Capitolo 2
(Eloisa
a Abelardo)
«Va tutto bene, padre.» sospira
Helen, fissando senza appetito la sua colazione «Sono
solamente un po’ stanca.»
Lord Green rimane a guardarla
intensamente e, lisciandosi un baffo brizzolato, domanda con la sua
voce
profonda:
«Allora dimmi... E’ stata una
bella cerimonia?»
«Come? Oh, ieri sera...» la
giovane pare riscuotersi e quindi aggiunge con un’aria
annoiata:
«Sai bene che non adoro particolarmente
questo tipo d’eventi.»
«Invece la tua presenza era
importante.» asserisce suo padre, deciso, afferrando con una
mano la tazza e
con l’altra il giornale appena portato da un suo servitore
«Se non avessi avuto
quel convegno sarei andato io stesso... ma credo che alla fine lord
Baker abbia
preferito la tua presenza alla mia.» increspa le labbra in un
sorriso, un po’
nascosto dai folti baffi.
Helen preferisce non rispondere e
allora lord Green, dispiegando il quotidiano, prosegue tranquillamente:
«Lord Baker è davvero un ottimo
partito. Possiede molti terreni e la sua rendita è
più che discreta; per non
parlare dell’ottima famiglia da cui discende. Credo proprio
che faccia al caso
tuo.»
«Ti prego, padre, non voglio
parlare di lord Baker.» lo interrompe la lady, storcendo le
labbra «Sai bene
quanto lo trovi insopportabile.»
«Questo non significa nulla,
Helen.» insiste lord Green, continuando a leggere i titoli
con noncuranza
«Queste faccende vanno oltre certe formalità,
quali la “simpatia” o la
“piacevolezza”.»
«Ma io non lo amo, padre!» esclama
allora Helen, con una punta di disperazione nella voce.
«Credi che sia questo ciò che
conta?» lord Green abbassa di scatto il giornale rivolgendosi
alla figlia con
un’espressione dura e un tono autorevole «Il
matrimonio va oltre l’amore! Credi
che io amassi tua madre, o che lei amasse me, quando ci siamo sposati?
In
seguito, poi, abbiamo imparato a conoscerci e ad amarci; per te
sarà lo stesso,
se proprio desideri amare.»
«Ma voi due eravate straordinari,
insieme! Eravate simili, vi capivate.» ribatte la ragazza
«Mentre io so bene
che non riuscirei mai ad amare un uomo come lord Baker.»
«Farai senza l’amore, dunque!»
dichiara il lord con convinzione.
«Ma che cos’è un matrimonio senza
amore, padre?» insiste Helen, con coraggio.
«E’ affari!
E’ convenienza!
Ecco che cos’è!» ribadisce lord Green
con foga «Helen, queste non sono cose che
tu possa gestire; non sei abbastanza matura per farlo.
Perciò, lascia che sia
io a dirigere le trattative; tu limitati a fare ciò
che deve essere fatto. E’ solamente questo il tuo
compito;
abbandona questi tuoi sogni infantili e insensati, è il
momento di crescere!
Hai ormai vent’anni; dovresti sapere come funzionano certe
cose.»
Helen abbassa lo sguardo,
mordendosi un labbro e stringendo i pugni, frustrata.
«Parlerò oggi stesso con lord
Baker. Organizzerò un incontro tra voi entro questa
settimana.» decide lord
Green, tornando alla sua rivista con calma «E ora va a
cambiarti: ti aspettano
i tuoi cugini per una cavalcata, non ricordi? Non farli attendere
troppo.»
«Sì, padre.» mormora lei,
alzandosi con un’aria incupita e allontanandosi dal grande
tavolo.
«Ah, Helen...» lord Green alza gli
occhi dal giornale per guardarla.
Anche lei gli rivolge lo sguardo,
in attesa.
Sul volto di lui è dipinta
un’espressione accurata quando si rassicura:
«Mi raccomando: non affaticarti.»
Lei annuisce con il capo ed esce
dalla stanza.
Helen si avvia lentamente per il
prato dietro la villa, dirigendosi alle stalle.
I suoi passi frusciano tra l’erba
armoniosamente, mentre il vento fa danzare il suo foulard di seta
bianca al
suono di quella musica.
Il suo cuore, stretto in una morsa
ferrea, pare voglia scoppiare; non sembra essere più in
grado di reggere così
tante emozioni e sentimenti.
Helen tira le labbra, con lo
sguardo puntato al suolo, proseguendo ad avanzare malinconicamente tra
l’erba.
Non
so che fare... vorrei solamente fuggire. Ma andare
dove?
«Cugina Helen! Finalmente!» la
saluta con eccitazione un’allegra giovane dalla chioma bruna
e gli occhi di un
verde intenso.
Helen si costringe a sorridere e
si mostra a proprio agio, salutando a sua volta:
«Cugina Cecily, è davvero un
piacere rivederti.»
«Perché, vedere noi non ti
aggrada?» domanda un ragazzo fascinoso, sui trenta; cugino
Gordon.
«Per caso non entriamo più nelle
tue grazie?» aggiunge suo fratello minore Millard con un
sorriso smagliante,
mentre Cecily ridacchia divertita.
«Non sia mai, cugino.» Helen
sorride affabilmente.
«Meno male; mi sarei offesa,
altrimenti.» dichiara con sarcasmo Marion, la bella cugina
maggiore; l’unica
sposata tra i cinque.
Partono poi con i cavalli,
galoppando per i boschi vicini della campagna inglese, chiacchierando
con
disinvoltura.
«Ah, fratello, il prossimo mese
compirai ventisei anni... quando pensi di trovare moglie,
eh?» chiede Gordon
ridendo.
«Poni certe domande proprio tu,
fratello, che di sposarti proprio non ne hai la minima
intenzione?» lo
sbeffeggia Millard, affiancando il proprio cavallo a quello
dell’altro.
«Suvvia, non dirmi che la vita da
scapolo non ti diverte!» esclama Gordon «Tu, tutto
fissato con le donne, della
vita non hai capito proprio nulla!»
«Senza amore non c’è vita.»
asserisce l’altro con convinzione.
«Ah, stolto! Non hai ancora aperto
gli occhi? Una donna ti taglia semplicemente le ali!» ribatte
il fratello.
«Non è necessario che ti innamori
di una donna, cugino Gordon.» fa notare Marion con un sorriso
divertito.
«Non sia mai!» Gordon scuote il
capo con disgusto.
«La verità è che non vuoi
crescere.» afferma Cecily con un’aria furba
«Non vuoi prendere in mano le tue
responsabilità.»
«E’ ancora presto per prendere in
mano certe
responsabilità.» sbotta
Gordon «Non intendo nemmeno pensarci!»
«Cambierai idea appena avrai
trovato la donna adatta a te.» lo contraddice Millard
annuendo con il capo.
«La donna che cerco non esiste.»
sospira il fratello «L’unica che potrebbe
soddisfare i miei canoni, è solamente
cugina Helen.» sorridendo come gli altri, gira lo sguardo
verso la suddetta,
persa nei suoi pensieri, e dice ad alta voce per farsi sentire,
sovrastando il
rumore prodotto dagli zoccoli dei cavalli sul terriccio:
«Helen, accetteresti la mia mano?»
Lei alza lo sguardo di scatto,
tornando in sé, e lo guarda confusa.
«Perdonami, non stavo ascoltando.»
si scusa.
«Gordon si sta dichiarando.»
ridacchia Millard.
«E non sarebbe la prima volta!»
sospira Marion con gli occhi al cielo.
«Dunque, Helen? Vuoi essere mia
sposa?» domanda ancora Gordon con il suo sorriso.
Lei scuote il capo e, sospirando
con esasperazione, dice:
«Ti stancherai mai, Gordon? Fin da
quando eravamo bambini non fai altro che chiedermelo... Mi spiace
davvero, ma non sei il marito che desidero.»
«E nemmeno zio Arnold è mai stato
d’accordo!» aggiunge Millard.
«In questo caso sono contenta,
perché mio padre mi dà ragione.»
commenta Helen, con un piccolo sorriso.
«Oh, beh, allora smetterò di
chiedertelo.» sospira Gordon, poi rivolge lo sguardo alla
cugina più piccola,
dicendo con calore:
«Cecily, sono anni che non ci
vediamo... direi che sei diventata a dir poco stupenda. Chiedo il tuo
permesso
per corteggiarti.»
«Uhm... non saprei... vediamo
prima se riuscirai a raggiungermi!» Cecily, ridendo, sprona
la sua cavalcatura
e parte veloce per la strada.
Divertito a sua volta, Gordon si
sbriga a seguirla, con alle spalle Millard, mentre Marion e Helen
continuano a
camminare tranquillamente in groppa ai propri destrieri.
«Non cambieranno mai...» commenta
Marion.
«Infatti.» concorda l’altra.
Dopo qualche istante di silenzio,
Marion si rivolge alla cugina con un tono più serio:
«Helen, va tutto bene? Sembri
turbata.»
«Davvero?» fa la ragazza a mezza
voce, con gli occhi fissi sulla criniera castana del suo cavallo.
«Ho saputo di lord Baker... tuo
padre vuole davvero combinare il tuo matrimonio con lui?»
Helen si limita ad annuire appena
con il capo.
Marion rimane silenziosa qualche
istante, poi inizia a dire premurosamente:
«Helen, purtroppo non sono cose
che possiamo gestire noi povere figlie di ricchi signori...»
«Parli proprio come mio padre.»
sospira Helen, malinconica.
«Questa è la realtà.» le fa
notare
la cugina che, dopo una pausa, chiede a voce bassa:
«Per caso... sei innamorata di
qualcuno in questo momento?»
Helen stringe con forza le
briglie, adombrandosi.
Marion nota la reazione e,
sorpresa, domanda subito:
«E tuo padre lo sa?»
«“Sa” cosa?» chiede
l’altra,
guardandola.
«Che nel tuo cuore c’è un altro
uomo.»
«Non c’è nessun uomo nel mio
cuore.» nega Helen, distogliendo di scatto lo sguardo.
Ripensandoci, quella
frase le sembra alquanto ambigua.
Lui
non è più un uomo...
Scuote con forza la testa per scacciare
quei pensieri.
Marion, preoccupata, insiste:
«Helen, sai che a me puoi dire
ogni cosa... sono la tua più fidata amica, oltre che tua
cugina.»
«Lo so.» calmandosi, la giovane
torna a guardarla con uno sguardo confortato «Non temere,
Marion, sarai la
prima a sapere ogni cosa, appena ne saprò di più
io stessa.»
«Sei così tanto confusa in questo
momento?» si meraviglia l’altra.
«Eh... più di quanto tu creda.»
*
La bella lady è sempre lì, al centro; fulgida
figura bianca
nel buio.
I suoi occhi cerulei son sempre fissi in avanti; dolci;
incantevoli.
Ed ecco: muove le rosee labbra.
Un sussurro trasportato dal vento.
... Artemisia.
Edgar si desta immediatamente,
percependo la notte appena calata.
Si alza e si veste fissando il
cielo stellato e la luna e intanto ripensa a lei e al suo sogno.
Perché mai quel nome? Artemisia...
Quale significato cela la
sua visione?
Eppure,
nonostante la curiosità del mistero, tutto sta perdendo
il suo significato, ora che finalmente l’ho trovata. Nulla
vale più al suo
confronto. Solo Artemisia, Helen Green, ha significato per me.
Esce poi dal suo castello, non
curandosi nemmeno di partire alla ricerca di cibo,
e si dirige alla villa di Artemisia.
Helen si trova già sul
balconcino
della sua stanza con lo sguardo perso nel vuoto e
un’espressione scura sul
volto.
Posa le mani sulla balaustra e
tira un po’ le labbra, a disagio.
Che
sto facendo qui? Sto cercando una conferma che non sia
stato solamente un sogno quello dell’altra notte? Spero forse
che solo di un
sogno si sia trattato per trovare così conforto? Forse non
dovrei rimanere
ancora qua fuori... sarebbe meglio rientrare.
Tesa, si volta di scatto, facendo
frusciare la veste da notte, e si muove verso la porta a vetri aperta
per
tornare dentro, quando una strana e famigliare sensazione la invade
improvvisamente e una voce, affascinante e tenebrosa allo stesso tempo,
esordisce alle sue spalle con un tono piacevolmente sorpreso:
«Artemisia... mi stavi dunque
attendendo?»
Helen si volta immediatamente,
posando lo sguardo ceruleo su quello perlaceo dello scuro e freddo
vampiro
appoggiato tranquillamente alla balaustra di pietra del suo balconcino,
e,
tornando lucida dopo essere stata colta un attimo da un brivido, dice
con
calma:
«Credo che tu abbia frainteso. Sì,
ti stavo aspettando, ma solamente per dirti di andartene e evitare di
ripresentarti qui in futuro. Non ho alcuna intenzione di passare del
tempo con
te.»
«Per quale motivo, Artemisia?»
chiede lui, rilassato «Non credo di darti alcun
fastidio.»
«La tua presenza mi infastidisce.
Il tuo odore, la tua persona.» ribatte lei con voce ferma
«Che cosa vuoi da me,
vampiro? Io non ti temo; temo solamente la tua condizione. Ma tu hai
fatto voto
che non mi avresti trasformata come te se io non avessi voluto,
perciò posso
evitare di temere anche questo perché non ti darò
mai il mio consenso.»
Edgar increspa appena la fronte,
rimanendo in silenzio, e Helen prosegue:
«L’unica cosa che potrai ottenere
da me è la mia morte, se la desideri.»
«Come potrei desiderarla?» mormora
lui, serio.
La giovane alza allora il capo,
affermando:
«Dunque non avrai niente da me;
preferirei morire che esaudire i desideri di un dannato. E la morte non
la temo
affatto.»
Edgar rimane silenzioso a
guardarla qualche altro istante, poi dice con la sua voce piena:
«Sei la donna più coraggiosa che
abbia mai incontrato. Non posso che stimarti, mia bella Artemisia. Ma
allo
stesso modo le tue parole mi feriscono: mi trovi davvero
così terribile?»
«Vorresti negare di essere un
mostro?» lo sfida lei con decisione.
«Come potrei negare un’evidenzia
simile?» mormora allora Edgar, cupo «So bene in
cosa mi sono trasformato.»
«E allora come puoi pensare che io
possa trovarmi a mio agio con te?» gli fa notare, alzando un
po’ il tono di
voce.
Il volto di lui si trasfigura di
colpo in una maschera sofferente, quando dice:
«Ti prego, non condannarmi prima
ancora di conoscermi.»
Helen scuote il capo, asserendo:
«Io non intendo
conoscerti,
Edgar. Non intendo innamorarmi di te.»
«D’accordo, Artemisia.» rilassa i
tratti del viso «Non ti costringo a far nulla. Ti chiedo
solamente di passare
del tempo con me. La tua presenza mi riempie di una gioia che non
provavo da
parecchio tempo... una gioia che forse non ho ma provato.»
Helen rimane a guardarlo, tornata
a disagio, e lui la supplica ancora:
«Ti chiedo solamente questo.
Nient’altro, se non vuoi che lo faccia.»
«Non vorrei nemmeno passare del
tempo con te, in realtà.» dice lei, perdendo
però un po’ di sicurezza.
«Suvvia, si tratterà solamente di
parlare amabilmente qualche ora...» le sorride e lei si sente
sciogliere
dentro, colpita da quel fascino oltre misura «Davvero, nulla
di più.»
Rimangono in silenzio qualche
attimo, infine lei, con un mezzo sospiro, dichiara la resa.
Helen si volta ed entra in camera
senza ancora parlare e Edgar, colto da incredibile felicità
ed eccitazione,
riesce a malapena a contenere le emozioni e rimanere tranquillo, mentre
la
segue all’interno.
«Ma dimmi... come hai fatto
a
diventare un... vampiro?» si decide a chiedergli, con un tono
un po’ esitante.
«Sai, non ricordo con precisione.»
Edgar si porta una mano al mento, riflettendo «Il mio
passato, in particolare quel giorno,
è così... confuso. Una
macchia indistinta di ricordi, qualche immagine, qualche emozione.
Ciò che so
con certezza è che ho provato un dolore inimmaginabile, pari
forse solo a
quello che si può provare alla nascita, quando entriamo in
questo mondo ignoto
abbandonando un confortevole riparo... Già, ho provato cosa
significa morire.»
«Morire...» mormora Helen,
corrugando lievemente la fronte.
Lui annuisce con il capo, dicendo:
«Sì, morire. Quando un vampiro ti
morde, si muore. Se invece decide di farti diventare come lui, e dunque
inietta
il suo veleno in te, si muore comunque, per poi rinascere la notte
successiva
del tutto diverso.»
La giovane appoggia i palmi
indietro, sulle morbide coperte del letto, inarcando così di
un po’ la schiena,
e continua a fissare intensamente l’altro, seduto a un paio
di braccia da lei
sulla sponda del materasso. Sono lì da qualche ora, a
parlare e confrontarsi,
oppure semplicemente a guardarsi negli occhi, in silenzio. Non sa di
preciso
che cosa sta facendo: si trova seduta sul proprio letto a pochi
centimetri del
predatore più letale del mondo. Eppure, non ha paura.
Helen storce un po’ le labbra e si
ritrova a commentare:
«La morte non è così orribile come
la descrivi.»
«Ma davvero... e tu, che
l’hai già provata, sai bene di che
parli, vero?» fa lui, ironico.
«Tu la morte la temevi.» ribatte
lei, decisa «Ecco perché l’hai trovata
orribile.»
Edgar alza un sopracciglio,
affermando:
«La teoria sulla morte più
affascinante che abbia mai udito... Davvero credi, quindi, che se non
si teme
la morte questa può divenire la cosa più dolce e
bella a cui un uomo può
aspirare?»
«Naturalmente sì.»
«E tu Artemisia? Dici di non
temerla; perciò sei certa che sarà
un’esperienza meravigliosa? La più
bella?»
la interroga lui, incuriosito.
Helen abbassa lo sguardo,
pensierosa. Dopo una pausa, mormora:
«Semplicemente, per me la morte
sarà un sollievo. Una liberazione. Andrò in posto
migliore.»
«Una liberazione?» ripete Edgar,
incupendosi.
Lei annuisce con il capo.
«Sono così stanca... il male che
ho dentro mi sta distruggendo. La mia unica consolazione è
che mi troverò
meglio, dopo.»
«Artemisia, no...» Edgar le si fa
più vicino e le prende delicatamente una mano, cercando il
suo sguardo azzurro
che è sfuggevole e triste.
«Se è una liberazione ciò che
cerchi, ti prego... accetta quella che ti offro io.» le
chiede a mezza voce,
intensamente.
Lei si morde un labbro.
«Edgar... non posso.» ritira la
mano e si alza in piedi, fermandosi davanti la finestra chiusa.
«Ma se non temi la morte, non
temere ciò che ti sto offrendo...» insiste lui con
lo stesso tono di prima,
rimanendo sul letto.
«Ho paura, in realtà, del Giudizio
Finale. Dio condanna i deboli di spirito, i dannati.» mormora
lei, tremante e
con le lacrime agli occhi.
«Artemisia, io voglio solamente
salvarti. Puoi credermi: è così. Non desidero
altro che tu viva... puoi anche
non accettarmi, ma ti supplico: vivi.»
«Ti prego, smettila.» si porta di
scatto le mani al viso, singhiozzando lievemente «Edgar...
basta così...»
Lui, incupendosi, si alza quindi
dal letto e le si fa vicino, per poi abbracciarle delicatamente la vita.
Lei singhiozza un po’ più forte,
mentre le lacrime le rigano il volto.
«La mia proposta ti fa davvero
così tanta paura?» sussurra Edgar, comprensivo.
Helen annuisce, tremando ancora.
Lui avvicina il viso ai suoi
capelli, chiudendo gli occhi e assaporandone il buon odore. Lei
continua a
piangere, disperata.
Non
piangere, Artemisia...
Il volto del vampiro si tira in
un’espressione di sofferenza.
«Artemisia...» mormora, aprendo di
un poco gli occhi «Non voglio che tu soffra per le mie
parole. Perdonami.»
«Se non vuoi che soffra...» lei
prova a voltarsi verso di lui che quindi la lascia per far
sì che gli occhi
lucidi di lei s’incontrino con i suoi addolorati.
Helen conclude con voce poco
ferma:
«Allora non propormi più di
diventare come te.»
Edgar tira le labbra,
irrigidendosi.
«Se davvero mi ami come dici...
devi farmi questa promessa.» ribadisce lei, mentre nuove
lacrime le scivolano
sulla pelle.
«Io...» il vampiro s’incupisce,
esitando.
«Ti prego.» sussurra lei con occhi
lucidi.
Dopo qualche istante di silenzio Edgar
distoglie quindi lo sguardo e, con un’espressione
amareggiata, dice a mezza
voce:
«Va bene, Artemisia... se è ciò
che vuoi...»
«Grazie...» sussurra lei,
abbassando gli occhi e dirigendosi al letto.
Edgar si volta verso la ragazza,
che si è seduta sulla sponda, e le chiede:
«Posso comunque continuare a farti
visita?»
«Ci tieni così tanto?» gli domanda
di rimando, asciugandosi gli occhi con un fazzoletto ricamato.
«Ma certo, mio angelo.» risponde
lui con enfasi.
Lei lo guarda intensamente, per
poi enunciare con dolcezza:
«Solo
tu hai il potere di rendermi triste o
donarmi gioia e conforto. Il mio amore ha raggiunto tali vette di
follia che
rubò a se stesso ciò che più
agognava... Ad un tuo cenno, subito cambiai il mio
abito e i miei pensieri, per dimostrarti che sei tu l'unico padrone del
mio
corpo e della mia volontà...»
Edgar mostra un sorriso sghembo,
commentando:
«Uhm... appropriato.»
«Sono parole che pronuncia Eloisa ad
Abelardo.» anche Helen sorride lievemente «Possono
perfettamente essere
assegnate anche a te, non trovi? La passione che provava Eloisa
è molto simile
alla tua.»
«Ma nella vicenda, anche Abelardo è
follemente innamorato...» fa notare lui.
«Quella è solo una storia, in fondo.» lo
contraddice Helen.
Edgar sospira e poi recita con emozione:
«Quanto più chiudo gli
occhi,
allora meglio vedono,
perché per tutto il giorno guardano cose indegne
di nota;
ma quando dormo, essi nei sogni vedono te,
e, oscuramente luminosi, sono luminosamente diretti
nell’oscuro.»
«Shakespeare...» capisce Helen, colpita.
«Anche questi versi sono molto
appropriati, non trovi Artemisia?» sorride lui, volgendo
intanto lo sguardo
fuori.
Sta per albeggiare.
Anche Helen se ne accorge, quindi domanda:
«E’ quasi giorno... devi andartene?»
Lui dapprima abbassa lo sguardo, poi
torna a rivolgerlo a lei, dicendo:
«Se vuoi che resti...»
«Ma cosa ti accade se ti esponi alla luce
del giorno?» lo interroga, incuriosita.
Lui storce un po’ le labbra, rispondendo
di malavoglia:
«Un dolore intenso, sulla pelle, come se
un fuoco mi divori... come se improvvisamente mi ritrovassi
all’Inferno tra le
fiamme.»
«Ma è orribile...» fa lei allarmata.
«Poco m’importa, Artemisia, se, in cambio
di questo dolore, posso passare più tempo con te.»
la rassicura il vampiro con
decisione.
«No... non voglio che resti. Non voglio
che ti veda mio padre.» ribatte lei, lanciando uno sguardo
alla porta della
camera «E’ troppo rischioso.»
«Come vuoi...» cede lui, del tutto
succube della ragazza «Tornerò appena
farà buio.»
«Dovrei dormire, ogni tanto.» prova a
dire lei, ma senza nemmeno troppa convinzione.
Edgar le sorride, dicendo:
«Dormi pure quando passo a trovarti, se
vuoi; vederti dormire mi rende sereno.»
«Mi sentirei a disagio.» commenta lei
storcendo le labbra.
Lui ride; una risata limpida e oscura
allo stesso tempo.
Alla giovane manca quasi il fiato,
colpita da quel meraviglioso suono.
«Stai bene, Artemisia?» lui, che sembra
capire, le si rivolge con uno sguardo ironico.
«La tua presenza mi sta letteralmente
annebbiando i sensi.» si porta una mano in fronte, presa da
un lieve capogiro.
«Potrei dire lo stesso per te.» sorride
lieve Edgar di rimando.
«Immagino sia una caratteristica di voi
esseri.» lo ignora Helen «Così...
affascinanti e ammalianti.»
«Caratteristica che usiamo in genere per
confondere e stregare le nostre vittime, in effetti.» spiega
il vampiro con
disinvoltura.
«Sarei una tua vittima, dunque?» Helen
sembra punta.
«Se potessi evitare di influenzarti in
questo modo con i miei poteri, davvero lo farei, Artemisia. Purtroppo,
non è
una cosa che posso controllare.» sospira Edgar, spiacente.
Lei rimane a guardarlo in silenzio ancora
un po’, infine si decide a chiedere, cupa:
«Sei mai stato attratto dal mio sangue?»
Edgar mostra un’espressione sofferta
quando risponde:
«Non potrei mai farti una cosa simile.»
«Cosa accade se non ti... nutri?» pronuncia
l’ultima parola con evidente disgusto.
Edgar abbassa gli occhi, adombrandosi e
dicendo:
«Il mio corpo appassirà lentamente,
finché, privo di gran parte delle forze, non
sparirò per sempre, tramutandomi
in cenere trasportata poi via dal vento.»
Helen non sa che dire. Si limita a
continuare a fissarlo, pensierosa.
Non
può quindi fuggire dalla sua condizione... In questo siamo
davvero molto
simili.
Il vampiro increspa un po’ la fronte, mentre
il primo raggio di sole, filtrato attraverso le tende semiaperte della
porta a
vetri, va ad accarezzare la chiara pelle del suo volto.
Helen se ne accorge e quindi dice:
«Ora vai. Il tuo riposo ti attende.»
Edgar le sorride lievemente ed esce sul
balconcino.
La ragazza si affaccia per vederlo salire
sulla balaustra, girarsi verso di lei e pronunciare:
«Tornerò appena mi sarà possibile, mia
bella Artemisia.»
Sta per saltare, quando lei lo ferma,
chiedendogli d’impulso:
«Mi ami davvero come dici?»
«Non potrei mai mentirti.» dichiara
Edgar, serio.
«Davvero non puoi vivere
senza di me? Veramente sono ormai l’unica cosa che conta per
te?» insiste lei, seria a sua volta.
«Non mi credi, Artemisia?» mormora lui.
Helen tira appena le labbra.
«Non capisco come tutto ciò sia
possibile.» confessa a mezza voce.
Edgar le rivolge lo sguardo più intenso
che mai, sussurrando:
«Hai mai desiderato
qualcuno al punto di smettere di esistere? Al
punto di rifiutarti di fare qualsiasi altra cosa, di stare in qualsiasi
altro
posto, che non sia in sua compagnia?
Ecco dunque, Artemisia,
che da quando ti ho incontrata ho deciso di morire nuovamente, per
rinascere
ancora... per vivere una vita dove tu sei presente. E questa volta no,
la morte
non mi ha spaventato; sarà forse perché, come
dici tu, l’ho intesa come la cosa
più bella che mi sia mai capitata. Non esisto più
in tua assenza, Artemisia:
sei tu il mio punto di riferimento, ora. Perciò, credimi:
non mentirò mai sui
miei sentimenti in tua presenza.»
Helen rimane in silenzio, mentre il cuore
pare non voglia smettere di rallentare i suoi battiti.
Edgar volge lo sguardo al sole nascente e
nasconde a malapena una smorfia di dolore; colpito in pieno dalla luce.
Torna
quindi a guardare Helen, dicendo con un tono dispiaciuto:
«Perdonami, ora, ma devo andare.»
Senza attendere risposta, salta dal
balconcino e sparisce in un istante.
Helen rimane sulla soglia della porta a
vetri, cercando di respirare; è invasa dentro da una tale
emozione che il corpo
pare non risponda più alla sua volontà.
E’ pietrificata, con lo sguardo nel
vuoto, nel punto in cui, fino a poco prima, si trovava il vampiro; il
vampiro
che ha appena pronunciato delle parole bellissime.
Hai mai desiderato
qualcuno al punto di smettere di esistere?
Si porta una mano al petto, sentendo chiaramente il cuore
non rallentare la sua corsa.
Non so più cosa
pensare...
Colta da un malore, torna lentamente in camera, lasciandosi
cadere di fianco sul letto.
I suoi respiri sono faticosi, ora, e la vista si sta
annebbiando, mentre nel petto infiamma il dolore per un cuore malato.
Tossisce un poco, poi rimane immobile sul letto, aspettando
che passi.
Lentamente il dolore si placa e lei, sfinita, abbassa le
palpebre, tremando un po’ per il freddo.
Credo di essermi
innamorata di un mostro...
Una lacrima le riga la guancia, mentre sprofonda in un sonno
agitato.
Continua...
Eccomi di nuovo qua! =)
Grazie tantissimo a tutti coloro che hanno letto e in particolare a chi ha recensito:
storyteller lover: Grazie tantissimo dei complimenti! Mi fa piacere vederti tra i lettori; dopo aver letto la tua fic e aver iniziato a stimarti per il tuo gran talento (anzi io! xD) mi sento onorata di leggere una tua rece. =) Sono contenta che la storia ti piaccia, spero sarà così fino alla fine (ancora altri due capitoli). ^^ Ah, no, le frasi in corsivo sono pensieri dei personaggi usciti dalla mia testolina bacata... le citazioni sono quelle in grassetto all'inzio dei capitoli e altre due citazioni si trovano in questo secondo capitolo (le ho indicate: una è di Eloisa ed Abelardo, l'altra è di Shakespeare). Beh, lo prendo come un complimento se ti piacciono così tanto! =) Ciao!
Achiko: Ciao! =) Sono davvero contenta che la storia ti piaccia; spero di non averti deluso in questo secondo capitolo. ;) Grazie tantissimo dei complimenti: è sempre un piacere riceverli! ^//^ Davvero sarai la mia lettrice numero 1? Wow, che bello! =) Allora alla prossima, ciao!
Grazie anche a chi ha aggiunto la storia alle Preferite e Seguite. ^^
Aggiornerò questo venerdì o sabato... a presto! =)