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Autore: gio_dy    10/02/2010    4 recensioni
Lei ha la voce di un angelo, lui traduce in ritmo e melodia ogni stato d'animo.. sarebbero fatti per stare insieme se non si odiassero da troppo tempo... in una nuova città, in nuovo contesto forse le cose possono cambiare... forse... E' la mia seconda ff, nonché la prima su HP, spero possa piacervi..
Genere: Romantico, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Blaise Zabini, Nuovo personaggio, Serpeverde | Coppie: Draco/Hermione
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Dedicato ad Alaide:
grazie Lenora per l’aiuto e la disponibilità
verso una perfetta sconosciuta.
Spero di non aver scritto troppe stupidaggini.
D.

LA MUSICA E IL SERPENTE

- Desidera ancora qualcosa da bere Maestro? –
- No Grazie, va bene così –

L’hostess sorrise affabile al giovane uomo, ritirò il bicchiere ormai vuoto che lui le porgeva e si allontanò col suo carrello ancheggiando leggermente. Draco Lucius Malfoy si stiracchiò sul sedile cercando di rilassare i muscoli intorpiditi dal lungo viaggio… per fortuna non aveva nessuno seduto accanto a sé e ciò gli permetteva di godere di una certa libertà di movimento. Si sistemò più comodamente sul sedile e volse lo sguardo pensieroso fuori dal finestrino. Albeggiava, e il cielo si tingeva di rosa innondandolo di una luce rilassante e languida come i suoi pensieri. Gli piaceva volare, anche su quegli aggeggi babbani, certo non era come quando era ragazzino sulla sua scopa, con il soffio del vento a scompigliargli i capelli, ma era certamente più comodo e in inverno, anche più caldo e confortevole. Non aveva chiuso occhio durante quel lungo viaggio, non gli riusciva quasi mai di dormire quando viaggiava, quasi come fosse ancora un ragazzino, all’andata era troppo eccitato per ciò che lo aspettava, e al ritorno si ritrovava a provare la stessa emozione pensando alle persone che di lì a poco avrebbe nuovamente visto; certo non lo avrebbe mai dato a vedere, sotto sotto restava sempre un Malfoy dopotutto, ma almeno aveva imparato a non nascondersi più a se stesso, e questo grazie a lei, la sua parte mancante, come la chiamava scherzosamente lui.
Parigi si avvicinava e lui non vedeva l’ora di riabbracciare i vecchi amici, Theo, Blaise, Pansy e soprattutto non vedeva l’ora di rivedere lei, Antlia, di farsi soffocare dal suo abbraccio di benvenuto che, ne era certo, lo avrebbe fatto cadere a terra per la sua veemenza, di sentirla ridere in quel suo modo buffo che contagiava chiunque la ascoltasse, di bearsi, dopo tutti quei mesi in cui erano stati lontani, dei suoi silenzi che gli scavavano dentro comprendendolo più di mille parole, di specchiarsi in quegli occhi che gli rimandavano la parte migliore di sé, quella che per anni aveva celato talmente in profondità da cominciare quasi a credere di non possederla, ma con lei era diverso, con lei poteva essere se stesso, anche perché nascondersi, con lei, non sarebbe valso a nulla, quello che li legava era qualcosa che andava al di la del normale sentimento che univa quelli come loro, era qualcosa che apparteneva al loro stesso essere, alla loro stessa esistenza. Ripensando al passato si era reso conto di quante volte si fosse stupito del fatto che i suoi genitori o meglio suo padre, sostenitore acceso dell’importanza della purezza del sangue e anti babbano per eccellenza, non avesse mai ostacolato l’amicizia, che nel tempo era cresciuta solida, tra lui e Antlia che col mondo della magia aveva ben poco a che fare poiché era una maganò figlia di una babbana e del giardiniere magonò che si occupava del parco che circondava Malfoy Manor; certo i suoi avevano sempre fatto in modo che la loro frequentazione non fosse notata da nessuno, anzi in realtà, avevano fatto in modo che l’esistenza stessa del giardiniere e della sua famiglia, non saltasse mai troppo all’occhio di eventuali ospiti, arrivando addirittura al punto di nasconderli e proteggerli durante la permanenza di quel folle del Signore Oscuro all’interno del Manor nel corso della seconda guerra magica… Si rendeva conto, col senno di poi, che i periodi di vacanza a casa durante i quali suo padre non faceva altro che tentare di plagiarlo e piegarlo alla sua follia, destinandolo con le sue parole e, soprattutto, con le sue azioni a un futuro che lui non solo non desiderava, ma temeva e aborriva e al quale, però, non riusciva a ribellarsi per il desiderio folle di compiacere e rendere orgoglioso quel padre così freddo, distante e severo che lo prendeva in considerazione solo nella sua opera di disumanizzazione, erano resi sopportabili unicamente dall’amore vigile e discreto di sua madre e dall’allegria di Antlia che, nonostante tutto, riusciva a trovare qualcosa di buono anche nell’arido Lucius, lei che riusciva a farlo sorridere anche nei momenti più duri e con la quale si rendeva conto di avere un intero universo in comune.
Draco sorrise fra sé al ricordo della felicità che aveva provato quando, finalmente libero dal giogo di suo padre, aveva scoperto cosa fosse davvero quel sentimento che lo legava ad Antlia, quel legame così profondo che lo aveva spinto a seguirla nella sua vita babbana.
-Maestro, mancano ancora circa tre ore all’atterraggio, ha bisogno di qualcosa? –

la voce dell’hostess lo distrasse per un attimo dal corso dei suoi pensieri
– No, va bene così, grazie –
la stessa risposta di prima, certo nonostante gli anni continuava a non essere un gran conversatore pensò ghignando tra sé e sé, l’hostess gli sorrise e si allontanò sempre con il suo lieve ancheggiare, lui chiuse gli occhi e mentre si perdeva nuovamente nelle sue riflessioni, un altro piccolo ghigno affiorò sulle sue labbra: Maestro! Ancora gli suonava strano quell’appellativo così formale, rivoltogli da chiunque col massimo rispetto e ammirazione, e non perché fosse un Malfoy, nemmeno ne conoscevano l’esistenza del casato dei Malfoy quei babbani, ma solo per merito di quella straordinaria passione e abilità che aveva scoperto in sé quando, non appena era terminata la guerra, aveva deciso di seguire Antlia in quell’avventura al di fuori del mondo magico, quella folle avventura che, inconsapevolmente aveva le sue radici ai tempi della loro infanzia, quando i suoi genitori gli avevano fatto studiare pianoforte come si addiceva a ogni rampollo di stirpe nobile, e, cosa allora inspiegabile, avevano permesso anche a lei di studiarlo, ma quando Antlia si era seduta al piano era stata una vera tragedia, al contrario di quanto accadeva a lui, non c’era alcun amore in lei per quel nobile strumento; l’amore l’aveva folgorata inaspettatamente il giorno in cui nella soffitta della vecchia rimessa di suo padre lei aveva scovato un vecchio violino, e senza alcuna nozione di come questo potesse essere usato, così, solo a orecchio, dopo qualche tentativo per capirne il suono era stata musica. Negli anni quello strumento era diventato la sua vita e quando Antlia aveva deciso di uscire da quel limbo sospeso tra mondo magico e mondo babbano in cui era costretta a vivere a causa del suo status, per trasferirsi a Parigi aveva scelto di studiare musica in conservatorio e lui poiché ormai nulla lo tratteneva più a Malfoy Manor dopo la morte di sua madre, nemmeno quel nome che ormai aveva da tempo rinnegato in cuor suo e che ora si accingeva a cancellare per sempre dalla sua vita, aveva deciso di seguirla. Quando si era ritrovato ad affrontare quella nuova realtà, la musica era stata ciò che gli aveva permesso di crearsi uno spazio in quella dimensione per lui sconosciuta. Antlia conosceva i babbani, aveva frequentato le loro scuole a causa della sua condizione di maganò, ma lui non aveva nulla in mano, non era nemmeno tornato a Hogwarts per sostenere i M.A.G.O., non aveva un titolo di studio che, magari, sostenendo un esame di equiparazione presso il ministero della magia, potesse fargli trovare un lavoro che non fosse di manovalanza o poco più. Ricordava ancora la paura dei primi tempi di non riuscire a concludere nulla in quella nuova vita quando, un po’ per distrarlo un po’ perché davvero ne aveva bisogno, Antlia gli aveva chiesto di accompagnarla al suo esame di ammissione al conservatorio e lui per la prima volta aveva udito quella musica prettamente babbana a lui sconosciuta che loro chiamavano classica, era stata come una folgorazione, una scossa l’aveva percorso facendolo innamorare perdutamente di quei suoni che nessun musimago era mai stato in grado di produrre. Aveva deciso in quell’istante che avrebbe seguito la giovane donna anche in quell’esperienza, a ulteriore dimostrazione di quanto indissolubilmente fossero legati; tre mesi dopo poi c’era stata la grande svolta della sua vita: si stava preparando a sostenere alcuni esami da privatista per poter iniziare a seguire i corsi da un livello più avanzato possibile quando, dopo settimane di vita ritirata a causa dei suoi studi, Antlia lo aveva trascinato a un concerto e lui aveva scoperto la direzione d’orchestra: da allora si era votato a quello studio anima e corpo, con amore, con bramosia, perché era quello che aveva provato quella prima volta nel vedere il maestro dare il tempo agli orchestrali, amalgamare con i suoi movimenti fluidi e imperiosi le melodie provenienti dai diversi strumenti rendendoli un armonia corale che arrivava dritta al cuore, ed era quello che provava ogni volta che prendeva la bacchetta in mano e si accingeva a dirigere… sentiva l’idea stessa del suono pervaderlo, fluire intensa nelle sue vene e invadergli la mente, incendiargli il cuore di una passione cieca; era come fare l’amore con l’essenza stessa della musica, fare l’amore con l’essenza di quella passione che lo ottenebrava e lo trasfigurava nel volto e nell’anima per tutta la durata dell’esecuzione. Da quel momento aveva bruciato le tappe ed era molto fiero di sé, in soli quattro anni si era diplomato e grazie a quella passione che lo animava era diventato ben presto assistente di un famoso direttore d’orchestra che lo aveva preso sotto la sua ala protettrice, trattandolo quasi come un figlio e di questo lui, che aveva sempre sofferto per la mancanza di una figura paterna che lo guidasse assecondando le sue passioni, e non piegandolo alle proprie, gli sarebbe stato eternamente grato. L’anziano Maestro gli aveva insegnato i trucchi del mestiere con pazienza e con complicità, come solo un padre avrebbe potuto fare e poi un giorno a solo un anno dall’inizio di quella collaborazione alla vigilia di un importante concerto lo aveva lasciato solo, folgorato da un infarto. Draco sospirò al ricordo doloroso del suo mentore e un piccolo groppo gli chiuse la gola… com’era cambiato! Da ragazzo educato a escludere le emozioni dalla sua vita ora si ritrovava a essere un giovane uomo che viveva di queste, le assaporava fino in fondo trattenendole dentro di sé per poi lasciarle fluire liberamente quando si accingeva a dirigere. Proprio come era accaduto la sera della morte del suo mentore, era salito sul podio di direzione attanagliato dalla morsa del dolore per quella perdita, rabbioso per aver perso quello che, anche se per poco, era stato per lui come un padre e solo in quel momento si era reso conto che il teatro era gremito di persone che erano andate lì per ascoltare un concerto diretto non da lui, ma da qualcun altro, quel qualcuno per il quale in quel momento il suo cuore piangeva, la delusione lo circondava e avvolgeva rendendo ancora più difficile il suo compito e lui aveva accettato la sfida: aveva levato la bacchetta
– per te vecchio –
aveva sussurrato…Poi era stata solo musica.
La mattina dopo i giornali parlavano di un “astro nascente nel firmamento della musica”: il Maestro Mycoal Luc Draifous elogiandolo con una prosa sterile e pomposa che però aveva posto una parola come un marchio sul suo futuro. Fama!
E ora a un solo anno da quell’evento quella parola così potente e così effimera ancora lo circondava come un’aurea.
- I signori passeggeri sono pregati di allacc…. –

la voce metallica dell’interfono lo distrasse definitivamente dai suoi pensieri… ancora pochi minuti e poi sarebbe stato finalmente a casa, dai suoi amici e da Antlia: la sua famiglia. Allacciò le cinture di sicurezza e si preparò all’atterraggio.
Il mago spocchioso e viziato che era sempre andato avanti grazie alle aderenze di suo padre… non esisteva più, aveva cambiato strada e quella nuova via la stava percorrendo a testa alta e con la dignità di un giovane uomo che va avanti grazie a se stesso e non al nome ormai rifiutato di un simulacro di figura paterna.
Quello che ancora non sapeva Draco Lucius Malfoy ora Mycoal Luc Draifous era che il destino aveva ancora in serbo qualcosa per lui.
   
 
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