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Autore: name    12/02/2010    2 recensioni
Questa fanfic è ispirata al film “Profumo” del 2006; più precisamente, prende ispirazione da un monologo di Dustin Hoffman, presente anche nel trailer del film, nel quale l’attore, che interpreta un profumiere, spiega al suo giovane apprendista l’arte di fare profumi.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Questo è l’ultimo capitolo. Spero che la mia storia vi sia piaciuta e ringrazio chiunque l’abbia letta, anche se nessuno mi ha fatto sapere che ne pensa.

Un ringraziamento particolare alle cupe cupe sisters, che hanno messo la mia storia tra le seguite!

Spero a presto, quindi arrivederci a tutti quanti.

 

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Profumo

La tredicesima, quella fondamentale

“Un’antica leggenda narra che fu rinvenuta un’anfora nella tomba di un faraone, dicono che quando venne aperta si sprigionò una fragranza che dopo tutti quegli anni era rimasta intatta, un profumo di una tale soave bellezza, ma così potente che anche per un solo fugace momento qualunque persona lo annusasse, pensava di trovarsi in paradiso.”

Il conte Ciel Phantomhive aveva vissuto incredibilmente a lungo, contro ogni aspettativa, ed aveva svolto il suo lavoro per l’azienda di famiglie e per la regina in modo egregio, come ci si aspettava.

All’età di 18 anni si era sposato con la sua ufficiale fidanzata: Elizabeth. Insieme erano vissuti felici, ma non avevano mai avuto figli.

Si diceva che la contessa Elizabeth fosse l’unica capace di scaldare un po’ il cuore gelido del conte e ciò era abbastanza vero.

Come sempre, la vita a villa Phantomhive sembrava scorrere sempre tranquilla e serena, ma questo valeva solo per chi non ci viveva dentro.

Infatti, più che portare gioia e serenità, l’arrivo di Elizabeth aveva provocato solo più scompiglio in una casa già di per sé molto movimentata.

La giovane contessina faceva comunella con la servitù e questo rendeva ogni giornata in casa Phantomhive imprevedibile e rumorosa, per la felicità del conte e del suo fedele domestico Sebastian.

I due, infatti, sembravano essere gli unici con un po’ di buon senso e senso comune.

Insomma, chi avrebbe voluto mangiare involtini vegetali sbruciacchiati con ripieno di nutella e glassa di zucchero?

Chi avrebbe voluto prendere il tè in un giardino dove sembrava fosse appena passato un uragano, ma tutto ricoperto di fiocchi?

Chi avrebbe mangiato in un servizio di porcellana a orsacchiotti che, chissà perché, era l’unico a rimanere sempre integro?

Tutti i giorni i due avevano a che fare con certi problemi: erano molto stressati.

Ma, alla fine della giornata, quando Ciel si coricava con la sua consorte e veniva sepolto dalle miriadi di chiacchere di Elizabeth, pensava che, in fondo, era bello avere una nuova luce ad illuminare la sua buia esistenza.

A modo suo, si poteva dire che l’amava.

Ma dopo anni di convivenza più o meno tranquilla, la contessa, ormai diventata vecchia era stata logorata da una malattia che le aveva rubato a poco a poco la sua eterna vitalità e l’aveva in fine stroncata.

Tutta casa Phantomhive se ne addolorava.

Il conte portò il lutto secondo la regola, poi aveva continuato la sua vita.

Non si era mai risposato.

A poco a poco, tutti i componenti della servitù della magione si ammalarono e morirono con gli anni.

L’unico che rimaneva sempre accanto al suo padrone e che non sembrava neanche essere invecchiato era il fedele Sebastian.

Nessuno seppe mai come morì il conte Phantomhive; o, almeno, nessuno lo seppe mai veramente.

Una notte, misteriosamente, si spense e, stranamente, la stessa notte morì anche il fedele maggiordomo.

Quella notte il demone sapeva che finalmente avrebbe potuto mangiare quella succulenta anima ormai sprofondata nell’oscurità.

Tuttavia non si aspettava che nel suo angolo più profondo quell’anima conservava ancora il chiarore di una stella che nel mondo reale si era spenta tanto tempo addietro.

Il primo a notarlo fu Undertaker e ne sorrise. Poi, a mano a mano che i corpi venivano visitati nella camera ardente, lo notarono anche altri.

Curioso come i due cadaveri presentassero opinioni così diverse: il conte aveva un’espressione quasi serena, mentre il sempre perfetto maggiordomo sembrava stranamente amareggiato.

“Dodici essenze furono identificate, ma la tredicesima, quella fondamentale, non la individuarono mai.”

Fine (per davvero questa vola)

  
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