Capitolo 3
(“Romeo e Giulietta”, W.
Shakespeare)
La luna brilla nel
cielo e la sua luce accarezza i dintorni, per poi sparire un
po’ più in là,
mangiata dal buio.
La bella è al centro e
guarda in avanti, silenziosa, mentre i suoi canditi abiti e suoi dorati
capelli
ballano con la brezza.
Sta per muovere le
labbra, quando la visione cambia d’improvviso; una morbida
nebbia invade il
prato, rada, e uno scintillio alle spalle della giovane la fa voltare,
come
incuriosita.
Dietro la bella lady
fa la sua apparizione un lago argenteo e, lontano, un famigliare
castello. La
ragazza guarda in quella direzione, senza parlare; è di
spalle, ora, e non si
scorge più, quindi, il suo volto angelico.
La nebbia si alza
ancora un po’ e il sogno cambia nuovamente; nel
più assoluto silenzio, la bella
avanza in avanti, per poi fermarsi appena i suoi piedi, scalzi, vengono
bagnati
dalle placide acque del lago. In quell’istante, i suoi
immacolati abiti
iniziano a macchiarsi di un nero cupo, come è nera la notte,
così come i
capelli; l’oro muta, diviene nero.
La lady si muove
ancora; si china con calma e strappa dalla terra una piccola pianta
biancastra;
quindi si rialza e la tiene in mano, tornando a rivolgere lo sguardo al
lontano
castello.
Sempre silenzio.
Nessun suono.
Nessuna voce.
Nessun nome.
E infine la visione
sparisce, inghiottita da quel nero.
Edgar
balza seduto sul letto, respirando affannosamente; in
volto un’espressione sconcertata. Stringe con forza le
coperte, non riuscendo a
calmarsi.
Perché quel sogno? Perché quel cambiamento?
Perché Artemisia
rimane in silenzio, tinta ora di nero?
Gira gli occhi verso la finestra dalle tende chiuse; si
intravede appena la luce del giorno che rischiara i dintorni.
E’ pieno dì.
Distoglie lo sguardo, non riuscendo ancora a regolare il
respiro; agitato, balza giù dal letto e inizia a girare
intorno nella sua
stanza, con una mano tra i capelli.
«Che vuol dire, maledizione! Che sia un oscuro
presagio?» si
domanda, senza fermarsi.
Ricorda il sogno; il lago, il castello. Si affaccia
immediatamente alla finestra, ignorando il bruciore del sole, e volge
lo
sguardo al limpido laghetto che si estende alla sua sinistra, oltre il
cortile.
Il lago, il
castello... Il mio castello
e il mio lago.
Ora capisce.
«Che voglia significare che Artemisia infine
accetterà?» si
chiede, allontanandosi dalla finestra e tornando a girare intorno con
un po’
più calma «Vorrà diventare come me?
Verrà a vivere qui? Che significhi questo,
il fatto che nella visione da candida e pura si tramutava, si tingeva
di nero?
... Non lo so proprio.»
Si ferma e appoggia la schiena al muro, passandosi una mano
sul volto stanco e provato.
Prima d’ora, non si era mai svegliato in quel modo in pieno
giorno, né tanto meno aveva mai rinunciato a mangiare una
sera. Probabilmente
era in grado di resistere senza nutrirsi per qualche altro giorno,
ancora;
decisamente una fortuna, visto che di mangiare
non è proprio in vena in quel momento. Allo stesso modo, sa
che non riuscirà a
dormire ancora per quel giorno.
Posa il capo indietro sulla parete, pensieroso.
Devo controllare come
sta... devo stare con lei di più.
Si rende conto di non riuscire più a sopportare
l’assenza di
Artemisia nemmeno nelle ore di sonno.
Forse è per questo che
ho avuto l’incubo... Devo tornare da lei.
Si stacca dal muro e si prepara; vuole raggiungerla subito.
«Cugina...»
con un sorriso, il volto allegro della dolce
Cecily fa la sua apparizione da dietro il tronco del grande salice
sotto la cui
ombra è seduta Helen, che alza gli occhi verso
l’altra, sorpresa.
«Cecily! Pensavo fossi ripartita questa mattina... che fai
ancora qui?» chiede Helen, mentre Cecily si va a sedere al
suo fianco.
«Mio padre ha avuto un contrattempo.» sospira la
giovane
mora, visibilmente seccata «Partiamo tra poco... In questo
modo, però, saremo a
casa solamente quando calerà la notte; avevo programmato
già tutto il mio
pomeriggio e ora non potrò più fare
niente.» torna a sorridere guardando la
cugina «In ogni modo, non ho saputo resistere e sono venuta a
salutarti.»
«Sai che mi fa piacere stare in tua compagnia.»
anche Helen
le sorride dolcemente «Potevi venire a pranzo... Se avessi
saputo che non
saresti partita subito ti avrei invitato sicuramente.»
«No, sono qui solo per un veloce saluto.» le spiega
l’altra
«Ti passerò a trovare presto, comunque.»
«Sarebbe fantastico.» annuisce Helen.
Cecily si mostra preoccupata quando dice:
«Ho sentito che sei stata male questa notte e che ti sei
alzata dal letto solo verso mezzodì... come stai ora cugina
Helen?»
«Meglio.» la rassicura, posando una mano sul petto
«Solo un
dolore passeggero.»
Cecily non sembra affatto rincuorata.
«Mi dispiace molto cugina... Vorrei tanto che
guarissi...»
confessa tristemente.
Helen distoglie lo sguardo, puntandolo al suolo.
«Credo che non potrò mai guarire.»
mormora con
un’espressione scura.
Cecily va ad abbracciarla con affetto, dicendo:
«Non smettere mai di sperare. Io sono certa che presto
starai bene.»
«Grazie.» Helen ricambia l’abbraccio.
Le due si dividono e Cecily, tornando allegra per tirare
l’altra
su di morale, indica il libro che Helen tiene in una mano ed esclama:
«“Romeo e Giulietta”? Cugina, che
cos’è tutto questo
romanticismo improvviso?»
«Oh, questo...» Helen abbassa gli occhi sul libro,
arrossendo «Ho avuto semplicemente voglia di leggerlo di
nuovo...» prova a dire
in imbarazzo.
«Uhm, qui c’è di mezzo un
uomo...» Cecily le rivolge uno
sguardo furbo «Non ho dubbi! ... Per caso hai deciso di
accettare la mano di
cugino Gordon?» si mette a ridere.
«Giammai!» anche Helen ride con lei.
«Signorina Cecily...» si avvicina una domestica.
«Sì?» fa la giovane, asciugandosi gli
occhi lacrimanti per
il gran ridere.
«La vostra carrozza è pronta. Vostro padre vi sta
aspettando.» conclude la donna.
«Oh, è già ora di andare...»
storce le labbra, dispiaciuta.
«Torna a trovarmi presto, d’accordo?» si
rassicura Helen.
«Sì, sì, cugina, non temere! A
presto!» la saluta Cecily,
alzandosi e avviandosi poi alla carrozza insieme la domestica.
«A presto.» le dice dietro Helen, guardandola
andarsene.
Non stacca lo sguardo da quella direzione finché non vede la
carrozza allontanarsi. Con un sospiro, quindi, si raddrizza, pronta a
continuare la sua lettura, quando una voce famigliare alle sue spalle
la fa
sobbalzare:
«Davvero una giovane piena di gioia di vivere, tua
cugina.»
Helen si gira di scatto, notando così Edgar di fianco il
tronco dell’albero con le braccia incrociate e una spalla
postata sul legno.
«Che ci fai qui?» si stupisce la lady, incredula
«E’ pieno
giorno! E’ da poco passata l’una!»
«Lo so bene.» Edgar fa una smorfia «Il
sole è
particolarmente cocente, in
effetti.
Ma quest’ombra mi dà un po’ di
sollievo.»
«Starai soffrendo molto...» constata Helen,
impensierita.
«Sbaglio, Artemisia, o ti stai preoccupando per
me?» sorride
furbo lui, compiaciuto.
«Ti sbagli!» Helen distoglie lo sguardo, mentre le
guance le
si colorano lievemente di rosso.
Lui sorride ancora un po’ e, sedendosi elegantemente al
fianco della giovane, domanda:
«Ti spiace se siedo qui?»
La ragazza scuote appena il capo, tornando a rivolgere lo
sguardo sulla copertina del libro, pensierosa.
Edgar nota il titolo e, con un tono suadente, afferma:
«Questa tua “voglia” di Shakespeare
è nata grazie a me e
alle mie parole, vero?»
«Sbagli di nuovo, vampiro.» nega fieramente Helen,
posando a
terra il libro «Un’idea d’amore
così fine e profonda che solo Shakespeare, in
particolare in “Romeo e Giulietta”, riesce a
trasmetterti, non può in alcun
modo essere associata ai tuoi modi, o alle tue parole.»
«Dunque non mi trovi abbastanza fine e profondo?»
chiede Edgar
alzando con ironia un sopracciglio.
«Infatti.» asserisce lei, guardandolo con
un’aria di sfida.
Lui le rivolge uno sguardo intenso e pungente, ribattendo in
un sussurro:
«L’amore che provo per te non può essere
paragonato in alcun
modo a dei versi di Shakespeare?»
Helen storce un po’ le labbra, non sapendo ora che
rispondere.
«Ecco, vedi Artemisia? Ti lascio a corto di parole come solo
delle frasi di un fine e profondo
poeta posso fare.» constata Edgar, sicuro.
La giovane volta il capo verso la campagna che si estende
davanti a loro e, con un sospiro malinconico, dice:
«Forse non hai ancora compreso che devi
dimenticarmi.»
«Come posso farlo?» le chiede Edgar, portando il
busto in
avanti per avvicinarsi di più a lei «Artemisia,
non posso!»
«E invece devi.» Helen torna a rivolgergli con
decisione lo
sguardo «Continuerai solamente a soffrire in questo modo. E
soffrirei anch’io,
lo ammetto.»
«Perché mi fai questo, Artemisia?»
insiste lui, con un
accenno di disperazione nella voce, che è quasi un sussurro
«Perché ti fai
questo?»
Helen increspa un po’ la fronte.
«Non so di che parli.»
«Perché non accetti di amarmi?» le
mormora Edgar guardandola
fissa negli occhi.
Lei attende qualche istante prima di rispondere a mezza
voce:
«Io non ti amo.»
«Perché non puoi amarmi?» replica il
vampiro con la stessa
espressione intensa di prima.
«Per via della tua condizione.» risponde Helen, con
lo
stesso tono di prima.
Non posso amare un
vampiro... un mostro...
Si ripete, convinta.
«Allora, se rifiutassi la mia condizione, tu mi
ameresti?»
domanda Edgar dopo un istante.
Helen alza le sopraciglia, incredula.
«Non puoi farlo.» esclama, certa.
«Posso farlo, invece.» dichiara lui, serio
«Se questo mi
permetterà di stare con te... di farmi accettare da
te.»
«Ma... come...?» balbetta lei, spiazzata.
«Sei certa di non voler diventare come
me?» le chiede Edgar in un sussurro.
«Sì.» risponde subito lei, senza
pensarci troppo.
Lui la guarda con un’aria meditabonda, poi dice lentamente:
«Quindi accetti il tuo destino... Accetti di morire a causa
del tuo male.»
Helen annuisce appena con il capo, scura in volto.
Edgar rimane in silenzio qualche momento, poi riprende a
dire con lo stesso tono di prima:
«D’accordo, Artemisia; tu hai fatto la tua scelta.
E dunque
io faccio la mia... Senza di te per me non c’è
vita. Senza di te non posso più
esistere. Ecco quindi che ho deciso: morirò con
te.»
Helen spalanca gli occhi, stupefatta, ed esclama, allarmata:
«Non puoi, Edgar!»
«Invece sì.» insiste lui, deciso
«Rifiuto così la mia
condizione di vampiro. Rifiuto di nutrirmi.
Rifiuterò anche di riposare al dì per stare con
te e vegliare la notte su di
te.»
«Morirai!» quello che esce dalle labbra della
giovane è
quasi un grido carico di disperazione.
Helen si porta quindi una mano alla bocca, mentre gli occhi,
senza il suo permesso, divengono lucidi di lacrime.
Edgar rimane composto, con uno sguardo tranquillo e un’aria
serena.
«Artemisia...» le dice con voce calda
«Quindi tieni a me?»
«Non voglio che tu muoia a causa mia.» la voce le
trema
lievemente, e le lacrime iniziano a scendere, incontrollate
«Mi sentirei in
colpa... io non...»
Non riesce a concludere; Edgar ha posato una mano sul suo
volto e la sta accarezzando dolcemente, rimanendo sereno.
«Se lo stai facendo per convincermi ad accettare la tua
proposta di diventare come te... davvero, non posso... non puoi farmi
questo...» continua a dire lei, sempre più
disperata.
«No, davvero, non è per questo.» le
mormora lui,
accarezzandole ora i capelli «Io rispetto la tua decisione e
non insisterò
oltre. Perciò tu rispetta la mia, ti prego.»
«Non posso...» si morde un labbro, sentendosi in
colpa.
«Artemisia, non temere per me.» le sorride appena,
pacato
«Questa volta non ho paura di morire, perché
starò al tuo fianco. Ho vissuto
fin troppo e fin troppo inutilmente. Ora sei tu il senso della mia
esistenza e
se tu hai deciso che è ormai l’ora, per te, di
lasciarti morire, che senso ha,
quindi, che io continui a vivere? Te l’ho detto: non
c’è vita senza di te.
Accetto dunque il mio destino, che è solo questo: vivere gli
ultimi momenti
della mia esistenza con te; attendendo insieme la morte
liberatrice.»
«Preferisci quindi rinunciare a convincermi a passare una
vita con te per sempre, per poter morire ora con me come io
ho deciso?» domanda lei, non riuscendo ad accettare la cosa.
«Sì, lo preferisco.» dichiara Edgar
senza esitare.
«Perché?» chiede Helen, non volendo
arrendersi.
Edgar risponde a mezza voce, cupo:
«Perché non voglio che tu divenga un
mostro.»
«Cos...?» rimane lievemente con le labbra
dischiuse,
stupita.
«Se è solo un mostro ciò che vedi in
me, questo è ciò che
poi penserai di te stessa quando sarai nella mia stessa condizione. E
non è
quel che voglio.» fa una breve pausa, poi riprende:
«Davvero, non fartene una colpa. Tu mi hai ridato la vita,
Artemisia. Sono io che ho deciso di scegliere la morte. Ciò
che sto vivendo con
te in questi giorni è così intenso e vero che non
può essere paragonato a
nessun periodo della mia lunga esistenza. Preferisco quindi vivere
pienamente
con te questi pochi attimi, che continuare poi una vita vuota e priva
di
senso.»
Le prende delicatamente il volto tra le mani; lei
rabbrividisce per il freddo contatto.
I suoi occhi perlacei guardano gli azzurri e lucidi di lei
con una forza e convinzione tale che Helen si stente quasi vacillare.
«Edgar...» mormora, tremante.
Lui le si fa un po’ più vicino con il viso,
sussurrando:
«Non aver paura di me, Artemisia.»
Lei socchiude gli occhi, ribattendo con un fil di voce:
«Non ne ho affatto.»
Le loro labbra sono così vicine che i respiri caldi vanno a
legarsi insieme.
«Ti amo, Artemisia.» afferma Edgar in un sussurro e
infine
raggiunge le labbra di lei, che non si sottrae.
La bacia intensamente, a lungo; entrambi chiudono gli occhi
e Helen alza una mano, posandola su quella di lui che è
ancora appoggiata alla
sua guancia.
Il cuore della giovane batte impazzito e anche Edgar sente
battere il proprio cuore, nonostante ciò sia impossibile
perché fermo da tempo.
Il corpo del vampiro freme appena, colto dentro da una profonda
emozione, mentre Helen è persa del tutto nella bellezza di
quel contatto. Si
sente ammaliata, si sente bene, benissimo, e ha dimenticato del tutto
il fatto
che sta baciando un vampiro. Ma lui
non è più un vampiro; ha rinnegato la sua
condizione e l’ha fatto per lei,
solamente per lei.
Come può rifiutare colui che l’ama così
tanto da decidere di
smettere di esistere? Non può farlo.
Ed ecco, dunque, che Helen ha capito davvero ciò che
intendeva Edgar con le sue parole.
In quel momento, lui riapre improvvisamente gli occhi e, con
un movimento fulmineo, sparisce in un attimo.
Anche Helen rialza le palpebre, confusa; è sparito
così in
fretta che è riuscita appena a percepire il movimento.
Senza capire, si guarda intorno, cercandolo, quando vede
qualcuno avvicinarsi.
«Oh, no...» storce le labbra con disappunto.
«Lady Green! Eccovi, finalmente.» sorride lord
Baker,
raggiungendola.
«Lord Baker... che sorpresa...» fa lei con un tono
piatto.
Lui si inchina e la invita a fare una passeggiata insieme.
Lei riesce a stento a non sospirare, esasperata, quindi è
costretta ad accettare a malincuore.
Lord Baker le offre il braccio e insieme si avviano per il
prato, allontanandosi dal salice; Helen lancia un ultimo sguardo
speranzoso in
quella direzione, ma non vede nessuno.
«E’ una splendida giornata, non trovate?»
esordisce l’uomo,
indicando il cielo limpido.
«Bellissima.» commenta la lady senza entusiasmo.
«Già.» fa lord Baker senza aggiungere
altro.
Helen gli rivolge quindi uno sguardo serio, asserendo:
«Vi prego di smetterla di tergiversare. Vi ha invitato mio
padre, non è così?»
«Infatti, Helen.» risponde lui, con un mezzo
sorriso
compiaciuto «Vostro padre mi ha proposto di venire a
parlarvene.»
«Non c’è proprio nulla da dire,
August.» afferma lei,
distogliendo lo sguardo «Mio padre vi avrà
già comunicato il mio parere,
suppongo.»
«Mi ha solamente detto che siete ancora un po’
scettica.» fa
un gesto con la mano per indicare noncuranza «Vi capisco,
Helen, non ci
conosciamo molto bene.»
«Un po’ scettica?» ripete lei,
staccandosi da lord Baker e
rivolgendogli uno sguardo duro «Forse non avete compreso: io
non intendo
sposarvi, lord Baker.»
«Ciò va oltre la vostra decisione,
Helen.» insiste lui,
calmo «Vostro padre è d’accordo; il
nostro matrimonio è già stabilito.»
«Scordatevelo.» sibila la lady, decisa.
Lui le rivolge un sorriso sicuro e ironico e dice:
«Helen, fatevene una ragione. Questo maggio diventerete mia
sposa.»
«Mi rifiuto.» insiste Helen con fermezza.
«A costo di portarvi con la forza sull’altare, noi
ci
sposeremo tra due mesi.» ribadisce lord Baker, sta volta
serio «Sono venuto
solamente a comunicarvelo. Ora perdonatemi, lady, ma sono pieno
d’impegni.» si
inchina ancora «A presto, mia sposa.»
Helen gli dà immediatamente le spalle e si dirige al salice.
Lord Baker le lancia un ultimo sguardo di trionfo e se ne va a sua
volta.
La ragazza raggiunge il salice e, frustrata, appoggia
pesantemente la schiena al tronco, lasciando cadere le braccia lungo i
fianchi.
«Artemisia...»
Helen alza subito lo sguardo e, sorpresa, vede Edgar seduto
su un ramo che la sta guardando.
«Edgar...»
Lui salta a terra e le prende una mano, dicendo
premurosamente:
«Ti proteggerò io, Artemisia.»
«Di che parli?» chiede lei, ancora un po’
annebbiata a causa
di tutti quegli avvenimenti concentrati in pochi attimi.
«Terrò quell’uomo lontano.»
spiega Edgar, serio.
Lei scuote il capo.
«Lascia stare. Ci penso io.»
«Cosa intendi fare?»
«Parlerò con mio padre.» sospira
«So come fare.»
Edgar la guarda intensamente.
«Sei sicura?»
Lei gli sorride con dolcezza.
«Certo.»
Lui avvicina il suo viso a quello di lei, annusandole i
capelli con gli occhi socchiusi, estasiato.
«Scusa se prima mi sono nascosto.» le mormora,
tornando a
rivolgerle lo sguardo «Penso sia una buona cosa non farmi
vedere.»
«Sì, è meglio.» annuisce
Helen, andando ad accarezzargli un
braccio teneramente «Sarà il nostro
segreto.»
«Oh, che bel segreto, Artemisia.» Edgar le sorride
con la
gioia negli occhi.
Lei avvicina le labbra a quelle del vampiro e gli sussurra:
«Ora va, amor mio... ti aspetto questa notte.»
Si baciano ancora, fremendo entrambi per l’emozione.
«Aspettami, allora. Non sarò lontano.»
si rassicura Edgar,
appena dividono le labbra.
Lei allora gli chiede:
«Dove si trova la tua dimora?»
Lui dirige lo sguardo oltre il prato, rispondendo:
«Là, sulle sponde del laghetto.»
«Oh, quel bel castello?» chiede la lady, osservando
la
sagoma lontana di torri e tetti.
«Sì, proprio quello laggiù.»
le sorride lui.
«Pensavo fosse disabitato...» confessa Helen.
«In un certo senso è così.»
ridacchia Edgar, senza staccare
gli occhi da lei.
Allora anche Helen torna a guardarlo e dice:
«Un giorno me lo farai vedere.»
«Volentieri.»
Rimangono in silenzio a sorridere lievemente.
«Sta sera stessa parlerò con mio padre.»
è Helen a parlare
di nuovo «Ti riferirò più
tardi.»
«Va bene.» Edgar le accarezza un’ultima
volta la guancia,
poi sparisce in un attimo.
Helen, sospirando sognante, posa il capo al tronco,
chiudendo gli occhi.
Che meraviglioso sogno sta vivendo.
Edgar
torna al suo castello e inizia a girare per le stanze
in penombra, senza una meta precisa, ignorando il bruciore della luce
del sole
che a tratti filtra attraverso la fessura delle tende socchiuse.
Si sente euforico.
Raggiunge la sua camera e si lascia cadere supino sul letto,
con lo sguardo perso tra le morbide pieghe del telo rosso sopra di lui
del suo
letto a baldacchino.
Nel petto gli è esplosa una gioia immensa; una gioia che non
ha mai provato prima, che ora gli scorre dentro come corrente elettrica.
E’ felice; felice come non mai.
Incredibilmente, è felice di morire. La morte non gli era
mai sembrata così dolce. Morirà per lei; per
Artemisia. Morirà, finalmente.
Perché è così contento? Non lo sa di
preciso, non sa
spiegarlo. E’ come se... se stesse facendo la cosa giusta. E
questo lo riempie
di gioia.
Artemisia... Prima di
conoscerti vedevo; vedevo bene intorno a me. E c’erano tanti
sentieri da
seguire; più facili, alcuni, altri intricati e oscuri. E io
non sapevo mai
quale scegliere. Ecco poi che sei giunta tu e mi hai indicato la
strada. E’
proprio quella che avevo scartato fin dall’inizio e che
temevo di percorrere
perché la trovavo la peggiore di tutte le altre. Ebbene tu
me l’hai mostrata
come la più bella, la più giusta. Ti sei
già avviata per quel sentiero,
facendomi luce. E io ti seguo, Artemisia, perché finalmente
riesco a vedere
davvero... Adesso so cosa fare. E mi sento bene, benissimo.
Cosa accadrà dopo la morte? Non lo sa. Non gli interessa.
L’importante è che se ne andrà con lei;
stringendole la mano.
E giunti al cospetto
degli angeli, tu tornerai con loro, Artemisia, e io andrò
all’Inferno. Eppure
non soffrirò affatto; perché a te
affiderò il mio cuore. Tu lo porterai con te
in Paradiso e staremo insieme per l’eternità; non
in terra, bensì in cielo.
Si sente sfinito, stranamente. Non si era mai sentito così
prima.
Sospira, stanco, e chiude gli occhi.
Riposerà un po’, per poi andare da lei.
«Padre...»
Arnold Green alza gli occhi dal giornale che sta leggendo,
comodamente seduto su una poltrona di velluto, e dirige lo sguardo
verso sua
figlia, appena entrata nello studio.
«Oh, Helen... Suppongo tu abbia parlato con
August.»
asserisce lord Green, togliendosi gli occhiali.
«E’ proprio di ciò che volevo
parlarti.» Helen va a sedersi
di fronte a lui con un’espressione cupa.
Il padre si accorge del suo stato d’animo e le chiede,
preoccupato:
«Non ti senti bene, Helen?»
«Padre...» la giovane trae un breve sospiro,
guardandolo
intensamente «Non voglio sposare
quell’uomo.»
Lord Green aggrotta le sopracciglia, iniziando a dire:
«Ne abbiamo già discusso; non
è...»
«Fallo per me.» gli occhi le si velano di calde
lacrime «Sto
morendo...»
Lui si pietrifica, sbiancando.
«Helen...» mormora, a corto di parole.
«Non prendiamoci in giro, padre.» lei scuote il
capo,
tirando le labbra «Hai sentito il dottore, vero? Non ci sono
speranze di
guarigione.»
«Sciocchezze.» ribatte lord Green, cercando di
mostrare
sicurezza «Era solamente un ciarlatano. Ti riprenderai
presto, figlia mia.»
«Non è vero e tu lo sai bene quanto me.»
insiste lei, con
gli occhi lucidi «Va sempre peggio... mi sento sempre peggio.
Sono sempre più
debole, ho sempre meno appetito, dormo sempre meno alla
notte...»
«Helen, no...» lord Green si passa una mano sul
volto,
mentre si contrae in un’espressione profondamente addolorata
«Non dire queste
cose...»
«Padre...» Helen gli afferra una mano
«Davvero, io non ho
paura di morire.»
Lord Green non resiste e lucide lacrime iniziano a rigare le
sue guance barbute.
«Sei così giovane, piccola mia...» si
dispera a mezza voce,
accarezzandole la mano «Non posso perderti... Non riesco ad
accettarlo...»
«Ti prego di farlo, o io soffrirò di
più.» ribatte lei,
piangendo a sua volta.
Lui va ad abbracciarla, stringendola forte a sé; Helen si
inginocchia a terra, ricambiando l’abbraccio.
«Quindi ti supplico, padre mio...» mormora tra le
lacrime,
ancora stretta a lui «Non voglio sposare lord Baker.
E’ il mio ultimo
desiderio... Vorrei solamente rimanere qui, con te, fino a che mi
sarà
concesso.»
Lord Green la stringe ancor di più, chiudendo con forza gli
occhi carichi di lacrime; poi, annuendo con il capo, le dice:
«Sì, figlia mia, d’accordo...
Parlerò domani stesso con lord
Baker.»
«Grazie...» Helen sorride lievemente; felice.
Continua...
Ciao a tutti! =)
Ormai manca solamente un capitolo
per concludere... spero che fin qui vi sia piaciuta. ;)
Un ringraziamento per tutti coloro che hanno letto e chi ha aggiunto la
storia alle Seguite e Preferite (nel prossimo e ultimo capitolo
metterò l'elenco completo). ^^
Achiko: Ehi, ciao! =) Mi segui davvero, wow... che coraggio! xD Ammetto di aver ideato la storia solo per partecipare al concorso, quindi non è tanto una fic come quelle che "posto comunemente", nel senso che magari ho sottolineato certi aspetti invece che altri... ad esempio, punto caratteristico è l'amore struggente di Edgar che, sì, è molto più umano che vampiresco... E' vero, certe cose andrebbero cambiate, ma non seguo i tuoi consigli solo perché la fic è già conclusa, se no l'avrei fatto volentieri. =) Accetto sempre consigli, figurati! Anzi, mi aiutano a migliorarmi in seguito. ^^ Sono contenta che comunque la storia ti piaccia: grazie! *//* E se hai qualcos'altro da farmi notare, non esitare a farlo! Chissà, forse un giorno rimodificherò la fic per poi postarla nuovamente... non si sa mai. -_^ Ciao!
Il prossimo e ultimo aggiornamento sarà mercoledì sera. A presto! ;)