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Autore: baby80    20/02/2010    15 recensioni
Ho provato ad immaginare l'attesa di Oscar prima del ballo con Fersen, i suoi pensieri, i suoi dubbi, le sue paure. Tutto quello che non abbiamo potuto vedere nella puntata dell'anima (nella parte finale) "cuore di donna"...
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: André Grandier, Axel von Fersen, Oscar François de Jarjayes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ho deciso. Dopo tanto pensarci ho deciso di farlo.
Adesso non si torna più indietro.
Quest'oggi sono rientrata a palazzo prima del previsto, ho chiamato la vecchia governante e l'ho informata che avrei preso parte ad un ballo a Versailles, indossando un abito da donna. La sua reazione è stata spropositata, l'ho guardata gettarsi sulle ginocchia, le mani giunte, ringraziare Dio per aver esaudito le sue preghiere, una reazione esagerata, non c'è che dire.
Ora sono seduta davanti ad un'enorme specchio nella vecchia stanza di una delle mie sorelle, guardo la mia immagine riflessa, eccomi qui, il soldatino, il capitano, l'erede della famiglia Jarjayes, mi guardo e non posso fare a meno di scorgere dei tratti di mio padre sul viso, il naso, la forma del volto, e quel rigore che conferisce durezza ad ogni tratto del mio corpo, o fascino, come ostinatamente sottolinea il grande generale Jarjayes, parlando di se stesso.
Guardo la mia immagine riflessa e vedo il soldato che sono sempre stata, e che tra qualche minuto lascerà il posto ad una persona che non conosco, che potrebbe non piacermi, ma che con ostinazione degna di mio padre ho deciso di “incontrare”.
Mi soffermo ancora qualche istante su Oscar, su questa me stessa che ha fatto parte della mia vita per tanto tempo, osservo i miei lunghi capelli biondi, così disordinatamente mossi, non me ne sono mai curata, osservo la pienezza della mie labbra rosee, l'azzurro di questi occhi che spesso sono stati freddi come ghiaccio, osservo tutto questo e mi è difficile scorgervi una donna, non è così che dovrebbe essere una dama, nessun uomo vorrebbe corteggiare ed interessarsi a questa Oscar, a questo soldatino freddo ed ostinato. Nessuno vorrebbe, tanto meno il conte di Fersen.
Fersen... è per lui che questa sera imprigionerò la vecchia Oscar e renderò libera Madamigella Oscar, faccio tutto questo per lui, Hans Axel di Fersen, l'unico uomo che potrei mai amare.
Ancora un'occhiata allo specchio. Mi guardo attorno e mi chiedo che fine abbia fatto la governate, sospiro e poggio le mani sul grembo, stanno tremando, ho paura.
Ho tremendamente paura del giudizio delle persone che hanno vissuto con me per tutta la vita, provo imbarazzo nell'immaginare i loro volti, i loro giudizi, una volta che avranno visto la vecchia Oscar travestita da donna, perchè è quello che sembrerò, una donna soldato travestita da  donna in abito da sera, ridicola. Ho commesso un terribile errore, adesso alzo i tacchi e me ne vado.
Troppo tardi, sento i passettini veloci della vecchia governante... farfuglia qualcosa, sento la voce di André mescolarsi alla sua... André... cosa penserà il mio amico di sempre? Cosa sarò ai suoi occhi? Riesco solo a provare vergogna. Vorrei scappare ma non c'è più via d'uscita.

“Oscar, bambina, quest'abito ti starà stupendamente... io lo sapevo che un giorno ti saresti decisa ad indossarlo... io ne ero certa, ho fatto bene a cucirtene uno!”
“Tu hai cucito questo per me? Quando?”
“Quando sei diventata una signorina, Oscar.”

Sono spiazzata di fronte all'amore di questa piccola vecchina, e sempre più stupita dalla sua grande ostinazione. La guardo sistemare il vestito su un manichino, con cura, e sollevare gli occhiali per asciugare le lacrime che le rigano il volto.

“Oscar, avvicinati...” la voce della vecchia governante è tornata quella di sempre, stridula e squillante, quasi autoritaria.
Le sono vicina, mi sta guardando con un'espressione strana.
“Oscar, bambina, levati immediatamente quegli orrendi abiti.” non gli è mai andato giù il fatto che mio padre mi abbia educata come un maschio, odia questi abiti maschili, lo so, me lo fa capire ogni volta con un'espressione del viso o con un tono differente della voce, credo che li brucerebbe se potesse farlo.
Io ho sempre amato questi abiti, sono la mia pelle, il mio caldo rifugio, camicie e pantaloni mi hanno sempre fatta sentire a casa, ed in qualche modo vicina a mio padre, ed ora eccomi qui, pronta a rinnegare tutto ciò che sono sempre stata. Guardo le mie mani tradire il mio corpo. Guardo le mie mani tradire mio padre.
Sono nuda e non provo imbarazzo, non l'ho mai provato di fronte a Nanny, lei mi ha vista crescere, ha assistito con me ad ogni cambiamento del mio corpo. Non provo vergogna di fronte a lei, che non ha mai giudicato ne preteso dal mio corpo, l'ha accettato come nessun altro, più di quanto abbia fatto io.
Ho freddo, cerco di darmi un po' di calore stringendo le braccia attorno al petto e incrociando le gambe, muovendomi da un piede all'altro. Non funziona.
Ho paura. Ho paura di indossare uno stupido abito da donna, io che non ho timore di duellare con la spada o battermi contro un uomo, tutto ciò è assurdo. Cosa sto facendo? Davvero voglio fare questa follia?
Ho freddo.
Cosa vuoi farmi indossare? Che diavoleria è mai questa? Nanny mi porge delle lunghe calze trasparenti e dei nastrini di seta, sono spiazzata, non ho idea di cosa dovrei fare con queste cose. Nanny mi rimprovera, mi intima di non fare la sciocca e di infilare le calze, come ho sempre fatto con quelle da uomo, che ogni giorno indosso.
Ci provo.
Infilo lentamente la calza di questo strano tessuto delicatissimo e trasparente, la faccio scorrere sul  piede, lungo la caviglia, oltrepasso il polpaccio e poco più su del ginocchio finisce la sua corsa. Mi blocco, guardo Nanny con aria interrogativa in attesa di un aiuto, lei alza gli occhi al cielo farfugliando qualcosa, mi toglie il nastrino dalle mani e lo avvolge attorno alla mia coscia, poco sotto il bordo della calza, un piccolo fiocco ed ecco compiuta l'opera.
Osservo la mia gamba avvolta in quella che ancora giudico una diavoleria, la guardo, è così che dovrebbe essere la gamba di una donna? Sembrerebbe di si.
Lo stesso trattamento è riservato all'altra gamba, anche questa è andata, mi dico.
La vecchia governante si appresta a sfilare l'abito dal manichino dirigendosi pericolosamente verso di me.
Ecco, ci siamo. Oscar devi essere impazzita.
Nanny mi aiuta ad infilare l'abito, posso sentire chiaramente la stoffa morbida e leggermente fredda accarezzarmi la pelle nuda, sento l'abito scivolarmi lungo le gambe, i fianchi, il busto... è fatta.
Sono una donna ora?
No non ancora.
Nanny armeggia dietro la mia schiena con poco delicatezza, mi stringe le mani attorno alla vita, sposta ed alza il bustino dell'abito, è una tortura.

“Ahi! Basta non stringere più, così mi impedisci di respirare”
“Stai dritta! So io come vanno certe cose!”

Ho finalmente un po' di pace, l'opera è conclusa, sono felice di non aver dovuto subire tutto questo fin da bambina, l'essere cresciuta come un uomo ha avuto i suoi vantaggi.
Sono una donna ora?
No, non ancora.

“Co... cosa stai facendo ai miei capelli?”
“Silenzio! È così che dovresti pettinarli sempre.”

Nanny sta letteralmente torturandomi i capelli, li spazzola con forza, li punta con quegli strani aggeggi che lei chiama “forcine”, quelle strane “armi” che sembrano bucarmi la testa.
Un po' di pace, la vecchia governante mi ha appena informata che siamo quasi al termine, manca solo un tocco di belletto. Belletto? Nanny non vorrai dire che dovrò mettermi sul viso...
Nanny ha osato imbrattarmi il volto con qualcosa a cui non so neppure dare un nome. Devo essere proprio impazzita per permettere a qualcuno di farmi questo.
Sembrerò uno spaventapasseri col volto dipinto da un pessimo pittore.
Sono una donna ora?
Nanny mi trascina di fronte allo specchio.
Si ora sono una donna.
L'immagine che mi rimanda lo specchio è... così... bella. Dove sei Oscar? Dove si è nascosta la Oscar di sempre? Dove sono finita? E chi è quella donna che mi guarda con occhi così simili ai miei?
Ho paura.
Ho paura di abituarmi a tutto questo. Ho il timore di non riuscire, dopo questa sera, a far tornare la vecchia Oscar.
Mi chiedo cosa farei se Fersen si accorgesse di me questa notte, sarei disposta a rivelarmi a lui? Troverei il coraggio di diventare, per sempre, la donna che sono in questo istante?
Ho paura, quando invece dovrei essere felice, quando invece dovrei sentirmi a mio agio tra questi abiti, quando invece dovrei sentirmi normale. Questa è la mia vera natura eppure mi sento come se stessi facendo qualcosa di sbagliato.
Padre, cosa pensereste di me se mi vedeste in questo momento? Infliggerei al vostro cuore lo stesso dolore che provaste il giorno in cui venni al mondo?
Padre, non dovrete mai vedermi in questo stato, mai.

“Oscar, è ora di andare, vieni.”

Nanny mi distoglie da questi folli pensieri, è ora di andare. Varcata la soglia di questa stanza sarà tutto reale, non potrò più tornare indietro, una volta uscita da questa stanza sarò, per chi incrocerà il mio sguardo, Oscar Francois de Jarjayes, una donna.
Sono pronta, cammino lungo il corridoio, eccomi in cima alla grande scalinata...

“André vieni. Viene a vedere la nostra Oscar vestita da donna.”

Nanny, no, non farmi questo, non chiamarlo, non voglio che mi veda.
André non voglio che tu mi veda avvolta dalla mia stessa debolezza, non potrei sopportare la vergogna, che so, si presenterà come fuoco sulle mie gote.
Eccolo li, il mio migliore amico, il mio attendente, il compagno di giochi, lo vedo arrivare distrattamente verso la scalinata, sorride, muove le labbra come se stesse dicendo qualcosa tra sé e sé.
Non guardarmi André. Non giudicarmi. Non ferirmi.
Sta alzando la testa, lo sento ridere e non ne capisco il motivo, e dopo un tempo che mi sembra interminabile posa lo sguardo su di me ed il sorriso gli muore sulle labbra.
Sono ridicola, vero André? Per questo hai smesso di sorridere.
Sento dolore al cuore quando mi sforzo di continuare a guardare André.
Cosa fai ora André, dischiudi le labbra ed i tuoi occhi verdi si fanno più grandi, perchè lo fai? È stupore quello che leggo sul tuo viso?
Nanny mi stringe il braccio, si sta facendo tardi, la carrozza mi attende, ma questa sera non sarà André ad accompagnarmi, nessuno dovrà conoscere la mia identità, questa sera sarò una misteriosa donna venuta da un paese straniero, un altro inganno, l'ennesima maschera.
Tutto ciò è sbagliato? Forse, o forse no, chi può dirlo. Ho voluto seguire il mio cuore di donna, voglio tentare, voglio dare una possibilità al mio lato femminile, glielo devo dopo tutti questi anni.


Il cuore mi sta scoppiando nel petto, la bocca è un deserto. L'intera sala da ballo si è fermata, percepisco ogni singolo sguardo sulla pelle. Sono a disagio, io che sono cresciuta con gli occhi della gente addosso, io che non ho mai avuto problemi nello stare al centro dell'attenzione, anzi, la cosa mi ha sempre compiaciuta. Adesso, per la prima volta in vita mia sono a disagio. Queste persone non stanno guardando Oscar, il capitano delle guardie reali, no, queste persone mi stanno guardando dentro, ho mostrato al mondo la mia fragilità.
Mi guardo attorno, metto un piede di fronte all'altro, uno di fronte all'altro, fisso il pavimento, da brava Oscar cammina.
Un tuffo al cuore.

“Perdonatemi. Mi concedete l'onore di ballare con voi?”

Fersen.

“Perdonatemi Duchessa, posso sapere da dove venite?”
Se solo sapeste Fersen.
“Sapete, conosco una persona che vi somiglia molto.”
Possibile che mi abbia riconosciuta?
“Bella come lo siete voi, bionda come lo siete voi, e generosa e colta e decisa, darebbe la vita per i suoi ideali. Di solito nasconde il suo corpo bellissimo dentro un'uniforme. E fai di tutto perchè gli uomini non si interessino a lei. Questa ragazza di cui vi parlo è il mio migliore amico.”
Il vostro migliore amico... il vostro migliore amico... Oscar, cosa hai fatto? Cosa hai fatto?
Mi sento mancare, le gambe hanno smesso di sorreggermi, inciampo nelle lunghe gonne di questo maledetto abito, sto cadendo, indietro... una mano mi afferra il polso, un altra mi cinge la vita... Fersen mi sta stringendo a lui, siamo così vicini, corpo contro corpo, petto contro petto, non mi lascia andare.
Non mi guardate Fersen, lasciatemi andare via.
Fersen ha iniziato a fissarmi e stringermi sempre più forte, ha capito, ha scoperto l'inganno. Sono persa.

“Ma... ma... non posso crederci. Voi... voi siete...”

Si Fersen sono io, il vostro migliore amico, Oscar, una donna vestita da uomo che questa sera ha indossato gli abiti da sciocca. Ora lasciatemi andare.
Sto correndo via, corro in questa sala da ballo, che per la seconda volta questa sera si è bloccata al mio passaggio. Non mi curo delle mezze parole che le dame si stanno sussurrando, voglio solo andarmene e dimenticare.
Raggiungo la carrozza. Cocchiere portatemi a palazzo il più velocemente possibile. Lotto con tutte le mie forze contro le lacrime che mi infuocano gli occhi.

Eccomi a palazzo, finalmente a casa, non ho mai amato questo posto come in questo momento. Scendo dalla carrozza, faccio qualche passo e i tacchi troppo alti mi fanno inciampare.
Maledizione!
Tolgo le scarpe, le abbandono sulla soglia del palazzo, entro senza far rumore, richiudo il portone alle mie spalle.
“questa ragazza di cui vi parlo è il mio migliore amico”
Ancora queste parole, ancora questa frase. Non posso più fermare le lacrime.
Sei una stupida Oscar, cosa credevi di fare? Cosa pensavi sarebbe successo? Pensavi davvero che Fersen si sarebbe accorto di te? Pensavi davvero che un uomo avrebbe potuto cambiare la tua vita? Pensavi davvero che un uomo avrebbe potuto interessarsi, o addirittura innamorarsi di te? Illusa, stupida, ridicola.
Le sue parole sono state chiare, ciò che prova per me è limpido, solo amicizia.
Devo rinunciare a lui.
Devo dimenticarlo.
Cammino a fatica nel palazzo, trascino dietro di me i resti di un dolore che credo mi seguirà per molto tempo, così come sto trascinando dietro di me quest'abito che mi provoca un fastidio insopportabile.
Corro lungo la scalinata, voglio sbarazzarmi di tutta questa stupida stoffa.
Poggio la mano sulla maniglia, un respiro profondo, lacrime che mi bruciano le guance.
Voglio dimenticare.
Un sussulto, qualcuno mi sta chiamando.

“Oscar...”

André... No, André, non tu, non adesso.

“Oscar...”

No, André, vattene.
Vieni da me quando sarà tornata la vecchia Oscar.

Sento le tue mani posarsi sulle mie spalle, mi inviti a voltarmi verso di te.
Mi volto.
Mi guardi.
Ti guardo con il viso sconvolto dalle lacrime, vorrei contraccambiare il sorriso ma non ne ho la forza.
Non guardami André, ho sbagliato lo so, tu lo sapevi vero? Se te ne avessi parlato mi avresti fermata, ne sono certa, se ne avessi parlato con te mi avresti evitato tutto questo.
Non chiedermi nulla André, te ne prego. Ti guardo con occhi imploranti.
Mi sorridi, uno dei tuoi sorrisi, così dolci, così calmi.
Non chiedermi nulla.

“Oscar...”

Dannazione André non farlo. Guardami. Non capisci che non posso parlare con te in questo momento?

“Vai a riposare Oscar. Ci vediamo domattina.”

La mia voglia di piangere aumenta, sono distrutta André, lo vedi? Riesci a sentirlo? Non ho più barriere questa notte, ho toccato il fondo, non mi importa cosa penserai dopo che avrò fatto ciò che sto per fare.
Mi getto tra le tue braccia, nascondo il viso sul tuo petto e piango senza freni.

“Oscar...”

Non ti rispondo.

“Sei bellissima stasera.”

Ti ringrazio André.
Ma devo andare.
Me ne vado perché tu, purtroppo, non sei lui.
  
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