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Autore: Arts    15/02/2010    6 recensioni

Sono un'esperimento. Lo so. Suona strano. Sono cresciuta in laboratorio sotto terra, senza sapere niente del mondo di fuori. La mia vita è sempre stata quella di una cavia di laboratorio, di un qualcosa che non è considerato come vivo.
Ma sono riuscita a scappare. Ho scoperto che il mondo di fuori non è un'impresa facile come pensavo.
Ho scoperto che anche lì bisogna saper sopravvivere.
Ho scoperto da poco, inoltre, che la mia vita non è altro che un test.
C'è qualcosa da risolvere.
La cosa buffa è che se faccio il puzzle, questa volta, salvo il mondo.
E' una cosa ridicola, ma mi sembra di aver avuto una promozione: da esperimento a eroina dell'universo. Insomma, mica male per una ragazza alata, no?
[Dalla storia] 
«All’Istituto, che tipo di esperimenti fanno?»
Lo sguardo che gli rivolsi era freddo come il ghiaccio, quando risposi: «Cose tipo me, hai presente?»
«Cose orribili, insomma», replicò lui e mi fece un sorrisetto di superiorità che sentii di odiare assolutamente con tutto il mio cuore.
Gli lanciai uno sguardo sprezzante. «Non siamo fatti per essere belli, siamo fatti per saper uccidere».
Genere: Azione, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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James odiava le lampade al neon. Sì, questa era un'altra incredibile caratteristica di quel posto: odiava quella luci intense e fastidiose, perennemente presenti nella sua vita. Impossibili da spegnare: stavano sempre lì a illuminare una realtà che odiava.

Ma d’altronde James avrebbe potuto essere scambiato per un albino, tanto era bianca la sua pelle, se non fosse stato per i capelli nerissimi e gli occhi del medesimo colore e probabilmente l'odio di quella luce intensa poteva derivare da questo.

O forse no, forse odiava semplicemente la luce dell'Istituto, di quella mensa, e della sua vita. Senza nessun motivo. La odiava e basta.

Si guardò intorno.

I cinque ragazzi alati erano dispersi un po’ per tutta la sala mensa Non conosceva bene i loro nomi. In realtà, nonostante fossero della stessa “razza” i ragazzi alati si parlavano appena l’un l’altro, come tutti gli altri ricombinanti che erano lì.

Non che li ci fosse la possibilità di parlare molto: soltanto ieri, per dire un semplice messaggio alla numero undici – che gli pareva si chiamasse Arijane – aveva dovuto faticare sette sottospecie di camici/pigiama, insomma il coso bluastro e deforme che indossava.

Con gli occhi percorse tutta la sala finché non la vide entrare.

Fire.

Era questo il suo nome, un'altra alata.

E poteva dire di conoscerla da tutta una vita, nonostante nel corso di questo tempo le avesse rivolto la parola si è no tre volte.

Certo, conosceva il suo aspetto: esile, capelli rossi, occhi azzurri, lentiggini; e conosceva il suo modo di muoversi, sfidare con sguardo diffidente e duro chiunque si avvicinasse e allo stesso modo trovava familiare quello strano gesto di mettersi le mani ai capelli e mordersi il labbro inferiore se qualcosa la preoccupava.

Insomma, conosceva Fire.

Ma non si era mai avvicinato a lei, se non per comunicarle notizie riguardanti lei e il resto degli alati, esattamente come faceva lei. Per il resto, si guardavano appena, e le poche volte che i loro sguardi si incrociavano nella mensa, c’era sempre qualcuno dei due che, alla fine, ignorando l’orgoglio pungente e spiccato, finiva per distogliere lo sguardo.

Fire percorse la stanza, a grandi passi, osservò intorno e salutò Arijane – l’unica alata con cui sembrava parlare - spostando lo sguardo di tavolo in tavolo, finché i suoi occhi non si fissarono su di lui, su James, seduto su una sedia a un tavolo solitario.

Lo raggiunse velocemente, senza salutarlo, prese posto su una sedia davanti alla sua. La mensa era silenziosa, e l’unico rumore erano le forchette che sbattevano contro i piatti, e le mascelle che masticavano rumorosamente; tutto era controllato dai vigili occhi dei Cacciatori, due per ogni entrata e ogni uscita. Tutto era come sempre, una loro solita “giornata tipo”.

«Allora? Cos’è che mi vedi dire di così urgente da svegliarmi alle sei e mezza, costringere un undicenne ad attraversare un muro e cose del genere? Catastrofi, guerre, epidemie? Qual è la bella notizia di oggi, insomma, visto che parli solo per dire tragedie»

James alzò gli occhi a guardarla, tranquillamente. Era pallida, e una grossa fascia gli avvolgeva il braccio e un grosso cerotto sul collo, in più aveva il naso gonfio e rosso come se solo fosse rotto solo poche ore prima. Il che era possibilissimo.

«Non si saluta più?», commentò il ragazzo inarcando un sopraciglio.

Fire si morse il labbro inferiore, sbuffò e si passò una mano fra i capelli rossi: «Senti, non sono in vena oggi, okay? Sputa la catastrofe di oggi, e in fretta. Ho fame»

«Sei nervosa per caso?»

Sì, si disse James, mi piace farla incavolare. E allora?

«James, dì quello che devi dire»

«Okay, okay», replicò il ragazzo, «Jekins ci vuole vedere, credo che moriremo molto presto e… gli Addetti hanno combinato qualche guaio e ci sarà una guerra, o una catastrofe naturale; non ho capito bene cosa fosse. Contenta ora?»

Fire aveva spalancò gli occhi, lasciando cadere le braccia lungo i fianchi.

«Aspetta, ripeti, Jekins ci vuole vedere?»

 

 

Forse lo state pensando e forse no. E’ mio dovere comunque spiegare una cosa: a me non importa né della morte, né delle catastrofi naturali o delle guerre, o epidemie. E sapete perché? Perché nel mio mondo, qui all’Istituto, la morte, è una cosa banale.

Comune, capite? Succede a tutti. Prima o poi, ad alcuni prima e ad alcuni poi. E la catastrofi naturali? Cavolate. Viviamo dentro un Istituto che è praticamente a prova di qualsiasi cosa, che, dico, solo la fine del mondo potrebbe distruggere.

Il punto della situazione era uno: Jekins ci voleva vedere.

Mi chiedevo cosa intendesse con “voler vedere” noi. E poi a quale “noi” si riferiva? Me e James? Il resto dei ragazzi alati?

Non lo sapevo e se c’è una cosa che odio è proprio quella il non sapere qualcosa che mi riguarda.

E poi James che c’entra con me? Lui è uno piuttosto normale. La cosa buffa è che neanch’io in realtà sapevo cosa fosse esattamente James.

Non aveva ali, né coda e, menomale, neanche lingua biforcuta.

Mi era sempre sembrato umano, ma ero sicura che nascondesse qualcosa. Tutti noi lì nascondevamo qualcosa, sempre: era una delle regole.

Cercai di mostrarmi tranquilla, sicura di me: «Perché ci vuole vedere? Che guaio hanno combinato gli Addetti? E soprattutto, perché dovrebbe riguardarmi?»

«Non t’importa se la guerra distruggerà il resto del mondo?», chiese lui con un mezzo sorriso divertito, scrutandomi con i suoi occhi scuri.

Ricambiai lo sguardo: «Per ora non mi riguarda»

Scrollò le spalle: «Chissà come mai mi aspettavo che avresti risposto così; comunque l’ unica cosa che so è che vuole vedere te, me e altri cinque di cui non conosco il nome», commentò.

«Non sai altro?»

«No, un’ultima cosa: stavolta siamo noi ad avere in mano il destino di tutti»

Ecco, quest’ultima cosa non sapevo se considerarla una cosa buona o una cosa cattiva. Sapevo solo che c’era qualcosa che non andava quel giorno.

Il filo dei miei pensieri venne spezzato da un acuto strillo.

La campanella.

Al suono della campanella di  fine pranzo, sette cacciatori entrarono della porta e reclamarono a gran voce sette numeri, il nome di battesimo di sette ragazzi. La mensa si immobilizzò all’improvviso perché nel nostro mondo ogni volta che sette ragazzi vengono “chiamati” da un Addetto, solitamente non fanno mai più ritorno. Sembrava che il resto dei mutanti fosse già in lutto.

Ci fissavano curiosi.

Il resto dei cinque ragazzi si alzò esitante, erano visibilmente preoccupati. Con uno sguardo veloce abbracciai con gli occhi la fila ordinata che avevamo formato mentre uscivamo piano dalla porta. C’erano due gemelli, una bambina, Arijane, James e indovinate un po’?

Il ragazzo-lucertola, o quello che cavolo era, era l’ultimo a chiudere la fila.

Grandioso.

Eravamo uno strano gruppo, devo dire, uno strano gruppo perfino per me che nella stranezza ci vivevo dalla nascita, praticamente.

Sotto gli sguardi intensi di tutta la mensa, uscimmo fuori, nel corridoio, e le porte della mensa si chiusero di scatto dentro di noi.

Un Cacciatore, lo stesso della Selezione, parlò:

«Siete stati Selezionati. Il dott. Jekins desidera vedervi tutti nell’Ufficio venti. Non avete diritto a parlare, né ha opporvi. E direi che non vi conviene farlo»

«Hai scordato di dire “e ogni cosa che direte potrà essere usata contro di voi”», mormorò Arijane alzando fieramente lo sguardo.

All’improvviso, fui orgogliosa di averle insegnato a opporsi in quel modo.

Il Cacciatore sembrò trafiggerla con gli occhi: «Se non ti squarto ora, è semplicemente perché ci penserà qualcosa di più grosso a farlo per me»

E dopo questa battuta, calò un silenzio intenso, quasi tangibile.

Un silenzio che portava in sé mille paure non dette.

 

 

 

 

 

 

 

Angoletto dell'Autrice

Bene bene, rieccomi qui.

Sì, so cosa state pensando: Ma sta cavolo di notizia quando la dice?! 

E chi era alla fine James? Una semplice mutante; ma la domanda è: che tipo di mutante? Cosa nasconde?

Come mai sono stati chiamati questi sette ragazzi? Qual'è il guaio che hanno combinato gli Addetti?

A Fire davvero non importano le cose che non la riguardano, come il resto della terra, per esempio? O parla così perché non ha mai visto davvero il mondo? 

Il ragazzo-lucertola: buono o cattivo?

 

Ma forse queste domande me le faccio solo io U.U 

Visto che Lewaras non mi permette di spoilerare (Nooooo, devo per forza avere il peluche di Arrow *_____* Lo voglio, lo voglio, lo voglio!) Per saperne di più dovrete aspettare il prossimo capitolo.


E ora non mettiamoci qui a combattere contro le lucertole (lasciate stare -.-'' xD), ecco 
le Risposte ai COMMENTI:

Per Lewaras: Oddio, FirexRagazzo-lucertola proprio no xD E James è un mutante, ma nasconde un segreto che... non ti dico altro U.U Eh sì, il rapporto fra Fire e la lucertola sarà più o meno quello di amici/nemici, che nel corso della storia varierà un pò in modo strano. Ad Arijane ho deciso di dare uno dei ruoli principali (mi stava troppo simpatica xD). Spero che ti sia piaciuto anche questo capitolo, nonostante sia un pò incompleto.

Ps. Voglio il peluche di Arrow, eh xD

Per  sweetopheliaLo so, la storia in sé è molto strana, ma è per questo che mi piace. Sono felice che tu abbia commentato e che ti abbia incuriosito ^-^ Per il fatto del ragazzo-serpente, bé, la vita all'Istituto, come fa capire più volte Fire, non è scontata. Il ragazzo-serpente è morto principalmente perché si è cullato anche in parte nella sicurezza di vincere mentre Fire ha avuto dalla sua parte la rabbia, e l'impulsività che spesso la contraddistinguono. Per il resto, rispondendo alla tua domanda: sì, anche i più piccoli sono sottoposti alle selezioni e infatti Fire non è la prima volta che si ritrova a uccidere, soltanto che questa volta, essendo più grande, è più consapevole delle sue azioni e si sente in colpa. Arijane sta simpaticissima anche a me xD 

Per Ako delle Tenebre: Mhm, hai perfettamente ragione. Nei prossimi capitolo cercherò di concentrarmi di più su Fire e sui suoi pensieri. Come vedi in questo capitolo la narrazione è data in mano a James che desidero rendere un personaggio interessante, abbastanza per le sue e con i suoi segreti. La qual cosa non è molto facile, ma ci proverò comunque e sono certa che riuscirò a migliorare con l'aiuto di tutti quelli che commenteranno. Per il fatto di quei verbi "uscii" e "uscì" la regola la so, e che spesso non ci faccio caso e sbaglio come una deficiente. Cercherò di badarci di più anche perchè sono cosciente che rende la narrazione molto più scorrevole. 

Vorrei ringraziare: Lewaras che mi segue dall'inizio della storia, commentando, e che ha aggiunto la storia tra le seguite; Ako delle Tenebre che ha pure aggiunto la storia tre le seguite e che ha commentato. Ringrazio anche sweetophelia che ha commentato. Ringrazio anche tutti quelli che leggono, ma non commentano e che si subiscono le mie "storie" fantasy mezze strambe xD


  
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