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Autore: KH4    17/02/2010    7 recensioni
Il mio sogno è trovare un sogno. Cercarlo significa vivere? Non lo so perchè io non so se ho il diritto di questa mia vita o di questo mio desiderio. Non so cosa sia un sogno ma lo desidero così tanto perchè forse può darmi la felicità che non ho. Anche se cammino, respiro, osservo...sto forse vivendo come dovrei fare? Non lo so.Ho paura a trovare la risposta.Ho paura a guardare indietro. Ho paura di quello che sono. Ma io....chi sono?(prologo del cap.14).
La vita di Ace prima ancora che entri a far parte della ciurma di Barbabianca e durante la permanenza sulla nave di quest'ultimo, accompagnato da un dolce ragazza dal passato oscuro e ingiusto. Buona lettura a tutti!(introduzione modificata)
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Barba bianca, Nuovo personaggio, Portuguese D. Ace
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Buon mercoledì!lasciando a parte quanto sta succedendo nel mondo di one piece,concentriamoci su questo capitolo che sarà l’inizio di una parte molto,molto movimentata.Avviso fin da subito che forse nelle prossime settimane aggiornerò di sera,dipende dai miei orari di universitari (a dir poco che infernali,arrivo a casa a tardo pomeriggio,sera ormai).Detto questo,passo a ringraziare chi come sempre mi lascia qualche piccola recensione!(chiedo  scusa per la brevità ma ero un pochino di fretta,sorry!)Perdonate anche eventuali errori di ortografia!

Yuki689:Non sai che bello quando ho letto la tua rencesione!è davvero una soddisfazione riuscire a incentrare il carattere di un personaggio,specie se compare uno volta su diecimila come hai detto tu.L’incontro era doveroso,anche perché mi occorreva per forza un capitolo di mezzo se così possiamo dire!Come ho detto la volta scorsa,molti particolare occorrono per il mi diabolico e intricato progetto che spero di riuscire a portare a termine,ora con l’università il tempo per scrivere si è ridotto alla sera,i weekend,durante gli intervalli.Spero che l’ispirazione non mi abbandoni,mi serve per il gran finale!Sulla tua richiesta di avere Sayuri come sorella credo di poterti accontentare solo a un patto:prestami la tua Yume e forse ci penso,io la adoro quella ragazza!!

Maya90:ehi,si non capita tutti i giorni di parlare a tu per tu con un imperatore!potessi farlo io,avrei tante cose da dire….Come hai detto tu,occorre qualcosa di buono in questo momento e continuare la mia storia credo sia la cosa più giusta perché bene o male che siano andate e cose,Ace rimarrà ugualmente il mio personaggio preferito;vuoi la verità?anch’io spero in un miracolo ma se mai non accadesse…beh,non potremo dire che Oda non ci ha risparmiato i colpi di scena.Ti ringrazio tanto per l’abbraccio,ci vuole proprio!!

MBP:non scusarti,è normale;Oda ci ha tirato un tiro mancino che ricorderemo negli annali di one piece.Se avessi tra le  mani chi so io credo che verrei incarcerata a vita e condannata direttamente a morte ma almeno mi sarei tolta una bella soddisfazione.Congratulazioni per non esserti arresa e per aver continuato la fict(Bellissima vorrei aggiungere);se avessimo smesso di scrivere per tu sai cosa,credo che non avremmo mai potuto identificarci come scrittrici.

Beatrix:cara mia,sapevo che avresti apprezzato il capitolo.Riuscire a centrare la personalità del rosso non è stato proprio facile visto che compare pochissime volte quindi ho dovuto prima informarmi,analizzare,mettere tutto insieme e infine incrociare le dita:il risultato mi è parso buono.Shanks è un sognatore particolare che sa quello che vuole e spero sinceramente di vederlo presto in One piece (credo che ora stia combattendo contro Kaidoh).Mi fa piacere che ti sia “innamorata di Sayuri”:l’estremo riverenza deriva appunto dal suo carattere,non poteva di certo darle del tu,è pur sempre molto educata!Se Ace e lei ti fanno ridere aspetta di leggere quello che ho scritto qui….

Angela90:ciao tesorino!!inutile che ti dica che mi fa piacere che tu apprezzi il fatto che Ace e Sayuri si avvicinino e che soprattutto io abbia centrato il carattere di Shanks;non sei la sola a dirmelo ma grazie comunque,fa sempre piacere ricevere dei complimenti anche se finisco sempre per imbarazzarmi,non sono abituata!

 

 

Dopo essersi lasciati alle spalle Yukiryu, l’isola delle perle si stava sempre facendo più vicina. Fu una gioia per molti della ciurma potersi togliere gli indumenti pesanti e passare a quelli più leggeri; il freddo dell’isola invernale era stato più che sufficiente a farli desiderare il caldo del deserto, specialmente a Bonz.

Per tutto il tragitto del ritorno e il tempo impiegato per la partenza, Sayuri era rimasta assorta nei i suoi pensieri, senza parlare: il piccolo colloquio avuto con l’imperatore rosso era una questione su cui era indecisa se parlarne o meno a Ace ma gran parte del suo ragionamento la improntava a scegliere di tenersi per sé quell’episodio, almeno per ora. Era stato a dir poco sorprendente come quell’uomo le avesse aperto la mente su una prospettiva totalmente diversa da quelle che era solita vedere e ancora adesso ci ripensava con tutta calma, nonostante fosse concentrata sul suo lavoro di navigatrice; la mano sinistra impugnava la piuma d’oca la cui punta era bagnata di inchiostro nero mentre la destra teneva ferma il foglio e ogni tanto spostava indietro le ciocche dei suoi lunghi capelli dietro l’orecchio. Lavorare alla realizzazione di nuove cartine l’aveva sempre rilassata: non prendeva quel fare come fosse un lavoro, le faceva piacere perché ogni foglio diventava una testimonianza di un dato luogo che aveva visitato. Yukiryu non sarebbe rimasta impressa nella sua memoria solo per l’incontro col Rosso o per il suo sfogo con Ace: lo avrebbe ricordato come il punto d’inizio di una sua nuova veduta del mondo.

“Oggi sei fra le nuvole” affermò Don nel ripulire i suoi strumenti.

Entrambi si trovavano nella stessa stanza a lavorare senza troppe distrazioni.

“Può capitare. Sono pur sempre un’umana” gli rispose lei distinta e sempre tenendo sott’occhio contemporaneamente il log pose e la cartina.

Dopo una sbronza con i fiocchi, la mente di Don diventava temporaneamente così lucida da non lasciarsi mai scappare nessuna anomalia che riguardasse le cose o le persone. Se ripensava a quanto era successo dopo quelle tredici birre bevute tutte d’un fiato, a Sayuri quasi scappò uno sbuffo divertito, che non sfuggì al medico-cecchino.

“Strano, pensavo che santa Sayuri fosse perfetta sotto tutti i punti di vista, esclusi quei adorabili aracnidi a otto zampe” ironizzò col suo tono lievemente pessimista. Alla ragazza parve quasi di scorgere un lieve risolino in quell’affermazione.
“Ti dò l’impressione di essere perfetta?” gli domandò sorridente
“No, mi dai l’impressione di una persona che dubita di sé stessa” replicò colpendo il punto della situazione “Problemi?”

Don era uno svogliato. Un individuo dal carattere poco improntato a sorridere come fosse la felicità in persona e si sapeva. Era sempre schietto, non gli passava mai per la testa di occultare pensieri e parole con termini più eleganti: se diceva una cosa, la diceva a modo suo e se doveva rimproverare qualcuno, non esitava a farsi odiare. Era persona insopportabile per chi non era in grado di vedere cosa avesse davanti al naso ma lo faceva unicamente per dimostrare che mentire, anche se a fin di bene, era sempre sbagliato. Era una persona su cui si poteva contare e che teneva alle persone, agli amici che contraccambiavano la sua fiducia e Sayuri lo sapeva, altrimenti non si sarebbe interessato al suo umore. Anche se considerava le donne gli esseri più problematici al mondo, non poteva certo ignorare la ragazza, anche se a volte non riusciva proprio a capire la sua insulsa e a volte esagerata generosità ma la verità era che in fondo, molto in fondo, ormai la considerava un’amica e vederla assorta a quel modo lo aveva spinto a pensare che forse anche lei poteva avere dei problemi.

“No, stavo solo riflettendo su una cosa che mi è stata detta” si limitò a dire lei “E a forza di pensarci ho capito che se voglio trovare ciò di cui ho bisogno, devo impegnarmi come si deve, senza lasciarmi condizionare da qualunque cosa mi si pari davanti” gli disse elargendo un sorriso dolce dalle sfumature determinate.
Don sospirò “Per renderti così pensierosa deve essere qualcosa di grosso. Mi auguro che tu l’abbia risolta veramente questa faccenda, altrimenti se la prenderanno con me”
“Eh eh, non ti preoccupare: nel caso qualcuno sospettasse di te, negherei il tuo coinvolgimento e comunque ora sto bene” gli assicurò tornando alle sue carte.
L’amico parve più sollevato “Meglio così ma forse questo dovresti dirlo a Ace. Per tutto il tragitto fatto per tornare alla nave non ha fatto che guardarti con un’espressione cupa” le rivelò.

A quella novità, Sayuri distolse nuovamente l’attenzione dalle mappe, con il rischio che il log pose le sfuggisse dalla mano.

“Quando si è accorto che mancavi alla festa è venuto subito a cercarti e quando stamattina l’ho visto, era come se fosse appena stato a un funerale. E’successo qualcosa?”

Nel ruotare gli occhi verso sinistra, inclinando insieme la testa, la ragazza vagò con la mente indietro nel tempo. Il suo attimo di debolezza le era costato più di quanto pensasse ma alla fine aveva ottenuto qualcosa che l’aveva rinsavita: conforto.Ace le era rimasto accanto per tutto il tempo necessario,le era sempre apparso col volto sorridente ma probabilmente si era lasciata convincere troppo velocemente dalle sue stesse impressioni se adesso veniva a sapere che si stava ancora preoccupando per lei; non avendogli detto nulla al riguardo, era logico pensare che attualmente i suoi pensieri si fossero tramutati in domande prive di risposte e questo a Sayuri dispiaceva, perché non voleva vedere Ace soffrire per causa sua ma non voleva nemmeno confessargli ogni cosa o meglio, non poteva. Sentirsi una stupida ingrata non bastava, lei non era pronta ad aprirsi ma di certo non avrebbe lasciato il ragazzo con quella preoccupazione e con quell’ansia a tormentarlo.

“Non mi sono sentita bene e lui mi ha aiutato” rispose all'amico guardandolo dritto negli occhi.

Il medico-cecchino smise di passare il panno sui suoi strumenti nel sentire gli occhi della castana su di sé. C’era qualcosa di diverso in lei e ne ebbe conferma nel vedere quel riflesso blu guizzare nei suoi occhi, che subito scomparì dietro a un che di più intenso e meno enigmatico. Non era capace di vedere cosa ci fosse oltre, quella sorta di forza invisibile che accerchiava la ragazza lo respingeva come fosse una corrente ostile. Poi però, la vide sorridere con più spontaneità e quell’ostilità percepita, si acquietò, lasciandolo finalmente a capire cosa avesse spinto Ace a cercarla e farsi tante domande su di lei. Per certi versi, rimaneva ancora un mistero ma tutto sommato, nei profondi recessi del suo animo, ma davvero molto in fondo, non considerava quella ragazza poi così problematica ma mai lo avrebbe detto a voce. Costava tempo e fatica trovare le parole giuste e in quel momento era già preso a pulire i suoi strumenti da laboratorio.

“Vado a cercarlo. Finirò il lavoro più tardi” gli disse lei uscendo dalla stanza.

Abozzando quello che teoricamente doveva essere un sorriso, Don asserì mentalmente che quella era la cosa giusta da fare.

 


“Ace, posso entrare?”

Sayuri aveva bussato tre volte alla porta della cabina del capitano ma senza mai avere una risposta.Constatato che non si trovasse lì, lo cercò in cucina e nelle altre stanze, chiendo ai suoi compagni, per poi ritrovarsi sul ponte con niente tra le mani. Ace non si trovava da nessuna parte. Quando voleva, il moro sapeva eclissarsi ma la ragazza era sicura che prima o poi lo avrebbe trovato; non poteva di certo aver deciso di farsi un bella nuotata in mezzo al mare visto che sarebbe andato a fondo come un pezzo di piombo, quindi doveva trovarsi sulla nave per forza.Nel levare gli occhi al cielo, si confrontò con la luce del sole, che di tanto in tanto veniva deviata dalle vele gonfiate dal vento e nel guardare l’albero maestro, ebbe un intuizione; si arrampicò fino in cima e una volta arrivata, riversò i suoi occhi sulla figura seduta nell’abitacolo.

“Ace”

Il giovane capitano dei pirati di picche era comodamente seduto all’interno della vedetta: il cappello arancione con i vari decori nascondeva gran parte del viso, esclusa la bocca, piegata in una linea all’ingiù. Dalla posizione pareva che stesse dormendo ma non appena sentì pronunciare il suo nome, con il dito indice alzò il copricapo dalla falda intarsiata di perline rosse, per vedere chi lo stava chiamando.

“Sayuri” disse nell’apostrofare un sorriso storto “Che succede?”
Per tutto il tragitto fatto per tornare alla nave non ha fatto che guardarti con un’espressione cupa.

Nel ripensare all’affermazione fatta da Don, una forte amarezza investì la navigatrice . Leggeva in Ace l'astio e nonostante la stesse osservando con quell’espressione sorpresa e allegra, Sayuri si sentiva ugualmente in colpa. Era fin troppo brava a criptare le persone, era una sua dote: non era tanto per i segni o i gesti che compivano ma più che altro, per il brusco cambiamento che avveniva nella loro forza vitale, così lei la chiamava: aveva sempre visto la determinazione di Ace come una sottile fiamma cremisi alzarsi orgogliosa in cielo, per potersi mostrare a tutti quanti senza alcuna vergogna. Ma ora quella forza si era notevolmente affievolita ed era nera come la pece, senza alcun riflesso, totalmente opaca.

“Ti stavo cercando. Va tutto bene?”
Ace aggrottò le sopraciglia ancora più sorpreso “Certo, perché me lo chiedi?”
“Ecco..” cominciò cercando le giuste parole “Avevi un espressione così rabbuiata che ho pensato stessi pensando a qualcosa di poco piacevole.” confessò.

Nel rilassare i muscoli del viso, Ace respirò con un che di sorpreso negli occhi; un misto di serietà e calma lo coprì interamente, nonostante avvertisse il sentimento di Sayuri cercare di rimanere laddove doveva stare. La sua abilità, sviluppata con anni e anni di esperienza, le stava mostrando un lato del ragazzo che le faceva paura; le sembrava di camminare nel buio e che non ci fosse modo per tornare indietro. Aveva tante possibilità di centrare il primo passo quanto quelle di sbagliare e peggiorare le cose ma in quel momento, non voleva ne addentrarsi ne tornare indietro; poteva capire bene in quale condizione emotiva lui si trovasse, lo immaginava bene, perché era identica alla sua e quindi era ben conscia che l’unico modo d’agire possibile era quello di non insistere.

“So che non è affar mio ma non voglio che tu mi sorrida solo per rassicurarmi. So che c’è qualcosa che ti angustia e non volevo che insorgesse per causa mia. Non ti chiederò nulla ne ti assillerò, perché so bene che davanti a certi problemi si vuole essere forti abbastanza da affrontarli da soli, però se il motivo del tuo rabbuio è insorto per colpa mia, allora voglio scusarmi”

Anche lei aveva notato che Ace era strano, non solo Don ma temeva di toccare un tasto troppo intimo se solo avesse provato ad approfondire la conversazione. Ogni persona tendeva a nascondere qualcosa dentro di sé, anche se si trattava di insignificante e Sayuri ne sapeva qualcosa e pertanto, se Ace avesse preferito non parlare di certe cose, lei non sarebbe stato tanto sciocca da indurlo a confessarle quel che preferiva tenere per sé. Forse era un po’tardi per pensare ai dettagli ma quella sua consapevolezza era risorta con l’immagine di quell’abbraccio sotto la neve. Lì Sayuri aveva percepito un secondo sentimento oltre a quello di conforto: nel chiudere gli occhi, lo rievocò come stesse chiamando a sé l’haki e alla fine lo percepì nuovamente vicino a sè: Ace le aveva trasmesso comprensione. Si era creata un’affinità in quell'istante, un legame tanto sottile quanto forte, che gli occhi della castana vedevano come un filo violaceo legare il suo polso a quello del moro.

Nello stargli di fronte, nel viaggiare sotto il suo comando, aveva compreso che quel che più gli piaceva di lui, che la incantava tanto da farla vacillare, era il vederlo sorridere; il sorriso di Ace era spensierato proprio come quello di un bambino, sincero in ogni sua sfaccettatura e quando lo vedeva dipinto sul volto del ragazzo a cui voleva tanto bene, si lasciava avvolgere volentieri dalla sua allegria. Non sapeva bene che reazione si aspettasse dal suo capitano dopo avergli detto quel che pensava ma vederlo scoppiare a ridere, portandosi la mano sulla fronte, la ammutolì di punto in bianco.

“Tu sei davvero incredibile!!” esclamò calmando le proprie risate con la castana che lo fissava incredula.

Si alzò in piedi e nel portarle una mano sulla testa, le disse: ”Non riuscirò mai a capirti! Stai sempre a preoccuparti per gli altri e mai per te stessa e ti scusi come se avessi commesso un reato imperdonabile. Sei davvero troppo buona! Ah ah ah ah!!” continuò allegro nell’accarezzarle i capelli dolcemente. I loro visi erano molto vicini, come l’ultima volta.

 Sayuri si sentì ancor più persa di prima e la mano di Ace sulla sua testa non la stava aiutando a mettere in ordine le sue idee. Non si era sbagliata, le sue percezioni non l‘avevano mai ingannata, però Ace non le stava mentendo con quella risata, affatto.

“Ace..”

Funse da richiamo quel pronunciare il suo nome con un che di timore nel fondo. Sayuri lo guardava tendendo una mano stretta al petto mentre con l’altra si reggeva per non cadere all’indietro. L’aver fatto emergere inconsapevolmente qualcosa di oscuro, la spinse amaramente a dubitare di quella risata e quando poi scorse quel cenno di serietà tornare sul viso di Ace, ne ebbe la piena conferma. Quell’alone nero non si era dissolto del tutto. Era ancora lì, e da come Ace cercasse di occultare i suoi occhi, era evidente che di qualunque segreto si trattasse, per il ragazzo sembrava essere davvero imperdonabile.

“Si è vero” esordì tetro ”C’è una cosa di me che preferisco tenere nascosta. Quando ti ho vista piangere mi è sorto un dubbio che mi ha fatto pensare a questo fatto. Non ne vado affatto orgoglioso, anzi...mi disgusta” sibilò.

Il suo sguardo si era assottigliato a tal punto che le pupille erano ridotte a due fessure. A Sayuri fece di nuovo paura. Non lo aveva mai visto con quell’espressione, era un’altra persona, completamente diversa dal vispo e allegro ragazzo che conosceva. Nonostante la sorpresa, non distolse lo sguardo. Doveva essere pronta ad aiutarlo.

“Tu hai le tue ragioni per non dirmi nulla e come ti ho già detto, rispetto il tuo volere ma riflettendoci ho pensato, e di questo sono sicuro, che tu al contrario di me hai pagato delle pesanti conseguenze ed è per questo che vederti piangere mi ha fatto così male”

Strinse i pugni e nuovamente il cappello oscurò il suo viso, cosicché potesse nascondere a tutti quello che il suo stato d’animo stava esprimendo ma Bianco Giglio potè comunque avvertire che quello che Ace stava reprimendo con il solo pensiero, era un rancore così sviscerato e immenso che gli dava la nausea anche solo sfiorarlo. Avevano una cosa in comune ma entrambi la tenevano nascosta per non dover odiare o soffrire. Sapeva di condanna, una condanna decisa ancora prima che si incontrassero, che nascessero.Ace aveva visto in Sayuri una forza così grande da essere paragonata solo a quella che l’aveva fatta piangere e per questo si era sentito un verme, perché non era riuscito a impedire che il male interiore della ragazza la toccasse. Se quello che pensava era vero, allora avrebbe dovuto dirle di non rattristarsi e di non stare a pensarci, perché quella persona o quelle persone non avevano fatto altrettanto, che non meritavano le sue lacrime ma la giovane era così sensibile, che più che per se stessa, guardava gli altri, dimenticandosi invece di quanto poteva essere felice e questo a lui non andava giù. Nel sentirsi sfiorare e infine toccare la spalla, l’ostinazione e quella repulsione che stava autoalimentando svanirono. Sayuri era lì, con la sua dolcezza a placare anche l’istinto più violento. Ormai la sua presenza era diventata indispensabile, che neppure ricordava da quanto fosse lì.

“Resta qui, con tutti noi” gli chiese “Non possiamo andare avanti senza il nostro capitano”

Era il suo modo di dirgli che andava tutto bene e che avrebbe mantenuto la sua promessa. A quel punto Ace fu pervaso da una quiete purificatoria, che lo trascinò via da quei pensieri e lo riportò lì, dove c’era lei. Afferrò saldamente quella mano per fargli capire che era ancora lì e ci sarebbe rimasto.

Io ti farò diventare il Re dei Pirati. Hai la mia parola, Ace.

Ed Ace non ebbe più motivo di rivangare nel passato.

Nell’incatenare i suoi occhi neri a quelli color cioccolato della ragazza, calò un silenzio privo di imbarazzo e di parole. Inconsapevolmente, si erano trovati e nello stringere con più vigore la mano della ragazza, Ace tornò definitivamente nel presente; la pace che si creava ogni qualvolta lei fosse nelle vicinanze, era si dirompente ma al tempo stesso calma e silenziosa, tranquilla come il leggero vento che piegava i morbidi fili d’erba di un prato. Fin dall’inizio era rimasto incuriosito da quella ragazza ma solo dopo averla guardata negli occhi, aveva compreso perché fosse così particolare: le iridi marroncine nascondevano fascino e dolcezza, potere e calma ,beltà e candore. La sua sola presenza, bastava perché quel magnetismo che esercitava senza intenzionalità, attirasse a sé anche i meno curiosi. La sua natura elegante, i lineamenti fini e la sua volontà forte e pura quanto il diamante, la rendevano identica, se non superiore, a una principessa ,anche se irraggiungibile per via di quello strano senso di distacco che si creava intorno a lei e che fermava chi voleva conoscerla più a fondo. Era buona e gentile ma riservata e solo lui aveva avuto la cocciutaggine necessaria per fare quello che altri nemmeno avevano pensato di compiere; difatti, adesso lei faceva parte della sua ciurma e questa era stata una piccola grande vittoria che sempre gli avrebbe fatto piacere ricordare, anche se al momento aveva un altro tipo di vittoria nella testa che lo faceva sorridere furbescamente. Un piccolo episodio accaduto la notte precedente per essere più esatti.....

FLASHBACK

Era incredibile.
Ace non riusciva proprio a prendere sonno ed era quasi giunto al punto di desiderare che la narcolessia lo colpisse nonostante quella si presentasse sempre in momenti poco richiesti come il pranzo. Tutta Yukiryu dormiva placidamente sotto quella brillante coltre di neve, tranne lui.

Sbuffò, rilasciando dalla bocca un piccola e calda nuvoletta d’aria, per poi sistemarsi il capello in modo tale da coprirgli la parte del superiore del viso, stropicciandosi gli occhi con il pollice e l’indice; tempo sette secondi e optò per toglierselo, sospirando pesantemente una seconda volta e passandosi una mano fra i capelli neri. In verità non era stanco, affatto ma desiderava comunque crollare come spesso gli capitava di fare in altre occasioni, puramente per smettere di vedere impressa nella sua mente quell’immagine che gli stava straziando il cuore, arrivando addirittura a togliergli il respiro; vedeva ancora Sayuri piangere e quando tentava di allungare la mano, lei si allontanava, fino a diventare un punto a malapena distinguibile nel buio. Percepiva il gelo provato in quel momento di shock, i suoi occhi lucidi e rossi, la sua paura salirgli su per la schiena e spezzargli la spina dorsale in tantissimi pezzettini.
Era ancora tutto lì, nella sua mente, vivo e pulsante come un organo. La vedeva nella sua mente ma nella realtà lei stava dormendo su alcuni sacchi dietro di lui, tranquilla e senza agitarsi nel sonno. Nel girarsi di schiena e senza fare alcun rumore, si mise in ginocchio cosicchè da guardarla dall’alto verso il basso; era sdraiata sul fianco sinistro, con un braccio piegato sotto la testa mentre e l'altro vicino al ventre piatto. Il petto si alzava e si abbassava regolarmente e il suo respiro era talmente effimero che solo a una distanza molto ravvicinata si poteva sentire. I lunghi capelli le ricadevano sulla spalla scoperta dal cappotto, le folte ciglia femminili erano ben evidenti come i dolci lineamenti che contornavano il suo viso, un poco rossiccio per la temperatura. Le labbra, uniche a non risentire del freddo, erano appena dischiuse.

Mi stai tentando in una maniera indicibile, piccola Sayuri. Si ritrovò a pensare quando, senza volerlo, si piegò in avanti, dandosi appoggio con gli avambracci.

Il denominarla piccola non era un fattore ricollegato alla sua età o alla sua altezza; non poteva sapere che quella giovane era nata solo due mesi dopo di lui ma ugualmente la ricollegava a quell’aggettivo perché da Gungle River in poi, fino a qualche ora prima, aveva scorto in lei la sua reale facciata; una bambina dal volto semicoperto dai capelli, rigato dalle lacrime e dal sorriso incurvato all’ingiù. Con l’indice e il medio della mano destra, le accarezzò i capelli con tocco invisibile, fino a far discendere le dita lungo la linea dello zigomo, per poi solleticarle la guancia rosea. E intanto il suo volto veniva accarezzato dal respiro di lei, sempre più vicino. Non sarebbe stato affatto corretto a farlo, anzi sarebbe stato veramente sleale e subdolo: quella che si apprestava a baciare non era una persona qualunque ma Sayuri, la piccola e dolce Sayuri che aveva promesso di non far soffrire. Se la parte ragionevole di lui gli stava imponendo categoricamente di allontanarsi da lei, la parte istintiva, dettata dal cuore, non faceva che affermare l’insufficiente quantità di ragioni necessarie a fermarlo. Il semplice fatto di sapere che era sbagliato, fece comparire quel suo sorrisetto da canaglia istantaneamente, che trasformò in qualcosa di più sognante nel mentre si soffermava ancora un attimo sul viso della castana.

Non era che un semplice bacio quello che voleva darle, non era altro che il suo voler soddisfare un capriccio e un desiderio egoistico il suo. In fondo, lui rimaneva pur sempre un uomo e il fatto di essersi frenato prima, davanti alle lacrime di lei, lo sollecitava a compiere quel gesto all’insaputa della bella ragazza.

E dire che ho promesso di non ferirti. Pensò mentre le sue labbra andavano a toccare quelle addormentate di lei.

FINE FLASHBACK.

“Ace? Va tutto bene? Ace, mi senti?”
“Ah!”

Scosso dal tocco leggero della mano di Sayuri, Ace sbattè un paio di volte le palpebre, ridestandosi così da quel ricordo così vivido e vicino. Raccolta una buona manciata di secondi per mettere in ordine le idee, sorrise allegramente alla ragazza, sistemandosi come di consuetudine il cappello. La castana lo guardava confusa, con la testa piegata di lato e con quel lieve velo di preoccupazione rivolto unicamente a lui.

“Anche se avevi gli occhi aperti ero convinta che fossi caduto in un altro attacco di narcolessia. Non mi rispondevi” gli disse.
“Ah ah! Non ho ancora raggiunto un simile livello e poi credo che nemmeno mi accorgerei di avere gli occhi aperti se dormo” rise portandosi una mano sulla fronte.
“Penso di si, però devo ammettere che avevi un espressione felice” sorrise lei.
Si, ed è meglio che non ti dica il perché.

In quel momento era combattuto tra la voglia di sorridere e il leggero senso di colpa che gli stava urlando di essere un vero e proprio approfittatore. E intanto la dolce Sayuri si stava preoccupando per nulla, ignara di cosa il suo capitano avesse combinato. Quel suo lato ingenuo era così tenero e buffo che era paragonabile solo a quando arrossiva: uno spoettacolo davvero unico...

“Ma sono contenta...” mormorò poi lei addolcita “Almeno ti ho distratto. Davvero Ace, ho realmente temuto che ti fossi allontanato da tutti”

....però la sua preoccupazione, quella particolare preoccupazione che rivolgeva a lui, gli dava un senso di benessere interiore. Era risaputo che Bianco Giglio si preoccupasse prima della vita degli altri e poi della sua ma era palesemente ammirevole il fatto che lei fosse sempre lì, pronta anche solo ad ascoltare. Tecnicamente era lei quella che aveva passato un brutto momento ed era sempre lei quella il cui dolore non voleva lasciare libera ma ciò nonostante, agiva secondo il suo volere e sorrideva per farsi forza e andare avanti. Sorrideva per non dover far preoccupare gli altri e si impegnava nel farlo perché ora aveva degli amici e questi amici non dovevano penarsi per lei.

“Sta tranquilla, non ho intenzione di andare da nessuna parte, non senza di voi” la rassicurò.
“Mi fa piacere sentirtelo dire”
“Ehi,voi due!! Se avete finito di fare i piccioncini, il pranzo è pronto!!!!” urlò dal basso Don.

 


“Terra in vista!”

L’isola delle perle era piuttosto piccola, spesso non segnalata sulle mappe ma comunque abitata da un considerevole numero di persone; i pochi che ne conoscevano l’esistenza, sapevano che lì e soltanto lì si praticava l’elaborazione delle perle ed anche il loro commercio. Le acque attorno al teritorio ne erano cariche e gli uomini pesce si occupavano di raccoglierne la giusta quantità per poi lasciare che gli alleati umani le trasformassero in gioielli da rivendere ai vari mercati marittimi e terreni: era un lavoro svolto in perfetta armonia e senza intoppi.Sayuri era curiosa di visitare l’isola e di scoprirne le meraviglie considerando il fatto che il log pose ci avrebbe impiegato si e no quattro giorni a registrarne il magnetismo, se i suoi calcoli erano esatti. Era contenta che fossero arrivati almeno così avrebbe visto Ace più rilassato, anche se una vocina interiore le stava suggerendo di non esserne tanto sicura e per quanto cercasse di ignorarla, alla fine, come attraccarono, non potè che pensare che quella sua vocina interiore aveva più che ragione.

Da lontano si vedeva il paese ma quel che aveva attirato l’attenzione, si trovava proprio a qualche metro da dove avevano attraccato la nave: lui era lì, accompagnato da altri tre individui.

Il primo da destra era alto, con la pelle bagnata e grigiastra, le cui fattezze rispecchiavano alla perfezione quelle di uno squalo bianco; il fisico imponente e muscoloso, classico negli uomini pesce, era accompagnato da un’espressione austera, scocciata, ben poco propensa ad ascoltare una conversazione.Non indossava che un kimono sguarcito dalle maniche strappate, con solo un grossa cintura nera a simboleggiarne il livello e una grossa pinna sulla schiena che spiccava in maniera assai vistosa.Più in basso, si aveva un pesce martello molto anziano, dalle lunghe e folte sopracciglia bianche che coprivano i piccoli occhi tondi. Se ne stava seduto a terra e fisicamente parlando, le sue fattezze erano pressochè identiche a quelle di un bambino di sei anni ma un ulteriore occhiata ben più accurata, permise ai nuovi arrivati di scorgere in quella creatura molta più forza interiore di quanto i suoi muscoli mostrassero; tra le braccia conserte teneva un lungo bastone marrone scuro, che quasi si confondeva con le vesti da samurai avente indosso.Il terzo colpì molto di più l’attenzione perché non era un uomo pesce ma bensì un essere umano, più precisamente un ragazzino: alto, smilzo e coi capelli rossicci che gli ricadevano sui occhi azzurri che teneva fissi sulla ciurma appena arrivata, portava stretto alle spalle un lungo fucile a tracolla. Se avessero dovuto azzardare sull’eta, gliene avrebbero dati 16. Don riconobbe in lui un cecchino.

Ed infine, c’era lui: un enorme squalo balena dalla pelle bluastra, con una barbetta nera e ispida accompagnata da curiose sopraciglia arrotolate. Sosteneva lo sguardo di Ace senza lasciar trapelare alcuna incertezza o paura. Il kimono che indossava era rosso, con risvolti neri e maniche larghe che arrivavano fino ai polsi.

Il vederlo in prima persona, permise a Sayuri di indentificarlo come Jimbe, il Cavaliere del Mare, un membro della flotta dei sette, l’individuo di cui non ricordava il nome.

“Sei Jimbe della flotta dei sette, vero? Piacere di conoscerti, mi chiamo Ace” si presentò il moro. Dal tono, il capitano dei pirati di picche non era sorpreso, anzi: era come certo che l’avrebbe trovato lì.
“So chi sei” grugnì l’uomo pesce “E penso di conoscere la ragione della tua presenza su quest’isola ma per essere sicuro te lo chiederò ugualmente: perché sei venuto qui?”

Di certo sapeva come usare le parole. La diplomazia doveva essere un suo punto forte perché Sayuri aveva ben analizzato ogni dettaglio di quelle frasi, partendo dal tono e terminando coi movimenti: si era dimostrato rilassato ma non del tutto propenso a fornire quello che il suo capitano voleva e inoltre, non aveva gesticolato o stretto i pugni: era sicuro di sé e di quel che diceva.

“Speravo di trovarti” cominciò Ace “So che puoi dirmi qualcosa di molto interessante”
“Bada a quello che chiedi e come lo chiedi, umano! Devi portare rispetto al sommo Jimbe!” scattò qualcun'altro.

A parlare era stato lo squalo bianco, in un attacco d’ira improvviso.

“Togai!” lo rimproverò il Cavaliere del Mare. Il suo volto si era oscurato “Controlla il tuo istinto”

Il discepolo annuì e tornò al suo posto “Chiedo scusa maestro” disse con voce più controllata.

Anche se di sfuggita, Sayuri lo udì pronunciare “Tsk!Umani..”

Anche Don e Bonz se ne erano accorti.

“Che cos’è che vuoi sapere, Portuguese D.Ace?” gli domandò per la seconda volta tornando a fissarlo.

Il silenzio era dominante e tutti attendevano con trepidazione, sollecitati dalla tensione. Da dove si trovava la castana, era impossibile vedere cosa fosse dipinto sul viso del capitano ma poteva già ben intuirlo basandosi sul suo carattere: un sorriso di sfida, storto, che si alzava da sinistra per poi scendere a destra.

“Voglio incontrare Barbabianca”

Se prima il volto del flottaro era rabbuiato parzialmente, ora lo era del tutto: i suoi dubbi dunque erano veri e le parole di Ace a tale riguardo non gli erano piaciute per niente. La sua terra era in pace grazie a quell’uomo e sentirsi debitore non poteva compensare completamente a quel gesto; per tale motivo, a quella risposta, strinse i pugni e assottigliò gli occhi nel rispondergli.

“Non se ne parla. Per quanto ne so potresti essere un assassino. Vuoi forse sfidarlo?”
“E anche se fosse?”

La situazione era entrata nel vivo di quel conflitto apparentemente passivo. Ciascuno dei presenti era paragonabile a una corda di violino davanti all’incombente realtà di uno scontro con gli uomini pesce ma non tutti erano dei pezzi di legno; Don reggeva già nella mano destra il suo fucile e Bonz era in posizione d’attacco, con i pugni serrati.Sayuri si teneva pronta all’evenienza, con le gambe pronte a scattare. Dei tre alleati di Jimbe, Togai era quello più ansioso di scendere in campo, gettando da parte la sottile arte della pazienza a sua disposizione. Erano pronti ma non si avvertì alcun segnale, non si vide alcuna scintilla far scattare quei fuochi contrapposti. Jimbe era ancora lì, con una proposta che di certo non implicava consegnare liberamente informazioni sul Re dei Mari.

“Lottare qui sarebbe indecoroso, ci sono vite che non devono essere coinvolte tuttavia non ti posso permettere di incontrare il vecchio. Se vuoi continuare questa discussione, spostiamoci al santuario di Fisher Tiger. Noi due soli” propose.

Il santuario nominato dallo squalo balena si trovava nella zona più remota dell'isola delle perle; si trattava di un lembo di terra unicamente ricoperto di rocce che periodicamente veniva isolato dal resto dell’isola dalla alta marea, che creava dei vortici impossibili da aggirare o superare. La marea saliva per qualche giorno per poi ritirarsi e scoprire il sentiero e il momento in cui questa si sarebbe presentata era vicino; proprio per questo, Jimbe aveva chiesto a Ace di andare là e da solo. Nessuno li avrebbe disturbati.

“D’accordo ma a una condizione”
“Quale sarebbe?”
“L’incolumità. Per tutta la durata della nostra “discussione”, i tuoi servitori non dovranno attaccare la mia ciurma e viceversa. Non voglio che nessuno dei miei compagni rimanga coinvolto e nemmeno tu sembri il tipo da lasciar correre inutili ai tuoi alleati”
“Mi sembra giusto. Accetto” rispose. Si avvicinò alla costa e si preparò ad immergersi “Per arrivare al santuario ci vuole un giorno ma a nuoto diminuiremo drasticamente il tempo. Hai un mezzo con cui seguirmi?”

Non c’era bisogno che glielo chiedesse perché Ace si era già fatto portare giù lo Striker, la sua comoda imbarcazione alimentata dal suo stesso fuoco. D’aspetto, si avvicinava a quello di una tavola da surf monoposto, con una piccola vela ai cui piedi era stato costruito un motore che potesse immagazzinare il fuoco del moro e gli permettesse così di viaggiare a velocità elevatissime.Con quello avrebbe potuto tenere testa anche a uno squalo balena come Jimbe.

“Fa attenzione Ace. Non è un avversario da prendere sottogamba” lo avvisò Sayuri leggermente preoccupata.
“Sta tranquilla. Ci parlo soltanto” le assicurò facendole l’occhiolino.
“Si, per due secondi” si aggiunse Don col tono di chi sapeva come realmente si sarebbero svolte le cose.
“Hai così poca fiducia in me?” sghignazzò il moro.
“Non è una questione di fiducia, solo che conosco il tuo ego come le mie tasche” replicò.
“Già, sappiamo tutti che non ti piace perdere” incalzò Bonz.
“Siete davvero simpatici quando volete” sbottò lui “Quando ritorno facciamo i conti”
“Lo sai che vogliono solo aiutarti. Non lo dimostrano ma anche loro sono preoccupati” rivelò la ragazza.
“Parla per te, Sayuri” brontolò Don, schioccandole uno sguardo malefico.
“Ma è vero. Io sono preoccupato e anche tu lo sei” aggiunse bonariamente il cugino.
“Cuciti quella bocca e mettiti gli occhiali” sibilò stizzito il medico-cecchino.

La pantomima creata servì ad alleggerire quel momento ma quando Ace partì con lo Striker seguendo a ruota il membro della flotta dei sette, il silenzio calò nuovamente. I tre alleati dello squalo balena si erano defilati immediatamente, ritenendo la loro presenza del tutto inutile.

“Sarà una lunga attesa” affermò Don
“Lo credo anch’io. Avranno molto di cui discutere”disse Sayuri.
“Immagino ma stare qui come delle belle statuine non servirà a nulla. Vediamo di organizzarci” boffocchiò dirigendosi sulla nave.
“D’accordo” fece per seguirlo ma poi si voltò un ultima volta verso il mare, lasciando che la brezza marina gli sollevasse i capelli.
Speriamo che vadi tutto bene. 

  
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