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Autore: baby80    16/02/2010    5 recensioni
Quello che avrei voluto fosse successo dopo la famosa puntata dell'anime "un innamorato respinto"... la mia rivisitazione di ciò che successe dopo "lo strappo della camicia"
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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André era nella propria stanza, al buio, attendeva Oscar, la sentì rientrare che era già notte, “troppo tardi”, pensò, il che significava che la serata era stata  piacevole.
Rimase seduto sul letto, le gambe divaricate, i gomiti che poggiavano pesantemente sulle proprie cosce e le mani unite che reggevano la fronte, sentì chiaramente il rumore degli stivali di Oscar percorrere il pavimento del palazzo, un rumore sempre più lontano, sempre più ovattato, continuò ad ascoltare fino a quando vi fu solo il silenzio del palazzo dormiente, Oscar non era andata da lui.
L'uomo si sentì morire di rabbia, di gelosia, di delusione. Non era orgoglioso di ciò che era divenuto, un folle geloso, un uomo meschino, un uomo insicuro, ma non era in grado di scacciare quei sentimenti, non in quel momento almeno, ne era succube, era la vittima di se stesso.
Si lasciò cadere sul letto e chiuse gli occhi, cercando di soffocare il mostro che lo stava divorando dall'interno, quel mostro che non riusciva a fidarsi di Oscar.

Oscar entrò a palazzo, percorse il grande salone volgendo lo sguardo al corridoio alla sua sinistra, l'ala riservata alla servitù, quella parte della casa in cui il suo André dormiva, avrebbe voluto andare da lui ma qualcosa le impedì di raggiungerlo, forse la paura di fargli ancora del male, o semplicemente di dovergli mentire. Decise infine di proseguire oltre e raggiungere la propria stanza, avrebbe parlato con lui l'indomani.

Era ormai mattino inoltrato quando André si svegliò, aprì gli occhi e sperò di non sentire il mostro urlargli nella testa, rimase in silenzio, in attesa di un segnale, nessun rumore, nessuna risata, il folle uomo meschino era scomparso, se ne rallegrò e dopo essersi sgranchito le ossa si tolse di dosso i vestiti del giorno prima, con i quali aveva dormito, e ne mise di freschi, pronto ad iniziare una nuova giornata. Stava avvicinandosi alla porta quando sentì bussare.

“Si?”
“André, sono io...” la voce di Oscar era quasi un sussurro.
“Entra è aperto”
“Buongiorno”
“Buongiorno Oscar.”
“André volevo...” lui non la fece finire.
“Sei rientrata tardi stanotte... credevo che saresti passata a salutarmi.”
“Non sono rientrata così tardi André. Volevo passare a salutarti ma ho pensato che stessi dormendo.”
“Come se questo ti avesse mai fermata. Cosa è successo? Cosa mi nascondi Oscar?”
“Non è successo nulla, sono stata da Fersen, abbiamo cenato e mi ha riaccompagnato a palazzo.” Oscar sentiva la propria voce uscire a fatica dalla gola.
“Fersen ti ha riaccompagnato personalmente... che nobile gesto.”
“André ti prego.”
“Dimmi Oscar, a quando la prossima cena?”
“André smettila, ti prego.” quella di Oscar era una supplica.
“Non ce la faccio Oscar, perdonami, non mi fido di Fersen e...” André non riuscì a terminare la frase, ma non ce ne fu bisogno.
“E... non ti fidi di me, vero, André?”
“Si Oscar, non mi fido di te. Se si trattasse di qualsiasi altro uomo non avrei nessun dubbio, ma Fersen... per lui in passato hai messo in discussione tutta la tua vita, per lui hai indossato per la prima volta degli abiti femminili. Riesci a capirmi Oscar?” André la guardava con la sconfitta negli occhi.
“André io... io non ti farei mai del male. Io ti amo, non ho più nessun timore nel dirlo ad alta voce. Fersen è stato una parentesi della mia vita, nient'altro. Fidati di me André, te ne prego, guardami negli occhi e capirai che non ti sto mentendo, guardami negli occhi e sono sicura che ritroverai l'Oscar di sempre.” e dicendo questo si avvicinò ad André, prese il suo viso tra le mani e lo obbligò a guardarla.
“Ti credo Oscar, ti credo. Ora però raccontami tutto della cena con Fersen.” André chiuse la porta a chiave e si mise sul proprio letto con Oscar, rimasero abbracciati mentre lei raccontava, dettaglio dopo dettaglio, la serata passata col Conte.

“...e poco prima di arrivare a palazzo Fersen mi ha confessato di vedermi in modo diverso, di vedermi per quel che sono, una donna, anche se non indosso abiti femminili, molto più donna della sera in cui danzai con lui.” Oscar si fermò un istante, sicura che André avrebbe detto qualcosa, ma l'uomo rimase in silenzio e lei si vide costretta a  proseguire.
“Giunti a palazzo, Hans, poco prima di congedarsi mi ha sussurrato...” un altra pausa.
“Continua Oscar, sto bene.”
“...siete bellissima Oscar.”
“Va bene. Ti ringrazio, Oscar, per essere stata completamente sincera. Lo apprezzo.” la voce di André era gelida, non era la risposta che lei si aspettava.
“André, stai bene?”
“Si, Oscar, sto benissimo. Scendiamo a fare colazione.” e così dicendo la fece alzare e scesero insieme nelle cucine.
André passò il resto della giornata tra le scuderie e qualche lavoro al palazzo, Oscar si convinse che lui la stesse evitando di proposito, ma non disse nulla, cercò anch'essa di ingannare il tempo, ma tutto quello che le riuscì di fare fu leggere 10 righe di un libro.

“Dannazione!” Oscar chiuse il libro e lo ripose sulla scrivania. Proprio non le riusciva di concentrarsi, ogni pensiero era per André e per la sua strana reazione di quella mattina.
Oscar si rese conto che non era facile, per André, accettare che il conte l'aiutasse, accettare che Fersen passasse con lei molto tempo,  e sopratutto con la benedizione di suo padre. Si domandò allora cosa avrebbe potuto fare per togliere il macigno che stava schiacciano l'uomo che amava, voleva renderlo felice, voleva che lui percepisse tutto il suo amore, ora che per lei era così facile accettarlo.
“C'è qualcosa che potrei fare...” disse a voce alta Oscar, e poco dopo sparì in una delle tante stanze di palazzo Jarjayes.

André rientrò a palazzo Jarjayes molto tardi, come era solito fare, quando si recava alle vecchia chiesetta dove si svolgevano le riunioni tra contadini e nobili, nelle quali discutevano insieme della situazione della Francia, presente e futura.
Svogliatamente si trascinò lungo il corridoio che portava alla propria stanza, era stata una giornata dura fin dalla mattinata, e in questo momento voleva soltanto buttarsi sul letto e dormire, cancellando la fatica da ogni singolo muscolo del proprio corpo ed ogni ricordo del racconto di Oscar dalla propria mente.
“Ancora quel maledetto Fersen...” la frase gli uscì dalle labbra senza quasi rendersene conto, strinse forte i pugni fino a che non sentì le unghie procurargli dolore nelle carni, e allora mollò la presa.
Fece un lungo respiro, mise la mano sulla maniglia della porta e... la trovò chiusa.
“Ma...”
André tentò di fare maggior forza sulla maniglia ma non ebbe nessun risultato.
“E' ridicolo...”
André colpì la porta, cercando di sbloccarla, probabilmente la vecchia serratura era rimasta incastrata, un altro colpo e finalmente sentì un rumore... il rumore che produsse la porta non era, però, quello di una serratura che cede, il rumore che sentì fu quello di una chiave che girava nella toppa, lasciandola così aprirsi davanti a lui.
L'uomo entrò nella stanza con circospezione e quando fu finalmente dentro si guardò attorno cercando qualcosa che neanche lui era in grado di figurarsi nella mente. Ad una prima occhiata non trovò nulla fuori posto, anche se, senza una luce ad illuminare completamente la stanza, era difficile esserne certi, e quando tentò di abbassare la guardia quel qualcosa colpì.
André sentì delle mani posarglisi sugli occhi, delicatamente, e un istante dopo una voce sussurrargli all'orecchio.

“Shhh... voltati e non dire nulla. É un ordine.”
“Oscar...” pensò André, avendo promesso tacitamente, di non proferir parola.

André si voltò, vi era una candela ad illuminare un po' di più la stanza, cercò di mettere a fuoco e quando la vista tornò ad essere nitida sentì il respiro bloccarsi.
Oscar era di fronte a lui vestita da donna, indossava un magnifico abito di seta rosa e pizzo nero, diverso da quelli che negli ultimi tempi gli aveva visto addosso, il corpetto rosa era bloccato da lacci neri ed una nuvola di taffetà incorniciava il seno pieno, che non faceva che gonfiarsi ad ogni respiro di Oscar. Le braccia erano nude, solo delle leggerissime spalline di pizzo nero ricadevano lungo le spalle... I suoi capelli biondi non erano, questa volta, imprigionati nelle forcine, questa volta ricadevano liberi lungo le spalle, erano leggermente più mossi, pettinati con una cura che Oscar non aveva mai avuto, notò André... un elemento che lasciò spiazzato l'uomo fu una mascherina di  pizzo nero che aveva posato sugli occhi, un piccolo vezzo, un particolare studiato appositamente per suscitare mistero, provocazione, seduzione... così come lo era il tocco di lucido rosso su quelle labbra piene che André avrebbe voluto baciare all'istante.
André non mosse un passo, rimase fermo, come paralizzato, muto come gli era stato ordinato, ed anche volendo non sarebbe stato in grado di parlare, tutto ciò che bastava, in quel momento, era poterla guardare, e guardare ancora, fu Oscar ad avvicinarsi e quando fu poco distante si voltò, per mostrare ogni dettaglio dell'abito.

“Volete danzare con me, signore?”
“Mi è permesso parlare madamigella?”
“Avete il permesso di parlare, signore.” Oscar continuava a stare ad una certa distanza.
André si avvicinò a lei, le prese la mano e la portò alla bocca, vi lasciò un lieve bacio.
“Con piacere madamigella.”
I due giovani danzarono in una stanza da letto, a tempo di una musica che non fu mai scritta, danzarono come non avevano mai potuto fare e quando la voglia della pelle si fece più intensa la danza si fece più intima, corpo contro corpo.
André cinse la vita di Oscar con le braccia, sentiva il suo petto contro il proprio e il mento di lei poggiato sulla spalla, il respiro caldo gli solleticava il collo.

“Signore...”
“Madamigella...”
“Questo è per voi.” un sussurro bollente.
“Oscar...”
“Shhh...” gli intimò Oscar.
“André, quest'abito è per te, anche il primo che indossai, per Fersen, sarebbe dovuto spettare a te, a te che da sempre hai scorto la donna che era nascosta dentro di me, a te che hai saputo svegliarla. A te, André, voglio donare questa donna, a te, André, voglio mostrare la donna che sono.”
  
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