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Autore: Shainareth    20/02/2010    4 recensioni
*** Si ringraziano Atlantislux per l'impeccabile betaggio, Ike_ ed Erecose per l'indispensabile consulenza, e Milly Miu Miu per le bellissime illustrazioni. Nonché tutti voi lettori. ***
[Dragon Age: Origins] Ero viva per davvero? O quel disgraziato mi aveva seguita nel regno dei morti col solo intento di prendermi per i fondelli? Pensando a questa possibilità, valutai seriamente l’idea di dargli una testata sul naso. Se non lo feci, fu unicamente perché Duncan si avvicinò a noi e mi porse un boccale d’acqua. Ancora frastornata, mi misi a sedere e bevvi avidamente, come se avessi una sete insoddisfatta da giorni, cercando di mandare via l’orribile sapore che avevo ancora in bocca.
Unica precisazione: la protagonista NON è una Mary Sue. XD
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!
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- Questa storia fa parte della serie 'Nimue Surana'
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CAPITOLO SECONDO - OSTAGAR

 




Alistair mi aiutò a rimettermi in piedi e dovetti reggermi ancora a lui per via di un brutto capogiro. «Sono contento che ce l’abbiate fatta», mi disse. Nella sua voce non c’era più alcuna ombra di beffa, e di questo gliene fui grata. Se avesse continuato con i suoi stupidi scherzi, sicuramente mi sarei concentrata sull’orribile sapore che ancora mi impestava la bocca col preciso e maligno scopo di vomitargli addosso. «Alla mia Unione morì soltanto una persona», prese a raccontarmi in attesa ch’io riprendessi padronanza di me, «ma fu comunque terribile.»

   «Non stento a crederlo», biascicai. In realtà reputavo tutto quello una pazzia, ma mi guardavo bene dal palesarlo a lui o a Duncan. «Dunque… Ora sono un Custode Grigio?»

   «Sì», mi sentii rispondere. «Non temete, non avrete altre prove da affrontare», mi tranquillizzò. «A parte il rito di stanotte.»

   Levai lo sguardo ancora annebbiato su di lui. «Che rito?», domandai con un senso di smarrimento e di panico. Non era finita? Fino a quanto avrei dovuto sfidare la fortuna?

   «Quello in cui dovrete danzare nuda per l’accampamento e accoppiarvi con l’intero esercito.»

   Schiaffeggiai Alistair su un gomito – il suo viso si trovava troppo in alto per me – ed iniziai ad allontanarmi da lì, barcollando. Sapevo che mi stava seguendo, lo sentivo ridere alle mie spalle. «Vi divertite a prendervi gioco di me?»

   «Lo facevo solo per farvi rilassare», si discolpò. E compresi che probabilmente anche lui ne sentiva il bisogno, nessuno poteva rimanere impassibile ad uno spettacolo crudele come quello senza batter ciglio.

   «Da quanto tempo siete un Custode?», gli chiesi, rallentando ulteriormente l’andatura per invitarlo ad affiancarmi. Non che ve ne fosse bisogno, visti i miei passi incerti, ma accettai di buon grado il suo braccio anche per non crollare di nuovo a terra. Ad occhio e croce dovevamo avere la stessa età, anche se la mia condizione di elfo mi faceva apparire più giovane a causa della leggendaria immortalità della mia razza, ormai perduta in seguito alle unioni avvenute con gli umani. Ne dedussi perciò che anche per Alistair non fosse passato molto da che Duncan lo aveva sottratto alla Chiesa.

   «Meno di sei mesi», mi confidò, infatti. «E vi assicuro che, a parte l’inizio, poi ce la spassiamo alla grande.»

   «Ballando nudi al chiaro di luna?»

   «Quando siamo ubriachi.»

   Gli concessi la soddisfazione di strapparmi un sorriso. «Oh, non vedo l’ora di far baldoria insieme a tutti voi. Anche se dubito succederà presto.»

   «Con la Prole Oscura alle porte, la vedo difficile», confermò, fermandosi quando fummo arrivati alla mia tenda. «Per ora non pensateci», mi raccomandò. «Cercate solo di riposare. Probabilmente avremo bisogno di voi e dei vostri poteri prima di quanto vorremmo.» Detto questo, mi augurò la buonanotte e proseguì per la sua strada.

   Rientrai nel mio piccolo rifugio, lo stesso che condividevo con Wynne, un’Incantatrice anziana che conoscevo dai tempi del Circolo e che aveva lasciato la Torre mesi prima per seguire il Re sui campi di battaglia. Sebbene lei fosse ancora in giro e la luna non fosse troppo alta in cielo, mi lasciai cadere a peso morto sul mio giaciglio, intenzionata a saltare la cena per via dello stomaco sottosopra, e sprofondai in un sonno lungo e pesante, privo di quei sogni che avrebbero invece disturbato le mie notti a venire.

 

Il mattino dopo mi svegliai con una fame incredibile, il che mi fece supporre che, nonostante avessi ingerito quel velenoso intruglio oscuro, il mio corpo reagiva bene alla mia nuova vita da Custode Grigio. Guidata dall’ottimismo, ne parlai con Wynne mentre mi vestivo, e lei, gentile e premurosa come la ricordavo, mi consigliò di mangiare molto e, soprattutto, di sostanza. Avevo bisogno di recuperare le energie spese il giorno addietro e di immagazzinarne di nuove in vista dello scontro che si faceva sempre più imminente.

   «Come vanno le cose al Circolo?», volle sapere. Wynne vi era molto devota, ed era una di quei maghi che accettano di buon grado il controllo dei templari, poiché, come dice anche la Chiesa, la magia esiste per aiutare l’uomo, non per dominarlo.

   «Il Primo Incantatore sta bene», iniziai a rispondere, immaginando che quella fosse una delle prime notizie che avesse voluto avere. «Ma… poco prima della mia partenza c’è stato un incidente», fui onesta. «Creato anche da me.»

   Lei mi guardò scettica. «Siete sempre stata un’allieva modello. Permettetemi di dubitare della gravità di questa storia.»

   Era vero, non avevo mai creato problemi a nessuno né mi ero mai cacciata da sola nei guai. Tutto perché avevo paura delle punizioni dei templari, che pure non temevo troppo: c’era da farlo solo quando si era in presenza di un Maleficar, cioè di un Mago del Sangue, perché era allora che i soldati presenti alla Torre sguainavano davvero la spada con l’intento di fare del male se non addirittura uccidere. Io però non volevo rogne, neanche le più lievi, e se avevo macchiato il mio impeccabile curriculum di maga, era stato solo perché di mezzo c’era il mio più caro amico. Ecco l’unica ragione per cui muovevo il deretano dalla mia comoda e tranquilla posizione di innocua fattucchiera, per aiutare chi mi stava a cuore – e solo quando era strettamente necessario.

   Scossi il capo, mortificata. «Ricordate il mio amico Jowan?»

   «Il giovanotto con i capelli neri?», chiese Wynne, facendo mente locale. Aveva una buona memoria.

   «Mi aveva convinta a distruggere il suo filatterio affinché i templari non potessero rintracciarlo.» Un filatterio è quella ampollina di vetro in cui, per volere del Circolo e della Chiesa, viene conservato il sangue di ogni apprendista che mette piede nella Torre, così che, tramite quello, i templari possano sempre controllare i suoi movimenti e, nel qual caso dovesse svelarsi autore di malefici, raggiungerlo e giustiziarlo. Detto con le parole di Morrigan, un filatterio non è altro che un guinzaglio per i maghi.

   «Cosa? E perché?» Adesso il tono di Wynne si era fatto preoccupato.

   Sospirai, nascondendo il viso fra le mani. «Era innamorato della giovane apprendista sacerdotessa della cappella, Lily, e progettava di scappare con lei.»

   «Ma le sacerdotesse fanno voto di castità, così come i templari», continuava ad essere contrariata lei. Mi chiesi se non le sarebbe venuto un infarto quando avesse finito di sentire il mio racconto. «Perché li avete aiutati?»

   «Perché erano disperati…  Jowan confidava nella mia comprensione: qualcuno aveva messo in giro la voce che lui si interessasse di Magia del Sangue, e per questo volevano farlo diventare un Mago della Calma. Jowan non voleva rinunciare ai suoi sentimenti per Lily, né voleva farla soffrire dimenticandosi di lei. Voi lo sapete meglio di me, vero? Che chi non viene ritenuto in grado di affrontare il Tormento, viene sottoposto al rito che fa di lui un mago privo di emozioni e dedito soltanto ai propri doveri. Personalmente la trovo una barbarie. I templari ci trattano come se fossimo dei demoni.»

   «In alcuni casi hanno ragione a temerci», mi interruppe Wynne, accorgendosi che mi stavo scaldando. «O preferite lasciare ai meno dotati di noi la possibilità di accedere all’Oblio e di morire lì o, peggio, di liberare uno dei demoni che non vedono l’ora di impadronirsi di noi e di trasformarci in Abomini? Sapete di che sto parlando, avete superato da poco quella stessa prova.»

   Non aveva torto, ma, essendo nata in un’enclave ed avendo subito soprusi fin da bambina, la cosa mi faceva infuriare. «Ma c’è dell’altro», ripresi, senza riuscire a nascondere la vergogna.

   «E a giudicare dalla vostra espressione, dubito che mi piacerà», concluse Wynne, preparandosi al peggio.

   Mi feci coraggio e vuotai il sacco. «Eravamo riusciti a distruggere il filatterio, ma siamo stati scoperti poco prima della loro fuga. Io e Lily non abbiamo opposto resistenza, ma Jowan ha preferito rischiare il tutto e per tutto pur di non subire processi o, alla meglio, rimanere condizionato dalle leggi della Torre.»

   Wynne trattenne il fiato. «È davvero un Mago del Sangue?» Anuii, e lei si portò le dita alle tempie, chinando la testa e chiudendo gli occhi. «Come diamine vi è saltato in mente di aiutarlo? Non vi ha sfiorato l’ipotesi che, se accusato di essere un Maleficar, poteva esserlo per davvero? Come avete potuto essere tanto ingenua?»

   «Mi fidavo di lui! E si fidava anche Lily!», mi difesi, sentendo ancora bruciare quella ferita. «Quando abbiamo scoperto la verità, comunque, abbiamo deciso di lavarcene le mani e di abbandonarlo al suo destino.» E non avevamo potuto fare altrimenti: i Maghi del Sangue usano magie proibite, oscure, ed essere loro complici significa macchiarsi del medesimo crimine.

   «E poi cos’è successo?», mi invitò ad andare avanti Wynne, un poco più calma.

   Scrollai nervosamente le spalle. «Lily è stata portata via… Non credo se la caverà con poco, non nel posto in cui l’hanno rinchiusa. Ed io sono stata ad un passo dal fare la stessa fine. Mi ha salvata Duncan, reclamandomi fra i Custodi Grigi.» Solo allora realizzai che, forse, lui ed Irving avevano voluto affidare la mia vita alla sorte, facendomi prendere parte al rito dell’Unione. La rabbia mi divorò, ma solo per un istante, perché alla mente mi sovvenne che comunque il Primo Incantatore mi aveva presentata a Duncan prima dell’incidente e mi aveva chiesto di fargli da cicerone all’interno della Torre, magari per lasciargli modo di studiarmi. Il che poteva significare che i due avessero scelto me sin dall’inizio.

   «E Jowan?»

   «Svanito nel nulla. E spero non faccia altre sciocchezze.» Sbuffai, infastidita da quel ricordo e dal saperlo ridotto in quello stato. Jowan era stato forse il mio amico più caro durante gli anni di studio trascorsi al Circolo, e la scoperta che si era davvero lasciato sedurre dal lato oscuro della magia era stata per me una delusione più grave del suo tradimento nei miei confronti e in quelli della ragazza che diceva di amare.

   «Mi auguro davvero che abbiate ragione», disse Wynne, alzandosi da dov’era seduta. «Come sta Cullen?», domandò poi, finendo di raccogliersi i capelli canuti in una coda e lanciandomi uno sguardo eloquente che mi fece arrossire più della sua curiosità. «Era presente al vostro Tormento, immagino.»

   «Con tutti gli altri templari», confermai, impacciata.

   «Poverino. Se vi foste lasciata vincere dal Demone dell’Oblio, sarebbe impazzito dal dolore di dovervi uccidere.» Rimasi in silenzio, fingendo di trovare più interessanti le punte dei miei piedi delle sue allusioni. «Ha preso bene la vostra partenza?»

   «Non lo so, non ci ho parlato», risposi, riprendendo a vestirmi con una certa agitazione. In realtà non sapevo se i sospetti di Jowan – e a quanto pareva non solamente suoi – fossero fondati o meno, ma era un dato di fatto che quando provavo a rivolgergli la parola, Cullen iniziava a balbettare e a dire cose senza senso. Alle volte avevo addirittura il sospetto che mi prendesse in giro, vista la teatralità dei suoi gesti e delle sue frasi. Ad ogni modo, a differenza degli altri templari della Torre, Cullen si dimostrava gentile e sempre pronto a scambiare due chiacchiere – per quanto confuse fossero – con me, e questo mi impediva di trovarlo antipatico e, anzi, a sua insaputa gli avevo ormai fatto dono dell’aggettivo di buffo. Mi faceva tenerezza, per cui mi era impossibile non assecondare i suoi sorrisi sciocchi e melliflui. Rimaneva però il fatto che avesse preso i voti e che il suo compito consistesse nel tenere a bada i maghi, a volte combatterli. Forse persino me. Era assurdo fantasticare su un’eventuale svolta nel nostro disastroso rapporto di cavaliere innamorato e di principessa amata ma appartenente ad un mondo a lui ostile. Non c’era futuro, neanche per una semplice, vuota scappatella.

   Fui grata a Wynne quando cambiò argomento. Appena uscimmo all’aria aperta, dovetti socchiudere gli occhi a causa della luce del sole. Era una bella giornata, ed il cielo era completamente terso. Neanche sembrava esserci una minaccia in agguato. La fortezza di Ostagar, massimo punto d’avanzamento dell’Impero Tevinter nelle terre sudorientali dei barbari, era un tempo il più importante avamposto difensivo a sud del Mare del Risveglio. Si trovava al confine delle Selve Korcari e controllava ogni tentativo di invasione dei barbari oggi noti come Selvaggi Chasind. La fortezza occupava uno stretto passaggio tra le colline, e doveva essere aggirata per raggiungere i fertili bassopiani al nord, cosa che si era rivelata molto difficile a causa della sua posizione naturale. Come gran parte degli avamposti imperiali a sud, Ostagar era stata abbandonata dopo il crollo del Tevinter, durante il primo Flagello. Era poi stata saccheggiata dai Chasind e, quando la loro minaccia era venuta meno in seguito alla nascita del moderno Ferelden, Ostagar era caduta in rovina. Per quattro secoli era rimasta disabitata, anche se la maggior parte delle mura sono tutt’oggi in piedi, così come la Torre di Ishal, che prende il nome dal Grande Arconte che ne aveva ordinato la costruzione. Ostagar resta un testamento del potere magico dell’Impero, e Re Cailan e il Teyrn Loghain avevano deciso di assembrare proprio lì le truppe per combattere l’avanzata della Prole Oscura verso nord.

   Quando Wynne ed io raggiungemmo l’area adibita alla mensa, vidi una mano svettare in aria ed agitarsi vivacemente in cenno di saluto: Alistair. Si levò in piedi, lasciando i suoi compagni di colazione, e ci corse incontro, dandomi il buongiorno con un grosso sorriso stampato in faccia. Ricordo che in quel momento chiesi a me stessa se anche il mabari che avevo aiutato un giorno mi avrebbe riservato la stessa, scodinzolante accoglienza.

   «Come andiamo? Tutto bene?»

   «Sì, grazie. Ho dormito come un ghiro», lo rassicurai.

   «Incubi?»

   Feci segno di diniego. «Ero troppo impegnata a dormire.»

   «Credetele. Non mi ha neanche sentita rientrare in tenda», confermò Wynne.

   Alistair si accorse finalmente della sua esistenza. «Oh, voi siete sua nonna?»

   Impallidii all’istante, scandalizzata io per prima per quell’insolenza che mai, mai e poi mai avrebbe dovuto mostrare nei riguardi di una donna. Specie se effettivamente anziana come Wynne. Quest’ultima, tuttavia, mi sorprese, distendendo le labbra in un’espressione divertita e prendendo molto sportivamente lo scherzo di quel disgraziato. «Se lo fossi dovrei avere anch’io le orecchie a punta, non credete? Le sue sono molto graziose.»

   «Ah», rise lui, rivolgendomi uno sguardo di trionfo. «Che vi dicevo, ieri?»

   Sospirai, arrendendomi all’umore gioviale dei due. «Ci sono novità?»

   Alistair parve pensarci un attimo, mentre ci accompagnava in cerca di posti liberi. «Re Cailan vorrebbe aspettare aiuti da Orlais, ma Loghain si oppone. C’è da capirlo, ci ha combattuto una memorabile guerra, anni fa. È diventato quello che è proprio per le sue imprese di quei tempi.»

   «Non sono esperta di guerre», aveva preso parola Wynne, «ma sono del parere che dovremmo accogliere di buon grado tutto l’aiuto che ci viene offerto. Il Flagello avanza, e presto potrebbe non essere più un problema del solo Ferelden, ma di tutto il Thedas.»

   «È quello che pensano anche il Re e Duncan», concordò Alistair. «Loghain è un abile combattente ed un ottimo stratega, ma in certi casi dovrebbe lasciare da parte l’orgoglio. Stiamo parlando di una cosa troppo grande perché le armate del Ferelden possano gestirla da sola. Figurarsi uscirne vittoriose.»

   «Ho sentito dire che Loghain preferirebbe non scendere in battaglia, stanotte.»

   «Su questo non ha del tutto torto», affermò quando trovammo un tavolo quasi libero. «Anche Duncan non è convinto che sia una buona idea. Teme che alla testa dell’orda di Prole Oscura che affronteremo possa esserci un Arcidemone», e nel dirlo abbassò la voce. «Il Re però si fida del suo istinto e non vuole aspettare. È convinto che Loghain possa studiare per tempo una tattica che ci farà vincere. Lo stesso Loghain che cerca di mettere zizzania fra lui e Duncan. Oltre che fra il Re e sua moglie.»

   «Hanno litigato di nuovo?»

   Alistair alzò le spalle. «Non che mi interessino le loro beghe amorose, ma è uno dei pettegolezzi che fanno girare qui all’accampamento. Loghain è il padre della Regina Anora, è normale che lei si senta soffocare dalla sua posizione di mediatrice.»

   «Perché Loghain vuole allontanare Duncan dal Re?», non mi trattenni dal chiedere, scrutando da parecchia distanza l’uomo dai capelli neri e due pesanti ombre sotto gli occhi. Come se mi avesse sentita, Loghain levò lo sguardo nella nostra direzione, incrociando il mio e lasciandomi inquieta per quel suo aspetto lugubre.

   «Al Teyrn non vanno a genio i Custodi Grigi», mi comunicò Alistair, greve. «Non so i dettagli. Forse teme che, essendo Cailan aperto come suo padre, il nostro ordine possa passare in primo piano e magari oscurare la sua popolarità. È solo un’ipotesi, ma potrebbe essere vera.»

   «Sciocchezze», sbuffò Wynne, accigliata. «I Custodi Grigi sono stati riammessi nel Ferelden vent’anni fa proprio da Re Maric per la loro utilità in situazioni come quella che stiamo vivendo. Lui e Duncan erano buoni amici.»

   Alistair si chiuse improvvisamente nel silenzio, per cui, vedendolo fermo e muto, i suoi compagni lo reclamarono alla loro tavola. «Devo andare», disse. Mi rivolse un’occhiata e poi chiese: «Volete venire con me? Vi presenterò al resto del gruppo.»

   «Oh», fui colta alla sprovvista, come se fino a quel momento mi fossi convinta erroneamente che gli unici altri Custodi presenti ad Ostagar, oltre me, fossero lui e Duncan.

   «Suppongo sia una buona occasione per farsi degli amici», mi suggerì Wynne, ammiccando. «Almeno così sentirete meno la mancanza di quelli che avete lasciato alla Torre.»

   Aveva ragione. Come sempre da che l’avevo conosciuta. «D’accordo, allora», acconsentii.

   «Da questa parte», disse Alistair, aprendomi la strada con un ampio gesto del braccio.

   Salutai Wynne e seguii il mio compagno; il quale subito si premurò di presentarmi a tutti. Non ero l’unica donna, e non fui neanche troppo sorpresa di vedere tra i Custodi Grigi altri elfi, maghi e persino dei nani, benché gli umani guerrieri fossero di gran lunga in maggioranza. Quello che mi sconcertava era ben altro: per ognuno di loro, probabilmente altri avevano perso la vita esattamente come Jori e Daveth. Sapevo chi erano i Custodi Grigi, ed ero anche consapevole di ciò che essi rappresentavano agli occhi del mondo. Tuttavia, io non ero stata tanto nobile da anteporre il bene di tutti al mio, e se mi ero unita a loro era stato solo perché costretta dalle circostanze.

   Essere al centro dell’attenzione, comunque, non mi piaceva. Di più, mi spaventava. E vista la mia ritrosia nello spiccicare parola, Alistair trovò il modo per rompere il ghiaccio, oltre che la sua testa per mia mano. «Nimue è la mia ragazza», annunciò, sedendosi accanto a me. Lo sguardo che gli lanciai fu tale che metà di quelli che udirono quella frase scoppiò a ridere. Ringraziai il Creatore che Duncan fosse assente.

   «Attento, Alistair», prese le mie difese una donna con una vistosa cicatrice sul viso. Non volli immaginare come se la fosse procurata. «Mai suscitare il desiderio di vendetta di una signora. A maggior ragione se è una maga.»

   «Nimue è buona», giurò lui, convinto davvero delle sue argomentazioni. «Non si addentrerebbe mai in chissà quali arcani segreti solo per tramutarmi in un ammasso inumano e ripugnante di squame e pelo», disse, incrociando i miei occhi. «Dico bene?»

   Studiai il colore nocciola delle sue iridi e compresi. «Avete la coscienza sporca?»

   «Non ancora, ma so già che stuzzicherò non poco la vostra pazienza. Lo faccio con tutti», mi mise in guardia.

   Annotai l’informazione, pur non riuscendo a capire se egli andasse realmente fiero di quel lato dispettoso del suo carattere. «In tal caso potrei sempre decidere di darvi fuoco.»

   «Non lo fareste mai», rise. Sul suo volto, però, lessi con soddisfazione il dubbio ch’io potessi dire il vero.

   «Alistair, oggi tocca a te rimettere in ordine il magazzino. Sbrigati», gli ordinò qualcuno dal fondo della tavolata.

   «Perché a me?», si accigliò lui, contrariato. «L’ho fatto due giorni fa.»

   «Ma ieri no», gli fu risposto. Ecco come crolla un leader, pensai fra me.

   «Avevo da fare, stavo eseguendo gli ordini di Duncan», insistette Alistair. «E poi perché devo farlo sempre io?»

   «Perché sei la più giovane delle reclute.»

   Aprì bocca per replicare, ma si trattenne e si girò verso di me. «Quanti anni avete?»

   «Ha importanza?»

   «Avete già capito dove voglio arrivare, vero?»

   «Se state per chiedermi di prendere il vostro posto, vi risparmio la fatica.»

   Alistair mi ignorò bellamente, cercando nel mio aspetto qualcosa che smascherasse la mia età. «Siete più giovane di me. Dovete esserlo.»

   Mi lasciai scappare un sorriso. «E voi dovete essere un bell’ingenuotto. Gli elfi fisicamente invecchiano dopo rispetto agli umani. Potrei avere il doppio dei vostri anni.» Il che era esagerato, ma volli comunque mettere alla prova la sua intelligenza.

   Il suo giudizio rimase in sospeso per qualche istante. «Non vi credo. Siete reduce dal Tormento, il che significa che avete appena concluso il vostro corso di studi al Circolo dei Magi. È impensabile che abbiate più di vent’anni. Ed è già dir tanto.»

   «Vi lascerò con questa convinzione», affermai, poiché Alistair aveva fatto un ragionamento impeccabile, eccetto che per un particolare: non aveva idea di quanti anni avessi quando i templari mi avevano condotto alla Torre. Potevo averne avuti cinque, otto, dieci o persino quattordici. Ma notando come lui ci fosse rimasto male, decisi di scendere a patti. «Vi rivelerò la mia età solo se promettete di aiutarmi col magazzino.»

   «Allora è vero che siete più giovane di me», concluse lui, impettito.

   Risi più per la sua espressione che per la discussione. «Questo non posso dirlo se non so con certezza la vostra età, prima. E comunque sono l’ultima arrivata, è giusto che adesso i lavori più fastidiosi tocchino a me.»

   «Vi avrei aiutata lo stesso. Siete una donna, non sarebbe galante lasciarvi fare tutto da sola.»

   «Ed è anche piccolina», aggiunse il suo vicino, avendo ascoltato per intero la nostra conversazione. «Si spezzerà sotto il peso della prima cassa, quindi se non la vuoi avere sulla coscienza ti conviene aiutarla per davvero.»

   «Mi sono perso qualcosa?», domandò l’ultimo arrivato, un uomo scuro con la barba incrostata di qualcosa che mi riusciva impossibile identificare.

   «Alistair s’è trovato la ragazza», iniziarono a canzonarci gli altri.

   «Era anche ora», applaudì lo sconosciuto. «Bella scelta, ragazzo. Gli elfi femmina ce l’hanno più stretta.»

   Mi si contorse lo stomaco e piantai lo sguardo, furioso, sul mio pasto. Ormai non mi imbarazzavano più certi luoghi comuni; da che ho memoria, all’enclave ero stata abituata a sentire di peggio dai signorotti locali che di tanto in tanto scavalcavano i cancelli per venire a prendersi gioco di noi o, non di rado, a molestare le ragazze più giovani – finanche ad imporre loro vere e proprie violenze fisiche. Quando avevo lasciato quel luogo ero troppo piccola per subire quel tipo di attenzioni, per fortuna, però il rancore per quello che anni prima avevano fatto a mia sorella maggiore rimaneva e si rinnovava in me tutte le volte che qualcuno o qualcosa riportava a galla quegli orribili ricordi.

   «Non altra parola.» Alistair prese le mie difese prima ancora che lo facessero gli altri, che pure mi dimostrarono solidarietà nonostante alcuni riuscirono a ridere per quell’infelice battuta. «Portatele rispetto o io non ne avrò per voi.»

   «Andiamo, vuoi davvero trattarla come una donna?» Il tono della voce di quell’uomo mi ripugnava. «Gli elfi femmina servono solo a pulire e a svuotarti le palle.»

   «Se aveste un minimo di cervello», iniziò seriamente ad inalberarsi Alistair, e non solo lui, «terreste la lingua a freno. State parlando di un Custode. Come voi e me.»

   «Un Custode che ce l’ha stretta», intervenne non so chi, dando man forte al suo disgustoso compare. «Lascia perdere, Krain. Cosa vuoi che ne sappia un templare di com’è fatta una femmina?»

   Afferrai la scodella con la mia razione di cibo e mi alzai da tavola, notando lo smarrimento sul volto del mio difensore. «Alistair, mostratemi la strada per il magazzino, per favore», gli dissi, cercando di apparire dolce nonostante dentro mi sentissi esplodere come un vulcano.

   «Subito», assentì dopo qualche attimo, che sfruttò per riprendersi. «Io… mi scuso per la loro maleducazione», aggiunse poi.

   «Non datevene pena», risposi, affrettando il passo per mettere il maggior numero di metri fra me e quei bastardi. «Non è certo colpa vostra», lo rassicurai, evitando di mettere il dito nella piaga nel ricordargli che alla fine ci era andato di mezzo anche lui. «Ci sono abituata.»

   Non potevo vedere la sua espressione, concentrata com’ero su ciò che si parava davanti a me e nient’altro. Ero intenta soltanto a sbollire la rabbia e, credo, lui dovette accorgersene, perché prese a spiegarmi che, sfortunatamente, non tutti i Custodi Grigi erano senza macchia. «Vedete… Tra noi ci sono anche assassini e meretrici. Siamo un po’ come la Chiesa, accogliamo chiunque voglia unirsi a noi per amore di giustizia o perché non ha altra scelta.»

   «Come noi due, quindi», ringhiai fra i denti così piano che lui parve non udirmi.

   Alla fine, comunque, ci occupammo davvero del magazzino insieme, e quando riuscii a rilassarmi un po’, scoprimmo che avevo un anno più di Alistair. Questi mi accusò di prenderlo in giro, tornando ad atteggiarsi a grande eroe come aveva fatto quando ci eravamo conosciuti. In verità non era affatto lo spaccone che voleva far credere, anzi. Era persino più modesto di me. E più nobile, perché mi sbagliavo sulla motivazione che l’aveva spinto ad unirsi ai Custodi: non aveva accettato l’invito di Duncan unicamente per liberarsi di un destino da templare, ma perché Alistair credeva davvero di poter fare qualcosa per il mondo. Quel giorno scoprii dunque che il suo carattere timido ed insicuro – poiché tale si stava rivelando finalmente ai miei occhi – lo penalizzava molto sul piano sociale, al punto che l’unico modo che aveva per vincere queste sue debolezze era quello di trincerarsi dietro ad un sorrisetto beffardo e di snocciolare battute a volte irriverenti prima ancora che altri potessero ferirlo. Non potevo sapere quale procedimento lo avesse portato ad assumere tale atteggiamento verso il prossimo, ma ipotizzavo che potesse entrarci l’esistenza infelice che aveva condotto nell’abbazia in cui lo avevano costretto a studiare. Ed io, che avevo vissuto al chiuso della Torre del Circolo dei Magi per tanto, troppo tempo, lo capivo perfettamente.

   Da come ne parlava, comunque, non era difficile intuire che Alistair provasse grande ammirazione per i Custodi Grigi – e per Duncan in particolare – nonché che fosse contento di quella nuova vita che invece in me lasciava ancora molte riserve, a cominciare dal rito di iniziazione. Non esposi i miei dubbi, non volevo turbarlo né interrompere l’armonia delle sue chiacchiere – Alistair era invero uno di quei pochi uomini che in certi momenti danno del filo da torcere al cicaleccio insistente delle donne. Avevo per lo meno iniziato ad accantonare la mia antipatia nei suoi confronti, del tutto immeritata, concedendogli di ricominciare da zero non solo perché mi aveva salvato la vita nelle Selve o perché continuava a trattarmi con un occhio di riguardo, probabilmente perché giovane quanto lui e pertanto inesperta della vita. Non aveva tutti i torti, poiché non mi era capitato spesso di lasciare il Circolo, anzi, e questo mi aveva a lungo isolata dal mondo al di fuori delle mura della Torre. Apprezzavo tutto questo, e più ci parlavo, più mi rendevo conto di quanto, scherzi a parte, egli fosse sincero e armato di buona volontà, qualità che avrebbero mandato in estasi nonna Wynne e che di certo non potevano lasciare indifferenti me: ero così anch’io.

   Verso sera fummo mandati a chiamare da Duncan. A dispetto del sole mattutino, il cielo si era coperto di nubi, ed una fitta pioggerella cadeva incessante su di noi. Nell’accampamento erano tutti in fermento per l’imminente scontro, ed il caos la faceva da padrone nel suo pur ordinato viavai di soldati, servi, maghi e sacerdotesse. Non erano pochi quelli che se ne stavano inginocchiati ai piedi della statua di Andraste che torreggiava su un grande spiazzo, mentre preghiere e benedizioni venivano pronunciate attraverso un palpabile velo d’incenso che mi faceva girare la testa. Due volte fui afferrata e strattonata per un braccio perché scambiata per una degli elfi domestici, ed Alistair, infastidito, intervenne ancora in mio soccorso assicurando che ero lì in qualità di Custode Grigio e non di sguattera. Dal modo in cui urlò per sovrastare il chiasso che riempiva l’aria tutt’intorno, mi convinsi definitivamente che non mentiva riguardo alle mie orecchie.

   Quando raggiungemmo i nostri compagni, Duncan aveva da poco preso parola, iniziando a discutere di quello che, con tutta probabilità, ci saremmo ritrovati ad affrontare dì a poco. Tutti prestavano grande attenzione, meno me che mi ritrovavo davanti ad una muraglia di persone che mi sovrastavano in altezza di almeno una testa, non consentendomi di vedere il nostro oratore. Provai a spostarmi sulla destra, poi sulla sinistra; mi misi persino in punta di piedi ma nulla. Non potendo rimanere indifferente al quel continuo agitarmi, Alistair mi scoccò un’occhiata seccata e, intuito il mio problema, non riuscì a fare a meno di ridere. Lo odiai per questo.

   «Salite sui miei piedi», mi disse. Lo fissai scandalizzata. E offesa. «Avete ragione, non cambierebbe molto», infierì lui, tornando a far nascere in me il desiderio di schiaffeggiarlo. «Sulle spalle, allora.»

   «Siete matto?», sibilai, furiosa. Considerato anche il fatto che ero in piena sindrome premestruale, quel ragazzo rischiava seriamente la vita. «È sconveniente. E ridicolo», aggiunsi, imbarazzata.

   «Avete un’idea migliore? Volete che vada a prendervi una cassa su cui arrampicarvi?»

   Un tizio vicino a noi ci intimò di fare silenzio prima ancora ch’io potessi ribattere con indignazione. Infine, non riuscendo a trovare vie d’uscita, persi la battaglia contro il mio orgoglio e mi inerpicai sulla schiena del mio compagno, dandogli uno scappellotto quando mise una mano dove non avrebbe dovuto. Qualcuno rise. A parte quel piccolo incidente di percorso, comunque, come torre Alistair era perfetto. Pur non essendo un gigante, era alto abbastanza da consentirmi una visuale ampia di tutto ciò che ci circondava. La voce di Duncan ebbe un’incertezza nel preciso istante in cui i suoi occhi scuri si accorsero di noi, e nonostante questo proseguì stoicamente nel suo discorso. Con me era sempre stato gentile e disponibile, dolce persino; eppure adesso lo animavano un ardore ed una forza capaci di irretire chiunque. Il carisma e la grandezza di quell’uomo non erano secondi a nessuno. Ecco perché Alistair lo ammirava tanto.

   «Nella guerra, vittoria. Nella pace, vigilanza. Nella morte, sacrificio.» Fu questo il motto con cui Duncan chiuse il suo monologo, lo stesso motto che apparteneva all’ordine sin dalla sua fondazione, quattro secoli prima.

   Scivolai giù dalle spalle di Alistair, trovando piacevolissimo il contatto delle suole dei miei stivali sul ciottolato bagnato e tornando a guardare il mondo dalla solita prospettiva a cui ero abituata. Non sapevo poi molto sui Custodi Grigi, ma dovevo ammettere che cominciavo ad essere fiera dell’opportunità che mi era stata data di affiancarli contro la Prole Oscura. Tutti parlavano di mettere mano alle armi, li sentivo, e l’idea di scendere in campo in una battaglia in grande stile mi spaventava ancora. Provai ad indagare lo stato d’animo del mio collega più giovane e non potei fare a meno di gemere davanti alla luce che gli faceva brillare le pupille: era ansioso di seguire gli altri in guerra. Pensai che fosse vittima della follia collettiva o che forse quell’insano desiderio derivasse dalla sua condizione maschile; anche alla Torre del Circolo, infatti, la maggior parte dei duelli che avvenivano fra gli studenti erano organizzati da ragazzi come lui, abbastanza grandi per sentire e amare l’adrenalina, eppure troppo infantili per comprendere fino in fondo i rischi che un combattimento – sia pure fatto per gioco – potesse comportare. Ma quello che stavamo per affrontare era un Flagello, non una gara di abilità. E se da una parte apprezzavo il coraggio di Alistair e degli altri guerrieri, rimproverando per la prima volta a me stessa quella paura che per anni mi aveva tenuta lontana dai guai al Circolo, dall’altra continuavo a sperare che almeno le reclute fossero esentate dal prendere parte alla battaglia di quella notte.

   Prima che potessi dire, fare o riflettere su altro, il Creatore aveva deciso per me e Alistair diversamente; e sempre Gli sarò grata per questa Sua scelta. Duncan si fece largo fra la folla fino a che non ci raggiunse. «Voi due, venite con me», ci disse con espressione poco serena sul volto scuro. Non esitammo a seguirlo senza osare porre domande. Ci condusse in un posto appartato e meno caotico, quello in cui lui, Loghain ed il Re stavano finendo di studiare la strategia finale.

   Avevo visto Cailan soltanto una volta, al mio arrivo ad Ostagar il giorno addietro, quando Duncan me lo aveva presentato. Per quei pochi minuti in cui si era premurato di parlarmi, il Re si era dimostrato gentile ed io, come già detto, mi ero sentita in qualche modo affascinata dalla sua vitalità e dal suo ottimismo. Adesso che lo vedevo di nuovo, però, la prima cosa che mi saltò all’occhio fu un’altra: mi ricordava qualcuno. Alistair. C’era qualcosa, nello sguardo, o forse nel modo di parlare… Credo che li accomunassero una boriosità simile eppure opposta – autentica quella di Cailan, ostentata quella di Alistair – e l’allegria che le loro chiacchiere riuscivano a diffondere nell’aria. In ogni caso, su una cosa erano completamente diversi: Cailan era sempre positivo e non si lasciava scoraggiare mai; Alistair era pessimista per natura e cadeva facilmente preda dell’ansia a causa del suo carattere troppo sensibile. Ma queste sarebbero state tutte cose che avrei imparato col tempo e che all’epoca non avrei davvero potuto notare.

   «Formeremo due blocchi d’attacco», iniziarono a spiegarci. Nel primo si sarebbero schierati il Re con il suo esercito, e Duncan con i Custodi Grigi; nel secondo, il resto delle armate presenti, capeggiate da Loghain, che, al segnale dato dal fuoco acceso sulla torre più alta dell’accampamento, avrebbe guidato i rinforzi in aiuto dei compagni già impegnati in battaglia. A dire il vero non mi intendevo di tattiche di guerra, per cui non sapevo se lasciarmi influenzare dal volto gioviale di Cailan o se invece da quello tetro di Loghain, molto scettico riguardo al buon esito dello scontro – ma, chissà per che motivo, preferii assecondare la mia preoccupazione tipicamente femminile. In ogni caso, mi sfuggiva ancora la ragione per cui eravamo stati mandati a chiamare soltanto noi fra tutti i membri del nostro ordine, ed il fatto che Duncan accennasse alla possibilità che l’esercito nemico fosse guidato da un Arcidemone, come mi aveva già detto Alistair, mi fece tremare le gambe.

   «Cosa faremo se c’è davvero?», domandai, tentando di apparire più calma di quanto fossi in realtà.

   «Ce la faremo sotto, ecco cosa», rispose Alistair, l’unico capace di darmi retta, al momento – e di leggermi nel pensiero.

   «Nimue», mi chiamò Duncan, avvicinandosi a noi. «Non scenderete in campo. Non stanotte.» Avrei voluto baciarlo. «Sarete voi ad occuparvi del fuoco sulla Torre di Ishal», cominciò ad istruirmi. «Da lassù potrete avere una panoramica di tutta l’area circostante, quindi vi renderete subito conto di quando giungerà il momento in cui dovrete dare il segnale alle truppe del Teyrn.» Spostò gli occhi bruni su Alistair, ed i suoi lineamenti parvero addolcirsi. «Voi l’accompagnerete», lo informò.

   «Cosa?», stentò a crederci l’altro, stordito da quella notizia che, a quanto pareva, lo contrariava parecchio. «Io voglio combattere con voi!»

   «È un ordine», ribatté Duncan. Eppure dal tono che usò non mi parve davvero tale. Ciononostante, bastarono alcuni istanti di silenzio ed uno scambio di sguardi perché Alistair chinasse il capo e si arrendesse senza avanzare nuova proteste.

   Quella fu l’ultima volta che vedemmo Duncan e Re Cailan, perché quella notte sarebbe passata alla storia del Ferelden come la notte della strage, quella in cui l’intero ordine dei Custodi Grigi del nostro regno venne annientato dalla Prole Oscura a causa del più vile dei tradimenti.

   Lo scontro infuriò prima del previsto e l’intero accampamento fu preso d’assalto. Ma quella non doveva essere una mia preoccupazione, poiché era un altro il compito che ci era stato assegnato, dal quale dipendevano le sorti di ognuno. E tuttavia, quando giungemmo all’ingresso della Torre di Ishal, trovammo ad attenderci la peggiore delle sorprese: il nemico si era già impadronito dell’intera costruzione, annientando completamente i soldati posti a guardia. Forse non dovevamo scendere in campo con l’esercito maggiore, ma anche Alistair ed io adesso eravamo costretti a batterci per salvare la vita nostra e degli altri. Ci unimmo alle ultime difese presenti col disperato proposito di riconquistare la torre. Non fu semplice, e nonostante fino a quel momento non avessi mai mostrato un cuor di leone, stupii me stessa mantenendo una parziale lucidità e reggendo il gioco ai miei compagni. Ero l’unica maga del gruppo, e la loro salute dipendeva anche da me e dalle mie capacità di guaritrice. Non ero un asso, ma sapevo cavarmela e tanto doveva bastare. La mia mente volò a Wynne, chiedendomi dove fosse e se sarebbe riuscita a cavarsela. Lei era una Guaritrice Spirituale. Ammiravo i suoi poteri, li trovavo estremamente utili, benché poco offensivi, cosa rischiosa se ci si trovava in situazioni del genere.

   Col supporto mio e di Alistair, che finalmente poteva sgranchirsi i muscoli come e quanto voleva, fummo in grado di recuperare terreno. Incontrammo difficoltà nei pressi dell’armeria, ma la facemmo franca grazie anche alle grosse balestre posizionate a nostro favore. Subimmo comunque pesanti perdite, ed in cima alla torre arrivammo soltanto in quattro. Fu lì che, come se ci avesse aspettato, ci imbattemmo nel bestione più grosso che avessi visto fino ad allora: un Ogre. Era alto almeno tre metri, massiccio, dalla spessa pelle bluastra e con grandi corna tortili e ramificate sulla sommità del capo. Lui solo, col suo aspetto decisamente poco rassicurante, ci separava dal compiere la nostra disperata missione.

   Indietreggiai, atterrita dal suo ruggito, e quando iniziò una pesante corsa nella nostra direzione, l’istinto ebbe la meglio e gli scagliai contro un Glifo di Paralisi, immobilizzandolo per una lunga manciata di secondi. Giurandomi amore eterno, Alistair e gli altri due guerrieri gli furono addosso, colpendolo il più possibile fintanto che l’Ogre rimaneva inoffensivo. Mi unii a loro con quel poco che potevo fare, cercando di non dar fuoco a nessuno che non fosse blu e di risparmiare le energie per un nuovo eventuale glifo. Il bestione si liberò dal mio incantesimo e, infuriato e ferito, caricò sui suoi assalitori, incornando una delle guardie che vomitò sangue prima di essere scagliata di sotto, dove il Re ed i Custodi erano alle prese con diversi esemplari di pachiderma come quello che, me lo sentivo, stava per ucciderci tutti. L’Ogre lanciò un nuovo urlo di guerra, facendo tremare il pavimento e costringendomi in ginocchio. Si scagliò verso di me, l’unica a non indossare un’armatura, e se non fui spazzata via da una sua zampata fu solo merito di Alistair, che mi afferrò per un braccio, anche a costo si spezzarmelo, e mi trascinò lontano. Riparammo dietro ad alcune macerie crollate da una delle pareti che fino ad un attimo prima avevano sorretto l’entrata, e lì, ansimando per la fatica e lo spavento, mi rese partecipe del suo piano.

   «Io lo attiro e voi lo colpite con i vostri incantesimi.»

   «Siete matto?! Vi farete ammazzare!», strillai, isterica, mentre la voglia di piangere si impadroniva di me. Voleva lasciarmi da sola dopo aver assistito alla sua morte?!

   «Forse», ammise lui, fissandomi negli occhi. «Ma confido che voi mi salverete.» Era serio. Tremendamente serio. Potevo deluderlo? No. E nemmeno volevo farlo.

   Accettai la sua idea, pur tremando di paura, e mentre lui scattava di lato, uscendo allo scoperto per correre a dare man forte all’ultimo dei soldati rimasti, iniziai a recitare la prima delle numerose formule magiche che fui costretta a gridare in quella notte disperata. Fu col cuore in gola che iniziai l’attacco in piena regola, quando ormai il solo Alistair era in grado di rimanere in piedi, scappando da una parte all’altra per evitare che l’Ogre avesse abbastanza tempo per colpire, seppur lento rispetto a noi. Dovevamo approfittare di quella sua debolezza, e mi resi ben presto conto che, allo stato attuale delle cose, la soluzione escogitata da Alistair era forse l’unica in grado di salvarci la vita. Sempre ammesso che il nemico fosse crollato prima che noi due avessimo esaurito le energie. Tra un incantesimo offensivo e l’altro, oltretutto, dovevo cercare di difendere anche il mio compagno, ricorrendo in più occasioni alla Magia Guaritrice, perché non sempre gli riusciva di schivare i pesanti attacchi del nemico. Non osavo immaginare quanto fosse sofferente, ma fino a che Alistair fosse rimasto dritto sulle gambe, io non avrei ceduto alla stanchezza: si fidava di me ed io di lui. Non importava come, ma saremmo sopravvissuti almeno fino a che non avessimo acceso quel dannato fuoco, poiché Duncan e Re Cailan attendevano il nostro aiuto.

   Sbiancai quando l’Ogre riuscì ad agguantare Alistair, stringendolo nel palmo della mano e picchiandolo con forza tale che temetti che fosse morto sul colpo. Vidi il bestione caricare un secondo pugno, e ricorsi alle mie ultime riserve di magia per imprigionarlo di nuovo in un Glifo di Paralisi. Funzionò, ed Alistair cadde al suolo, restando fermo per alcuni attimi che mi parvero eterni. Quando si mosse, il mio cuore riprese a battere, sentendomi ormai del tutto svuotata. Più testardo di me, e pur grondante di sangue e sudore, rinsaldò la presa attorno all’elsa della spada, scagliando lo scudo per aria dopo averlo quasi spaccato sulla testa dell’Ogre che, immobile, assisteva impotente alla propria morte. Alistair cacciò un urlo liberatorio dai polmoni, utilizzando il corpo stesso dell’avversario come base d’appoggio non appena lo atterrammo per mezzo di un mio Quadrello Arcano e di una spallata in cui lui, probabilmente, riportò una brutta lussazione. Tuttavia, nemmeno stavolta si lasciò vincere dal dolore e, agguantando la propria arma a due mani, ne piantò a fondo la lama nella gola dell’Ogre che provò a ruggire ancora, senza successo. Il suo rantolo morente si perse nel clangore della battaglia che imperversava di sotto.

   Ritrovato il movimento delle gambe, corsi verso Alistair, scivolando sul bagnato, ma pronta a sostenerlo mentre scendeva dal cadavere del bestione. Lui mi gridò di non perdere tempo e di curarmi unicamente del fuoco. Obbedii, sentendo il suo passo zoppicante raggiungermi subito dopo. Le fiamme avvamparono in fretta, nonostante la pioggia, alte abbastanza perché chiunque, nel raggio di diverse miglia, potesse vederle. Eppure non facemmo in tempo a tirare un sospiro di sollievo che il resto del muro ancora in piedi alle nostre spalle crollò, ed un’orda di Prole Oscura ci fu addosso. Caddi a terra, sentendo la voce di Alistair chiamare forte il mio nome fra il sibilo delle molte frecce che ci venivano scagliate contro e che mi trafissero in più punti. Poi, il niente.








Link all'illustrazione originale: http://lilithblack.deviantart.com/art/Nimue-Alistair-179476370












Oddio, non credevo di ricevere tante recensioni. Sono commossa, davvero. ♥
Come avrete notato, in questo capitolo ho cominciato a prendermi le libertà di cui parlo nella sintesi che presenta la ff: insomma, non voglio fare una triste telecronaca degli eventi che, in fin dei conti, vive chiunque giochi a Dragon Age: Origins. Ho voluto rendere più importante il personaggio di Wynne rispetto a quello che è, in questa sorta di cappello alla storia, perché mi pareva improbabile che lei e Nimue non si fossero mai incontrate alla Torre del Circolo (benché è anche assurdo pensare che tutti i maghi si conoscano fra loro, ma vista la dedizione di Wynne al Circolo, ho preferito così). E con la presenza di Wynne, spero di aver dissolto i dubbi di The Mad Hatter che mi aveva ricordato di lei: non c'è pericolo ch'io la dimentichi, tranquillo. ^^
Per rispondere invece a Laiquendi, forse ha ragione a dire che scendo troppo nei particolari, ma questi mi servono per caratterizzare a trecentosessanta gradi la protagonista, che, se ci pensate, è l'unica novità di questa fanfiction, e quindi l'unica cosa su cui io possa lavorare di fantasia. Oltretutto non faccio mistero di una cosa: dilungarmi in descrizioni e dettagli mi serve per esercitarmi nella scrittura. Quindi chiedo ai lettori di pazientare nel qual caso dovessi risultare logorroica. Per amore di sincerità, anzi, ammetto di aver allegramente scopiazzato la descrizione di Ostagar dai codici del videogioco. Ehm... XD (Quanto ad Alistair, cara Laiquendi... Nonostante lo sia abbastanza, non c'è pericolo che io lo faccia pucci-pucci, credimi: lo adoro troppo quando fa lo scemo. XD)
Inoltre invito chiunque abbia qualche dubbio o critica a farsi avanti, perché sono sempre pronta al confronto di idee, con la speranza che le vostre parole mi aiutino a migliorarmi. :D
Nel momento in cui pubblico questo secondo capitolo, sono già alle prese con il sesto. E devo anche confessarvi una cosa: mi spiace per Alistair, ma muovere Morrigan è dannatamente divertente. XD
Grazie di cuore a chi legge, ai due recensori da me nominati poc'anzi, e a NicoDevil e ad Atlantislux (che, povera santa, mi fa anche da beta nonostante non sappia un'acca di questo fandom).
Shainareth
P.S. Ah, per inciso: dopo averci perso su mezz'ora, la battaglia contro l'Ogre sulla Torre di Ishar l'ho risolta davvero come l'ho descritta. ^^;





  
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