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Autore: _TattaFede_    19/02/2010    5 recensioni
E' possibile che un paio di occhi verdi cambino per sempre la vita di una persona? A me è successo. Sono Reneesme Cullen e ho deciso di voltare le spalle a quello che tutti definivano il mio destino.
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Renesmee Cullen, Un po' tutti
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: Spoiler!
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E dopo tutti questi mesi… sono quiiiiiiiii!

Ok basta, meglio non fare spirito sul mio spaventosissimo ritardo… chiedo umilmente venia, ho avuto un blocco allucinante, la scuola, poi ci si è messo il pc che non collaborava per niente!

Ora sono tornata, ma non faccio previsioni su quando posterò il prossimo capitolo… forse tra due giorni, forse tra due settimane, è tutto un’incognita, anche perché ora ho iniziato una nuova fanfiction, questa volta parla di Edward e Bella… magari fateci un salto!

 

Ringrazio SignoraCullan, 15rox15, Nessie93 che hanno commentato l’ultimo capitolo e cussolettapink che ha fatto più che bene a darmi una bella tirata d’orecchi!

 

 

14 - Decisioni

 

Il volo aveva mezz’ora di ritardo e la cosa non mi rallegrava affatto: da quando avevo mandato l’sms alla mamma per chiederle di far venire i nonni, Nathe mi chiedeva in continuazione cosa doveva e non doveva fare.

- Vuoi stare tranquillo accidenti? Mi stai mettendo ansia anche a me! Fai un bel respiro profondo… i nonni non ti mangeranno mica!

Il mio ragazzo si girò immediatamente verso di me. Ok, pessima battuta.

- Nathe è un modo di dire… tranquillo andrà tutto bene! Devo ricordarti che io mi sono fiondata a casa tua per venirti a cercare?

Si mosse a disagio sul sedile. – Tu non eri consapevole di quello che stavi facendo! E poi quando tornerò a casa sarò io a subirmi il terzo grado di mia zia!

Sbuffai, esasperata. – Sei il solito esagerato. Pensa un po’ che a casa mia invece c’è mia madre pronta a mettermi in punizione ancora prima di mettere piede fuori dalla macchina!

Mi guardò un attimo. – Dettagli trascurabili!

Feci una finta faccia scandalizzata e poi misi il broncio. – Sei bravo a rigirare le frittate…

Rise, molto probabilmente a causa della mia posa da bambina capricciosa.

- E tu sei bellissima quando metti il muso. – si avvicinò e mi diede un bacio a stampo.

- E tu sei il più grande ruffiano di questa terra. – mi sistemai con la testa appoggiata alla sua spalla.

- Non mi ami anche per questo?

Stavo per rispondere, ma la voce dell’hostess risuonò dall’altoparlante. – Siete pregati di allacciarvi le cinture, stiamo per atterrare all’aeroporto di Seattle.

~

 

Avevo tenuto tutto il tempo la mano a Nathe, era un modo per rassicurare sia lui che me stessa.

Quando riuscii però a vedere la nonna che mi faceva un cenno da lontano, non potei evitare di correrle incontro e abbracciarla. Anche se non me ne ero resa conto, da quando avevo sentito al telefono zia Alice avevo accumulato tantissima tensione.

Rimasi attaccata alla nonna per qualche secondo, finchè non sentii il nonno e Nathe presentarsi.

La voce del mio ragazzo sembrava abbastanza tranquilla, ma riuscivo comunque a sentire una leggera nota di nervosismo.

- Il piacere è mio, Nathan…

Mi girai verso di loro. Per fortuna avevo detto a Nathe che i miei non erano proprio dei normali vecchietti!

- Nonna, lui è Nathan.

Si sorrisero. – Finalmente ho l’onore di incontrarti…

- La cosa è reciproca, signora…

- Va bene, va bene, va bene! – intervenni – basta imbarazzo e formalità! Tutti a casa.

Accompagnammo Nathan fino a casa dei suoi zii. Il viaggio era andato bene, si era chiacchierato del più e del meno e da quando era sceso il mio ragazzo, mia nonna non faceva altro che guardarmi come per dire “oh siete così carini!”, senza, fortunatamente, esprimere questo concetto a voce alta.

Il nonno invece era tranquillo come al solito, a volte ero convinta che nemmeno la fine del mondo avrebbe potuto scombussolarlo.

- Avete scoperto qualcosa su…

Le parole mi morirono in bocca, già era tanto se ero riuscita a iniziare la frase.

- No, piccola, ma devi stare tranquilla. Probabilmente la visione è legata con i licantropi… per questo era così sfocata. Tua zia non è infallibile in fondo.

La voce del nonno mi aveva solo in parte rassicurata.

Tre minuti più tardi, senza nemmeno che me ne accorgessi, mi ritrovai nello spazio davanti a casa Cullen, con la mamma che era corsa ad aprirmi lo sportello della Mercedes.

Saltai giù e l’abbracciai di slancio. Ero stata lontano da casa poco tempo, ma avevo bisogno di quel contatto fisico in quel momento.

- Finalmente sei tornata…

Sorrisi, appoggiata sulla sua spalla. – Stai diventando come papà eh? E io che avevo paura di tornare per la tua sfuriata…

La sentii stringermi più forte e poi altre due braccia ci avvolsero.

- Ciao pà…

- Ciao principessa.

Restammo così un altro po’, a bearci di quel calore famigliare mai banale.

- Dai andiamo dentro, sta per piovere…

La mamma ci fece strada in casa, mentre papà mi prendeva in braccio come faceva quando ero piccola.

- Non ti sembro un po’ cresciuta per certe cose?

Mi fece il suo solito sorriso sghembo, come mamma amava definirlo.

- Guarda signorinella che in confronto a me sei ancora una bambina… e poi lo so che ti piace essere viziata!

Tutta la casa rise, mentre papà mi poggiava a terra per farmi salutare anche il resto della famiglia.

 

 

 

 

 

 

Ero tornato a casa da un paio di giorni e non facevo altro che pensare a tutto quello successo a Detroit. Da una parte ero il ragazzo più felice della terra, ma contemporaneamente sentivo dentro di me un senso di vuoto, di ignoto. Pensavo e ripensavo al racconto di Nessie su Rita e ogni volta mi sentivo sempre più impotente e curioso di sapere la verità.

Guardai l’orologio sul mio comodino. Mezzogiorno e quaranta.

Senza rifletterci due volte e capire cosa stavo facendo realmente afferrai l’impermeabile sul letto e uscii di casa, salutando la zia con un “torno tra un po’!”.

Impiegai circa venti minuti ad andare fino all’ospedale. Era l’orario migliore quello, perché  ci sarebbe stato da lì a poco il cambio del turno e quasi tutti i medici erano in ospedale.

Sapevo di apparire un po’ pazzo, ma non riuscii a contenere la frenesia e mi diressi a passo spedito verso le porte del grande edificio bianco. Incrociai subito un’infermiera, alla quale chiesi tutto d’un fiato del dottor Cullen. Mi guardò per un momento dalla testa ai piedi e dopo aver appurato che non ero un pazzo scatenato ma solo bisognoso di aiuto, alla fine mi condusse attraverso un paio di corridoi e si fermò davanti a una porta. Bussò piano sul legno mi annunciò.

Vivevo una specie di esperienza extra corporea, per questo mi ritrovai seduto una poltroncina senza sapere esattamente come esserci finito.

- Signor Cullen, lo so sto facendo una pazzia… mi dispiace esserle piombato qui, così, all’improvviso, ma sono giorni che non penso ad altro a quel racconto…cosa devo fare? Se fossi diverso? Cioè non che abbia qualcosa contro di voi… però…

- Alt! Alt! Alt! Figliolo cerca di prendere fiato… ho difficoltà a capirti persino io… fai un bel respiro e raccontami tutto dall’inizio.

Feci come mi aveva detto e, con scarsi risultati, cercai di placare la mia ansia.

- Si, mi scusi signor Cullen…

- Carlisle

- Carlisle… dicevo, mi dispiace per essere venuto fin qui a disturbarla durante il lavoro, ma ho troppe domande per la testa e non voglio che Reneesme si preoccupi o altro…

Mi accennò un si con la testa, voleva che continuassi.

- Vedi, quando eravamo fuori, Reneesme mi ha spiegato la vostra natura e… mi ha detto di Rita.

Di nuovo fece lo stesso movimento. – Si, me lo ha detto… in effetti voleva proporti di venire da me, ma non ti voleva mettere sotto pressione…

Sorrisi leggermente. – Lo avrei dovuto immaginare…

Il dottore si mise dritto sulla sedia e appoggiò i gomiti sulla scrivania.

- Nathan, chiedimi quello che vuoi, sono pronto a rispondere a qualsiasi domanda. E, ti giuro, che non uscirà una parola da questo studio, sarai tu a riferire a chi vuoi.

Questa volta fui io ad accennare un si con la testa. Respirai profondamente e chiusi gli occhi, avevo bisogno di riordinare le idee. Lui sembrò capire la mia esigenza e rimase in assoluto silenzio.

Poco dopo ripresi. – Che cosa sono?

Mi scrutò attentamente per qualche secondo, come se volesse valutare se fossi all’altezza di sostenere quella conversazione.

- Non lo so. Vedi, quando Bella è rimasta incinta e anche successivamente, ho fatto numerose ricerche sui mezzi-vampiri, ma il materiale era davvero poco e insufficientemente dettagliato. Mia nipote ti ha detto di Nauel?

- Si, mi ha raccontato tutta la faccenda con quei vampiri…

- Bene… vedi, ho chiesto a Nauel più volte di sottoporsi a dei controlli e alla fine ha accettato. Purtroppo non ho riscontrato grandi differenze con gli esami di Reneesme, a parte il fatto che lui ha il nostro stesso veleno… gli ho anche domandato se era possibile incontrare anche le sue sorelle, ma queste hanno sempre rifiutato il mio invito. – Fece una pausa, probabilmente per darmi modo di assorbire quelle informazioni. – Vedi, la tua è comunque una situazione completamente diversa. Tra te e il vampiro della tua famiglia corrono due generazioni, entrambi femminili… mi segui?

- a dir la verità non molto – le mie labbra si piegarono leggermente all’insù, era un vago cenno di sorriso.

- Come ti ho detto le mezze-vampire non sono velenose… il tuo bisnonno ha concepito una femmina, e a sua volta Rita ha avuto un’altra femmina… probabilmente questo porterebbe il tuo DNA ad allontanarsi dai “geni vampiri”, per questo non presenti nessuna caratteristica specifica a parte una particolare bravura negli sport… oppure, essendo tu il primo discendente maschio, potresti avere ereditato qualche qualità… non lo so davvero, sei una bella gatta da pelare…

Rimanemmo in silenzio per qualche minuto, entrambi persi tra mille considerazioni da fare.

Mi sentivo strano. Quella parte di me che scalpitava per sapere qualcosa di più si era finalmente placata, lasciando definitivamente spazio alla paura e all’incertezza. Cosa dovevo fare? Andare a fondo di quella storia significava mettere in gioco me stesso, rinunciare del tutto a una vita normale.

Ripensai all’ultimo periodo. La morte dei miei genitori… il trasferimento… Reneesme… Rita…

Nel giro di poco tempo avevo rincominciato tutto da capo, sarei riuscito a mettermi in discussione di nuovo? Probabilmente no, ma sapevo di non poter vivere con quel gigantesco punto interrogativo sulla mia vera natura.

- Carlisle, sono pronto. Fai tutto quello che puoi.

  
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