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Autore: Andy Grim    09/02/2010    5 recensioni
E se i personaggi di Candy Candy fossero vissuti 30 anni più tardi? E se la guerra che incombeva sullo sfondo non fosse stata la Prima ma la Seconda Guerra Mondiale?
E se la collega di Candy - Flanny Hamilton - avesse incontrato una persona speciale mentre faceva la crocerossina?
E se questo capitolo incontrasse il vostro favore e ne seguissero altri, cronologicamente successivi?
Genere: Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 9: Chi non muore si rivede

Capitolo 18: L’incidente

 

UCPFH 18

 

 

“P

ilota a navigatore: dammi la posizione, Cookie!” ordinò il comandante Legan, del Candy Candy.

“Navigatore a pilota” rispose il tenente Laffey, dopo aver velocemente fatto il punto “siamo sulla verticale di Bilzen, circa 11 miglia nautiche a sud-ovest di Maastricht.”

“Roger… dove cavolo sono finiti, allora, quei fottutissimi caccia di scorta?” ribatté Neal, discretamente alterato.

“Probabilmente a smaltire la sbronza in qualche bordello di Brighton!” suggerì, senza peli sulla lingua, il puntatore Boyle.

“Taci, scostumato” lo redarguì prontamente il navigatore “se no lo racconto a Candy!”

“Me la sto facendo sotto, mozzucolo da strapazzo.”

“Tappatevi quelle fogne” gridò il comandante nell’intercom, che diventava sempre piuttosto irritabile a sentir nominare la dannazione della sua vita “e muovetevi a controllare le armi: siamo quasi in Kartofalia.”

Poco dopo il monotono brontolio dei quattro motori radiali venne interrotto dai secchi scatti delle sicure che venivano disinnestate, seguiti dal crepitio delle raffiche di prova sputate dalle mitragliatrici.

Il pensiero di vedersi piombare addosso tutta la Luftwaffe da un momento all’altro rendeva i novellini del Delta-Fox abbastanza nervosi e a farne le spese fu la coda del Saint Tail, sfiorata dai traccianti di Sammy Carson, dimentico di dover sparare verso il basso, anziché verso l’alto.

Le rimostranze del comandante Askey non tardarono a farsi sentire: “Ehi, badate a ciò che fate, là sotto, banda di orbi: siamo americani anche noi!!”

“Le nostre scuse, colleghi” bofonchiò Neal, nervosamente “faremo più attenzione.”

“Ce l’auguriamo di cuore, adescatori di infermiere!” replicò, provocatorio, il tenente Mantano.

“Vattene al diavolo, reporter fallito” grugnì Legan, per poi richiamare severamente il suo mitragliere di destra “tieni la testa a posto, Sammy: non intendo fare più figure simili!!”

“Sono mortificato, signore… non ricapiterà!”

“Capo, abbiamo raggiunto il Way-Point[1] numero 4” intervenne Cookie, prima che Neal potesse replicare “puoi procedere per 0-9-1.”

“Roger…!” sbuffò il pilota.

Mentre il Delta-Fox assumeva la rotta definitiva verso il bersaglio, accompagnato dalla sua formazione, Cookie tracciava scrupolosamente sulla mappa la posizione dell’apparecchio, rimembrando con nostalgia le prime lezioni di navigazione che il suo benefattore, il capitano Nieven, gli aveva impartito sulla Seagull.

Mustang a ore sette, in alto!” annunciò la voce di Tom, dalla postazione superiore.

Pochi attimi dopo la formazione del 22° Gruppo Bombardieri venne sorvolata da una squadriglia di P-51, splendenti nelle loro livree d’alluminio. Quella vista era un vero toccasana per l’animo di quegli aviatori: dai primi mesi del 1944, grazie ai nuovi serbatoi supplementari sganciabili, le Fortezze non erano più sole ad affrontare i lupi arrabbiati della Jagdwaffe hitleriana.

“Le Cadillac del cielo sono qui” esclamò allegramente Gilbert Evans “ormai siamo al sicuro!”

“Non sono mica tanti, però” osservò suo malgrado il tenente Curtright “dipende da quanti crauti spunteranno da qui all’obiettivo!”

“Parecchi, temo, data l’importanza del bersaglio” commentò amaramente Neal “per fortuna ci saranno anche i Thunderbolt del generale Greason.”

“Ancora, però, non si vedono” ribatté polemicamente Charlie “speriamo che non si siano dimenticati della festa!”

“E dagli il tempo d’arrivare” osservò Cookie “il P-47 è più lento del P-51 di almeno 8 miglia orarie, per tacere del doppio carico di benzina che deve portarsi dietro per avere la stessa autonomia. Dopotutto nemmeno i tedeschi si stanno facendo vede…”

“Banditi a ore undici!!” gracchiò nell’intercom dei piloti e del marconista la voce del colonnello Richardson dalla South Sea Sinner, a meno di 500 piedi più avanti.

“Pronti al fuoco, mitraglieri” passò parola Neal, dopo essersi umettato le labbra “stanno arrivando i crauti!”  

“Ecco, lo sapevo” imprecò il navigatore contro il compagno di volo “ma perché non tieni mai chiusa quella maledetta boccaccia da gangster?!”

“Come se bastasse a tener lontani i nazi…!” ribatté costui, affrettandosi ad impugnare la sua Browning sulla destra, mentre l’altro lo imitava brandeggiando la sinistra.

“Sono almeno una dozzina, tra Messerscmitt e Focke-Wulf” segnalò Gilbert, dal suo comparto radio, sporgendosi attraverso il lucernaio superiore “fra poco farà caldo, quassù…!”

“Sbatteteli giù, compari!” gridò Tom Steeve, a mo’ d’incoraggiamento, stringendo febbrile i comandi della sua torretta.

I sei Mustang del 30th Squadron del 99th Figthing Group, al comando dell’ormai svezzato capitano Roger Williams, per giunta accompagnati dal maggiore Roy Master sul suo Blonde dalla prua scarlatta e dal brigadier-generale Victor Sanders, ai comandi del Big Beautiful Doll dal muso quadrettato, piombarono subito come falchi sugli intercettori tedeschi, incuranti del loro numero più elevato.

Ben presto tutto il cielo circostante diventò una giostra di velivoli che cercavano di abbattersi a vicenda e una parte degli attaccanti stava riuscendo a sgusciare dagli artigli della scorta per avventarsi sulle Fortezze, che purtroppo, nonostante la loro robustezza leggendaria, avevano lo svantaggio di fornire dei bersagli piuttosto facili, grazie alla loro notevole mole.

Nelle cuffie di tutti i componenti degli equipaggi iniziò subito un frenetico scambio di messaggi e avvertimenti diretti ai mitraglieri: puntatore, 109 a ore sei, da basso! Attento, armiere ventrale, sta per passarci sotto! L’ho colpito… l’ho colpito!!! Non distrarti, ce n’è un altro! Armiere di coda, bada a quel caccia a ore cinque…

A dispetto dei 30 gradi sottozero che imperversavano alla quota di 25000 piedi,[2] accentuati dagli spifferi che passavano attraverso le aperture delle postazioni difensive, gli aviatori del 22nd Bombardment Group non sentivano eccessivamente il freddo, poiché l’adrenalina aiutava efficacemente il termo-riscaldamento delle tute a far scorrere un copioso sudore lungo le loro membra.

“Puttana miseria” imprecò Charlie nel tentare di seguire la traiettoria di un 190 in modo da prenderlo di mira “questi qui fanno sul serio, cazzo!!”

“Pare di sì… sulla Francia era un’altra cosa” ammise Laffey, tentando anche lui inutilmente d’inquadrare un 109 che sfrecciava sulla sinistra “merda, queste armi hanno un campo di tiro schifoso! Datti da fare, Tommy…!”

“Faccio del mio meglio, Cook!” rispose costui, con l’occhio puntato sul mirino a riflessione delle sue mitragliatrici. Un altro Messerschmitt, dopo avere effettuato un tiro frontale contro la Memphis Belle del capitano Swanson, stava giusto passando fra quel bombardiere e la Fortezza di Legan, entrando, dopo solo mezzo secondo, nel campo di tiro dell’armiere superiore.

“Ce l’ho” esclamò l’ex ranchero, con le dita contratte sui grilletti “fuoco…!!!”

Le raffiche congiunte del sergente Steeve e del mitragliere inferiore del Belle investirono senz’appello il caccia tedesco, che iniziò ad avvitarsi, completamente crivellato, lasciandosi dietro una scia di fumo nero.

“Beccato” gridò il marconista, esultante “complimenti, Tom!”

“Grazie, Gil” rispose il compagno, mentre osservava sollevato il paracadute del tedesco che si apriva “stasera mi offrirai una birra!”

“Con immenso piacere!” rispose l’ex fattorino del Miami Post Dispatch *Sempre però che non venga a trovarc…*

“Attenti, Candy Candy” lo avvertì improvvisamente la voce del marconista del Chow Hourd, gregario destro della pattuglia del maggiore Connelly, che volava trenta metri più avanti e trenta metri sotto di loro “un 190 vi sta puntando a ore 3!”

I nervi del sergente Smith (detto spesso Baby-Jo per la giovanissima età di sedici anni, con gran spasso del collega di coda) armiere di fusoliera e “fratellino adottivo” della bionda collega di Mrs Greason, si tesero fino allo spasimo, nella coscienza di trovarsi, di lì a pochi istanti, di fronte alla tragica scelta di uccidere per non essere ucciso!

La sua fronte era gelida, le gambe gli tremavano e le natiche erano in fiamme, probabilmente al ricordo di quegli sculaccioni (simbolici nell’intenzione ma reali nella consistenza) che la vice-direttrice della Casa di Pony gli aveva rifilato a suo tempo per punirlo di avere preso parte a quelle “esercitazioni di guerra” organizzate dal suo “capo” e attuale co-pilota!

Anche il metallo della mitragliatrice da 12,7 gli bruciava sotto la pelle dei guanti da volo o almeno così parve al piccolo John mentre la muoveva per far entrare la sagoma del caccia nemico entro il cerchio del reticolo di mira.

“Che cacchio aspetti a sparare, Johnny?!” gli gridò alle spalle il sergente Carson, armiere della postazione destra.

*Non ci riesco* rispose mentalmente il poveretto, in preda alla più grave crisi di coscienza della sua giovane vita *oh, Dio… non ce la faccio…!!*

In quei fatali attimi, le immagini del suo corso di addestramento gli scorrevano nella mente, come fotogrammi scoloriti di un vecchio film…

 

***

“Non essere così teso, Smith” gli diceva l’istruttore “le Browning mordono solo chi sta davanti. Forza, tira una breve raffica al bersaglio 3!”

C’era voluta la voce grossa del sergente-maggiore a minacciargli due giornate di consegna, se non si fosse deciso a tirare quel fottuto grilletto e soltanto il pensiero degli scherni della recluta Robert Malone, arruolatosi insieme a lui, l’avevano infine deciso. Ogni centimetro cubo del suo corpo aveva sussultato alle vibrazioni e al frastuono infernale di quell’orribile arma, assieme ai proiettili che andavano a colpire una semplice sagoma di compensato. Dopo, Baby-Jo l’aveva vista da vicino, quella sagoma: nulla più d’un mucchietto di schegge e di frammenti… ma stavolta davanti alla sua arma ci sarebbe stato proprio un vero aereo. E all’interno ci sarebbe stato un uomo.

 

***

“John, stai aspettando che ci spezzi in due?” dicevano le urla isteriche di Sammy, nella cuffia “Spara, per amor di Cristo!!”

Stringendo fortemente le palplebre, l’ex orfanello che aveva aiutato la sua “sorellina maggiore” a far recedere i signori Brighton dall’intenzione di adottarla prestandole un lenzuolo bagnato, azionò infine il grilletto della M2HB mandando un gemito soffocato: “Perdonami, Candy…!!!”

La raffica da mezzo pollice partì, prendendo in pieno il radiale BMW del malcapitato intercettore germanico, che stava semplicemente cercando di allontanarsi dalla formazione. Per lui quel bersaglio sarebbe stato in piena deflessione e un centro praticamente impossibile, nonostante l’armamento poderoso.[3] Ma il fuoco difensivo del Candy Candy, aperto dal piccolo Baby-Jo, si rivelò fatale per l’hauptmann Rudolf Strassmann: tutti quei colpi gli avevano frantumato le palette della ventola di raffreddamento, altri avevano forse raggiunto il serbatoio dell’olio e il motore prese fuoco… dopo una manciata di secondi, il Focke-Wulf 190 s’era già trasformato in una torcia fiammeggiante, che precipitò subito verso terra senza dar tempo al suo pilota di lanciarsi.

“Bel lavoro, Baby” gli gridò il pilota, nell’interfono “cerca solo d’essere più svelto, la prossima volta!”

“Vaffanculo, Neal!!” sbottò tuttavia John, esasperato, fra un singhiozzo e l’altro.

“Ehi, che ti prende, pivello? Cerchi guai, forse?” ribatté il comandante, irritato dalla mancanza di rispetto e anche un po’ ferito.

“Dai, lascialo” lo pregò Jimmy, che aveva compreso la situazione “era il suo primo abbattimento!”

Legan grugnì, comprensivo, mentre Tony Chaklies, dalla torretta sferica inferiore, osservava la caduta del caccia che si perdeva nella foschia: “A quel poveraccio dev’essersi bloccata la capottina.” commentò.

Poveraccio un corno” replicò Bob, dalla postazione di coda “o noi o loro, fratello!”

“Silenzio, voialtri” li redarguì il comandante “non distraetevi, se tenete alla pelle!”

“Altri banditi, di sopra a ore due!” gridò nuovamente il buon Tom dalla torretta dorsale.

“Questa non ci voleva” osservò Jimmy “i nostri caccia sono impegnati a darsele con quell’altro squadrone!”

“E allora ce la caveremo da soli!” rispose asciutto il comandante. E il co-pilota scosse la testa, constatando di nuovo quanto fosse cambiato il viziato rampollo di casa Legan.

Seguirono parecchi minuti infernali, che misero a dura prova i nervi degli equipaggi del 22°… almeno una decina di Messerschmitt li avevano circondati, crivellandoli di colpi da 13, da 20 e da 30 millimetri. I piani di coda del Saint Tail, compagno d’ala del Candy Candy, erano stati ridotti a mal partito e meno male che le raffiche difensive, sparate anche dagli aerei vicini, erano riusciti a far desistere gli attaccanti. Minor fortuna era toccata alla pattuglia del maggiore Lang, che copriva il lato alto della formazione: il muso della sua Baby on the Grass appariva sbrindellato e due dei suoi motori erano fermi.

“Colonnello Richardson al Gruppo” s’udì nelle cuffie dei marconisti e dei piloti la voce del Comandante del 22° “serrate più i ranghi e concentrate il fuoco difensivo. Ci stanno bastonando di brutto!”

“Meno male che le incursioni diversive dovevano distrarli!” commentò Charlie, sarcastico, facendo seguire un’imprecazione alquanto spinta.

“Già” commentò sempre Cookie cercando d’inquadrare un 109 che puntava verso la pattuglia inferiore, guidata dal maggiore Connelly “chi era quell’idiota che diceva che i crauti stavano per essere sconfitti?”

“Tenete duro, amici: siamo qui!!”

Il timbro di quella voce ridiede linfa vitale all’animo di tutti gli equipaggi… in poco meno di dieci secondi si videro sbucare dalle nuvole dodici massicci P-47 Thunderbolt nella loro mimetica verde oliva, guidati da un gemello che mostrava una vistosa cappottatura a scacchi bianconeri. La 20a Squadriglia del 99° Gruppo Caccia del capitano Harris e la 10a Squadriglia, al comando del capitano Maxim, ma di fatto condotta dall’Aquila Americana in persona, s’avventarono contro lo Staffel di Messerschmitt che aveva approfittato del vantaggio momentaneo fornitogli dal gruppo dei Focke-Wulf, che stavano impegnando totalmente i Mustang di Roger Williams, Roy Master e Victor Sanders.

In breve tempo i feroci lupi della Luftwaffe, presi fra due fuochi dal tiro difensivo dei bombardieri e da quello offensivo dei loro nuovi accompagnatori, ripiegarono disordinatamente lasciando dietro tre dei loro, rispettivamente abbattuti da Andy Greason, da James Stone e da John Maxim.

“Scusate il ritardo, fratelli maggiori” trasmise l’Aquila Americana, dopo essersi affiancato alla South Sea Sinner del colonnello Richardson “ma tutta la benzina che abbiamo in pancia ci ha fatto rallentare un po’…!”

“Scuse accettate, piccoli amici” rispose il comandante del 22° “ai nostri mitraglieri non faceva che bene un po’ d’allenamento in più!”

“Davvero buona, come fregnaccia!” storse la bocca il marconista Evans.

Dopo questo scambio di battute, che per fortuna i diretti interessati non potevano sentire, i caccia delle tre squadriglie assunsero l’assetto più idoneo alla protezione delle dodici Fortezze Volanti.[4]

Ormai erano quasi le undici del mattino sul meridiano di Greenwich[5] e i due Gruppi della Decima Air Force si trovavano a meno di 100 miglia dal bersaglio loro designato.

 

***

Nel tratto finale del percorso non ci furono altri attacchi nemici di particolare entità. Evidentemente, nonostante lo scetticismo di Charlie Boyle, le operazioni diversive effettuate dagli stormi dell’Ottava e della Quindicesima Forza Aerea stavano tenendo occupato il grosso della Luftwaffe, le cui squadriglie dovevano cominciare a fare i conti con una disponibilità di benzina sempre più bassa. O magari i responsabili delle zone aeree sorvolate pensavano che non valesse troppo la pena scomodarsi per una formazione così piccola, che non sembrava diretta verso obiettivi particolarmente importanti.

Fatto sta che il 22nd Bombardment Group riuscì ad arrivare sulla Westfalia praticamente intatto, a parte l’assenza del povero Chow-Hourd di Robert Gerryson, abbattuto durante il primo scontro con i caccia tedeschi. Per fortuna almeno 8 paracadute su dieci erano stati visti scendere verso terra, dopodiché la “mutilata” pattuglia del capitano Connelly (leader della 44a Squadriglia) s’era avvicinata alla pattuglia di testa del colonnello Richardson, lasciando un po’ sguarnita quella posteriore di Swanson della 66a, nella quale volava il Candy Candy.

A bordo di quest’ultimo il tenente Boyle stata congelandosi per armare le otto M44 appese alle rastrelliere. Purtroppo per lui nella stiva-bombe non esistevano prese elettriche per la termo-combinazione di volo e nemmeno prese per l’ossigeno. Cosicché l’ex teppista di New York doveva reggere con un braccio una scomoda bomboletta portatile, mentre con l’altra mano doveva raggiungere e sfilare tutte le sicure che impedivano alle spolette posteriori di mettersi a girare incidentalmente per far poi detonare l’esplosivo. Il tutto con la consapevolezza che, se avesse perso l’equilibrio piombando sui portelloni sottostanti, i suoi 78 chili di peso li avrebbero sfondati facendolo cadere nel vuoto e questo l’obbligava a portarsi dietro anche l’ingombrante paracadute.

Dopo aver levato l’ultimo ferretto, Charlie stava per tornare nel compartimento del muso, quando s’accorse che una delle pinze d’attacco superiori appariva serrata in modo anomalo. Tentare di sistemarla con le mani era fatica sprecata; avrebbe dovuto recarsi nella retrostante cabina radio di Gilbert a prendere qualche attrezzo, ma ormai non c’era più tempo: solo pochi istanti prima, Cookie aveva infatti segnalato l’ultimo Way-Point.

Uscì allora dalla stiva per entrare nella cabina di pilotaggio, dove scosse leggermente la spalla di Neal: “Ehi, capo…”

“Che vuoi? Hai finito di spolettare?”

“Sì, però…” accostata la bocca al suo orecchio, il puntatore gli spiegò la faccenda della pinza.

“Non c’è tempo per ripararla” rispose l’altro, scuotendo la testa “torna al tuo posto.”

“Ma…”

“Fa’ come t’ho detto: fra poco dovrò passarti i comandi.”

“D’accordo.”

Dopo aver seguito una leggera deviazione a sud per arrivare sull’obiettivo dalla direzione prestabilita, appena la formazione venne a trovarsi sopra il villaggio di Derschen, il colonnello Richardson, avvertito dal suo navigatore, annunciò che si trovavano sull’Initial Point.[6] Immediatamente dopo la formazione si trasformò e le quattro pattuglie del 22° si disposero una dietro l’altra, affinché la trama delle bombe piovute sul bersaglio risultasse meno larga possibile.

“Capo-formazione ai piloti: lasciare i comandi ai puntatori.” ordinò Richardson.

Su ogni Fortezza Volante del gruppo ogni comandante di velivolo settò il suo pilota automatico nella posizione che consentiva allo strumento di ricevere i segnali direttamente dal calcolatore del traguardo Norden; in altre parole, ogni addetto al bombardamento stava pilotando personalmente l’apparecchio per mantenerlo nella posizione ottimale di sgancio.

“Pilota a bombardiere: ho girato l’automatico sul mirino. Il Candy è tutto tuo!”

Quello scapestrato di Charlie non seppe resistere alla tentazione: “È tutta mia, vorrai dire!”

“Va bene, è tutta tua.” si corresse Neal, senza pensarci troppo.

“Grazie, capo! In effetti, quella volta, ci avevo fatto un pensierino…”[7]

“TACI E LAVORA, IDIOTA!!” urlò Neal, furioso, non appena ebbe afferrato il doppio senso. Sogghignando, l’ex teppista del Bronx armeggiò con le manopole dello strumento e accostò l’orbita destra all’oculare del mirino. Quindi si dispose ad attendere che il buon Cookie, dietro di lui, gli segnalasse l’avvenuto sgancio delle bombe dall’aereo di testa.

Contemporaneamente, a qualche centinaio di yarde più in alto rispetto alle Fortezze del 22°, le squadriglie del 99° facevano buona guardia contro eventuali ricomparse della Luftwaffe. I piloti dei caccia non vedevano l’ora che i colleghi dei bombardieri mollassero quelle maledette pillole sul bersaglio e riprendessero la via di casa. Specialmente i piloti dei P-47 lanciavano nervosi sguardi alle lancette degli indicatori di livello, ormai consapevoli di poter contare soltanto sul carburante contenuto nei serbatoi interni, giacché quelli esterni li avevano dovuti mollare durante i duelli con i caccia tedeschi.[8]

Oltretutto, per spremere la maggiore autonomia possibile dai 370 galloni[9] trasportati nella pancia dei Thunderbolt, il generale Greason aveva dovuto escogitare una soluzione abbastanza semplice, anche se leggermente drastica…

***

“Caricheremo solo 2000 colpi da cinquanta, anziché i soliti 3400.”

“Sei uscito di senno?” aveva obiettato James Stone “Fanno appena 20 secondi di fuoco per arma!”

“Lo so” rispose il capo, fissandolo negli occhi “del resto, noi non siamo tipi da sprecare colpi!”

“È sfidare la bontà divina, signore” fece osservare il suo capo-squadriglia, capitano Maxim “non siamo mai penetrati così a fondo nel cuore della Germania!”

“Hai ragione, Johnny. Ma senza questa mossa, i nostri Jug non avranno mai l’autonomia sufficiente per arrivare laggiù, nemmeno coi 3 babies da 108.[10] Dovrei mandare soltanto Roy e Victor, con la 30a di Williams, sui Mustangs… troppo pochi per i miei gusti!”

“E se invece smontassimo un paio di Browning?” propose il capitano Harris, comandante del 20th Squadron.

Andy scosse la testa: “Non basterebbe, Sammy: per ottenere lo stesso sgravio dovremmo toglierne almeno quattro… e non credo che dimezzare la potenza di fuoco sia una cosa molto saggia, in quest’operazione. Meglio sparare meno raffiche, ma più nutrite!”[11]

“Speriamo in bene…!” aveva sentenziato Stone, in chiusura.

***

E in effetti, fino a quel momento, era andata bene. I pochi attacchi nemici che la formazione americana aveva subito lungo la rotta di avvicinamento erano stati eseguiti da piloti non eccessivamente esperti, tanto è vero che poche puntate della scorta erano state sufficienti  per farli desistere. Evidentemente la zona del bersaglio non era fra le priorità della difesa aerea del Reich, che si concentrava soprattutto attorno a Berlino, ad Amburgo e al triangolo industriale della Ruhr.[12] Probabilmente lo stesso Adolf Galland, comandante in capo della Jadgwaffe, ignorava l’esistenza di quel fantomatico laboratorio di armi batteriologiche che il Primo Stormo della  Decima era stato chiamato a neutralizzare.

L’avvicinamento finale al bersaglio si svolse lungo una direzione un poco divergente da quella che avrebbe portato le Fortezze a sorvolare direttamente la cittadina di Eiserfeld, anche se ciò comportava un allungamento del percorso. Era l’ultima precauzione possibile che il generale Greason aveva potuto adottare per preservare la città del suo migliore amico.

Parecchi suoi colleghi, da entrambe le parti in lotta, l’avrebbero severamente criticato di posporre l’integrità del suo stesso personale ad uno stravagante favoritismo verso la controparte, ma Andy non avrebbe potuto agire in nessun modo differente.

Laggiù vivevano pur sempre i concittadini di Schultz von Heindrich, l’uomo che aveva rischiato la fucilazione per non averlo consegnato ai nazisti quand’era dovuto atterrare fortunosamente presso il campo di Saint Dizier nel Luglio del ’42;[13] l’amico che sarebbe stato pronto ad evitare che cadesse nelle grinfie del colonnello Erminio Rospetti[14] quando lui ed i suoi compagni erano stati catturati dagli italiani quell’8 Settembre del ’43 (anche se poi non ce n’era stato bisogno). Ma soprattutto era il collega che, con la sua grande e affettuosa stima, gli ricordava che nel popolo tedesco non c’erano soltanto gli spietati assassini di Hitler, fornendogli la continua speranza che un giorno quel povero mondo avrebbe potuto rinascere.

Senza contare che in una di quelle case abitava una coppia di persone che aspettavano impazienti la fine della guerra per conoscere l’amico americano del loro figliolo e una fraulein molto carina che purtroppo ignorava tuttora che quell’avvenente ufficiale, purtroppo nemico, non era da tempo più scapolo, in quanto il fratello maggiore non aveva mai trovato il coraggio di dirglielo, da che le aveva portato una sua foto.[15]

Non era quello, tuttavia, il momento per simili pensieri. La formazione era già in vista dell’obiettivo, appena celato da una leggera foschia. Il comandante operativo della scorta diede quindi ordine ai componenti della 10a Squadriglia di scendere a bassa quota per neutralizzare le eventuali postazioni contraeree che i tedeschi avessero piazzato a protezione dello stabilimento, mentre la due restanti sarebbero rimaste sopra le Fortezze, proseguendo il loro compito di copertura.

 

***

“Bombe sganciate!!” esclamò il tenente Johnny Miller, il puntatore del colonnello Richardson, in testa alla pattuglia d’attacco.

Le otto bombe da 1000 libbre abbandonarono i sostegni delle rastrelliere precipitando nell’aria gelida sottostante. Subito dopo, dalle stive degli altri dieci[16] B-17, uscirono le restanti 80, le cui spolette ritardate le avrebbero fatte esplodere solo quando avessero sfondato i tetti in cemento dei fabbricati; la micidiale potenza dell’esplosivo RDX, trattenuta dalle restanti pareti, avrebbe completato l’opera.

Grazie alla rotta di allontanamento, che avrebbe lasciato il paese di Eiserfeld a mezzo miglio sulla sinistra della formazione, era sperabile che gli inevitabili sganci lunghi sarebbero finiti nei campi e quindi, se tutto andava liscio, i temuti danni collaterali (vigneti e colture a parte) sarebbero stati nulli.

“Sono andate!” annunciò a sua volta il puntatore del Candy Candy, dal suo muso trasparente.

“Ben fatto, Charlie” rispose Neal “chiudi la stiva.”

“Ricevuto!” replicò Boyle, azionando la leva.

Ma in luogo del solito ronzio dei motorini elettrici che azionavano i martinetti dei portelli, s’udirono alcuni sinistri rumori di ferraglia e le spie di controllo sul pannello di Charlie non risposero come avrebbero dovuto.

“Qualcosa non va… la stiva è ancora aperta!”

“Tommy, va’ a vedere.” disse allora il co-pilota al mitragliere superiore.

Il figlio adottivo del signor Steeve abbandonò la sua postazione e spalancò la porta del vano bombe. Ciò che vide lo lasciò sgomento: non soltanto i portelli non si erano mossi dalla posizione di apertura, ma una M44 si trovava ancora appesa alle sue pinze di attacco, le cui molle di rilascio s’erano bloccate per qualche ragione, come aveva riferito lo stesso tenente Boyle, poco prima del punto iniziale.

Dopo aver connesso la spina del suo laringofono alla presa interfonica più vicina, il buon Tom s’affrettò a dare l’allarme: “Siamo nei guai, comandante: i portelli sono aperti e c’è una pillola rimasta nella rastrelliera!”

“Va bene, torna dentro” rispose il pilota “cercheremo di mollarla sul Mare del Nord.”

“E se un crucco ci spara da sotto prima della costa?” obiettò Jimmy “Se la centra finiamo in briciole!”

“Allontaniamoci almeno da qui” ribatté Neal “perché se…”

“Cristo, s’è sganciata…!!” urlò Tom, all’improvviso.

Per il capitano Legan il mondo intero si fermò in quell’istante…

***

Dopo aver sorvolato a volo quasi radente gli edifici dell’impianto sospetto e aver constatato l’assoluta assenza di postazioni difensive (almeno per quanto fu possibile vedere nel rapido passaggio a 450 miglia orarie[17]) i P-47 del 10th Squadron avevano virato verso ovest per effettuare una larga spirale in cabrata che li avrebbe riportati nuovamente a riunirsi con i  loro colleghi.

Durante questa manovra dei caccia, i B-17 avevano cominciato ad effettuare il loro lavoro e quando la Squadriglia di Andy venne a trovarsi a circa due terzi dalla loro quota di bombardamento, il generale osservò ansiosamente sia l’area del bersaglio, presto coperta da massicce nuvole di polvere illuminate inferiormente da sinistri bagliori, che soprattutto la zona sorvolata dalla rotta di ritorno, dove diversi crateri si vedevano aprirsi nei campi.

Quando però l’ultimo bombardiere ebbe mollato il suo carico, il comandante dei caccia sospirò di sollievo, contemplando l’immagine della borgata di Eiserfeld, con i suoi quartieri pacifici e soprattutto intatti, mentre altrettanto non si poteva dire della vicina fabbrica,  dove ben difficilmente avrebbero potuto più produrre anche solo una misera bomboletta di spray insetticida.

Al colmo della soddisfazione l’amichevole nemico di Schultz von Heindrich scatenò tutta la potenza del suo radiale e scaricò l’adrenalina con un superbo tonneau, a beneficio dei suoi colleghi, che lo acclamarono via radio, qualcuno intonando a squarciagola le strofe di Off We Go…![18]

Quand’ebbe finito di roteare, il nostro eroe si rese conto di trovarsi  a breve distanza e poco al di sotto d’una Fortezza che, dalla sigla riportata in fusoliera, riconobbe essere quella che portava il nome della sua omonima “ammiratrice”.

Avvicinandosi per mandare un salutino al suo irrequieto “pretendente”, s’accorse tuttavia che il Candy Candy aveva il vano bombe ancora aperto. Stava per trasmettere un avvertimento all’equipaggio, quando una bomba da 1000 libbre sbucò inaspettatamente fuori dalla stiva… il comandante della Decima diresse per istinto lo sguardo verso il basso, prendendo atto, con orrore, che il paese del suo amico stava giusto per sfilare sotto le loro ali… probabilmente, per una fatale deviazione dovuta al vento, la rotta del Delta-Fox si era modificata di pochi fatidici gradi.

Andy Greason sentì come il cuore arrestarsi, mentre due mani gelate gli strappavano letteralmente i visceri. Mortificando le sue migliori intenzioni, un destino cinico e baro stava per provocare una tragedia che tutta la sua energia e la sua determinazione non avrebbero potuto più impedire in alcun modo!

O almeno così pareva… ma i suoi neuroni, rapidi come quei nuovi calcolatori sperimentali della IBM, entrarono istantaneamente in funzione per l’ennesima volta. Spingendo brutalmente in avanti la manetta con la sinistra e la barra di comando con la destra, il marito di Flanny Hamilton, che stava aspettando ansiosamente il suo ritorno portando in grembo il suo secondogenito, diresse il muso dello Yankee Eagle verso il terreno!

Ben presto la velocità si fece spaventosa. La lancetta dell’anemometro s’avvicinava pericolosamente al valore terminale, quella del variometro raggiungeva quasi il fondo scala e quelle dell’altimetro roteavano all’indietro come in un orologio impazzito che stesse registrando un vorticoso retrocedere del tempo[19]

Ma Andy non guardava né l’anemometro, né il variometro, né l’altimetro. Le sue pupille puntavano oltre il parabrezza corazzato, fisse su quella lugubre forma scura che stava precipitando sull’inerme cittadina westfaliana. Le sue cellule cerebrali, interamente concentrate in quell’estrema risoluzione, sentivano soltanto le grida disperate dei compagni  berciare negli auricolari del caschetto, senza distrarsi a interpretarne le parole. E per deconcentrarsi ancora meno, il pilota sfilò via lo spinotto dalla presa della radio.

*No* dichiarò mentalmente, con feroce determinazione *quella bomba non deve cadere…!!*

 

***

Si dice vi siano circostanze in cui si vede scorrere tutta la propria esistenza come in un film, dove sembra che i fatti più salienti appartengano alla vita di un estraneo. Si dice anche che tali circostanze precedano di solito la nostra dipartita da questo mondo; che può anche non arrivare, ma soltanto l’averlo creduto induce la nostra mente a presentarci un rapido riassunto della nostra esistenza terrena.

Probabilmente non fu in quell’occasione che questo accadde al generale Andrew Steve Greason, poiché, come già detto, il suo cervello era troppo occupato a dirigere il suo caccia, trasformato in un proiettile, contro quell’ordigno maledetto che stava piombando addosso a una comunità di persone che i suoi principi più profondi non gli consentivano di considerare dei nemici.[20]

Non c’era comunque dubbio che quella fosse l’impresa più folle che il nostro pilota avesse mai compiuto in tutta la sua avventurosa carriera. A parte la possibilità quasi certa che il suo velivolo venisse investito dalle schegge, che avrebbero frantumato per lo meno l’elica, se soltanto avesse aperto il fuoco contro la bomba quando la velocità della picchiata avesse superato anche di poco quella terminale,[21] il rinculo delle otto mitragliatrici avrebbe spezzato di netto i longheroni delle ali. E sarebbe stata la fine!

Nondimeno Andy Greason  era sì un uomo molto audace, ma non un pazzo. Aveva regolato il reticolo del collimatore Bell & Howell K14 sulla posizione relativa ai bersagli della dimensione minima e intendeva premere il pulsante né un secondo troppo presto, né un secondo troppo tardi, contando anche sul fatto che la forza di gravità rallentasse la spinta delle schegge verso l’alto, quel tanto che bastava perché lo Yankee Eagle non ne uscisse danneggiato in maniera irreversibile. Se poi non fosse più riuscito a mantenersi in volo e avesse dovuto paracadutarsi in pieno territorio tedesco… beh, a questo avrebbe pensato in un secondo tempo!

All’improvviso i timpani dell’asso vennero feriti dall’avvisatore acustico che avvertiva che il P-47 stava superando le 500 miglia orarie, più o meno nello stesso istante in cui il reticolo del mirino gli mostrava che la M44 da 1000 libbre, satura del micidiale RDX, distava solo 400 yarde.[22]

L’asso degli assi aprì il fuoco. Le otto Colt-Browning sgranarono la loro soverchiante rosa di proiettili da mezzo pollice e almeno un terzo di essi raggiunse la bomba perforandone facilmente l’involucro d’acciaio. I colpi incendiari fecero il resto, neutralizzando all’istante il pericolo mortale corso dai sottostanti cittadini di Eiserfeld.

Tirando a sé con tutte le sue forze la barra di comando, che sembrava saldata al pavimento, il nostro eroe disperava di riuscire a passar sopra la sfera esplosiva di oltre 13 piedi di diametro.[23] Cupi rimbombi metallici denunciarono che parecchi frammenti non stavano andando perduti e all’improvviso fu come se qualcuno gli avesse rovesciato del piombo fuso sugli arti inferiori…

Urlando dal dolore atroce, il pilota riuscì miracolosamente a non perdere la concentrazione, continuando a richiamare disperatamente l’aeroplano. Per fortuna i due equilibratori della coda, opportunamente retrofittati[24] in alluminio, erano rimasti illesi.

Straziato dagli spasimi, Andy vide spuntare alcune chiazze rosso scuro sul colore giallo sabbia dei calzoni. Distolse sgomentato lo sguardo e vide i tetti di molte abitazioni cominciare a farsi pericolosamente vicini…

*E va bene* pensò in un impeto d’orgoglio e di ferrea volontà *le gambe saranno partite, ma le braccia no! Tirati su, bastardo…!!*

Sempre troppo lentamente per i suoi gusti, l’orizzonte tornò ad abbassarsi sul blindovetro, mentre l’ago del variometro risaliva nuovamente verso lo zero. Andy dovette però aiutarsi con il volantino del trim per aumentare l’efficacia dei timoni di quota e lo lasciò soltanto per inclinarsi all’improvviso sulla destra, onde scartare la torre del campanile…

Dopo essersi nuovamente raddrizzato e aver ripuntato il muso verso l’alto, l’asso lasciò che il suo fedele Juggy, che protestava vibrando in tutte le sue giunture, lo allontanasse dal paese che aveva salvato con la sua cavalleresca generosità. Nel frattempo una pioggia di schegge, pericolose ma non più letali, finivano di rimbalzare sul porfido della piazza principale del paese. Piazza che, che di lì a pochi anni, su espressa richiesta della famiglia von Heindrich, la nuova giunta socialdemocratica avrebbe fatto coerentemente ribattezzare Die Fliegenheldenplatze.[25]

 

 



[1] Punto di virata lungo la rotta.

[2] 7620 m.

[3] Il caccia FW190 A-8 Wurger era dotato di quattro cannoncini Mauser da 20 mm e di 2 mitragliatrici Rheinmetall da 13 mm.

[4] I caccia  rimanevano generalmente a quota più elevata rispetto ai bombardieri effettuando, grazie alla loro maggior velocità, delle azioni di pattugliamento lungo le “combat box” da scortare, in modo da poter intervenire tempestivamente nei punti dove la minaccia nemica poteva maggiormente concretizzarsi.

[5] Cioè mezzogiorno su quello di Amburgo, Roma e Berlino.

[6] Punto Iniziale della rotta di avvicinamento al bersaglio, coincidente con l’inizio della corsa di bombardamento vera e propria.

[7] Si riferisce a quando aveva incontrato Candy, appena sbarcata dalla Seagull dopo la traversata dall’Inghilterra.

[8] Era estremamente pericoloso trattenere i serbatoi sganciabili (costruiti in cartone trattato) durante il combattimento aereo, perché, se venivano colpiti da proiettili incendiari, avrebbero lasciato ben poche possibilità di scampo.

[9] 1400 litri.

[10] I serbatoi supplementari sganciabili, in questo caso da 108 galloni (409 litri) erano in gergo chiamati babies (bambini).

[11] Le mitragliatrici Browning da 12,7 mm avevano una cadenza di 13 colpi al secondo. In questo lasso di tempo otto armi del genere sparavano quindi contro un bersaglio una raffica di 104 proiettili, che si sarebbero ridotti a 52 se fosse stata impiegata la soluzione proposta da Harris.

[12] Essen, Dortmund e Dusseldorf, dov’erano soprattutto concentrate le officine siderurgiche, le raffinerie e gli impianti per la produzione della benzina sintetica (quella ricavata dal carbone).

[13] Vedi capitolo 9.

[14] Comandante di reggimento italiano, fervente fascista e grande amico del generaloberst delle SS Otto von Kruppen, la nemesi dell’Asso degli Assi.

[15] L’idea di inserire una relazione shakespeariana fra quell’eventuale coppia di “nemici” mi aveva effettivamente stuzzicato. Purtroppo per Marika von Heindrich, l’idea di scritturare Flanny Hamilton aveva avuto già la precedenza!

[16] Dopo l’abbattimento del Chow-Hourd i velivoli arrivati sull’obiettivo erano soltanto undici.

[17] Circa 720 Km/h.

[18] Off We Go into the Wild Blue Yonder è una sorta di inno ufficioso per gli aviatori statunitensi, come lo è Anchors Aweigh per i marinai, The Army Goes Rolling Along per i soldati e Semper Fidelis per i Marines. 

[19] Come noto anche ai non esperti in materia, l’altimetro (cioè l’indicatore della quota), ha l’aspetto di un orologio con un quadrante diviso in dieci tacche principali anziché dodici, ognuna delle quali rappresenta 1000 piedi (304,8 m) segnati dalla lancetta corta o 100 piedi (30,48 m) segnati da quella lunga. Esattamente come nell’orologio, un giro completo della lancetta lunga equivale ad un singolo “passo” della lancetta corta. Quando anche questa ha compiuto un giro completo, una finestrella sul quadrante mostra il decamigliaio di piedi di quota raggiunta. Per chi non lo sapesse, aggiungo che questo strumento funziona col principio del barometro, misurando la pressione dell’aria circostante, che varia con un gradiente di 27 piedi (8,23 m) per ogni millibar di pressione e riporta quindi il valore dell’altitudine rispetto al livello del mare. Pertanto solo sull’altimetro di un idrovolante ammarato potrete osservare tutte e due le lancette sullo 0.  

[20] “Noi stiamo combattendo per salvare la civiltà dalla barbarie e soltanto quelli che imbracciano un’arma contro di noi dovrebbero avere ragione di temerci!” disse una volta Andy Greason polemizzando duramente col maresciallo Arthur T. Harris. Il comandante del Bomber Command britannico, tenace assertore dei bombardamenti notturni indiscriminati, accusava sovente gli aviatori americani di pazzia per il fatto che attaccassero di giorno i loro obiettivi, esponendosi così del tutto alla feroce reazione della Luftwaffe.

[21] Limite massimo raggiungibile in una picchiata, oltre il quale la resistenza dell’aria non permette più alla velocità di crescere. Nel P-47 era calcolata sulle 515 miglia orarie (859 Km/h) senza carichi esterni.

[22] Circa 3,66 metri.

[23] 4 m.

[24] Modificati sul campo, successivamente al montaggio in fabbrica. Il 22° lotto di produzione del P-47 D era uscito dallo stabilimento di Farmingdale (New York) coi timoni di profondità rivestiti in tela impermeabilizzata. Le successive prove in volo avevano però rivelato il pericolo di strappi esiziali durante le picchiate prolungate, specie all’avvicinarsi della citata velocità critica.

[25] Piazza dell’Eroe Volante,dove si legge tuttora una targa che riporta queste parole: Il 27 Aprile 1944, nel corso del conflitto più tremendo che avesse insanguinato l’Europa, un uomo venuto da oltre Atlantico, da una città chiamata Provvidenza, preservava la nostra comunità a rischio della sua stessa vita. Possa questo atto luminoso rammentare in perpetuo alla maggioranza degli uomini il dovere di sentirsi fratelli, anche quando una folle minoranza cospira per renderli nemici. 

 

  
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