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Autore: swan87    18/02/2010    5 recensioni
Bella è obbligata a seguire le lezioni di educazione fisica, ma tutti i Cullen no, ve ne siete mai accorti? Beh, le motivazioni sono ovvie, ma vediamo cosa potrebbe succedere se Edward fosse obbligato a seguire la lezione in palestra....Buona lettura!E non di menticatevi di lasciare un commento!!Ciaoooo
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alice Cullen, Edward Cullen, Emmett Cullen, Isabella Swan, Jasper Hale
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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lo spogliatoio

Ecco qui il quarto capitolo della mia fan fiction! Innanzitutto vi devo chiedere scusa perchè non ho aggornato per molto tempo la mia storia ma,tra impegni dell'università con una tesi da scirvere e mancanza di ispirazione il tempo è passato...

Devo ringraziare mine, Kumiko_Chan_ e Simona_Cullen per le recensioni che mi hanno lasciato ed inoltre tutte le persone che hanno aggiunto la storia tra i seguiti ed i preferiti!!!Grazie grazie grazie!!!!!


Suonò la campanella e con lentezza esagerata mi avviai verso la palestra. Muovevo i piedi adagio per ritardare l’arrivo negli spogliatoi. Alice passò nel corridoio e come un turbine mi lanciò un paio di pantaloni da ginnastica e una maglietta della divisa scolastica. Non volli indagare sul come si fosse procurata gli indumenti, ma dall’odore sembravano nuovi. Per lo meno non li aveva rubati dallo zaino di qualche altro alunno, costringendomi ad indossare gli abiti sudati di qualcun’altro. Che schifo! Emmett lo avrebbe fatto sicuramente e avrebbe sghignazzato tutto il tempo.

Con gli abiti stretti in mano arrivai allo spogliatoio. Sentivo la presenza di Jasper nel corridoio vicino. Me l’aveva detto che sarebbe rimasto in zona e al momento giusto mi avrebbe inflitto la sensazione di dolore che avevo sperimentato poco prima. Ne avrei volentieri fatto a meno, ma era necessario per la buona riuscita del piano.

Pregavo che buona parte dei miei compagni di classe fossero già usciti dallo spogliatoio, ma la quantità di pensieri che si sovrapponevano dietro la porta mi confermava il contrario.

Secondo me non si presenterà alla lezione”.

Chissà quale scusa avrà in serbo oggi”.

È solo un coniglio, neanche verrà” Mike Newton. Ancora mi stupivo di quanto nervosismo mi potessero infondere i suoi stupidi e infantili pensieri.

Determinato a smentire quei pensieri aprii di scatto la porta dello spogliatoio e mi ritrovai davanti alla scena che mi ero immaginato. Tutti i ragazzi se ne stavano fermi e in silenzio nello spogliatoio, chi si stava infilando le calze, chi restava a torso nudo con la maglietta tra le mani e chi stava discutendo animatamente e all’improvviso si era fermato con le mani a mezz’aria.

Tutti fissavano me. Se non avessi avuto la certezza che li avrei potuti disintegrare in pochi secondi mi sarei sentito in imbarazzo. Subito un flusso di pensieri mi travolse, fu come ricevere una gran botta in testa, decine di voci mi entrarono nella mente pressoché contemporaneamente.

“Oh guarda chi c’è, il principino si è deciso”

“Cavolo ho perso la scommessa”

“Tyler ha perso! Ho vinto 10 Dollari!”

“ Voglio proprio vedere se è così malato come dice di essere…”

Sbuffai piano e mi incamminai verso una panca libera. Il più lontano possibile da tutti gli altri: mi sentivo i loro occhi addosso e non potevo fare a meno di evitare i loro sguardi, poiché lo spogliatoio era un unico spazio aperto. Intercettai con lo sguardo l’unico volto amico in mezzo alla marmaglia dei miei compagni: Ben. Mi avviai verso di lui e incrociai il suo sguardo mentre ignaro del mio arrivo si stava allacciando le scarpe.

“Ehi Edward, ti unisci a noi oggi?” mi chiese sorridendo.

“Già, il professore dubita dei miei certificati medici, forse dovrebbe parlare con mio padre” mi sembrò una risposta sensata, che un ragazzo di diciassette anni avrebbe potuto fornire come spiegazione.

“Beh, sono sicuro che hai delle valide motivazioni per non seguire le lezioni di educazione fisica” affermò il ragazzo.

“Ah sì, su quello hai proprio ragione!” e accennai una risata inspirando a pieni polmoni e ritrovando un po’ di rilassatezza. Mi bloccai a metà respiro interrompendolo bruscamente. Oh che schifo! Non mi ero accorto di quanto puzzasse quel luogo. Entrando una scia di odori mi aveva colpito le vie respiratorie ma non ci avevo fatto troppo caso. Era un letale mix di polvere, sudore, mobili vecchi, scarpe sporche, calzini dimenticati sotto gli armadietti, briciole di cibo, indumenti sudici, asciugamani bagnati e riposti nelle sacche, bagnoschiuma, palloni e bibite energetiche ad alto contenuto chimico. Non sapevo se per gli altri ci fosse la stessa sensazione di sporco che mi sentivo addosso, così indagai ingenuo “C’è sempre questa puzza qui dentro?”

“Quale puzza?” rispose Ben inspirando brevemente un paio di volte per testare l’aria.

Ottimo! Passavano ore delle loro giornate in un posto pieno di batteri e maleodorante e non se ne rendevano conto. “No, nessuna, mi era sembrato, ma mi sono sbagliato”.

Durante il nostro piccolo scambio di parole la situazione alle mie spalle non era mutata. Tutti i compagni se ne stavano lì ad aspettare una ed una sola cosa: volevano vedere quanto fossi malato, gracile e ammirare il mio povero corpo segnato dalla sofferenza. Non se ne sarebbero andati finché non mi avessero visto in mutande davanti a loro per poter constatare con i loro occhi che non stessi mentendo. A nessuno di loro sarebbe importato nulla se si fosse trattato di qualsiasi altro studente, ma nel mio caso tutti volevano “sapere”, non sopportavano l’idea che fossi così bello, bravo e perfetto.
Dovevo trovare un modo per ritardare e lasciarli uscire tutti. Proprio mentre mi trovavo impegnato in quelle riflessioni, tra tutte le voci che udivo nelle mie orecchie una mi colpì in pieno come la punta di una freccia. Sempre lui, Mike Newton, coglieva l’occasione per darmi sui nervi. Sentivo chiaramente che aveva accostato la mano alla bocca e sussurrava al suo compagno “Forse il principe ha vergogna di cambiarsi davanti a noi… povero scemo!”

Un meccanismo perverso scattò dentro di me ed agì cancellando i miei timori di essere giudicato per il mio fisico perfetto. Quello stupido ragazzino stava per innervosirmi seriamente. Se non avessi saputo controllare perfettamente il mio umore l’avrei scagliato dall’altra parte della stanza con una manata, frantumandogli buona parte delle ossa e rovinandogli per sempre il faccino arrogante. Decisi che non mi importava del loro giudizio, non sarebbero mai andati a dire al professore che il mio fisico era pari a quello di un atleta professionista, anche perché dopo la mia performance in palestra mi sarei trovato nell’impossibilità di partecipare alle lezioni.

“Forse è meglio che mi cambi i vestiti, non vorrei fare tardi alla lezione” dissi a Ben con un sorriso benevolo. Mi sfilai lo zaino dalla spalla e lo appoggiai alla panca, di fianco a quello di Ben. Lui intanto continuava a vestirsi. Sentivo i pensieri di quei curiosi pettegoli dietro le mie spalle, così mi levai la felpa e la piegai. Rimasi in maglietta a maniche corte e già sentivo come i loro pensieri si concentravano sulla possenza delle mie braccia pallide. Scalciai le scarpe con i talloni e le lasciai vicine ai miei piedi. Mi levai la maglietta. 

Vidi Ben sgranare gli occhi per un secondo, da quella prospettiva era l’unico a potermi vedere e si limitò a pensare un “Cavolo!” osservando i miei addominali scolpiti e i pettorali definiti. I pensieri e i commenti alle mie spalle aumentavano vertiginosamente, così d’improvviso mi girai con noncuranza, piegando con cura la maglietta. Un silenzio improvviso calò nella stanza, interrotto dal cigolare di un’anta degli armadietti metallici che sbatteva contro la parete. Il mio ego si trovava a livelli di massima soddisfazione, osservando le espressioni di stupore di quei ragazzini e, soprattutto, di Mike Newton che mi fissava con la bocca mezza aperta scuotendo leggermente la testa. Ghignavo soddisfatto nella mia mente, accennando un piccolo sorrisino sul mio volto perfetto. Per completare l’opera mi sfilai i pantaloni e rimasi in boxer davanti a tutti, pieno di soddisfazione. Lasciati passare un paio di secondi, infilai i pantaloni della tuta e la maglietta della divisa scolastica, infilai le scarpe senza slacciarle, riposi i miei abiti nello zaino e mi rivolsi a Ben “Io sono pronto, andiamo?”

Lo vidi scuotersi un attimo e ritornare con la mente nello spogliatoio e rispondermi “O-ok, andiamo” e si alzò avviandosi. Io lo imitai e lo seguii passando in mezzo agli altro compagni, troppo meravigliati per muoversi.

Non appena toccai la maniglia della porta fui assalito da un vortice di pensieri, tutti con un’unica tematica: il mio corpo assolutamente perfetto.
Risi, contento di aver dato una lezione a quei ragazzini, che avrebbero dovuto pensare ai fatti loro e non interessarsi dei miei affari privati.
Un pensiero di divertiva in particolare, ovviamente quello di Mike che scuoteva la testa muto e dentro di sé ripeteva “Non è possibile, non è possibile, non è… umano avere un fisico del genere!”

 

  
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