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Autore: z e r o    20/02/2010    3 recensioni
E se... Harry Potter fosse un goth sarcastico e narcisista, Ron un emo depresso ed Hermione una violenta?
Genere: Parodia, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 28

CAPITOLO 28

 

IL PEGGIOR RICORDO

DI PITON

(ovvero Come Harry Scoprì Che Suo Padre Era Un Bulletto Nerd E Subì Uno Shock)

 

Per ordine del MiniMinistero della MagiMagia

 

Ahi-Che-Dolores Umbridge (Mistress Suprema) sostituirà

Albus e un’altra ventina di nomi che non sto ad elencare Smilente – che si pronuncia “smailente”, tra l’altro – in qualità di Preside della Scuola di Magia, Stregoneria, Arti Marziali e Tattiche Militari di OhSchwartz con il nome di Dittatrice.

 

Firmato: Cornelius Caramella

 

Gli avvisi erano comparsi durante la notte in tutto il castello (con gran malumore da parte degli elfi domestici, per il lavoro extra non pagato). La fuga di Smilente – che si pronuncia “smailente”, tra l’altro – si era diffusa a macchia d’olio tra gli studenti, fino ad assumere proporzioni bibliche: si favoleggiava che il Preside, dopo aver estratto Excalibur dal famoso taschino, avesse tranciato arti e mozzato teste, sbudellato, squartato ed evirato (urgh…), reciso e troncato, e alla fine, dopo essere saltato a bordo di un Harley Davidson, si fosse gettato dall’alto della torre in cui si trovava il suo ufficio, impennando e sfondando le vetrate, mentre una violenta musica heavy metal risuonava nell’aria. Harry, pur essendo un testimone oculare, non fece niente per smentire tali voci, anzi, a chiunque gli chiedesse cosa mai fosse successo in quell’ufficio, rispondeva con la prima cazzata che gli veniva in mente, contribuendo così ad alimentare la confusione che si era creata.

 

«Sì, Ernia» stava dicendo ad Ernia Macmillan, «è vero, il Preside ha tirato fuori un fucile mitragliatore e si è messo a sparare all’impazzata come Tony Montana in Scarface, ridendo e gridando come un assatanato».

 

«Harry» lo rimproverò Hermione, tirandolo da parte mentre si avviavano nella Grande Sala per fare colazione. «Dovresti smetterla di dire tante stronzate. Diventerai stupido. Ma non preoccuparti, in fondo l’intelligenza non è tutto. Nel tuo caso è niente».

 

Ad Harry ci volle appena qualche ora per capire l’insulto. «Ehi!» sbottò a cena, rovesciando una brocca d’acqua addosso al povero Ron, del quale non abbiamo notizie da quasi un capitolo «Ma mi stai insultando?».

 

Hermione non lo stette neanche a sentire, assorta com’era nel tentare di capire che cosa diavolo stessero combinando Fred e George, che stavano sfogliando libri con titoli come Esplosivi, questi sconosciuti, Divertiamoci con il trinitrotoluene, 100 e passa modi per usare l’esplosivo con fantasia (quest’ultimo potete trovarlo su Nonciclopedia, tanto per fare un po’ di pubblicità non-proprio occulta). I gemelli si accorsero dello sguardo indagatore tendente al pluriomicida di Hermy.

 

«Cosa state architettando voi due?»

 

«Noi? Niente!» rispose Fred, richiudendo il volume Storia di un ordigno nucleare.

 

«Noi? Niente!» ripeté George, afferrando I molti usi della nitroglicerina.

 

«Pensavamo solamente che adesso, dato che Smilente – che si pronuncia “smailente”, tra l’altro – non c’è più, è arrivato il momento di fare casino» continuò Fred, con la solita inutile, obsoleta ripetizione di George.

 

«Ma non dovete!» li rimproverò Hermione «Vi espellerà!»

 

«Appunto» replicarono in coro i gemelli. «Vi conviene farvi trovare nella Grande Sala, per non essere coinvolti».

 

«Ci siamo già» intervenne Harry, acido.

 

«Ah».

 

Un’ombra minacciosa apparve alle spalle di Harry, ma no, non era il Tristo Mietitore così tanto atteso dal goth guy: era semplicemente il guardiano Gazza, che informò Harry sul fatto che la preside volesse vederlo. Vagamente intimorito , Harry seguì Gazza fino all’ufficio della Umbridge, che ora recava la targa “Ahi-Che-Dolores Umbridge, Dittatrice”. Entrato nell’ufficio/fetish club, Harry si guardò attorno, notando l’ormai dolorosamente familiare panca per spanking, la collezione di fruste e frustini appesi alle pareti, e la catasta di stivali nell’angolo.

 

«Si sieda, Potter» disse la fetish woman falsamente affabile. Harry cercò qualcosa sul quale sedersi, ma l’unica cosa che trovò fu una sedia dell’inquisizione, con diversi spuntoni aguzzi sulla seduta e sullo schienale.

 

«…ma anche no» replicò il goth guy, determinato a salvaguardare tutto ciò che sta al di sotto della propria cintola – e anche il resto, sia chiaro.

 

«Che cosa le andrebbe di bere?» proseguì la Umbridge, facendo apparire, con una frustata magica (XD) dei bicchieri sul tavolo. «Tè al velen… ehm, limone? Latte e cianur… caffè? Succo di vetriol…zucca?».

 

Harry scrutò diffidente i bicchieri sulla scrivania, che contenevano liquidi di strani colori ed emettevano una gran quantità di fumo apparentemente poco salutare. «Niente, grazie» rispose.

 

«Desidero che lei beva qualcosa assieme a me» insistette la Umbridge, aumentando la stretta sul manico della frusta e assumendo un aria particolarmente omicida.

 

«Va beeene» replicò Harry, ripensando con immenso cordoglio alle parole incise sulla sua schiena a frustate, che ancora si rifiutavano di andarsene. Prese la tazza con il tè al velen…limone, che emise uno sbuffo di fumo pericolosamente somigliante ad un fungo atomico.

 

«Bene» riprese la Umbridge «E ora, signor Potter, dovremmo fare una chiacchierata su quello che è accaduto ieri nell’ufficio del Preside. …allora, non beve il suo tè? Che c’è, vuole l’arsenic…lo zucchero?».

 

Harry finse di bere.

 

«Bene» ripeté la Umbridge, sfoggiando il proprio scarso vocabolario «Dov’è Albus e un’altra ventina di nomi che non sto ad elencare Smilente – che si pronuncia “smailente”, tra l’altro –?».

 

«A bò» rispose tranquillamente Harry.

 

«Beva, beva» disse lei, e non gli passò neanche nell’anticamera del cervello il fatto di sembrare sospetta quanto un uomo con un passamontagna in una banca.

 

Harry finse di bere. Ancora.

 

«A bò» ripeté, dimostrando che nemmeno il suo vocabolario era poi così ampio.

 

«Bene» replicò la Umbridge per la terza volta, cominciando a scassare leggermente i co…comeri. «Allora dov’è Sirius Black?»

 

«Perché non mi chiede dov’è Osama Bin Laden, già che c’è?» replicò il goth guy.

 

Un esplosione proveniente da chissà dove risparmiò la Umbridge dall’onere di trovare una risposta a tono. Perfino il pavimento tremò, facendo cadere dai sostegni diversi frustini. Harry approfittò della confusione per versare il tè in uno stivale in PVC, che si sciolse formando una pozza nera sul pavimento. Ma la Umbridge non se ne accorse e, brandendo la frusta magica corse precariamente fuori caracollando sui suoi tacchi per vedere quale fosse l’origine di quel pandemonio, seguita da Harry. Qualcuno aveva dato fuoco ad un’intera cassa di esplosivi e fuochi d’artificio, che avevano cominciato a svolazzare e a provocare esplosioni dappertutto. Gruppi di studenti amish correvano a destra e a sinistra, brandendo bottiglie di alcolici, e gridando «Ruuuumspringaaaaa!», altri improvvisavano cori di “We don’t need no education” nei corridoi e sulle scale, Draco Malfoy scorazzava nell’atrio agitando una Fender sopra la testa e urlando “ANARCHY IN UK!».

 

Harry fissò la chiatta elettrica. «Ehi!» sbottò all’indirizzo di Malfoy «Quella è mia!». Malfoy si fermò.

 

«Cosa?» replicò «Ma non è tua, è mia! Ho ancora lo scontrino, guarda! L’ho comprata su eBay per fare… ANARCHY IN UK!».

 

Harry lo schiaffeggiò con una mazzetta di banconote. «ORA è mia».

 

Malfoy si allontanò contando i soldi. Harry prese la Fender per il manico come un’ascia e cominciò a colpire i muri, il pavimento, e il corrimano delle scale, finché l’ebbe sfondata, sotto lo sguardo attonito di Hermione e Ron che passavano di lì. Il goth guy gettò i resti della chitarra sul pavimento e gli diede fuoco, inginocchiandoglisi davanti e alzando le mani al cielo.

 

«Ma sta bene?» domandò Hermy all’ormai quasi inutile emo-kid.

 

* * *

 

Quella sera, quando Harry andò a dormire, sognò di nuovo di trovarsi in un corridoio.

 

«Tuuuu, bastardo!» lo accusò una voce. Harry si voltò. Dall’ombra del corridoio spuntò un tizio che non aveva mai visto.

 

«E tu chi saresti?» gli chiese.

 

«Sono Leo Fender, il fondatore della Fender Musical Instruments Corporation, inizialmente chiamata Fender Electric Instrument Manufacturing Company. Come hai osato trattare così quella chitarra? Se è una rockstar a fare una cosa del genere lo accetto, ma tu, insignificante darkettone, come hai potuto solo pensare di violentare quello strumento con le tue indegne manacce gotiche?».

 

Detto questo, Leo Fender estrasse una chitarra-falce e una chitarra-motosega, e cominciò ad inseguire Harry lungo il corridoio.

 

«Sei forse Eric Clapton? Sei Jimi Hendrix? Sei Stenie Ray Vaughan? NO! E allora fatti massacrare ed espia questa tua immorale colpa!».

 

Harry arrivò in fondo al corridoio, davanti alla porta che non si apriva mai.

 

«Oh, cazzo!» gemette il goth guy, cominciando a tempestarla di colpi. Miracolo dei miracoli, la porta si aprì! Harry vi entrò velocemente e la sbatté in faccia all’incazzato inseguitore. Harry si guardò attorno. C’erano delle cosine sbrilluccicanti nell’aria. Superò un’altra porta e si trovò in uno spazio gigantesco, come quello di una cattedrale, con file e file di scaffali come quelli di una biblioteca e pieni di CD-R 80 SQ 700MB. Là dentro c’era qualcosa che lui, o qualcun altro, voleva…

 

Si svegliò. I suoi compagni di stanza, relegati nel loro angolino, guardavano fuori dalla finestra – tutti meno che Ron, naturalmente, che stava frugando in uno degli innumerevoli cassettoni di Harry.

 

«Hei! Cosa diavolo stai facendo?».

 

Ron si allontanò con aria colpevole. «Volevo solo quel bel cappio che hai creato nello scorso capitolo» disse, mettendo in fila più parole di quante fosse solito usare.

 

* * *

 

Il giorno dopo, Harry si avviò verso l’ufficio di Piton per la consueta lezione di OccuOcculu… quella roba lì, preoccupato che la solita immagine di fetish-Piton facesse capolino condannandolo ad un prematuro ingresso nell’aldilà. Stava attraversando la Grande Sala – che era da tutt’altra parte rispetto ai sotterranei dove avrebbe dovuto andare, ma Harry non era famoso per il suo senso dell’orientamento –, quando fece la sua comparsa Cho Qualcuno Chang, che venne in fretta verso di lui.

 

«Ma cazz…»

 

Fuggi rocambolescamente – hei, ho creato un nuovo vocabolo! XD E di diciassette lettere, per di più! XDD – dalla Sala e, dopo varie peregrinazioni, giunse infine davanti alla porta dell’ufficio del suo rivale.

 

«Allora» disse questi, dopo che Harry fu entrato nella stanza, accolto come sempre da teschi, pipistrelli imbalsamati, crocifissi, una lapide del ‘700, la discografia dei Bauhaus, fiale piene di sangue, una foto autografata di Robet Smith, il tanga di Morticia Addams, e altre robe oscure e gotiche che lo fecero diventare verde d’invidia. «Ti sei esercitato?».

 

«Certo» mentì Harry, pregando mentalmente che il Robert Smith della foto diventasse reale e distraesse Piton.

 

«Lo scopriremo subito» replicò Piton, sollevando la sua bacchetta demodé. All’improvviso, la porta si spalancò ed entrò Malfoy.

 

«Signore!» esclamò «Ci sono i Cure davanti al castello!».

 

«Cosa?!» strillò poco decorosamente il professore. Afferrò un block notes e si scapicollò fuori dall’ufficio seguito dal suo biondo studente.

 

Harry approfittò dell’assenza del nemico per ficcanasare di qua e di là, facendosi scivolare casualmente in tasca ora un crocifisso gotico, ora un collare borchiato. Stava curiosando in un armadio chiuso a chiave, che si era misteriosamente aperto da solo, quando trovò uno scatolone con su scritto “Tesori di Piton”. Ci trovò un Teddy Bear decapitato con un coltello infilato nello stomaco, alcune figurine della collezione “Serial Killer & Maniaci Omicidi Famosi” – Harry sgraffignò quella di Charles Manson, che gli mancava –, qualche fotografia di concerti black metal, vecchi bambolotti dei Dimmu Borgir, la testa del Teddy Bear sopraccitato truccato come uno dei KISS, qualche candela nera, la barbie di Siouxsie Sioux e un porta CD con su scritto “Ricordi”. Harry aprì il contenitore e lesse i titoli dei CD, cose come “prima messa nera”, “matrimonio di zia Dementia”, “il piccolo Piton che sacrifica i peluche a Cthulhu”. Harry prese “quinto anno a OhSchwartz” e lo inserì nel nero portatile del professore (il Pensatoio? Superato! Suvvia, siamo nell’era della tecnologia! E ho pure fatto la rima!) – che chissà come riusciva a caricare, dato che nel castello non c’è la corrente elettrica… ma chissenefrega, in fondo, tanto la logica di questa fic è andata a farsi fottere ventotto capitoli fa… =_= –.

 

Harry ammirò per un attimo, non senza un pizzico d’invidia, l’immagine sul desktop del computer, ovvero l’illustrazione dal titolo “Goth Rock” di Anne Stokes, poi cominciò a smanettare con il portatile finché non riuscì a far partire il disco – e così scopriamo che tra Harry e la tecnologia moderna non corre buon sangue –.

 

Tenendo d’occhio la porta, - invisibile, visto che nera e circondata da muri neri – per timore che il nemico tornasse, Harry avviò il filmato, e fu risucchiato dallo schermo del computer.

 

Si ritrovò al centro della Grande Sala, ma i tavoli delle quattro Case erano scomparse: al loro posto, centinaia di banchi, ognuno occupato da uno studente. Era in corso un esame. Harry, rendendosi conto che nessuno poteva vederlo, cominciò a darsi alla pazza gioia, infilando matite nei nasi, facendo svolazzare fogli e annodando capelli. Quando si rese conto che, in effetti, non poteva fare niente di tutto questo, si rassegnò a cercare il proprietario del ricordo, ovvero Piton. Eccolo la, con i suoi lunghi capelli neri, il suo crocifisso a rovescio, la sua T-shirt dei Black Sabbath sotto alla divisa al posto del gilet…

 

«Ancora diciassette minuti!» disse qualcuno – no, non Qualcuno, qualcun altro… –.

 

Harry si voltò per veder chi aveva parlato e notò qualcuno che aveva visto solo in fotografia, parecchi anni dopo… si avvicinò al suo fantomatico padre, e lo osservo. Capelli scandalosamente corti. Occhiali da nerd. Faccia da schiaffi. Harry piombò nella depressione. Come poteva suo padre – suo padre – essere così… poco gotico? Al contrario, Sirius era molto, mooolto più dark e attraente di lui (di James, non di Harry). Che sua madre avesse cornificato il suo cosiddetto padre? Beh, questo giustificava come mai James si trasformasse in un cervo…

 

Due posti più indietro individuò Lupin e Codaliscia, il ragazzo-topo.

 

«Giù le piume!» disse il professore di guardia «E restate seduti mentre raccolgo i compiti. Accio

 

«Salute!» risposero gli studenti in coro.

 

Harry, costretto a seguire Piton, riuscì comunque ad origliare i discorsi del suo cosiddetto padre e dei suoi amici. Uscirono all’aperto, ed Harry notò come il suo cosiddetto padre facesse lo sborone con un boccino d’oro, esibendosi come un tacchino davanti a gruppetti di ragazzine urlanti. Quando quel passatempo gli venne a noia, James si dedicò ad un'altra cosa che gli riusciva particolarmente bene: fare il bullo. La sua scelta ricadde sul povero… “povero” Piton.

 

«Tutto bene, Mocciosus?» gli chiese James ad alta voce.

 

Neanche il tempo di estrarre la sua bacchetta demodé, che Piton si ritrovò disarmato. Un altro incantesimo, e finì a terra.

 

«Lascialo stare!» disse qualcuno – …no, non Qualcuno… qualcun altro… uff XD –.

 

A parlare era stata una delle ragazze in riva al lago, dai folti capelli rosso scuro che gli arrivavano alle spalle. Sua madre. La madre di Harry, cioè. Sì, lei andava bene, constatò Harry, rispetto a quel nerd del suo cosiddetto padre…

 

«Che cosa ti ha fatto?» continuò Lily.

 

«Esiste» replicò James, tronfio.

 

Mentre Lily e James battibeccavano, Piton si liberò dall’incantesimo che stava svanendo e riuscì ad impadronirsi della propria bacchetta demodé. La puntò contro James e, con un lampo di luce, gli ferì una guancia. Harry rabbrividì: se l’avessero fatto a lui, se qualcuno avesse solo osato scalfire la sua statuaria bellezza neoclassicista, non sapeva come avrebbe potuto reagire. James, dal canto suo, fece partire un altro lampo di luce, e Piton si ritrovò appeso a mezz’aria a testa in giù.

 

«Allora» annunciò James «chi vuole vedermi togliere le mutande a Mocciosus?».

 

Harry inorridì: cos’era, il suo cosiddetto padre, un maniaco (omo)sessuale? Fortunatamente per la sua sanità mentale, Harry non seppe mai se James avesse fatto quanto annunciato, perché una mano gli serrò il braccio e lo trascinò all’indietro, fuori dal monitor del computer portatile.

 

«Oh, doppio cazzo!» gemette Harry.

 

«Allora» disse Piton, pallido – sì, ancora di più! Sconvolgente! – di rabbia «ti stavi divertendo, Potter?»

 

«N-no» rispose Harry, constatando di essere davvero nei casini. Altro che Piton con la tutina fetish della Umbridge… questa volta era davvero nella merda fino al collo, tanto per essere volgari.

 

«Fuori!» sbottò il prof «Fuori di qui! Non voglio vederti mai più qui dentro!» e gli sbatté la nera porta in faccia. Sulla faccia.

 

Perdendo sangue come un rubinetto aperto, Harry si allontanò, spaesato, lungo i sotterranei. Non aveva voglia di tornare alla torre di Grifonplatino, né di raccontare a Ron ed Hermione quello che era successo. Ciò che lo riempiva d’orrore e di infelicità erano i dubbi che gli erano sorti nella mente: il suo cosiddetto padre era veramente suo padre? Perché Lily non sembrava molto ben disposta nei suoi confronti… ed inoltre, Harry non gli somigliava neanche un po’. Rifletté con chi Lily avrebbe potuto tradire James. Il primo candidato era Sirius: in fondo, quale ragazza sana di mente preferirebbe l’insignificante James a quel figaccione di Sirius? – si ode coro di lettrici che esclamano risolute “Io!”, mentre un altro coro altrettanto numeroso dice “Io no!” –. Il secondo candidato, invece… Harry inorridì: non è che magari suo padre, il suo vero padre… era Piton? In effetti, ciò avrebbe spiegato un sacco di cose…

 

 

 

 

 

 

Ben due capitoli oggi, mi sto proprio rimettendo in carreggiata! XD A presto!

  
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