare che in una di quelle case abitava una coppia di persone che aspettavano
impazienti la fine della guerra per conoscere l’amico americano del loro
figliolo e una fraulein molto carina che purtroppo ignorava tuttora che quell’avvenente
ufficiale, purtroppo nemico, non era da tempo più scapolo, in quanto il
fratello maggiore non aveva mai trovato il coraggio di dirglielo, da che le
aveva portato una sua foto.[15]
Non
era quello, tuttavia, il momento per simili pensieri. La formazione era già in
vista dell’obiettivo, appena celato da una leggera foschia. Il comandante
operativo della scorta diede quindi ordine ai componenti della 10a
Squadriglia di scendere a bassa quota per neutralizzare le eventuali postazioni
contraeree che i tedeschi avessero piazzato a protezione dello stabilimento,
mentre la due restanti sarebbero rimaste sopra le Fortezze, proseguendo il loro
compito di copertura.
“Bombe
sganciate!!” esclamò il tenente Johnny Miller, il puntatore del colonnello
Richardson, in testa alla pattuglia d’attacco.
Le
otto bombe da
Grazie
alla rotta di allontanamento, che avrebbe lasciato il paese di Eiserfeld a
mezzo miglio sulla sinistra della formazione, era sperabile che gli inevitabili
sganci lunghi sarebbero finiti nei campi e quindi, se tutto andava liscio, i
temuti danni collaterali (vigneti e colture a parte) sarebbero stati nulli.
“Sono
andate!” annunciò a sua volta il puntatore del Candy Candy, dal suo muso trasparente.
“Ben
fatto, Charlie” rispose Neal “chiudi la stiva.”
“Ricevuto!”
replicò Boyle, azionando la leva.
Ma
in luogo del solito ronzio dei motorini elettrici che azionavano i martinetti
dei portelli, s’udirono alcuni sinistri rumori di ferraglia e le spie di
controllo sul pannello di Charlie non risposero come avrebbero dovuto.
“Qualcosa
non va… la stiva è ancora aperta!”
“Tommy,
va’ a vedere.” disse allora il co-pilota al mitragliere superiore.
Il
figlio adottivo del signor Steeve abbandonò la sua postazione e spalancò la
porta del vano bombe. Ciò che vide lo lasciò sgomento: non soltanto i portelli
non si erano mossi dalla posizione di apertura, ma una M44 si trovava ancora appesa alle sue pinze di attacco, le cui
molle di rilascio s’erano bloccate per qualche ragione, come aveva riferito lo
stesso tenente Boyle, poco prima del punto iniziale.
Dopo
aver connesso la spina del suo laringofono alla presa interfonica più vicina,
il buon Tom s’affrettò a dare l’allarme: “Siamo nei guai, comandante: i
portelli sono aperti e c’è una pillola rimasta nella rastrelliera!”
“Va
bene, torna dentro” rispose il pilota “cercheremo di mollarla sul Mare del
Nord.”
“E
se un crucco ci spara da sotto prima della costa?” obiettò Jimmy “Se la centra
finiamo in briciole!”
“Allontaniamoci
almeno da qui” ribatté Neal “perché se…”
“Cristo,
s’è sganciata…!!” urlò Tom, all’improvviso.
Per
il capitano Legan il mondo intero si fermò in quell’istante…
***
Dopo
aver sorvolato a volo quasi radente gli edifici dell’impianto sospetto e aver
constatato l’assoluta assenza di postazioni difensive (almeno per quanto fu
possibile vedere nel rapido passaggio a
Durante
questa manovra dei caccia, i B-17
avevano cominciato ad effettuare il loro lavoro e quando
Quando
però l’ultimo bombardiere ebbe mollato il suo carico, il comandante dei caccia
sospirò di sollievo, contemplando l’immagine della borgata di Eiserfeld, con i
suoi quartieri pacifici e soprattutto intatti,
mentre altrettanto non si poteva dire della vicina fabbrica, dove ben difficilmente avrebbero potuto più produrre
anche solo una misera bomboletta di spray insetticida.
Al
colmo della soddisfazione l’amichevole
nemico di Schultz von Heindrich scatenò tutta la potenza del suo radiale e
scaricò l’adrenalina con un superbo tonneau, a beneficio dei suoi colleghi, che
lo acclamarono via radio, qualcuno intonando a squarciagola le strofe di Off We Go…![18]
Quand’ebbe
finito di roteare, il nostro eroe si rese conto di trovarsi a breve distanza e poco al di sotto d’una
Fortezza che, dalla sigla riportata in fusoliera, riconobbe essere quella che
portava il nome della sua omonima “ammiratrice”.
Avvicinandosi
per mandare un salutino al suo irrequieto “pretendente”, s’accorse tuttavia che
il Candy Candy aveva il vano bombe
ancora aperto. Stava per trasmettere un avvertimento all’equipaggio, quando una
bomba da
Andy
Greason sentì come il cuore arrestarsi, mentre due mani gelate gli strappavano
letteralmente i visceri. Mortificando le sue migliori intenzioni, un destino
cinico e baro stava per provocare una tragedia che tutta la sua energia e la
sua determinazione non avrebbero potuto più impedire in alcun modo!
O
almeno così pareva… ma i suoi neuroni, rapidi come quei nuovi calcolatori
sperimentali della IBM, entrarono istantaneamente
in funzione per l’ennesima volta. Spingendo brutalmente in avanti la manetta
con la sinistra e la barra di comando con la destra, il marito di Flanny
Hamilton, che stava aspettando ansiosamente il suo ritorno portando in grembo
il suo secondogenito, diresse il muso dello Yankee
Eagle verso il terreno!
Ben
presto la velocità si fece spaventosa. La lancetta dell’anemometro s’avvicinava
pericolosamente al valore terminale, quella del variometro raggiungeva quasi il
fondo scala e quelle dell’altimetro roteavano all’indietro come in un orologio
impazzito che stesse registrando un vorticoso retrocedere del tempo[19]…
Ma
Andy non guardava né l’anemometro, né il variometro, né l’altimetro. Le sue
pupille puntavano oltre il parabrezza corazzato, fisse su quella lugubre forma
scura che stava precipitando sull’inerme cittadina westfaliana. Le sue cellule
cerebrali, interamente concentrate in quell’estrema risoluzione, sentivano
soltanto le grida disperate dei compagni berciare negli auricolari del caschetto, senza
distrarsi a interpretarne le parole. E per deconcentrarsi ancora meno, il
pilota sfilò via lo spinotto dalla presa della radio.
*No*
dichiarò mentalmente, con feroce determinazione *quella bomba non deve cadere…!!*
***
Si
dice vi siano circostanze in cui si vede scorrere tutta la propria esistenza come
in un film, dove sembra che i fatti più salienti appartengano alla vita di un
estraneo. Si dice anche che tali circostanze precedano di solito la nostra
dipartita da questo mondo; che può anche non arrivare, ma soltanto l’averlo
creduto induce la nostra mente a presentarci un rapido riassunto della nostra esistenza
terrena.
Probabilmente
non fu in quell’occasione che questo accadde al generale Andrew Steve Greason,
poiché, come già detto, il suo cervello era troppo occupato a dirigere il suo
caccia, trasformato in un proiettile, contro quell’ordigno maledetto che stava piombando
addosso a una comunità di persone che i suoi principi più profondi non gli consentivano
di considerare dei nemici.[20]
Non
c’era comunque dubbio che quella fosse l’impresa più folle che il nostro pilota
avesse mai compiuto in tutta la sua avventurosa carriera. A parte la possibilità
quasi certa che il suo velivolo venisse investito dalle schegge, che avrebbero frantumato
per lo meno l’elica, se soltanto avesse aperto il fuoco contro la bomba quando
la velocità della picchiata avesse superato anche di poco quella terminale,[21] il
rinculo delle otto mitragliatrici avrebbe spezzato di netto i longheroni delle
ali. E sarebbe stata la fine!
Nondimeno
Andy Greason era sì un uomo molto audace,
ma non un pazzo. Aveva regolato il reticolo del collimatore Bell & Howell K14 sulla posizione relativa ai bersagli della dimensione minima e
intendeva premere il pulsante né un secondo troppo presto, né un secondo troppo
tardi, contando anche sul fatto che la forza di gravità rallentasse la spinta
delle schegge verso l’alto, quel tanto che bastava perché lo Yankee Eagle non ne uscisse danneggiato
in maniera irreversibile. Se poi non fosse più riuscito a mantenersi in volo e
avesse dovuto paracadutarsi in pieno territorio tedesco… beh, a questo avrebbe
pensato in un secondo tempo!
All’improvviso
i timpani dell’asso vennero feriti dall’avvisatore acustico che avvertiva che
il P-47 stava superando le
L’asso degli assi aprì il fuoco. Le otto Colt-Browning sgranarono la loro
soverchiante rosa di proiettili da mezzo pollice e almeno un terzo di essi
raggiunse la bomba perforandone facilmente l’involucro d’acciaio. I colpi
incendiari fecero il resto, neutralizzando all’istante il pericolo mortale corso
dai sottostanti cittadini di Eiserfeld.
Tirando
a sé con tutte le sue forze la barra di comando, che sembrava saldata al
pavimento, il nostro eroe disperava di riuscire a passar sopra la sfera esplosiva
di oltre
Urlando
dal dolore atroce, il pilota riuscì miracolosamente a non perdere la
concentrazione, continuando a richiamare disperatamente l’aeroplano. Per
fortuna i due equilibratori della coda, opportunamente retrofittati[24] in
alluminio, erano rimasti illesi.
Straziato
dagli spasimi, Andy vide spuntare alcune chiazze rosso scuro sul colore giallo
sabbia dei calzoni. Distolse sgomentato lo sguardo e vide i tetti di molte abitazioni
cominciare a farsi pericolosamente vicini…
*E
va bene* pensò in un impeto d’orgoglio e di ferrea volontà *le gambe saranno
partite, ma le braccia no! Tirati su, bastardo…!!*
Sempre
troppo lentamente per i suoi gusti, l’orizzonte tornò ad abbassarsi sul
blindovetro, mentre l’ago del variometro risaliva nuovamente verso lo zero.
Andy dovette però aiutarsi con il volantino del trim per aumentare l’efficacia
dei timoni di quota e lo lasciò soltanto per inclinarsi all’improvviso sulla
destra, onde scartare la torre del campanile…
Dopo
essersi nuovamente raddrizzato e aver ripuntato il muso verso l’alto, l’asso
lasciò che il suo fedele Juggy, che
protestava vibrando in tutte le sue giunture, lo allontanasse dal paese che
aveva salvato con la sua cavalleresca generosità. Nel frattempo una pioggia di
schegge, pericolose ma non più letali, finivano di rimbalzare sul porfido della
piazza principale del paese. Piazza che, che di lì a pochi anni, su espressa
richiesta della famiglia von Heindrich, la nuova giunta socialdemocratica avrebbe
fatto coerentemente ribattezzare Die
Fliegenheldenplatze.[25]
[1] Punto di virata lungo la rotta.
[2]
[3] Il caccia FW190 A-8 Wurger era
dotato di quattro cannoncini Mauser
da
[4] I caccia rimanevano generalmente a quota più elevata rispetto ai bombardieri effettuando, grazie alla loro maggior velocità, delle azioni di pattugliamento lungo le “combat box” da scortare, in modo da poter intervenire tempestivamente nei punti dove la minaccia nemica poteva maggiormente concretizzarsi.
[5] Cioè mezzogiorno su quello di Amburgo, Roma e Berlino.
[6] Punto Iniziale della rotta di avvicinamento al bersaglio, coincidente con l’inizio della corsa di bombardamento vera e propria.
[7] Si riferisce a quando aveva incontrato Candy, appena sbarcata dalla Seagull dopo la traversata
dall’Inghilterra.
[8] Era estremamente pericoloso trattenere i serbatoi sganciabili (costruiti in cartone trattato) durante il combattimento aereo, perché, se venivano colpiti da proiettili incendiari, avrebbero lasciato ben poche possibilità di scampo.
[9]
[10] I serbatoi supplementari sganciabili, in questo caso da
[11] Le mitragliatrici Browning
da
[12] Essen, Dortmund e Dusseldorf, dov’erano soprattutto concentrate le officine siderurgiche, le raffinerie e gli impianti per la produzione della benzina sintetica (quella ricavata dal carbone).
[13] Vedi capitolo 9.
[14] Comandante di reggimento italiano, fervente fascista e grande amico del generaloberst delle SS Otto von Kruppen, la nemesi dell’Asso degli Assi.
[15] L’idea di inserire una relazione shakespeariana fra quell’eventuale coppia di “nemici” mi aveva effettivamente stuzzicato. Purtroppo per Marika von Heindrich, l’idea di scritturare Flanny Hamilton aveva avuto già la precedenza!
[16] Dopo l’abbattimento del Chow-Hourd i velivoli arrivati sull’obiettivo erano soltanto undici.
[17] Circa
[18] Off We Go into the Wild Blue Yonder è una sorta di inno ufficioso per gli aviatori statunitensi, come lo è Anchors Aweigh per i marinai, The Army Goes Rolling Along per i soldati e Semper Fidelis per i Marines.
[19] Come noto anche ai non esperti in materia, l’altimetro (cioè
l’indicatore della quota), ha l’aspetto di un orologio con un quadrante diviso
in dieci tacche principali anziché dodici, ognuna delle quali rappresenta
[20] “Noi stiamo combattendo per salvare la civiltà dalla barbarie e soltanto quelli che imbracciano un’arma contro di noi dovrebbero avere ragione di temerci!” disse una volta Andy Greason polemizzando duramente col maresciallo Arthur T. Harris. Il comandante del Bomber Command britannico, tenace assertore dei bombardamenti notturni indiscriminati, accusava sovente gli aviatori americani di pazzia per il fatto che attaccassero di giorno i loro obiettivi, esponendosi così del tutto alla feroce reazione della Luftwaffe.
[21] Limite massimo raggiungibile in una picchiata, oltre il
quale la resistenza dell’aria non permette più alla velocità di crescere. Nel P-47 era calcolata sulle
[22] Circa
[23]
[24] Modificati sul campo, successivamente al montaggio in fabbrica. Il 22° lotto di produzione del P-47 D era uscito dallo stabilimento di Farmingdale (New York) coi timoni di profondità rivestiti in tela impermeabilizzata. Le successive prove in volo avevano però rivelato il pericolo di strappi esiziali durante le picchiate prolungate, specie all’avvicinarsi della citata velocità critica.
[25] Piazza
dell’Eroe Volante,dove si legge
tuttora una targa che riporta queste parole: Il 27 Aprile 1944, nel corso del conflitto più tremendo che avesse insanguinato
l’Europa, un uomo venuto da oltre Atlantico, da una città chiamata Provvidenza,
preservava la nostra comunità a rischio della sua stessa vita. Possa questo
atto luminoso rammentare in perpetuo alla maggioranza degli uomini il dovere di
sentirsi fratelli, anche quando una folle minoranza cospira per renderli
nemici.