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Autore: JoJo    11/02/2010    0 recensioni
“Oh.- annuì, rivelando infine i propri dubbi- Mi dispiace, ma sono una scettica. La psiche è troppo instabile per farci affidamento, preferisco di gran lunga le prove concrete.”
Non era esattamente la cosa più giusta da dire, perlomeno a due profiler del loro calibro.
“Tu credi?” la rimbeccò quindi l'agente Morgan, incrociando le braccia con sicurezza, come se avesse appena raccolto una sfida troppo facile da vincere.
Genere: Generale, Azione, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Derek Morgan sospirò mentre afferrò una tazza colma di caffè scadente. L'interrogatorio a Katerine Donovan si era rivelato una perdita di tempo dato che la sospettata era talmente sotto shock da non essere completamente lucida.
“Ritenteranno fra qualche ora, quando si sarà calmata.” lo informò Reid, come se gli avesse letto nel pensiero.
L'altro scrollò le spalle larghe, non sapendo che altro aggiungere.
“Chissà perchè l'avvocato se ne è andato.” borbottò meditabondo Spencer. Mentre avanzavano con passo spedito verso la stanza che avevano adibito a quartier generale, aveva intravisto Alicia Kensington tamburellare con impazienza le dita sopra il ripiano di legno del banco dell'accettazione.
Morgan intercettò con facilità il suo sguardo e, con un cenno del capo, gli fece cenno di seguirlo.
“Ancora qui signorina Kensington?” domandò, quando fu abbastanza vicino da farsi sentire.
La ragazza alzò la testa di scatto, strappata troppo velocemente dai propri pensieri.
“Alicia.- lo corresse, prima di rispondere alla domanda-Aspetto dei documenti.”
“L'interrogatorio non ti ha convinto.” quella dell'agente Morgan non era una domanda.
“Da cosa l'avresti capito?” ribattè Alicia, alzando un sopracciglio. Era sempre stata particolarmente fiera della propria faccia da poker e si sentiva stranita dall'essere stata scoperta così facilmente.
“Da come aggrottavi le sopracciglia.” rispose semplicemente Derek, con un sorrisetto saccente sul bel volto.
L'avvocato però, aggrottò la fronte confusa, ma non fece in tempo a porre un'altra domanda esplicativa che Reid iniziò a spiegare meglio le parole del suo collega.
“I movimenti facciali sono i più difficili da controllare e in particolare quello delle arcate sopraccigliari è imputabile alla rabbia o al dubbio e quando si prova un'emozione inaspettata o troppo forte quei muscoli reagiscono involontariamente muovendosi al di là del controllo della persona.”
La ragazza lo guardò stupita: non aveva mai sentito nessuno parlare così velocemente.
“E' sempre così.” la rassicurò Morgan, vedendola smarrita.
“Oh.- annuì, rivelando infine i propri dubbi- Mi dispiace, ma sono una scettica. La psiche è troppo instabile per farci affidamento, preferisco di gran lunga le prove concrete.”
Non era esattamente la cosa più giusta da dire, perlomeno a due profiler del loro calibro.
“Tu credi?” la rimbeccò quindi l'agente di colore, incrociando le braccia con sicurezza, come se avesse appena raccolto una sfida troppo facile da vincere.
“Non voglio screditare il vostro lavoro,- si affrettò a spiegare- mi sembrate tutti molto competenti ma io, per esempio, sono qua da pochi minuti e potrei dirvi un milione di cose sulle persone che ci sono qua dentro e non grazie al loro profilo psicologico, ma grazie alle prove”
“Prendi quella ragazza, per esempio- continuò, additando una persona alle proprie spalle- ha appena avuto un bambino e probabilmente non ha nessuno che l'aiuta.”
I due agenti si sporsero leggermente al di là della sua esile figura per vedere meglio la donna che aveva indicato.
“Come fai a dirlo?”domandò quindi Reid, aggrottando la fronte.
“Sui suoi pantaloni c'è una piccola macchia di pappa, segno che non ha tempo per fare il bucato; le occhiaie ci dimostrano che non riesce a dormire, quindi il bambino deve essere ancora abbastanza piccolo visto che ha ancora il sonno irregolare; quel maglione, poi, le va stretto, ma solo nella zona del seno, quindi probabilmente sta allattando ancora e inoltre continua a pulirsi le mani con un gel igienizzante evidentemente perchè ha paura di portare germi a casa. Avete notato poi che continua a lanciare occhiate all'orologio? Credo che dipenda dal fatto che ha lasciato il bambino al nido, ma è inquieta e forse ciò dipende dal fatto che non è abituata a separarsene.”
Sorrise soddisfatta non appena smise di parlare. Era sempre stata una buona osservatrice e spesso vedeva cose che agli altri sfuggivano. Si sentì fiera di se stessa per aver spiazzato per qualche secondo due agenti speciali della squadra di analisi comportamentale.
“Impressionante.” ammise il giovane dottor Reid.
“Capisco perchè sei una fan delle prove.- capitolò anche Morgan- Ma, sai come si dice, l'abito non fa il monaco.”
“Lo terrò a mente-promise, mentre una poliziotta dall'aria scorbutica le appoggiava rumorosamente una voluminosa cartelletta davanti- Uh, i miei documenti.”
Li afferrò alla svelta, aggiungendoli a quelli che aveva già con sé. Il caso Donovan si prospettava piuttosto ingombrante.
“Questo è il mio biglietto da visita.- disse Morgan, allungandole un cartoncino che aveva appena estratto dalla tasca posteriore dei pantaloni-Se hai qualche domanda o un'informazione per noi non esitare a chiamarmi.”
Alicia lo osservò attenta per qualche secondo, rigirandoselo fra le dita della mano libera.
“Ok.” acconsentì infine, restituendogli con garbo il piccolo cartoncino rettangolare.
Reid strinse le labbra confuso nel vedere quel gesto.
“Ne ho altri, puoi tenerlo.” replicò l'altro, stranito.
“Non ne ho bisogno. Riesco a tenere a mente un paio di numeri.- spiegò tranquilla Alicia, rivolgendo per la prima volta ai due un sorriso smagliante- Scusate, devo tornare da Katerine. Voglio spiegarle un po' di cose riguardo allo stato di fermo in cui si trova.”


JJ si passò stancamente una mano sugli occhi, mentre chiudeva con un gesto secco l'ennesimo fascicolo che si era ritrovata ad analizzare. A volte, e quella era una di quelle, si domandava perchè avesse scelto un lavoro che fosse la dimostrazione vivente del detto “al peggio non c'è mai fine”.
Hotch e Prentiss stavano aspettando dal giudice il mandato per perquisire la casa della Donovan, mentre Morgan e Reid stavano rivedendo la vittimologia e lei era ancora bloccata in quella stanza a cercare di mettere insieme un puzzle da mille pezzi.
“Penelope non ha trovato niente di rilevante su di lei?” domandò, alzando lo sguardo per guardare Rossi in faccia.
L'uomo si strinse nelle spalle “Niente più di quanto non sapevamo già.”
“Cosa c'entra Katerine Donovan con questi omicidi?” chiese di nuovo la bionda, prendendo un'altra cartellina marrone e cominciando a scorrerne il contenuto.
“Spero che Hotch e Prentiss scoprano qualcosa a riguardo a casa sua.-borbottò David, afferrando una tazza colma di caffè scadente-Quella ragazza non può aver commesso questi omicidi. È troppo emotiva e totalmente incapace di gestire una situazione del genere, non sarebbe riuscita nemmeno a non lasciare tracce di sé sulla scena del crimine.”
Bevve un sorso e ripensò al disastroso interrogatorio di qualche ora prima. Katerine Donovan gli era sembrata un agnellino braccato dal lupo e non era riuscita a dire niente di sensato da quanto era agitata.
JJ aggrottò la fronte “Perchè allora c'era una sua ciocca di capelli sul luogo dell'ultimo omicidio?”
“Tu credi nelle coincidenze?” chiese Rossi girandosi verso di lei.
“Neanche un po'.” ammise l'altra, scuotendo il capo.
“Neanche io.-concordò con un mezzo sorriso- Per questo dobbiamo ricominciare da capo.”
Un bussare deciso li fece girare entrambi verso la porta e in meno di un secondo si ritrovarono davanti l'avvocato difensore.
“Credo che la mia cliente sia pronta per un secondo round.” annunciò, prima di far passare il proprio sguardo interessato lungo tutta la stanza.
“E' più disposta a collaborare?” domandò l'agente Rossi, mentre si appoggiava sulle ginocchia il fascicolo che stava analizzando.
“Pare di sì, anche se non posso garantire per il suo altalenante stato emotivo.- confermò Alicia, prima di rivolgersi a JJ- Mi hanno detto che è lei ad occuparsi delle relazioni con la stampa.”
Aspettò giusto che la sua interlocutrice annuisse prima di continuare “Il nome della mia cliente è trapelato in qualche modo?”
“Assolutamente no. Per quanto il detective Meyer creda fermamente nella sua colpevolezza non siamo ancora sicuri che lei c'entri qualcosa, quindi non intendiamo rilasciare dichiarazioni ufficiali.” spiegò, con tono calmo e risoluto.
Alicia annuì distrattamente, fissando lo sguardo sulla bacheca su cui erano appese le foto delle vittime ante e post-mortem.
“Ha mai lavorato su un caso di omicidio?” le domandò JJ, sorridendo comprensiva mentre la osservava. Era bassa e magra, con un viso minuto da folletto incorniciato da corti capelli scuri, il cui taglio irregolare era tenuto a bada da un'acconciatura severa. Era così giovane. In qualche modo, tralasciando il super QI e l'incredibile memoria, le ricordava un po' Spencer.
“Qualche volta.-rispose quindi, mordicchiandosi il labbro pensierosa come se stesse cercando di rievocare qualcosa-Undici casi di omicidio, ma non tutti di primo grado.”
Per un secondo di troppo rimase perplessa, scioccata da quell'informazione “Ma quanti anni hai?”
“Venticinque, quasi ventisei.” borbottò vaga, mentre il suo sguardo si fissava sulle foto delle vittime. Erano tremende, il petto squarciato e aperto e il cuore estratto dalla cassa toracica infilato tristemente in un vecchio barattolo di burro d'arachidi.
L'agente Rossi alzò per un attimo gli occhi dai documenti che stava rileggendo e intercettò lo sguardo della ragazza che si era fissato sulla bacheca che riportava le scene del crimine.
“Non sei troppo giovane per occuparti da sola di un caso del genere?” domandò.
“Non direi.- ribattè la ragazza, girandosi verso di lui e sorridendogli amichevolmente- Anzi, si potrebbe dire che, essendo entrambi composti da atomi che alla fine sono sempre gli stessi dato che nulla si crea e nulla si distrugge, io e lei materialmente abbiamo la stessa età e siamo vecchi miliardi di anni.”
David e JJ la guardarono perplessi e, non appena se ne accorse, la ragazza si ricompose con un finto colpo di tosse.
“Grazie per aver tutelato la mia cliente.-disse, con tono un po' asciutto prima di congedarsi-Ora scusatemi, ho una linea difensiva da preparare.”
Fece per uscire dalla stanza quando, con ancora una mano sulla maniglia, si ricordò di qualcosa.
“Agente Rossi, posso chiederle una cosa?” domandò, girandosi di nuovo verso i due agenti dell'FBI.
“Naturalmente.” rispose l'uomo, incuriosito.
“Katerine mi ha detto che ha parecchi vuoti di memoria riguardo gli ultimi mesi. Dice di non avere idea di come possa essere finita una ciocca dei suoi capelli sulla scena del crimine. È possibile? Che non ricordi certe cose, intendo.”
“La rimozione può essere un meccanismo di difesa verso dei ricordi che sono emotivamente troppo carichi o contrastanti con il nostro essere. In pratica la mente si chiude a riccio per cercare di difendere se stessa. Probabilmente se ha vissuto qualcosa di abbastanza traumatico non sta affatto mentendo.” fu la risposta di David.
Alicia annuì un paio di volte. Aveva pensato anche lei a una cosa del genere ma sentirselo dire da qualcuno di più esperto la rassicurava “Quindi è sincera?”
“Sì, credo che lo sia.” la rassicurò l'agente.
La ragazza borbottò qualcosa di assolutamente incomprensibile riguardo un impegno improrogabile e uscì dalla stanza così come era entrata, senza troppe cerimonie.



Katerine Donovan abitava in una delle zone residenziali di Tulsa, lontana dal centro ma non abbastanza per essere definita periferia. La via era costeggiata da colorate case con giardino,staccionata bianca e, probabilmente anche un bel golden retriver scodinzolante: le tipiche abitazioni delle famiglie americane medie.
“Sembra di essere in un telefilm degli anni Cinquanta.” commentò l'agente Prentiss, notando il clima sereno che regnava in quel posto, quando il Suv si fermò proprio davanti alla villetta della sospettata.
“Come fa una ragazza così giovane a permettersi una casa del genere e un'attività tutta sua?” chiese di nuovo, mentre guardava con la testa inclinata di lato la villetta con giardino che aveva davanti.
“L'ha avuta in eredità dalla nonna materna.- spiegò Hotch, riferendo le informazioni che gli erano state date dal detective Meyer quella mattina- Per comprare la pasticceria, invece, ha acceso un mutuo due anni fa. Una ragazza con la testa sulle spalle e senza grilli per la testa.”
“E allora perchè quei precedenti?”continuò meditabonda la donna, mentre, per immettersi sul vialetto, superavano una vecchia decappottabile color ruggine.
“E' quello che dobbiamo cercare di scoprire.” replicò il suo capo, avviandosi verso la porta d'entrata. Emily lo seguì immediatamente ma qualcosa, nel giardino della casa accanto, attirò la sua attenzione.
“Quella non è l'avvocato difensore?- domandò, additando la ragazza in tallieur scuro che stava parlando con un uomo in tuta da lavoro-Che ci fa qua?”
Come se avesse sentito le sue parole, cosa del tutto impossibile data la distanza che li separava, Alicia girò la testa, incrociando lo sguardo dei due agenti.
Si ritrovò a pensare, per l'ennesima volta, che odiava il giudice Todd: quell'uomo sfornava i mandati in modo troppo veloce per i suoi gusti.
“Grazie mille, Carlos. - disse, dandogli in mano un biglietto da visita- Se ti viene in mente altro non esitare a chiamarmi.”
“D'accordo.” asserì il giovane giardiniere, con il forte accento spagnolo che impregnava ogni sillaba, mentre guardava l'avvocato allontanarsi veloce, per immettersi nel giardino accanto e raggiungere due persone che aspettavano davanti alla porta di casa Donovan.
“Agenti Hotchner e Prentiss.- disse, a mò di saluto, Alicia, non appena fu abbastanza vicina-Che ci fate qua?”
I due si scambiarono un'occhiata, prima che Hotch rispondesse“E' esattamente ciò che le stavamo per chiedere, signorina Kensington.”
“Il mio lavoro. Faccio domande e cerco prove che possano scagionare la mia cliente.” ribattè prima di voltarsi verso il giardino della casa a fianco per indicare con un cenno del capo il giovane ragazzo dalla pelle ambrata con cui stava parlando fino a poco tempo prima.
“Carlos Raminez, fa il giardiniere per quasi tutti qua nel quartiere, quindi conosce abbastanza bene i movimenti di tutti gli abitanti della zona. Dice di non aver notato nessun comportamento strano da parte di Katerine per le ultime settimane e in più, non ha mai visto nessuna delle vittime aggirarsi da queste parti.”
“Immagino che il signor Raminez non sia qui ventiquattr'ore al giorno, però.” commentò l'agente Prentiss.
“Abbiamo un mandato.” la informò Aaron, notando il suo atteggiamento ostile.
“E io le chiavi di casa.- disse la ragazza, sfilandosi dalla tasca dei pantaloni un mazzo di chiavi voluminoso-Vi faccio entrare senza buttare giù la porta.”
Aprì la porta e si infilò velocemente in casa, seguita dai due agenti dell'FBI.
“Immagino che non devo ricordarle che non deve toccare niente, vero?” l'avvisò Hotch.
Alicia alzò lo sguardo, esasperata, ma alla fine annuì “Uh-u.”
Hotchner lanciò un'eloquente sguardo a Prentiss prima di scomparire lungo le scale che portavano al piano superiore e la donna seppe che, mentre si aggirava nel salotto e nella cucina doveva tenere d'occhio l'avvocato difensore.
“Sono qui perchè per difendere Katerine devo conoscerla il più possibile.- spiegò all'improvviso la giovane, seguendo l'agente nella cucina- Il che credo valga anche per voi, sostituendo la parte sul difendere con l'accusare.”
Emily non rispose. Era troppo impegnata a osservare minuziosamente quella stanza: era ordinata, troppo ordinata. Tutti gli utensili, i piatti e le pentole erano disposte in perfetto ordine e niente sembrava essere sporco o fuori posto. Forse, si ritrovò a ipotizzare, la Donovan poteva essere affetta da qualche disturbo di tipo ossessivo-compulsivo.
“Un barattolo formato famiglia di burro d' arachidi.- annunciò, dopo aver aperto l'anta di un armadietto- Dello stesso formato e della stessa marca di quelli in cui sono stati ritrovati i cuori delle vittime.”
Si voltò verso Alicia, per indagare la sua reazione, ma la trovò sorridente “Anche io ne ho uno a casa.- ribattè- Sono nella lista dei sospettati?”
Stava per rispondere ma la voce di Hotchner la chiamò dal piano di sopra “Prentiss. Vieni qui un attimo.”
Le due donne si scambiarono un'occhiata e si avviarono veloci, curiose di sapere cosa avesse potuto scoprire il capo della squadra di analisi comportamentale.
“Conosce da molto la signorina Donovan?” le domandò Prentiss, mentre salivano le scale fianco a fianco.
“No.” fu la laconica risposta dell'avvocato.
“Cosa sa su di lei?” incalzò di nuovo l'agente.
“So che ha qualche precedente, ma cose di poco conto.” rispose la ragazza, sventolando una mano come per dare poca importanza alla cosa.
“Del tipo?”
Mentre saliva le scale, Alicia osservava con curiosità tutte le foto e i quadri appesi alla parete, ma ciò non le impedì di rispondere con precisione “Piccoli furti durante gli anni di liceo, qualche atto di vandalismo: delle ragazzate. E poi, più di recente è stata coinvolta in un paio di risse, ma mi hanno detto che se l'è cavata con poco.”
Prentiss sollevò le sopracciglia, stupita “Quindi lei non è il suo avvocato abituale.”
“No, il suo legale non tratta casi del genere.- spiegò, mentre imboccavano il corridoio che portava alla stanza da dove sembrava arrivare la voce di Hotch- Mi conosce e sapeva che avrei trovato il caso interessante.”
“Definisce interessante la morte di sette persone?” sbottò Emily, guardandola stranita.
“No. Definisco interessante cercare di tirare fuori dai guai un'innocente che è ritenuta colpevole dell'omicidio di sette persone.”
Quando entrò nella stanza, Alicia non potè fare a meno di esultare soddisfatta “Wow!Era esattamente il tipo di stanza che speravo di trovarmi davanti.”
L'agente Prentiss si voltò verso di lei, aggrottando le sopracciglia “E perchè mai?”
“Siete voi gli analisti comportamentali, non io.- ribattè l'avvocato con una scrollata di spalle-Dovreste saperlo meglio di me.”
“Ordinaria. È una stanza ordinaria, potrebbe essere quella di qualsiasi ragazza della sua età.” spiegò Hotchner, mentre passava il suo sguardo severo intorno a sé.
“I membri della giuria l'adoreranno.” confermò l'avvocato, mentre si sporgeva sopra la scrivania per osservare delle foto che vi erano esposte. I due agenti approfittarono di quel suo momento di distrazione per parlare a bassa voce di quella visita nella casa della sospettata.
“E' tutto così normale. Niente fuori posto, tutto sembra essere copiato da uno di quei cataloghi di arredamento.” disse Prentiss, tenendo la voce bassa.
“Appunto. La Donovan cerca in ogni modo di apparire come una qualsiasi ragazza della sua età, ma in questa stanza ogni singolo oggetto è disposto secondo un calcolo preciso: ogni cosa è raggruppata in gruppi di numeri pari.” continuò quindi Hotch, meditabondo.
Emily annuì seria “Giù da basso la situazione è la stessa.” confermò quindi.
Si ritrovarono entrambi a lanciare occhiate intorno a sé, per analizzare meglio la stanza e dalla parete opposta si trovarono scrutati a loro volta dagli occhi chiari dell'avvocato.
“Prenderò queste foto, se non avete niente in contrario.” dichiarò la Kensington, indicando due cornici che si trovava davanti.
Hotch le fece un lieve cenno del capo e lei quindi prese i due oggetti, prima di incamminarsi fuori dalla stanza.
“Quella ragazza non si starà facendo avvelenare troppo dal sistema?” domandò Emily, non appena l'avvocato fu fuori.
“E' un difensore,-spiegò Aaron con una scrollata di spalle- è il suo lavoro fare tutto quello che è in suo potere per tutelare la propria cliente.”
“Hotch: ha fatto una foto della stanza, ha preso le foto in cui la Donovan appare più indifesa e innocente.- specificò la donna- Non sta solo cercando di difendere la sua cliente, sta cercando di manipolare la giuria.”
Emily Prentiss non aveva affatto torto. Manipolare la gente era una delle attività preferite da Alicia Kensington e, probabilmente, era per questo che alla sua età lavorava già per uno studio legale di successo e, con tutta probabilità, era sempre quello il motivo per cui in tribunale nessuno si permetteva di prendere sotto gamba la sua presunta inesperienza. Tuttavia, in quel momento Alicia non stava affatto pensando al fatto che, con gli elementi in suo possesso, era decisamente in grado di scagionare Katerine Donovan. I suoi pensieri, in quel momento, volgevano in tutt'altra direzione.
C'era qualcosa che non quadrava in quella casa ma, mentre passeggiava avanti e indietro nello stretto corridoio, non riusciva a capire di che cosa si potesse trattare. Poggiò la schiena alla parete e si ritrovò a fissare pensierosa la libreria che aveva davanti a sé.
L'idea la folgorò proprio mentre stava guardando le colorate copertine che si susseguivano sugli scaffali stracolmi.
“Oh, perfetto.” sbuffò, ritornando sui suoi passi e sporgendo la testa nella camera di Katerine.
“Agente Hotchner?- chiamò- Potrebbe venire a darmi una mano?Credo di avere trovato qualcosa.”
Quando uscì dalla stanza l'uomo aveva l'aria scocciata, ma la cosa non la scompose più di tanto.
“C'è nascosto qualcosa, qua dietro.” spiegò, additando la libreria.
“Dietro la libreria?” domandò scettico Aaron, aggrottando le sopracciglia.
Alicia non potè fare a meno di sbuffare spazientita: voleva scoprire che cosa potesse trovarsi lì dietro e non voleva aspettare un minuto di più “Le dispiacerebbe aiutarmi a spostarla?”
“Lì dietro non c'è niente, signorina Kensington.” ribadì.
“Forse. O forse no. Perchè una persona così maniacalmente ordinata come Katerine dovrebbe mettere un mobile in corridoio e non rispettare alcun canone di simmetria come invece ha fatto in tutte le altre stanze?- incalzò quindi, usando inconsciamente il tono inquisitorio che usava in tribunale- E perchè sul pavimento ci sono dei segni che mostrano che il mobile è stato già mosso in precedenza?”
Prentiss e Hotch si lanciarono un'occhiata. Non aveva tutti i torti: da quanto avevano già visto la Donovan si dimostrava essere una persona estremamente meticolosa e razionale nell'organizzazione degli spazi. La presenza di quella libreria non avrebbe avuto senso, se non ci fosse stato un altro motivo che poteva giustificarne quel posizionamento.
“Lei non si arrende mai, vero avvocato?” chiese quindi Emily, con un sorriso sulle labbra, mentre il suo capo spingeva via la libreria senza troppa fatica.
L'intuizione di Kensington non si era rivelata sbagliata. Era bastato spostare di poco quel mobile poco voluminoso per scoprire i sottili stipiti in legno bianco e poi, rimuovendolo del tutto, si era rivelata davanti ai loro occhi una porta scorrevole la cui esistenza, secondo la padrona di casa, sarebbe dovuta rimanere occultata.
“Beh, qualcosa c'era.” commentò Alicia, spezzando l'irreale silenzio che si era creato fra di loro.
I due agenti dell'FBI non risposero, ma si affrettarono invece a fare scorrere il piano di legno dell'uscio, per rivelare una nuova stanza, completamente diversa da qualsiasi altra presente nella casa.
Quando l'avvocato fece il gesto di seguirli all'internò, il supervisore della squadra di analisi comportamentale l'ammonì con uno sguardo severo.
“Lei non può entrare qui dentro, signorina Kensington. Potrebbero esserci delle prove a carico della sua cliente.”
“Chiamo la scientifica.” disse quindi Prentiss, mettendo mano al cellulare.
Non era un ambiente buio. La finestra, quella stessa che l'avvocato aveva visto quando aveva fatto il giro esterno della casa ma che dall'interno non era stata in grado di individuare, era grande e faceva entrare la luce abbagliante del pomeriggio filtrata solo dal sottile velo delle tende rosso fuoco. Paradossalmente, sembrava molto più vissuta delle altre stanze: il disordine regnava sovrano, il pavimento era pieno di vestiti in ordine sparso e il letto, addossato alla parete, era sfatto.
“Sembra la stanza di un'altra persona- mormorò Alicia dalla soglia, ma non appena intercettò lo sguardo serio di Hotch si affrettò ad aggiungere- Hey, tecnicamente non sono entrata!”
“Non è da escludere che lo sia.” commentò Prentiss, chiudendo con uno scatto il cellulare.
La ragazza si ritrovò a mordicchiarsi il labbro inferiore“Immagino che non state parlando di un ospite misterioso che Katerine teneva nascosto, vero?”
I due agenti non risposero, ma l'avvocato aveva già tratto le proprie conclusioni. C'erano diverse spiegazioni per cui Katerine Donovan dovesse tenere nascosta una stanza della propria casa e lo scenario che si prospettava in ciascuna di quelle ipotesi non era dei più rosei.
“Perfetto.” borbottò fra sè, pensando già a come tutto quello peggiorasse la situazione della sua cliente.
Hotch si girò verso di lei, le mani affondate nelle tasche dell'abito dal taglio severo“Signorina Kensington ora dovrebbe andarsene.”
Per la prima volta il volto della giovane donna assunse un'espressione confusa “Come?”
“Fra poco la scientifica sarà qui,- spiegò l'uomo, oltrepassandola per uscire dalla stanza seguito da Emily- quindi ci sarà già abbastanza confusione senza che lei cerchi di fare il suo mestiere con troppo zelo.”
Il momento di smarrimento, però, durò poco più di qualche secondo dandole il tempo di voltarsi velocemente per seguire i federali.
“So che cosa state pensando: il ritrovamento di questa stanza non vuol dir niente, però. Ho letto il referto del medico legale e c'è scritto che tutte le vittime sono state colpite alla testa prima di essere uccise. Il colpo aveva un inclinazione dall'alto verso il basso e Katerine è alta solo un metro e sessantacinque. La quarta vittima, che dei sette era il più basso, era alto un metro e settantatré.- snocciolò accorata, seguendo con passo svelto i due agenti giù dalle scale- Inoltre, c'è la possibilità che una persona non sappia di essere affetta da un disturbo di personalità multipla, o sbaglio?”
Hotchner sospirò affranto e considerò il fatto che quella ragazza avesse potuto aver frequentato un corso speciale per essere così assillante. Tenne per sé quel pensiero e iniziò a parlare con tono calmo ma deciso.
“Katerine Donovan usava un armadio per occultare una stanza della propria casa. Stanza che, per inciso, pare essere arredata e abitata assiduamente. Quindi, signorina Kensington, rispondendo alla sua domanda, direi che c'è la possibilità che una persona possa non sapere di avere una personalità latente, ma non è questo il nostro caso.”
Alicia strinse le labbra stizzita. Era già abbastanza infuriata per il fatto che la propria cliente le avesse tenuta nascosta una cosa del genere, quindi sentirsi dire quelle parole da uno strizzacervelli mancato la faceva ribollire ancor più di rabbia. Ingoiò il rospo, tuttavia, precedendo i due agenti federali fuori dall'abitazione ma il trillare insistente del proprio cellulare la distrasse. Con movimenti rigidi frugò nella borsetta, estraendone infine il palmare.
“Kensington.” disse, più brusca di quanto volesse.
Dall'altro capo del telefono arrivò, tesa e concitata, la voce della sua segretaria “Alicia, abbiamo un problema.”

Et-voilà!Capitolo numero 2 della mia storia su Criminal Minds. Ho qualche cosetta da dirvi a riguardo: sarà una storia lunga perchè la mia testolina ha partorito diversi casi in cui coinvolgere il nostro caro team. Perciò, ho deciso di mettere sotto il titolo PRIVATE INVESTIGATIONS le varie fasi in cui si svilupperà questa storia. La prima parte si intitola, appunto, LOVE HURTS . Ecco fatto. Dopo questa mini e sconclusionata spiegazione, ringrazio tutti quelli che hanno letto il primo capitolo, takara che è stata così gentile da lasciarmi un commento e, oltre a lei, anemone333 e sefoev che mi hanno dato fiducia e l'hanno messo fra le seguite. Thanks a lot!Kisses JoJo

   
 
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