Derek Morgan
sospirò mentre
afferrò una tazza colma di caffè scadente.
L'interrogatorio a Katerine Donovan si era rivelato una perdita di
tempo dato che la sospettata era talmente sotto shock da non essere
completamente lucida.
“Ritenteranno fra qualche ora, quando
si sarà calmata.” lo informò Reid, come
se gli avesse
letto nel pensiero.
L'altro scrollò le spalle
larghe, non sapendo che altro aggiungere.
“Chissà perchè
l'avvocato se ne è andato.” borbottò
meditabondo
Spencer. Mentre avanzavano con passo spedito verso la stanza che
avevano adibito a quartier generale, aveva intravisto Alicia
Kensington tamburellare con impazienza le dita sopra il ripiano di
legno del banco dell'accettazione.
Morgan intercettò con facilità
il suo sguardo e, con un cenno del capo, gli fece cenno di seguirlo.
“Ancora qui signorina Kensington?”
domandò, quando fu abbastanza vicino da farsi sentire.
La ragazza alzò la testa di
scatto, strappata troppo velocemente dai propri pensieri.
“Alicia.- lo corresse, prima di
rispondere alla domanda-Aspetto dei documenti.”
“L'interrogatorio non ti ha
convinto.” quella dell'agente Morgan non era una domanda.
“Da cosa l'avresti capito?” ribattè
Alicia, alzando un sopracciglio. Era sempre stata particolarmente
fiera della propria faccia da poker e si sentiva stranita dall'essere
stata scoperta così facilmente.
“Da come aggrottavi le sopracciglia.”
rispose semplicemente Derek, con un sorrisetto saccente sul bel
volto.
L'avvocato però, aggrottò
la fronte confusa, ma non fece in tempo a porre un'altra domanda
esplicativa che Reid iniziò a spiegare meglio le parole del
suo collega.
“I movimenti facciali sono i più
difficili da controllare e in particolare quello delle arcate
sopraccigliari è imputabile alla rabbia o al dubbio e quando
si prova un'emozione inaspettata o troppo forte quei muscoli
reagiscono involontariamente muovendosi al di là del
controllo
della persona.”
La ragazza lo guardò stupita:
non aveva mai sentito nessuno parlare così velocemente.
“E' sempre così.” la
rassicurò Morgan, vedendola smarrita.
“Oh.- annuì, rivelando infine
i propri dubbi- Mi dispiace, ma sono una scettica. La psiche
è
troppo instabile per farci affidamento, preferisco di gran lunga le
prove concrete.”
Non era esattamente la cosa più
giusta da dire, perlomeno a due profiler del loro calibro.
“Tu credi?” la rimbeccò
quindi l'agente di colore, incrociando le braccia con sicurezza, come
se avesse appena raccolto una sfida troppo facile da vincere.
“Non voglio screditare il vostro
lavoro,- si affrettò a spiegare- mi sembrate tutti molto
competenti ma io, per esempio, sono qua da pochi minuti e potrei
dirvi un milione di cose sulle persone che ci sono qua dentro e non
grazie al loro profilo psicologico, ma grazie alle prove”
“Prendi quella ragazza, per esempio-
continuò, additando una persona alle proprie spalle- ha
appena
avuto un bambino e probabilmente non ha nessuno che l'aiuta.”
I due agenti si sporsero leggermente al
di là della sua esile figura per vedere meglio la donna che
aveva indicato.
“Come fai a dirlo?”domandò
quindi Reid, aggrottando la fronte.
“Sui suoi pantaloni c'è una
piccola macchia di pappa, segno che non ha tempo per fare il bucato;
le occhiaie ci dimostrano che non riesce a dormire, quindi il bambino
deve essere ancora abbastanza piccolo visto che ha ancora il sonno
irregolare; quel maglione, poi, le va stretto, ma solo nella zona del
seno, quindi probabilmente sta allattando ancora e inoltre continua a
pulirsi le mani con un gel igienizzante evidentemente perchè
ha paura di portare germi a casa. Avete notato poi che continua a
lanciare occhiate all'orologio? Credo che dipenda dal fatto che ha
lasciato il bambino al nido, ma è inquieta e forse
ciò
dipende dal fatto che non è abituata a
separarsene.”
Sorrise soddisfatta non appena smise di
parlare. Era sempre stata una buona osservatrice e spesso vedeva cose
che agli altri sfuggivano. Si sentì fiera di se stessa per
aver spiazzato per qualche secondo due agenti speciali della squadra
di analisi comportamentale.
“Impressionante.” ammise il giovane
dottor Reid.
“Capisco perchè sei una fan
delle prove.- capitolò anche Morgan- Ma, sai come si dice,
l'abito non fa il monaco.”
“Lo terrò a mente-promise,
mentre una poliziotta dall'aria scorbutica le appoggiava
rumorosamente una voluminosa cartelletta davanti- Uh, i miei
documenti.”
Li afferrò alla svelta,
aggiungendoli a quelli che aveva già con sé. Il
caso
Donovan si prospettava piuttosto ingombrante.
“Questo è il mio biglietto da
visita.- disse Morgan, allungandole un cartoncino che aveva appena
estratto dalla tasca posteriore dei pantaloni-Se hai qualche domanda
o un'informazione per noi non esitare a chiamarmi.”
Alicia lo osservò attenta per
qualche secondo, rigirandoselo fra le dita della mano libera.
“Ok.” acconsentì infine,
restituendogli con garbo il piccolo cartoncino rettangolare.
Reid strinse le labbra confuso nel
vedere quel gesto.
“Ne ho altri, puoi tenerlo.”
replicò l'altro, stranito.
“Non ne ho bisogno. Riesco a tenere a
mente un paio di numeri.- spiegò tranquilla Alicia,
rivolgendo
per la prima volta ai due un sorriso smagliante- Scusate, devo
tornare da Katerine. Voglio spiegarle un po' di cose riguardo allo
stato di fermo in cui si trova.”
JJ si passò stancamente una mano
sugli occhi, mentre chiudeva con un gesto secco l'ennesimo fascicolo
che si era ritrovata ad analizzare. A volte, e quella era una di
quelle, si domandava perchè avesse scelto un lavoro che
fosse
la dimostrazione vivente del detto “al peggio non
c'è mai
fine”.
Hotch e Prentiss stavano aspettando dal
giudice il mandato per perquisire la casa della Donovan, mentre
Morgan e Reid stavano rivedendo la vittimologia e lei era ancora
bloccata in quella stanza a cercare di mettere insieme un puzzle da
mille pezzi.
“Penelope non ha trovato niente di
rilevante su di lei?” domandò, alzando lo sguardo
per
guardare Rossi in faccia.
L'uomo si strinse nelle spalle “Niente
più di quanto non sapevamo già.”
“Cosa c'entra Katerine Donovan con
questi omicidi?” chiese di nuovo la bionda, prendendo
un'altra
cartellina marrone e cominciando a scorrerne il contenuto.
“Spero che Hotch e Prentiss scoprano
qualcosa a riguardo a casa sua.-borbottò David, afferrando
una
tazza colma di caffè scadente-Quella ragazza non
può
aver commesso questi omicidi. È troppo emotiva e totalmente
incapace di gestire una situazione del genere, non sarebbe riuscita
nemmeno a non lasciare tracce di sé sulla scena del
crimine.”
Bevve un sorso e ripensò al
disastroso interrogatorio di qualche ora prima. Katerine Donovan gli
era sembrata un agnellino braccato dal lupo e non era riuscita a dire
niente di sensato da quanto era agitata.
JJ aggrottò la fronte “Perchè
allora c'era una sua ciocca di capelli sul luogo dell'ultimo
omicidio?”
“Tu credi nelle coincidenze?”
chiese Rossi girandosi verso di lei.
“Neanche un po'.” ammise l'altra,
scuotendo il capo.
“Neanche io.-concordò con un
mezzo sorriso- Per questo dobbiamo ricominciare da capo.”
Un bussare deciso li fece girare
entrambi verso la porta e in meno di un secondo si ritrovarono
davanti l'avvocato difensore.
“Credo che la mia cliente sia pronta
per un secondo round.” annunciò, prima di far
passare il
proprio sguardo interessato lungo tutta la stanza.
“E' più disposta a
collaborare?” domandò l'agente Rossi, mentre si
appoggiava
sulle ginocchia il fascicolo che stava analizzando.
“Pare di sì, anche se non
posso garantire per il suo altalenante stato emotivo.-
confermò
Alicia, prima di rivolgersi a JJ- Mi hanno detto che è lei
ad
occuparsi delle relazioni con la stampa.”
Aspettò giusto che la sua
interlocutrice annuisse prima di continuare “Il nome della
mia
cliente è trapelato in qualche modo?”
“Assolutamente no. Per quanto il
detective Meyer creda fermamente nella sua colpevolezza non siamo
ancora sicuri che lei c'entri qualcosa, quindi non intendiamo
rilasciare dichiarazioni ufficiali.” spiegò, con
tono calmo
e risoluto.
Alicia annuì distrattamente,
fissando lo sguardo sulla bacheca su cui erano appese le foto delle
vittime ante e post-mortem.
“Ha mai lavorato su un caso di
omicidio?” le domandò JJ, sorridendo comprensiva
mentre la
osservava. Era bassa e magra, con un viso minuto da folletto
incorniciato da corti capelli scuri, il cui taglio irregolare era
tenuto a bada da un'acconciatura severa. Era così
giovane. In qualche modo, tralasciando il super QI e l'incredibile
memoria, le ricordava un po' Spencer.
“Qualche volta.-rispose quindi,
mordicchiandosi il labbro pensierosa come se stesse cercando di
rievocare qualcosa-Undici casi di omicidio, ma non tutti di primo
grado.”
Per un secondo di troppo rimase
perplessa, scioccata da quell'informazione “Ma quanti anni
hai?”
“Venticinque, quasi ventisei.”
borbottò vaga, mentre il suo sguardo si fissava sulle foto
delle vittime. Erano tremende, il petto squarciato e aperto e il
cuore estratto dalla cassa toracica infilato tristemente in un
vecchio barattolo di burro d'arachidi.
L'agente Rossi alzò per un
attimo gli occhi dai documenti che stava rileggendo e
intercettò
lo sguardo della ragazza che si era fissato sulla bacheca che
riportava le scene del crimine.
“Non sei troppo giovane per occuparti
da sola di un caso del genere?” domandò.
“Non direi.- ribattè la
ragazza, girandosi verso di lui e sorridendogli amichevolmente- Anzi,
si potrebbe dire che, essendo entrambi composti da atomi che alla
fine sono sempre gli stessi dato che nulla si crea e nulla si
distrugge, io e lei materialmente abbiamo la stessa età e
siamo vecchi miliardi di anni.”
David e JJ la guardarono perplessi e,
non appena se ne accorse, la ragazza si ricompose con un finto colpo
di tosse.
“Grazie per aver tutelato la mia
cliente.-disse, con tono un po' asciutto prima di congedarsi-Ora
scusatemi, ho una linea difensiva da preparare.”
Fece per uscire dalla stanza quando,
con ancora una mano sulla maniglia, si ricordò di qualcosa.
“Agente Rossi, posso chiederle una
cosa?” domandò, girandosi di nuovo verso i due
agenti
dell'FBI.
“Naturalmente.” rispose l'uomo,
incuriosito.
“Katerine mi ha detto che ha parecchi
vuoti di memoria riguardo gli ultimi mesi. Dice di non avere idea di
come possa essere finita una ciocca dei suoi capelli sulla scena del
crimine. È possibile? Che non ricordi certe cose,
intendo.”
“La rimozione può essere un
meccanismo di difesa verso dei ricordi che sono emotivamente troppo
carichi o contrastanti con il nostro essere. In pratica la mente si
chiude a riccio per cercare di difendere se stessa. Probabilmente se
ha vissuto qualcosa di abbastanza traumatico non sta affatto
mentendo.” fu la risposta di David.
Alicia annuì un paio di volte.
Aveva pensato anche lei a una cosa del genere ma sentirselo dire da
qualcuno di più esperto la rassicurava “Quindi
è
sincera?”
“Sì, credo che lo sia.” la
rassicurò l'agente.
La ragazza borbottò qualcosa di
assolutamente incomprensibile riguardo un impegno improrogabile e
uscì dalla stanza così come era entrata, senza
troppe cerimonie.
Katerine Donovan abitava in una delle
zone residenziali di Tulsa, lontana dal centro ma non abbastanza per
essere definita periferia. La via era costeggiata da colorate case
con giardino,staccionata bianca e, probabilmente anche un bel golden
retriver scodinzolante: le tipiche abitazioni delle famiglie
americane medie.
“Sembra di essere in un telefilm
degli anni Cinquanta.” commentò l'agente Prentiss,
notando
il clima sereno che regnava in quel posto, quando il Suv si
fermò
proprio davanti alla villetta della sospettata.
“Come fa una ragazza così
giovane a permettersi una casa del genere e un'attività
tutta
sua?” chiese di nuovo, mentre guardava con la testa inclinata
di
lato la villetta con giardino che aveva davanti.
“L'ha avuta in eredità dalla
nonna materna.- spiegò Hotch, riferendo le informazioni che
gli erano state date dal detective Meyer quella mattina- Per comprare
la pasticceria, invece, ha acceso un mutuo due anni fa. Una ragazza
con la testa sulle spalle e senza grilli per la testa.”
“E allora perchè quei
precedenti?”continuò meditabonda la donna, mentre,
per
immettersi sul vialetto, superavano una vecchia decappottabile color
ruggine.
“E' quello che dobbiamo cercare di
scoprire.” replicò il suo capo, avviandosi verso
la porta
d'entrata. Emily lo seguì immediatamente ma qualcosa, nel
giardino della casa accanto, attirò la sua attenzione.
“Quella non è l'avvocato
difensore?- domandò, additando la ragazza in tallieur scuro
che stava parlando con un uomo in tuta da lavoro-Che ci fa
qua?”
Come se avesse sentito le sue parole,
cosa del tutto impossibile data la distanza che li separava, Alicia
girò la testa, incrociando lo sguardo dei due agenti.
Si ritrovò a pensare, per
l'ennesima volta, che odiava il giudice Todd: quell'uomo sfornava i
mandati in modo troppo veloce per i suoi gusti.
“Grazie mille, Carlos. - disse,
dandogli in mano un biglietto da visita- Se ti viene in mente altro
non esitare a chiamarmi.”
“D'accordo.” asserì il
giovane giardiniere, con il forte accento spagnolo che impregnava
ogni sillaba, mentre guardava l'avvocato allontanarsi veloce, per
immettersi nel giardino accanto e raggiungere due persone che
aspettavano davanti alla porta di casa Donovan.
“Agenti Hotchner e Prentiss.- disse,
a mò di saluto, Alicia, non appena fu abbastanza vicina-Che
ci
fate qua?”
I due si scambiarono un'occhiata, prima
che Hotch rispondesse“E' esattamente ciò che le
stavamo per
chiedere, signorina Kensington.”
“Il mio lavoro. Faccio domande e
cerco prove che possano scagionare la mia cliente.”
ribattè
prima di voltarsi verso il giardino della casa a fianco per indicare
con un cenno del capo il giovane ragazzo dalla pelle ambrata con cui
stava parlando fino a poco tempo prima.
“Carlos Raminez, fa il giardiniere
per quasi tutti qua nel quartiere, quindi conosce abbastanza bene i
movimenti di tutti gli abitanti della zona. Dice di non aver notato
nessun comportamento strano da parte di Katerine per le ultime
settimane e in più, non ha mai visto nessuna delle vittime
aggirarsi da queste parti.”
“Immagino che il signor Raminez non
sia qui ventiquattr'ore al giorno, però.”
commentò
l'agente Prentiss.
“Abbiamo un mandato.” la informò
Aaron, notando il suo atteggiamento ostile.
“E io le chiavi di casa.- disse la
ragazza, sfilandosi dalla tasca dei pantaloni un mazzo di chiavi
voluminoso-Vi faccio entrare senza buttare giù la
porta.”
Aprì la porta e si infilò
velocemente in casa, seguita dai due agenti dell'FBI.
“Immagino che non devo ricordarle che
non deve toccare niente, vero?” l'avvisò Hotch.
Alicia alzò lo sguardo,
esasperata, ma alla fine annuì “Uh-u.”
Hotchner lanciò un'eloquente
sguardo a Prentiss prima di scomparire lungo le scale che portavano
al piano superiore e la donna seppe che, mentre si aggirava nel
salotto e nella cucina doveva tenere d'occhio l'avvocato difensore.
“Sono qui perchè per difendere
Katerine devo conoscerla il più possibile.-
spiegò
all'improvviso la giovane, seguendo l'agente nella cucina- Il che
credo valga anche per voi, sostituendo la parte sul difendere con
l'accusare.”
Emily non rispose. Era troppo impegnata
a osservare minuziosamente quella stanza: era ordinata, troppo
ordinata. Tutti gli utensili, i piatti e le pentole erano disposte in
perfetto ordine e niente sembrava essere sporco o fuori posto. Forse,
si ritrovò a ipotizzare, la Donovan poteva essere affetta da
qualche disturbo di tipo ossessivo-compulsivo.
“Un barattolo formato famiglia di
burro d' arachidi.- annunciò, dopo aver aperto l'anta di un
armadietto- Dello stesso formato e della stessa marca di quelli in
cui sono stati ritrovati i cuori delle vittime.”
Si voltò verso Alicia, per
indagare la sua reazione, ma la trovò sorridente
“Anche io
ne ho uno a casa.- ribattè- Sono nella lista dei
sospettati?”
Stava per rispondere ma la voce di
Hotchner la chiamò dal piano di sopra “Prentiss.
Vieni qui
un attimo.”
Le due donne si scambiarono un'occhiata
e si avviarono veloci, curiose di sapere cosa avesse potuto scoprire
il capo della squadra di analisi comportamentale.
“Conosce da molto la signorina
Donovan?” le domandò Prentiss, mentre salivano le
scale
fianco a fianco.
“No.” fu la laconica risposta
dell'avvocato.
“Cosa sa su di lei?” incalzò
di nuovo l'agente.
“So che ha qualche precedente, ma
cose di poco conto.” rispose la ragazza, sventolando una mano
come
per dare poca importanza alla cosa.
“Del tipo?”
Mentre saliva le scale, Alicia
osservava con curiosità tutte le foto e i quadri appesi alla
parete, ma ciò non le impedì di rispondere con
precisione “Piccoli furti durante gli anni di liceo, qualche
atto
di vandalismo: delle ragazzate. E poi, più di recente
è
stata coinvolta in un paio di risse, ma mi hanno detto che se
l'è
cavata con poco.”
Prentiss sollevò le
sopracciglia, stupita “Quindi lei non è il suo
avvocato
abituale.”
“No, il suo legale non tratta casi
del genere.- spiegò, mentre imboccavano il corridoio che
portava alla stanza da dove sembrava arrivare la voce di Hotch- Mi
conosce e sapeva che avrei trovato il caso interessante.”
“Definisce interessante la morte di
sette persone?” sbottò Emily, guardandola stranita.
“No. Definisco interessante cercare
di tirare fuori dai guai un'innocente che è ritenuta
colpevole
dell'omicidio di sette persone.”
Quando entrò nella stanza,
Alicia non potè fare a meno di esultare soddisfatta
“Wow!Era
esattamente il tipo di stanza che speravo di trovarmi
davanti.”
L'agente Prentiss si voltò verso
di lei, aggrottando le sopracciglia “E perchè
mai?”
“Siete voi gli analisti
comportamentali, non io.- ribattè l'avvocato con una
scrollata
di spalle-Dovreste saperlo meglio di me.”
“Ordinaria. È una stanza
ordinaria, potrebbe essere quella di qualsiasi ragazza della sua
età.” spiegò Hotchner, mentre passava
il suo sguardo
severo intorno a sé.
“I membri della giuria l'adoreranno.”
confermò l'avvocato, mentre si sporgeva sopra la scrivania
per
osservare delle foto che vi erano esposte. I due agenti
approfittarono di quel suo momento di distrazione per parlare a bassa
voce di quella visita nella casa della sospettata.
“E' tutto così normale. Niente
fuori posto, tutto sembra essere copiato da uno di quei cataloghi di
arredamento.” disse Prentiss, tenendo la voce bassa.
“Appunto. La Donovan cerca in ogni
modo di apparire come una qualsiasi ragazza della sua età,
ma
in questa stanza ogni singolo oggetto è disposto secondo un
calcolo preciso: ogni cosa è raggruppata in gruppi di numeri
pari.” continuò quindi Hotch, meditabondo.
Emily annuì seria “Giù
da basso la situazione è la stessa.”
confermò quindi.
Si ritrovarono entrambi a lanciare
occhiate intorno a sé, per analizzare meglio la stanza e
dalla
parete opposta si trovarono scrutati a loro volta dagli occhi chiari
dell'avvocato.
“Prenderò queste foto, se non
avete niente in contrario.” dichiarò la
Kensington,
indicando due cornici che si trovava davanti.
Hotch le fece un lieve cenno del capo e
lei quindi prese i due oggetti, prima di incamminarsi fuori dalla
stanza.
“Quella ragazza non si starà
facendo avvelenare troppo dal sistema?” domandò
Emily, non
appena l'avvocato fu fuori.
“E' un difensore,-spiegò Aaron
con una scrollata di spalle- è il suo lavoro fare tutto
quello
che è in suo potere per tutelare la propria
cliente.”
“Hotch: ha fatto una foto della
stanza, ha preso le foto in cui la Donovan appare più
indifesa
e innocente.- specificò la donna- Non sta solo cercando di
difendere la sua cliente, sta cercando di manipolare la
giuria.”
Emily Prentiss non aveva affatto torto.
Manipolare la gente era una delle attività preferite da
Alicia
Kensington e, probabilmente, era per questo che alla sua età
lavorava già per uno studio legale di successo e, con tutta
probabilità, era sempre quello il motivo per cui in
tribunale
nessuno si permetteva di prendere sotto gamba la sua presunta
inesperienza. Tuttavia, in quel momento Alicia non stava affatto
pensando al fatto che, con gli elementi in suo possesso, era
decisamente in grado di scagionare Katerine Donovan. I suoi pensieri,
in quel momento, volgevano in tutt'altra direzione.
C'era qualcosa che non quadrava in
quella casa ma, mentre passeggiava avanti e indietro nello stretto
corridoio, non riusciva a capire di che cosa si potesse trattare.
Poggiò la schiena alla parete e si ritrovò a
fissare
pensierosa la libreria che aveva davanti a sé.
L'idea la folgorò proprio mentre
stava guardando le colorate copertine che si susseguivano sugli
scaffali stracolmi.
“Oh, perfetto.” sbuffò,
ritornando sui suoi passi e sporgendo la testa nella camera di
Katerine.
“Agente Hotchner?- chiamò-
Potrebbe venire a darmi una mano?Credo di avere trovato
qualcosa.”
Quando uscì dalla stanza l'uomo
aveva l'aria scocciata, ma la cosa non la scompose più di
tanto.
“C'è nascosto qualcosa, qua
dietro.” spiegò, additando la libreria.
“Dietro la libreria?” domandò
scettico Aaron, aggrottando le sopracciglia.
Alicia non potè fare a meno di
sbuffare spazientita: voleva scoprire che cosa potesse trovarsi
lì
dietro e non voleva aspettare un minuto di più “Le
dispiacerebbe aiutarmi a spostarla?”
“Lì dietro non c'è
niente, signorina Kensington.” ribadì.
“Forse. O forse no. Perchè una
persona così maniacalmente ordinata come Katerine dovrebbe
mettere un mobile in corridoio e non rispettare alcun canone di
simmetria come invece ha fatto in tutte le altre stanze?-
incalzò
quindi, usando inconsciamente il tono inquisitorio che usava in
tribunale- E perchè sul pavimento ci sono dei segni che
mostrano che il mobile è stato già mosso in
precedenza?”
Prentiss e Hotch si lanciarono
un'occhiata. Non aveva tutti i torti: da quanto avevano già
visto la Donovan si dimostrava essere una persona estremamente
meticolosa e razionale nell'organizzazione degli spazi. La presenza
di quella libreria non avrebbe avuto senso, se non ci fosse stato un
altro motivo che poteva giustificarne quel posizionamento.
“Lei non si arrende mai, vero
avvocato?” chiese quindi Emily, con un sorriso sulle labbra,
mentre
il suo capo spingeva via la libreria senza troppa fatica.
L'intuizione di Kensington non si era
rivelata sbagliata. Era bastato spostare di poco quel mobile poco
voluminoso per scoprire i sottili stipiti in legno bianco e poi,
rimuovendolo del tutto, si era rivelata davanti ai loro occhi una
porta scorrevole la cui esistenza, secondo la padrona di casa,
sarebbe dovuta rimanere occultata.
“Beh, qualcosa c'era.” commentò
Alicia, spezzando l'irreale silenzio che si era creato fra di loro.
I due agenti dell'FBI non risposero, ma
si affrettarono invece a fare scorrere il piano di legno dell'uscio,
per rivelare una nuova stanza, completamente diversa da qualsiasi
altra presente nella casa.
Quando l'avvocato fece il gesto di
seguirli all'internò, il supervisore della squadra di
analisi
comportamentale l'ammonì con uno sguardo severo.
“Lei non può entrare qui
dentro, signorina Kensington. Potrebbero esserci delle prove a carico
della sua cliente.”
“Chiamo la scientifica.” disse
quindi Prentiss, mettendo mano al cellulare.
Non era un ambiente buio. La finestra,
quella stessa che l'avvocato aveva visto quando aveva fatto il giro
esterno della casa ma che dall'interno non era stata in grado di
individuare, era grande e faceva entrare la luce abbagliante del
pomeriggio filtrata solo dal sottile velo delle tende rosso fuoco.
Paradossalmente, sembrava molto più vissuta delle altre
stanze: il disordine regnava sovrano, il pavimento era pieno di
vestiti in ordine sparso e il letto, addossato alla parete, era
sfatto.
“Sembra la stanza di un'altra
persona- mormorò Alicia dalla soglia, ma non appena
intercettò
lo sguardo serio di Hotch si affrettò ad aggiungere- Hey,
tecnicamente non sono entrata!”
“Non è da escludere che lo
sia.” commentò Prentiss, chiudendo con uno scatto
il
cellulare.
La ragazza si ritrovò a
mordicchiarsi il labbro inferiore“Immagino che non state
parlando
di un ospite misterioso che Katerine teneva nascosto, vero?”
I due agenti non risposero, ma
l'avvocato aveva già tratto le proprie conclusioni. C'erano
diverse spiegazioni per cui Katerine Donovan dovesse tenere nascosta
una stanza della propria casa e lo scenario che si prospettava in
ciascuna di quelle ipotesi non era dei più rosei.
“Perfetto.” borbottò fra sè,
pensando già a come tutto quello peggiorasse la situazione
della sua cliente.
Hotch si girò verso di lei, le
mani affondate nelle tasche dell'abito dal taglio
severo“Signorina
Kensington ora dovrebbe andarsene.”
Per la prima volta il volto della
giovane donna assunse un'espressione confusa “Come?”
“Fra poco la scientifica sarà
qui,- spiegò l'uomo, oltrepassandola per uscire dalla stanza
seguito da Emily- quindi ci sarà già abbastanza
confusione senza che lei cerchi di fare il suo mestiere con troppo
zelo.”
Il momento di smarrimento, però,
durò poco più di qualche secondo dandole il tempo
di
voltarsi velocemente per seguire i federali.
“So che cosa state pensando: il
ritrovamento di questa stanza non vuol dir niente, però. Ho
letto il referto del medico legale e c'è scritto che tutte
le
vittime sono state colpite alla testa prima di essere uccise. Il
colpo aveva un inclinazione dall'alto verso il basso e Katerine
è
alta solo un metro e sessantacinque. La quarta vittima, che dei sette
era il più basso, era alto un metro e
settantatré.-
snocciolò accorata, seguendo con passo svelto i due agenti
giù
dalle scale- Inoltre, c'è la possibilità che una
persona non sappia di essere affetta da un disturbo di
personalità
multipla, o sbaglio?”
Hotchner sospirò affranto e
considerò il fatto che quella ragazza avesse potuto aver
frequentato un corso speciale per essere così assillante.
Tenne per sé quel pensiero e iniziò a parlare con
tono
calmo ma deciso.
“Katerine Donovan usava un armadio
per occultare una stanza della propria casa. Stanza che, per inciso,
pare essere arredata e abitata assiduamente. Quindi, signorina
Kensington, rispondendo alla sua domanda, direi che c'è la
possibilità che una persona possa non sapere di avere una
personalità latente, ma non è questo il nostro
caso.”
Alicia strinse le labbra stizzita. Era
già abbastanza infuriata per il fatto che la propria cliente
le avesse tenuta nascosta una cosa del genere, quindi sentirsi dire
quelle parole da uno strizzacervelli mancato la faceva ribollire
ancor più di rabbia. Ingoiò il rospo, tuttavia,
precedendo i due agenti federali fuori dall'abitazione ma il trillare
insistente del proprio cellulare la distrasse. Con movimenti rigidi
frugò nella borsetta, estraendone infine il palmare.
“Kensington.” disse, più
brusca di quanto volesse.
Dall'altro capo del telefono arrivò,
tesa e concitata, la voce della sua segretaria “Alicia,
abbiamo un
problema.”
Et-voilà!Capitolo numero 2 della mia storia su Criminal Minds. Ho qualche cosetta da dirvi a riguardo: sarà una storia lunga perchè la mia testolina ha partorito diversi casi in cui coinvolgere il nostro caro team. Perciò, ho deciso di mettere sotto il titolo PRIVATE INVESTIGATIONS le varie fasi in cui si svilupperà questa storia. La prima parte si intitola, appunto, LOVE HURTS . Ecco fatto. Dopo questa mini e sconclusionata spiegazione, ringrazio tutti quelli che hanno letto il primo capitolo, takara che è stata così gentile da lasciarmi un commento e, oltre a lei, anemone333 e sefoev che mi hanno dato fiducia e l'hanno messo fra le seguite. Thanks a lot!Kisses JoJo