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Autore: baby80    10/02/2010    2 recensioni
Quello che avrei voluto fosse successo dopo la famosa puntata dell'anime "un innamorato respinto"... la mia rivisitazione di ciò che successe dopo "lo strappo della camicia"
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Oscar fece accomodare Fersen in salotto e disse alla governante di aggiungere un posto in più per la cena di quella sera.
Terminata la cena Fersen propose ad Oscar una passeggiata nel giardino, in fondo la temperatura era mite quella sera.

“Allora madamigella Oscar, ditemi, come si sta in vacanza?” disse Fersen ridendo
Anche Oscar rideva
“...forse la prima vacanza della mia vita! Non so che dirvi Fersen, c'è troppo tempo libero, troppo ozio... mi annoio a morte!” Oscar rideva ancora più forte
“Oscar vi annoiate perchè non sapete come divertirvi, ci sono mille modi diversi per ingannare il tempo”
“di grazia, quali sarebbero questi mille modi conte di Fersen?” Oscar lo guardava con aria divertita
“La lettura, le passeggiate, i pettegolezzi, le chiacchiere inutili, i balli, i ricevimenti... l'amore...”
“non sono cose che mi interessano, escludendo la lettura e le passeggiate, vorrà dire che cederò all'ozio” Oscar era a disagio, lo si percepiva dal tono della sua voce
“Oscar, non volevo mettervi a disagio, vogliate scusarmi”
“Non vi scusate Fersen, non ve ne è motivo” lo rassicurò Oscar
“Ditemi Oscar, mi sono stupito di non vedere il vostro attendente, Andrè, avete concesso una vacanza anche a lui?” Fersen sorrideva
“Andrè non lavora più per la nostra famiglia, ed ora, sinceramente, non so dirvi dove si trovi. Non è più affar mio” la voce di Oscar si era fatta dura
“Capisco” il conte di Fersen avrebbe voluto non aggiungere altro ma...
“...certo per lui deve essere stato difficile rimanere alle vostre dipendenze per tutti questi anni”
Oscar si fermò di colpo voltandosi verso il conte
“Non capisco cosa volete dire Fersen”
“Oscar...” il conte avrebbe voluto rimangiarsi le parole uscite dalla propria bocca poco prima
“...è evidente che il vostro attendente provi per voi un sentimento che va al di la del semplice rispetto che si nutre verso la persona a cui si presta servizio”
“Avete ragione Fersen, siamo cresciuti insieme, siamo amici” Oscar tentava con tutta se stessa di rimanere calma
“Amicizia... certo” il conte non riuscì a trattenersi, scoppiò in una risata rumorosa
“Fersen non vi permetto...” Oscar era furiosa
“Oscar aprite gli occhi, non è amicizia il sentimento che il vostro attendente prova per voi, è qualcosa di diverso, qualcosa che a volte può distruggere un uomo... è amore” Fersen era ritornato serio, quasi malinconico
“Mi stupisco che non sia fuggito prima da questa casa... Perdonate la franchezza Oscar”
Oscar non disse nulla, rimase in silenzio mentre continuava a camminare lungo il giardini del palazzo, per qualche minuto le sembrò d'essere in una bolla di sapone, lontano da tutto, in un mondo ovattato e silenzioso, e in quell'istante capì che il sentimento che aveva provato per il conte di Fersen si era fatto meno intenso, si era sciolto senza darne segnale, si sentì sollevata, libera. Fersen toccò il braccio di Oscar riportandola alla realtà.
“Oscar non volevo turbarvi, le mie parole sono state inopportune, perdonatemi”
“...Fersen non vi preoccupate, sto bene. Dimentichiamo questa conversazione, ve ne prego. Dimentichiamo tutte le stupidaggini delle ultime settimane, le parole, i balli, gli abiti da donna, le contesse straniere, tutto, ve ne prego.”
“Oscar io...”
“Fersen no, non aggiungete altro, promettetemi soltanto che continueremo a vederci da buoni amici. Volete?”
“Non chiedo altro Oscar” anche Fersen sembrò più sereno, in pace con se stesso e con Oscar.

Fersen ed Oscar tornarono a palazzo e dopo un paio di bicchieri di liquore il conte salutò Oscar.

“E' stato un piacere, buonanotte Oscar” il conte prese la mano di Oscar, chinò leggermente il capo e gliela baciò, non come aveva fatto tante volte con innumerevoli fanciulle, come provocazione, come gesto di conquista, baciò la mano di Oscar in segno di puro e semplice affetto.
“E' stato un piacere anche per me Fersen, tornate presto a trovarmi. Buonanotte”
Oscar guardò Fersen andare via, rimase sull'uscio del palazzo per un po', la temperatura era davvero piacevole quella sera, pensò Oscar mentre un venticello leggero le solleticava il viso, chiuse gli occhi e respirò profondamente, poi entrò in casa.
Si fece preparare la vasca e si concesse un lungo bagno dopo aver congedato la vecchia governante che non aveva nessuna intenzione di lasciarla sola “Oscar lascia che ti aiuti... Oscar dovrò pettinarti  i capelli dopo il bagno... Oscar una madamigella ha sempre l'aiuto di qualcuno per il bagno...”, a fatica ma riuscì a convincerla ad andare a letto.
Oscar non amava fare il bagno, o meglio, aveva sempre odiato avere davanti agli occhi il proprio corpo nudo per così tanto tempo, ed anche ora la cosa le dava fastidio, sopratutto ora che stava facendo di tutto per essere un uomo, se solo avesse potuto esserlo anche fisicamente, allora si che sarebbe stata la perfezione, ma non era possibile, aveva un corpo femminile, le gambe lunghe ed esili, i fianchi arrotondati, il seno pieno, le braccia esili... Oscar chiuse gli occhi per non vedere ciò che avrebbe voluto cancellare per sempre e si immerse completamente nell'acqua fino a quando non riuscì più a trattenere il fiato.
Rimase nell'acqua per un'ora abbondante prima di decidersi ad uscire, si vestì velocemente per la notte, tamponò i lunghi capelli e si mise seduta alla scrivania a leggere un po'... ogni tanto delle gocce scivolate lungo le ciocche di capelli bagnavano le pagine del libro che stava leggendo... rimase alla scrivania, persa nelle parole, fino a quando non sentì i capelli completamente asciutti, allora si alzò e si mise sul letto, serena, tranquilla, senza pensieri.
Dormì come un sasso tutta la notte e avrebbe dormito ancora se non fosse stata svegliata dalla governante.

“Oscar bambina mia, svegliati! Il conte di Fersen ti sta aspettando in salotto!” urlò la governante nelle orecchie di Oscar
“Accidenti, ti ho sentita, credo ti abbia sentita l'intera Francia!”
“Alzati immediatamente, non vorrai far attendere il tuo ospite!”
“Mi alzo, dannazione, ma smettila di urlare!”

Bel risveglio, pensò Oscar, davvero un bel risveglio! Si alzò a fatica dal letto, si vestì e scese in salotto, maledicendo il conte di Fersen ed il suo essere fin troppo mattiniero...

“Buongiorno Oscar” Fersen riusciva ad essere solare e bellissimo anche di prima mattina
“Buongiorno Fersen, non mi aspettavo di vedervi così  presto” disse Oscar con una leggera punta di ironia
“Mi spiace avervi svegliata così presto Oscar ma ho pensato di ricambiare la vostra cortesia invitandovi a colazione...”
“Onoratissima Fersen”
“Bene Oscar, prendete il cavallo e seguitemi” e così dicendo il conte salì sul suo cavallo, sul quale vi era poggiato un cestino da picnic e partì al galoppo... Oscar lo seguì senza chiedere nulla, riusciva soltanto a ridere... un picnic con Fersen le sembrava semplicemente buffo...
Fecero colazione seduti sull'erba, davanti ad un laghetto, mangiarono fino a scoppiare, tra una risata ed un pettegolezzo...

“Fersen siete diventato una dama molto pettegola...” Oscar non riusciva a smettere di ridere
“Madamigella Oscar, io una pettegola? Assolutamente no... è che stando alla Reggia tutto il giorno certe voci mi giungono all'orecchio senza che io possa impedirlo...” e scoppiò a ridere anche lui
“Ditemi Fersen, cosa dicono di me quelle voci?”
“Oscar avete spezzato centinaia di cuori lasciando la Guardia Reale, le dame si struggono al pensiero di non potervi più vedere alla Reggia... tutti sentono la vostra mancanza, anche la mia Regina” e su quell'ultima frase a Fersen morì il sorriso
“Manca molto anche a me la Regina, le farò visita al più presto... ma non vi rattristate conte, ve ne prego, raccontatemi altri pettegolezzi” Oscar comprendeva il dolore di Fersen, quel dolore che solo un innamorato che non può avere ciò che vorrebbe può provare
“Sono a conoscenza di un pettegolezzo che vi potrà interessare Oscar... mi sono giunte voci che il vostro attendente ha fatto domanda per entrare nei soldati della guardia”
“Andrè... cosa?” Oscar era visibilmente sconvolta
“Oscar non vi preoccupate, non è ancora stato arruolato e poi non è più affar vostro, no?”
“Si, certo... vogliamo andare Fersen? Ho degli impegni inderogabili che mi aspettano.”
“certamente Oscar, non voglio trattenervi”
Non c'era nessun impegno ad attendere Oscar, solo la voglia di tornare a casa per non mostrare al conte di Fersen la rabbia che la stava divorando.
Come aveva potuto fare domanda per entrare tra i soldati della guardia? Come aveva potuto, quell'incosciente di Andrè fare una cosa simile?
“Che faccia come gli pare” disse infine Oscar, in fondo non era più un suo problema, pensò.
Oscar cercò la vecchia governante per informarla che non avrebbe cenato, la colazione troppo abbondante le aveva fatto perdere l'appetito, entrò nella cucina ma non la trovò...
“Madamigella la governante si è recata in città con un domestico, sarà di ritorno a momenti. Mi scusi ora, torno alle mie faccende.”
“Grazie Marie”
Andò in soggiorno, si sedette sulla poltrona a sorseggiare un bicchiere di vino, l'aveva appena terminato quando riconobbe la voce della vecchia governante

“Avanti Pierre, sbrigati porta dentro tutto!” Oscar si domandava come mai ad una donnina così piccola fosse stata data una voce tanto forte... si alzò per dirle di non cucinare nulla, sapendo già che l'avrebbe rimproverata per questo...
“Pierre vuoi sbrigarti con quelle provviste?... Oscar, bambina guarda...”
Oscar non le fece finire la frase, non aveva nessuna voglia di starla ad ascoltare, sicuramente aveva qualche storia da raccontarle, qualche pettegolezzo o semplicemente un appunto da farle...
“Prima che tu dica qualcosa... volevo informarti che non cenerò questa sera la colazione di...” ad Oscar si fermarono le parole in bocca quando vide entrare Andrè dalla porta della cucina
“...la colazione di? Oscar, bambina, finisci la frase o chiudi la bocca altrimenti ci entreranno le mosche!” la riprese la governante
“la... la colazione di stamattina è stata abbondante, mi ha tolto l'appetito”  riuscì a finire Oscar
“Oscar” disse Andrè passandogli accanto e riponendo un grosso cesto sul tavolo
“Ciao Andrè” quasi sussurò abbassando gli occhi
“Oscar hai visto chi ho portato a casa, il mio Andrè, l'ho incontrato per le vie di Parigi e l'ho invitato a passare un giorno con me. Non ti spiace, vero?”
“No, no. Va benissimo, hai fatto bene. Ora se volete scusarmi.”  ed era già fuori dalla cucina.

Andrè cenò con la nonna, rimasero al tavolo a chiacchierare con gli altri domestici, Oscar sentiva il vociare e le risate dalla propria camera, ma non scese, nemmeno quando la fame iniziò a farsi sentire.
Era da poco passate la mezzanotte quando la governante si ritirò a riposare, era tardi per lei ma quella era una sera speciale, era da tanto che non passava del tempo con Andrè, ma era tardi per le sue povere ossa stanche, così disse al nipote prima di abbracciarlo forte e raggiungere la  propria stanza. Anche gli altri domestici poco dopo sparirono a riposare, ed ora sulla casa era sceso un silenzio quasi irreale.
Oscar era seduta alla scrivania tentando di leggere, tentativo vano, aveva troppa fame per riuscire a concentrarsi. Scese in cucina per mangiare qualcosa.
Andrè era sulla soglia della cucina, aveva sentito un rumore e si era alzato a controllare, vide Oscar girata di spalle che si alzava sulle punte dei piedi ed allungava le braccia per prendere il barattolo dei biscotti, la nonna lo nascondeva ancora, anche se lui ed Oscar ormai erano adulti... Pensò che sarebbe stato più opportuno andar via ma non poteva non guardarla con indosso soltanto quella camicia che stava diventando la sua ossessione notturna, non poteva non guardare le sue gambe tendersi per stare sulle punte e quei meravigliosi capelli biondi che le ricadevano lungo la schiena, non poté resistere...

“Non hai perso il vizio di rubare i biscotti” lo disse ad alta voce, di proposito,
“Dannazione Andrè” disse Oscar voltandosi di scatto verso di lui, ma tenendo ben saldo il barattolo dei biscotti
“Non sei un po' troppo cresciuta per fare queste cose Oscar?”
“Vai al diavolo” disse lei uscendo dalla cucina
“Non mi offri nemmeno un biscotto?” fece Andrè avvicinandosi lei e al barattolo
“Prendili tutti, e strozzatici” ringhiò Oscar posando il barattolo sul tavolo del salotto e allontanandosi da lui
“Adesso basta!” urlò Andrè poco dopo aver afferrato il braccio di Oscar
“Chi credi di essere Oscar? Non sono più alle tue dipendenze, sono un'ospite, e non accetto d'essere trattato in questo modo solo per aver scherzato con te. Chiaro?”
“Togli la mano dal mio braccio, subito” anche Oscar stava urlando
“E se non lo faccio cosa farai? Mi prenderai a schiaffi?”
“Andrè toglimi le mani di dosso”
Ma  Andrè non lasciava la presa, anzi, stringeva ancora di più le dita attorno al braccio di Oscar, era accecato dalla rabbia, spazientito di fronte all'ennesimo folle comportamento di lei.
“Sei soltanto una bambina viziata Oscar”
“Io sarò una bambina viziata ma tu, Andrè, sei tanto stupido da arruolarti nei soldati della guardia.” Oscar non urlava più adesso, vomitò quella frase senza alzare la voce, ma arrivò comunque dritta al cuore, come un pugnale.
Andrè le lasciò il braccio.
“E' una mia scelta Oscar e non ti deve interessare, e non importa se lo ritieni un gesto da stupidi, è la mia vita. La mia vita. Non è più affar tuo”
Entrambi tornarono nelle loro stanze senza aggiungere altro, mentre il barattolo rimase sul tavolo del soggiorno.
Oscar entrò in camera sbattendo la porta, andò a letto dimenticandosi della fame e maledicendo il giorno che Andrè mise piede nella sua vita, era così arrabbiata con lui... arrabbiata per averla baciata quella sera, arrabbiata perchè se n'era andato via, arrabbiata perchè si stava arruolando nei soldati della guardia... era una pazzia! Andrè tra i soldati della guardia, non era un posto adatto a lui, così violento, così spietato... i pensieri scorrevano veloci nella mente di Oscar e pensiero dopo pensiero si rese conto che non era solo rabbia quella che le bruciava l'anima, era paura, la paura che ad Andrè potesse succedere qualcosa, paura di perderlo per sempre, non accettava questo pensiero eppure c'era, forte, dentro di lei. Si impose di dormire pur di far tacere le voci nella testa.
Le riuscì di dormire fino a che non sentì la pioggia sbattere contro i vetri delle finestre e allora si svegliò, era ancora notte le scoppiava la testa e aveva una fame tremenda, si obbligò a scendere per riprendere il barattolo abbandonato in salotto. Scese al buio, col solo rumore della pioggia a farle da sottofondo, entrò e prese il barattolo, mangiò un paio di biscotti, in piedi di fronte alla finestra, guardando la pioggia, si sentiva meglio, anche il mal di testa stava passando.
Riportò il barattolo in cucina, al buio, conosceva perfettamente il nascondiglio “segreto” dei biscotti, lo ripose e ritornò nella propria stanza. Si mise rannicchiata su un fianco, come quando era bambina, e chiuse gli occhi ascoltando la  pioggia.
Andrè l'aveva vista davanti alla finestra del salotto, l'aveva vista entrare in cucina e scomparire  lungo la scalinata, e tutta la rabbia era scivolata via, come se il buio e la pioggia avessero il potere di inghiottire e pulire ogni traccia di rabbia e dolore, o almeno era così che lui si sentiva, ripulito da ogni brutto pensiero, ora voleva solo starle accanto come aveva fatto lei qualche notte prima, e così si ritrovò a compiere gli stessi gesti di Oscar, camminare sugli stessi passi, ed entrare furtivamente nella stanza di lei, con la speranza di non venir cacciato.
Andrè entrò nella stanza di Oscar e camminò fino al suo letto, la vide voltarsi verso di lui  e quando provò a salire sul letto e stendersi accanto a lei non ci furono ne urla ne intimidazioni, solo silenzio.
Si mise su un fianco dietro di lei, così pericolosamente vicino, e sentì il corpo di Oscar scivolare contro il suo, aderendovisi completamente. Rimasero in silenzio ad ascoltare la pioggia. Nessuno dei due aveva il coraggio di dire nulla, in quelle strane settimane le parole avevano causato solo imprevisti e dolore, mentre il silenzio, un silenzio notturno che si erano costruiti, aveva reso tutto più semplice. Di notte, nelle loro stanze erano delle persone differenti da quelle di sempre, ma prima o poi avrebbero dovuto affrontare la cosa, almeno era questo che pensava Andrè.

“Oscar...”
Oscar non rispose, rimase immobile nella propria posizione, come se non avesse sentito nulla, eppure era sveglia, Andrè la vedeva chiaramente.
“Oscar non possiamo continuare così, dobbiamo...”
Oscar si voltò lentamente verso Andrè posando la mano sulle sue labbra, bloccandogli le parole, come a ricordare all'uomo il tacito accordo che avevano stipulato con il buio della notte, le parole erano proibite.
“Oscar ti prego, smettila, io non posso farlo. Io non posso fare questo. Io non posso rimanere qui, così, con te. Scusami” disse Andrè scostando la mano di Oscar dalle sue labbra e alzandosi da quel letto che avrebbe voluto occupare per tutta la vita, ma non in quel modo, non così.
Oscar si girò su un fianco, dandogli le spalle, e non disse nulla quando lui uscì dalla sua stanza.

Andrè scese le scale trasportato dalla rabbia, come aveva potuto farsi del male di nuovo, era già umiliante essere stato ignorato per 20 anni, essere stato respinto, ma questo era troppo, essersi fatto prendere in giro ancora, il giocattolo nella mani di una bambina viziata.
“vai al diavolo Oscar” e con questa frase ancora sulle labbra l'uomo prese le sue cose e uscì da palazzo Jarjayes. Stava piovendo, quella stessa pioggia che poco prima stava ascoltando col corpo di Oscar attaccato al proprio, quella stessa pioggia che era sembrata così dolce ora sembrava entrargli nella pelle come spilli.
Oscar era ancora rannicchiata sul letto, persa in un mondo senza parole, persa in un mondo che la rendeva ancor più orgogliosa di quel che già non fosse, sentiva il viso contratto in una smorfia di rabbia, ma per quale motivo era arrabbiata? Perchè Andrè aveva infranto un suo ordine? Perché André si era arruolato nei soldati della guardia senza prima parlarne con lei? Perché André le aveva ricordato più e più volte la sua natura di donna? Non riusciva a darsi una risposta ma si rese conto che André era sempre li, in ogni suo pensiero, in ogni suo gesto di rabbia, che diavolo le stava succedendo? Come aveva potuto, un bacio rubato, aver causato così tanti dubbi? Aveva voglia di piangere. Fece un respiro profondo ed andò alla finestra e sentì un tuffo al cuore nel vedere André sotto la pioggia camminare verso le scuderie.
Non sapeva cosa le stava succedendo, decise di non domandarselo, seguì solo le proprie gambe che correvano lungo la scalinata, aprì il portone del palazzo e fu investita da una pioggia gelida, proseguì correndo verso le scuderie e quando fu a pochi passi da André si fermò
“André” la sua voce era di nuovo dura, ancora gelida, autoritaria.
André si voltò e semplicemente alzò la mano e la schiaffeggiò con tutta la rabbia che aveva in corpo, una rabbia lunga 20 anni. Non si pentì di quel gesto, aveva voglia di farlo, voleva farle male per il puro gusto di vederla soffrire.
Oscar incassò il colpo e lo rese con la stessa potenza, ma André non rispose alla provocazione, non aveva più intenzione di prendere parte a quel gioco folle, si voltò e riprese il cammino verso le scuderie.

“André non andartene, ti prego” la voce di Oscar era diversa, aveva perso tutta l'arroganza di sempre.
L'uomo fermò il suo passo, rimase fermo, senza voltarsi, con la speranza di sentire altre parole ma con la certezza che sicuramente non ve ne sarebbero state, allora avrebbe dovuto riprendere il proprio cammino, tanto valeva non perdere tempo per voltarsi.
“André io...”
“io... io sono così in collera per quello che mi hai fatto settimane fa, non avresti dovuto... non avevi il diritto di farmi del male... non avresti dovuto farmi questo... ma... adesso voglio solo dimenticare”
La voce di Oscar tremava, per il freddo e per la paura, sentiva le parole scivolare sulla lingua senza freni, si sentiva nuda, completamente indifesa.
“Oscar ti chiedo perdono per quello che ho fatto, ma adesso lasciami in pace. Voglio solo andarmene via, da te.” adesso era la sua voce ad essere gelida. André riprese a camminare verso le scuderie.
“André, non andare, ti prego” stava piangendo lo sentiva chiaramente
“Oscar non posso più sopportare di vivere così, non sono uno degli uomini a cui dai ordini ogni giorno. Non voglio più averti attorno. È finita. Troverai certamente un altro burattino da manovrare” nessuna inflessione nella voce di André, nessun tremore, era fermo, sicuro, autoritario, come non lo era mai stato, e tutto questo non sfuggì ad Oscar, e fu proprio questo che la spaventò, e fu questo che la fece crollare.
“André non andare...” un filo di voce rotto dal pianto convulso
“...perdonami... io... io non so più chi sono, non so più cosa voglio... io non so cosa sono stata in questa vita... non so più nulla, ho così tanta confusione nella testa... ma so che non voglio che tu te ne vada. Non andare, non andare via da me, non lasciarmi sola, ti prego...” il pianto di Oscar non aveva  più controllo e fu in quell'istante che André si voltò verso di lei, la vide sotto la pioggia, disperata e bellissima, Oscar, non la bambina testarda e dispettosa, non la ragazza seria e gelida, ma la donna, la donna che era rimasta nascosta per troppo tempo. Avrebbe voluto abbracciarla in quel momento ma non poteva muoversi, non voleva farlo, lui aveva fatto anche troppo in quei lunghissimi 20 anni, rimase fermo davanti ad Oscar, guardandola senza dire nulla, e allora fu lei che gli si avvicinò improvvisamente, senza preavviso e l'abbracciò come non aveva mai fatto, con  un'urgenza che nemmeno lei credeva d'avere.
“Hey” le sussurrò André nell'istante in cui le sue braccia risposero all'abbraccio
“Smettila di piangere, sei sempre stata una piagnucolona” disse stringendola ancora più forte contro di sé, la sentì ridere contro il suo petto.
Si staccarono pochi istanti dopo, ma subito la mano di André prese quella di Oscar, invitandola a seguirlo in casa.
La pioggia non aveva smesso di cadere, in lontananza il cielo notturno accoglieva piccoli lampi di luce, il temporale era vicino.

Entrarono in casa lasciando dietro si sé impronte bagnate e piccole goccioline che cadevano da ogni parte del corpo, erano completamente fradici.
Oscar sentiva la mano di André stringere, di continuo, come se avesse paura di perdere la presa, e lei faceva lo stesso con la sua, forse per rassicurarlo che non sarebbe andata da nessuna parte.
Camminavano piano tra i corridoi del palazzo, al buio, immersi nel silenzio fino all'istante in cui il cigolio di una porta li fece bloccare. Una voce
“André sei tu?” la voce della vecchia governante
“Andrè cosa stai facendo? So che sei tu, sono entrata nella tua stanza e non c'eri! André vuoi rispondere?”  André non disse nulla, strinse la mano di Oscar più forte e iniziò a correre... corsero per il palazzo cercando di evitare la nonna, corsero come due ragazzini, e dopo vari tentativi di “depistaggio” riuscirono ad entrare nella stanza di André, col fiato corto per la corsa e per il troppo ridere, ma la nonna era ancora in agguato...
“André sei li dentro? Cosa stai combinando? Apri immediatamente la porta”
Il giovane aprì la porta, ma non completamente, dietro vi era nascosta Oscar
“Nonna non mi sembra il caso di urlare in piena notte! Sono qui, ero uscito a controllare che le porte delle scuderie fossero ben chiuse, c'è un vento tremendo”
“Sei uscito con questa pioggia, incosciente, lascia che ti aiuti ad asciugarti”
“Nonna... non ho più sei anni, posso asciugarmi da solo, ora vai a riposare, è tardi. buonanotte” diede un bacio alla nonna e richiuse la porta alle sue spalle.
I due ragazzi si guardarono serissimi e un istante dopo scoppiarono a ridere senza ritegno, risero fino alle lacrime.
“Siamo bagnati fino al midollo, dobbiamo togliere questi vestiti di dosso” ad André sembrò sconveniente la frase che aveva pronunciato, sembrava così maledettamente ambigua, anche se non lo voleva essere... si avvicinò all'armadio e prese una sua camicia
“Ecco vai a cambiarti nel bagno, ti starà un  po' larga ma non ho nient'altro da darti” disse sempre più a disagio
Oscar prese la camicia ed entrò nel bagno mentre André si tolse i vestiti bagnati ed infilò a sua volta un paio di pantaloni ed una camicia asciutta, prese un asciugamano e si asciugò i capelli.
Oscar uscì dal bagno, la camicia le andava effettivamente larga, era enorme indosso a lei
“sono ridicola” mormorò Oscar, un po' imbarazzata, per lo strano abbigliamento, ed anche perchè notò che André aveva lasciato la camicia un po' aperta, in tutti quegli anni non l'aveva mai visto fuori posto, non aveva mai lasciato intravedere il proprio corpo nudo, smise di mostrarsi nudo di fronte a lei l'estate dopo aver compiuto 11 anni.
“Non sei ridicola, è che sei piccola” Andrè sorrideva
“Non sono piccola, sei tu che sei troppo grosso”
“Giusto...” Andrè non trattenne più il riso ed anche lei rideva, si sentiva decisamente meglio, se non fosse stato per il freddo
“Oscar hai freddo?” la ragazza annuì con il capo, Andrè le prese la mano e le fece cenno di salire sul letto, Oscar salì e si infilò subito sotto le lenzuola, non poteva togliere lo sguardo da lui, e lui lo notò immediatamente... spense la candela con un soffio e si infilò anch'esso nel letto, sotto le lenzuola, ci fu un attimo di imbarazzo, lo sentirono entrambi e poi così naturalmente come lo può essere un respiro si fecero più vicini.
Oscar si mise su un fianco ed invitò Andrè, col braccio, a farsi più vicino dietro di lei, lui le cinse la vita e la sentì tremare.
“Hai ancora freddo?” chiese Andrè
“un po' “ e lui si fece  più vicino, tanto da non poter andar oltre. Oscar sentiva il corpo di lui aderente al suo, sentiva perfettamente il petto contro la sua schiena, il braccio attorno alla sua vita, ogni parte del corpo di André, anche il suo essere “uomo” che premeva contro di lei... sentì le guance prendere fuoco, il freddo di poco prima aveva lasciato posto ad un calore insopportabile, ma rimase così, stupendosi di quanto in fretta si stava abituando al corpo di Andrè.
Si addormentarono un'ora più tardi, dormirono così profondamente da non rendersi conto del forte temporale che si stava abbattendo sopra di loro.
Fu Oscar a svegliarsi per prima questa volta, aprì gli occhi e fu felice di sentire il corpo dell'amico ancora addosso al suo, non si erano mossi... lentamente si girò verso Andrè lo guardò dormire per un po', osservò il suo viso, nascosto per metà dai lunghi capelli scuri, aveva sempre pensato che fosse bello, un bel bambino dagli occhioni grandi, un bel ragazzo dai lineamenti decisi ma al tempo stesso dolci, e adesso era un bell'uomo, ed era felice d'essere di nuovo “vicina” a quello che era sempre stato il suo più grande amico. Andrè si svegliò poco dopo, aprì gli occhi e sorrise mentre con la mano rimise a posto la manica della camicia che era scesa leggermente lasciando scoperta una spalla di Oscar.
“Buongiorno”
“Buongiorno Andrè”
Un rumore alla porta, qualcuno stava bussando... André aveva chiuso la porta a chiave, per sicurezza, l'avrebbero ammazzato se l'avessero sorpreso a letto con Oscar, avrebbe anche potuto morire a colpi di “mestolo” ne era certo...
“André, André! Perchè hai chiuso la porta a chiave? Apri immediatamente! André insomma, smettila di dormire e aiutami a cercare madamigella Oscar, non è nella sua stanza, e i signori Jarjayes sono tornati prima del previsto. André rispondimi! Il generale vuole vedere Oscar immediatamente, devi cercarla, subito! Mi hai sentito?” chi non avrebbe sentito la vecchia governante... forse un morto, forse.
“Si, nonna, sono sveglio. Stai calma, andrò a cercare Oscar subito, ma vedrai che sarà sicuramente andata a fare una camminata.” André cercò di non far sentire la propria agitazione
“Mio padre già di ritorno? Come è possibile, avrebbero dovuto assentati per un intero mese e sono passati solo pochi giorni. Sta succedendo qualcosa André, me lo sento. Aiutami ad uscire di qui, senza che mi vedano”
  
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