Nota
dell’autrice:
Bene,
comincio come sempre con i ringraziamenti a chi sta continuando la lettura
della storia e, specialmente, si prodiga nel recensire. ^___^
Ho
notato che, ultimamente, mi sono persa qualche recensore per strada >_< e
me n’è dispiaciuto moltissimo, tuttavia, mi auguro non sia stato
per un mancato interesse nella trama o nella resa dei personaggi originali.
Questa prima fanfiction, la sto tirando su capitolo per capitolo, per cui mi scuso anticipatamente se ci saranno delle
incongruenze tra un capitolo e l’altro. =P E’ un po’, come
dire, un esperimento che vorrei andasse a buon fine
come mi sono proposta prima di cominciare.
Vorrei,
poi, rassicurare Lily
90 sui rapporti Inuyasha/Kagome e Inuyasha/Kikyo.
La
storia originale della grande Takahashi prevedeva che Inuyasha fosse
eternamente indeciso e combattuto: prova un forte sentimento per Kagome, ma non
può abbandonare il ricordo di Kikyo che fu, di fatto, il suo primo
amore. Io ora non dirò come andrà a finire tra le due coppie(hihihih
dovrete aspettare mooolto tempo...lol), ma, prima o poi,
Inuyasha farà una scelta tra le due fanciulle (che dipenderà da
come si è evoluto lui stesso nel corso della storia) legandosi a questa
per sempre.
Ringrazio
ancora Jinebura per gli apprezzamenti sullo stile: davvero, se avessi avuto
l’occasione di trovarmi nell’epoca Sengoku, immagino che non sarei
tornata indietro per nessuna ragione al mondo. Se avessi incontrato il mio
bellissimo Sesshomaru, poi……*________* addio gente!!! ^^!
Per
il resto, sono davvero contenta che la storia vi piaccia, almeno fino al
momento perché ci saranno abbastanza cambiamenti in futuro e spero che
continuerete a recensire.
Un
bacio grande,
Gothika
Capitolo
V – “Enemies as we are.”
Quando quella mattina
Kagome dischiuse gli occhi, comprese che Inuyasha, al fine, li aveva raggiunti
e che non doveva aver chiuso occhio tutta la notte con
lo scopo di assicurarsi che nessun oscuro demone li potesse cogliere alla
sprovvista durante le ore notturne. E, per quanto l’hanyou si prodigasse nel mostrarsi ancora pieno di forze,
all’avvedute iridi di Kagome, non sfuggirono quelle appena pronunciate
occhiaie che cerchiavano i caldi occhi di Inuyasha, palesandone schiettamente la
lassitudine accusata. Avrebbe dovuto insistere nel farlo riposare almeno un
altro po’ prima di riprendere il viaggio alla ricerca dei frammenti della
sfera dei quattro spiriti, anche se, essendo al corrente
del suddetto soggetto, la ragazza diffidava fortemente che il mezzo demone le
avrebbe dato retta. Che razza di stupido!
Si stiracchiò un
paio di volte nel suo sacco a pelo, allungando le braccia e sbadigliando piano.
Il sole era decisamente già alto nel cielo e i suoi raggi sfolgoranti
filtravano lievemente attraverso il fogliame dell’elevato platano
rendendo il verde chiaro delle foglie quasi fluorescente in un modo, forse,
anche troppo splendente per sembrare naturale. Dovette portarsi una mano sugli
occhi per evitare che il bagliore dei fasci luminosi li ferisse. Per di
più, un’impalpabile brezza soffiava piano, scompigliandole a stento
i serici capelli corvini e facendole scorrere lungo la schiena alcuni brividi.
Ancora mezza assopita, si mise a sedere.
Inuyasha, poco distante,
la stava guardando in tralice.
Possibile che fosse una
così gran dormigliona? Si chiedeva come facesse a sprofondare nel sonno
più abissale anche quando orde di demoni avrebbero potuto saltare fuori da ogni dove, lì in quel bosco fitto ed
ombroso. Il mezzo demone si avvicinò a lei sedendole accanto.
-“Buongiorno, eh?
Era proprio ora che ti decidessi ad
alzarti!”disse lui con tono di rimprovero
-“Co..come…scu…sa?”
rispose la ragazza intervallando le sue parole sconnesse a fragorosi sbadigli.
Fece per guardarsi intorno e si rese conto ben presto che tutti si erano
già svegliati da un pezzo e che Sango aveva
persino già preparato la colazione nonostante quel giorno tale mansione
avrebbe dovuto spettare proprio a lei. Si sentì subito in colpa.
Provò a
giustificarsi, ma i suoi tentativi le morivano sulle labbra tutte le volte che incontrava lo sguardo severo di Inuyasha. Nessuna attenuante
sarebbe stata efficace nell’esternare il suo elevato grado di
costernazione: non era una sensazione quantificabile a parole.
-“Io…scusatemi se ho dormito
così a lungo, giuro, non era mia intenzione approfittarne…”
-“Lo credo bene che
non fosse tua intenzione, razza di stupida. Devi fare
la tua parte anche tu!”
-“Suvvia, Inuyasha,
non prendertela con la divina Kagome in questo modo. Lo sai, no? Non lo ha
fatto volontariamente, e in ogni caso, anche se fosse stato
così, non è successo nulla di grave: questo è
l’importante. Non lo pensi a che tu mia adorata Sango?”
La sterminatrice
evitò accuratamente di guardare in volto il monaco, insistendo con forza
nel grattare alcune cortecce raccolte per la colazione.
-“Beh, si, in fondo
Miroku ha ragione, Inuyasha. Kagome non voleva farti un
torto…puoi crederci. E poi lo sai che per me non c’è
problema nel cucinare, anzi, se devo confessarlo, lo trovo alquanto divertente.” sorrise radiosa la taijiya
ammiccando allegramente ad una contrita Kagome.
-“Oh Sango, incarni
alla perfezione il modello della mia sposa ideale: bella e soprattutto abile
nel cucinare. Dunque, cessa di essere una
sterminatrice di demoni e scappa via con me…” assentì
l’hoshi avvicinandosi pericolosamente alle gambe di Sango con uno sguardo
molto eloquente.
La faccia della taijiya si imporporò notevolmente, pur non lasciando
intendere se fosse per l’imbarazzo nei confronti dell’arditezza del
monaco o per la rabbia delle sue illazioni sfrontate.
-“Miroku…togli
le tue manacce dalla mia gamba all’istante o sul serio…. ti stermino!”
Il piccolo Shippo
scoppiò fragorosamente a ridere presto seguito da Kagome non appena
Sango iniziò a rincorrere, con il suo Hirakotsu in spalla, il povero
monaco pervertito tra gli alberi intorno al loro accampamento.
Nonostante le ripetute velleità dei due compagni di
viaggio, Inuyasha non intendeva transigere.
Sebbene la notte precedente lui si fosse molto aperto con
la ragazza, arrivando persino a chiederle di non separarsene mai, ora non
poteva permettere che lei si lasciasse andare a simili sciocchezze: era
particolarmente pericoloso dormire più del dovuto in luoghi poco sicuri
come lo era quella selva. Senza tralasciare il fatto che
avvertiva sempre più vicina la presenza di uno youkai potentissimo, e
come se non bastasse, il suo odore gli ricordava qualcuno che, tuttavia, non
sapeva riconoscere nella remota vastità dei suoi ricordi.
Eppure, sapeva che da quella presenza non ci poteva
aspettare nulla di buono.
Questo era il motivo che
lo aveva spinto ad assumere un atteggiamento così tassativo, che
rasentava quasi la più cavillosa ottusità. Effettivamente, se tale episodio fosse avvenuto in un’altra circostanza,
avrebbe certamente sorvolato senza creare inutili battibecchi.
-“Smettetela voi
due. E’ ora di muoversi: questo bosco sta diventando oltremodo gremito
per i miei gusti. Dimmi, Miroku, non ti sei forse accorto dell’ignota
presenza che si muove nel folto dei rovi?”
L’hoshi si
bloccò: i suoi immensi occhi blu setacciavano le
sterpaglie colmi di concentrazione.
-“Si, Inuyasha.
Quell’anima è, senza ombra di dubbio,
brutale, stranamente priva di emozioni.”
Un bieco refolo di vento
fece sussultare alcuni cespugli proprio davanti a loro.
-“Analisi molto
accurata, monaco. Non mi aspettavo proprio che un misero
umano potesse comprendere con facilità le più recondite origini
della mia natura demoniaca. Mi sconcerto davvero: questa descrizione determina
proprio ciò che sono: un essere
disumano.”
Sesshomaru si
presentò dinnanzi ai loro occhi alla pari di un’apparizione:
talmente veloce da eludere anche gli sguardi sagaci di Inuyasha
e di Miroku. Se ne stava composto, mantenendo il suo usuale contegno
indifferente, lasciando che i suoi occhi dorati si posassero sul panorama
circostante con un’accennata consunzione. Inoltre, le parole che fluirono
dalla sua bocca si articolarono come gelide sferzate
di vento, che, senza troppa fatica, pietrificarono i presenti.
Dall’alto del suo
freddo cospetto li stava pienamente dominando cosa che, allo youkai, non poteva
che dare una sorta di sconosciuto, estraneo piacere. Osservare gli occhi
sbarrati di quelle nullità gli ricordava ancora una volta quanto fosse accorata la sventura dell’essere nati inferiori.
La giovane ragazza lo guardò
compiere alcuni passi in avanti, verso di loro, e si stupì nel vederlo estremamente aggraziato nel portamento nobile e superbo:
aveva confidato infatti che, per quella sua apicale glacialità, fosse,
per forza di cose, rigido, inflessibile, alla stregua di un lastrone di
ghiaccio. Il sospiro del vento gli scombinava i lunghi capelli argentini dietro
le ampie spalle.
Kagome allargò
ancor di più le sue iridi scure mettendo a fuoco alcuni tratti molto
familiari: quel demone aveva gli stessi occhi, gli stessi capelli e lo stesso
taglio di viso di…di Inuyasha.
-“Ma tu…tu
sei…Sesshomaru…dannato…” la voce incredula
dell’hanyou sconvolse i suoi compagni che, voltando la testa in sua
direzione, gli diedero la loro più completa attenzione.
-“Molto bene
Inuyasha, a quanto pare, dopo tutto questo tempo, rimembri ancora il volto di
tuo fratello…” le labbra fini del demone si tesero in un ghigno
irriverente che manifestava dileggio.
-“Inuyasha…sbaglio
o quel demone ha appena dichiarato di essere tuo fratello?” disse Shippo
con voce tremolante, intimidito dalla presenza altera di quello youkai
-“Invero, sono il
fratello maggiore di questo laido mezzo demone, tuttavia, con lui non spartisco altro che il sangue di mio padre: il resto, ci
rende dissimili come la luce e la tenebra.”
-“Sesshomaru…”
digrignò l’hanyou in preda alla rabbia
-“Non sono forse umani queste insulse creature che ti circondano, Inuyasha?
Beh, non mi sgomenta affatto…è proprio da
te intrattenerti con infimi mortali. Se ponderavo
l’essere stato sigillato da una sacerdotessa un errore marchiano, mi
trovo costretto a confidare che la tua propensione verso quella meschina
compagnia non sia altro che l’apice della tua misera caduta nella
piccolezza. Ad ogni modo, basta con i giochi, non ho intenzione di spendere
altro tempo nello schernirti, fratellino.
Mi
domando se tu conosca il luogo in cui è sita la tomba di nostro padre…”
-“Maledetto, non
nominare nostro padre…tu non sei degno di lui…se venissi
a conoscenza di una simile informazione, sta sicuro che non lo andrei a
rivelare a te…fratellino…quel segreto morirebbe insieme a
me…perentoriamente…”
-“Inuyasha…per
quale motivo sostieni che io non sia degno dell’alto nome di mio padre? Sei
forse tu colui che può dichiararsi tale? Se non erro, stiamo paragonando un demone maggiore ad un
mezzo demone quale tu sei: un siffatto confronto, surreale, oltre ad essere molto
improbabile, non può sussistere. Non meriti nemmeno parte del sangue che
hai nelle vene…presta ascolto alle mie parole quando
ti dico che è stato un’ignominia per nostro padre dare alla luce
un simile scempio. Tuttavia, ti propongo un’opportunità che non suppongo
ti potrà mai essere ripresentata: perché non visiti la tomba di
tuo padre insieme a tuo fratello…”
Con uno spostamento solerte
e preciso, Sesshomaru si scagliò su Inuyasha, paralizzandolo
nell’attanagliata morsa della sua mano unghiata. Poteva ravvisare
distintamente il battito del cuore del suo odiato fratellastro pulsare con
violenza sotto al suo pollice. Un senso
d’euforia lo pervase, facendolo fremere appena ed appannando di poco il lucido
raziocinio dello youkai.
Sarebbe stato così
facile ferirlo a morte: troppo semplice per un demone della sua levatura.
Anche se
l’occasione era propizia, doveva trattenersi e fare ciò per cui aveva inseguito il mezzo demone fino in quel
miserando luogo sperduto tra i boschi del sud.
L’hanyou faceva
quasi fatica a respirare: sentiva le falangi del fratello attorcigliarsi
intorno al suo collo con una forza ed un vigore inaudito. Avrebbe voluto
tentare di difendersi, di distanziarlo, eppure, più tentava di ferirlo,
più la stretta di Sesshomaru si faceva intensa.
Era spacciato.
-“Infine, dopo
inconcludenti e spinose ricerche, la perla è stata dunque ritrovata: mio
padre è stato tanto scaltro da indurre in errore finanche me.
L’autentico custode della sua tomba non è quella
miserabile pulce, sei tu, fratellino. La tua pupilla destra…un
nascondiglio davvero ingegnoso.”
Con la mano libera
generò due piccoli fasci di luce che colsero nel segno l’occhio
destro di Inuyasha iniziando a disgiungere
l’iride scura dall’occhio stesso. Il mezzo demone si dimenava,
l’occhio gli bruciava da morire e sentiva la vista venirgli a mancare
ogni secondo di più.
Avvenne tutto così
in fretta che non ebbero nemmeno il tempo di realizzare cosa fosse accaduto:
Sesshomaru aprì il portale della sepoltura e vi sparì al suo
interno seguito da un silenzioso Jaken.
Kagome, completamente terrorizzata, corse verso l’hanyou, ancora disteso a
terra.
Si teneva l’occhio
destro che era, a questo punto, un immenso lago giallo quasi senza vita.
Un lampo di luce abbacinante
li avvolse mentre la voce roboante del gelido principe
riecheggiava nella radura chiedendo ad Inuyasha di seguirlo. Così, come l’eco
di quelle parole cessò di riempire la valle ed il bosco, il corpo del
mezzo demone venne sollevato da terra e trascinato
verso la perla nera gettata, con noncuranza, sul tappeto erboso.
-“Inu…yasha…non ti lascio andare…” disse la
ragazza serrando gli occhi per il vigore della luce, aggrappandosi prontamente a
lui, priva di ogni genere di esitazione.
-“Stupida…lasciami…devi
restarne fuori…puoi farti male…” il tono di
Inuyasha appariva preoccupato e sofferente: come poteva permettere che
lei rischiasse così tanto solo per seguirlo?
-“No…io
voglio….venire con… te…” fu la secca risposta della
giovane che, testarda più che mai, non intendeva mollare la presa
finendo, di conseguenza, inghiottita nel portale insieme a
lui.
Miroku, Sango e Shippo,
nel frastuono creato dalla perla, non riuscirono a comprendere immediatamente
la situazione, ed infatti, quando riacquistarono la
vista, si ritrovarono completamente soli nella radura.
La perla scintillava poco
lontano da loro.
Ciò che si
mostrò alla semivista del mezzo demone fu un
imponente struttura ossea di un demone maggiore. Un’antichissima armatura
torniva le spalle giganti e grandi zanne
d’avorio scintillavano sotto la luce di un azzurrino astro artificiale.
Alta
quasi come una montagna, quella scheletrica ossatura troneggiava una piana
sterile priva di vegetazione, abbellita esclusivamente da crepacci aguzzi come
cocci affilati di bottiglia e da abissali voragini che avevano l'apparenza di
non aver né fine né fondo.
Il clima pesante ed afoso
sembrava opprimere con forza tutto ciò che incrociava, mentre, un asprigno
odore di morte e di antico si faceva strada,
prepotentemente, nelle narici dei visitatori lasciando loro un quanto mai acido
sentore sulla lingua e nel palato.
Un nitido cielo chiaro
sovrastava tutto il paesaggio, eccessivamente gremito da enormi creature alate
defraudate dell’essenziale linfa vitale. Planavano dibattendo le
estremità ossute quasi del tutto spogliate
dalle candite piume ed intervallavano le loro perpetue trasvolate con laceranti
strepiti, che assomigliavano a lamenti generati da strazianti spasimi e
sofferenze.
Tutto questo conferiva al
singolare panorama un aspetto oneroso e macabro.
Tuttavia, sebbene
l’atmosfera circostante non fosse resa ospitale dalla natura,
l’imponente sagoma senza vita del demone era ammantata da una
misticità affascinante e soprannaturale.
Come reduce di
un’onirica visione, si sentì assalire da un’ondata di
misteriosi ricordi, i quali, affollarono la mente del giovane mezzo demone, producendogli
un indistinto senso di logoramento.
Lo stordimento fece
rinascere in lui attimi della sua vita passata che aveva impiegato una vita a
seppellire al di sotto del fondo della sua anima
dannata.
-“Padre
mio…” fu il sospirato sussurro dell’hanyou che, con infinita
mestizia, guardava i resti del suo sconosciuto genitore. Alcune lacrime avrebbero desiderato cadere lungo i clivi delle sue guance tirate,
eppure, non una di quelle gocce salate bagnò la sua pelle
diafana.
Kagome accanto a lui
avrebbe voluto abbracciarlo, stringerlo forte a sé…dirgli che non era colpa sua se suo padre decise di sacrificare
la sua vita quella notte lontana. Giacché, ormai,
comprendeva abbastanza bene il mezzo demone, almeno quel tanto che le bastava
per intenderne i più intimi pensieri. Inuyasha in quel momento le
sembrava un bambino piccolo ed inerte, incapace di fronteggiare un avvenimento
tanto spietato ed incomprensibile per un ragazzino rimasto solo, senza
sostegno, senza affetto.
Inuyasha inclinò
di poco il volto verso il basso.
Suo padre, quel padre tanto amato, anche se non ne conosceva neppure le
fattezze del volto, l’aveva abbandonato. Lasciato solo per morire in un
duello. Per salvarlo.
Il mezzo demone non
riusciva perdonarselo.
Invidiava quel suo schivo
fratello poiché, non solo aveva goduto
dell’affetto di un padre che lo stimava, ma, soprattutto, perché aveva
potuto crescere con le parole e i consigli di una figura forte e sicura. Avrebbe
potuto riconoscerlo, ne aveva potuto percepire il
profumo. Ne aveva il ricordo.
Lui, invece, non aveva
che le storie che sua madre gli raccontava prima di addormentarsi.
Solo in quel modo aveva
potuto sapere quanto fosse importante, quanto potesse
essere orgoglioso della stirpe alla quale apparteneva: era uno del clan degli
inu-youkai anche se, solo per metà.
“Madre,
raccontatami del mio papà, ve ne prego. Parlatemi di come sconfiggeva i
nemici…”
una piccola macchia di rosso, con
un’impossibile zazzera arruffata, entrò correndo nella stanza da
letto dirigendosi verso il grande futon, saltandoci sopra ripetute volte per
attirare l’attenzione della bellissima donna che stava rassettando alcuni
indumenti non più nuovi ed immacolati.
“Inuyasha…conosci
queste storie alla perfezione…” disse la nobile signora mettendo da
parte le vesti e prendendo tra le braccia il minuscolo
corpicino dell’hanyou. Gli
sorrise teneramente.
Il visetto del cucciolo argento si fece da sereno, sempre più imbronciato.
Le orecchie canine si
spostarono simultaneamente all’indietro, mentre, dopo essersi liberato dall’adorate braccia materne, le manine paffute si
poggiarono sugli esili fianchi imitando gli atteggiamenti degli uomini adulti
del loro villaggio quando questionavano tra loro nel mercato.
“Ma madre…io le
voglio ascoltare nuovamente…” disse il bambino facendo una faccia indispettita
“Inuyasha…”
disse la donna prendendo tra le mani un preziosissimo pettine d’osso di
demone lupo
“I bravi bambini
non dovrebbero fare i capricci…comunque, visto
che lo desideri tanto, vieni con me sul futon e ti racconterò quello che
vuoi, a patto che…” disse divertita Izayoi sorridendo.
“A patto che, cosa?”
fece il piccolo mezzo demone colto all'istante da una tremenda
curiosità.
“A patto che tu ti
faccia spicciare quei capelli…Inuyasha, figlio mio, quante volte ti ho detto che…”
Izayoi tacque osservando il piccolo fare una faccia arrabbiata, seguita
da una linguaccia.
La donna riusciva a stento a trattenere le risate, quel suo bambino sapeva
essere veramente buffo.
“Inuyasha…le
vuoi sentire le storie?” disse, poi, sedendosi comodamente sul futon
“Si…”
disse il cucciolo avvicinandosi, ma rimanendo, tuttavia, a distanza
controllando il pettine.
“Bene, se è
questo ciò che vuoi devi stare al patto…”
“Uhmm…però
uffa…ci sono i nodi e il pettine mi fa male…” disse il bimbo
sbuffando scocciato
“E’ vero, ma
questo non accadrebbe se tu li pettinassi più
spesso…allora, iniziamo? “
“Madre, ditemi il
mio papà era tanto…ahi…forte da poter…ahio...battere
tutti i demoni che incontrava?” asserì Inuyasha tra una lamentela
e l’altra.
“Certo, tuo padre
era un demone maggiore e la sua forza era impareggiabile. Con la sua spada, la
zanna Tessaiga, poteva sconfiggere fino a cento demoni insieme….pensa, Inuyasha, cento demoni crudeli e cattivi…e sai
per chi lo faceva il tuo papà?”
“No…per chi?”
chiese il bimbo spalancando gli occhioni dorati per l’eccitazione
“Per proteggere me
e te…Inu no Taisho ci voleva tanto bene, piccolo
mio…”
“Madre, anche io
sarò potente come lui?”
“Inuyasha, gli
somigli così tanto, sai, hai gli stessi suoi
lineamenti, solo che tuo padre aveva i capelli sempre in ordine, puliti e
spicciati…” disse lei facendogli il solletico
Le risate argentine dei
due riempirono la stanza come una splendida sinfonia.
Si riscosse da quel
ricordo sofferto.
Sua madre, suo padre, erano tutti morti, lasciandolo solo. Ora, tutto quello
che poteva considerare come la sua famiglia erano
Kagome, Sango, Miroku, il piccolo Shippo ed il vecchio Miyoga.
Suo fratello Sesshomaru
lo disprezzava per la sua natura a metà: erano troppo diversi, cresciuti
in contesti contrastanti, due perfetti estranei
l’uno per l’altro, capaci solo di ferirsi con le parole e con i
combattimenti corpo a corpo. L’hanyou si trovò a riflettere
intensamente che tali reazioni fossero da considerare
normali per due creature come loro:
“Tsk…si
è del tutto normale…nemici come
siamo.”