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Autore: Shainareth    14/02/2010    14 recensioni
*** Si ringraziano Atlantislux per l'impeccabile betaggio, Ike_ ed Erecose per l'indispensabile consulenza, e Milly Miu Miu per le bellissime illustrazioni. Nonché tutti voi lettori. ***
[Dragon Age: Origins] Ero viva per davvero? O quel disgraziato mi aveva seguita nel regno dei morti col solo intento di prendermi per i fondelli? Pensando a questa possibilità, valutai seriamente l’idea di dargli una testata sul naso. Se non lo feci, fu unicamente perché Duncan si avvicinò a noi e mi porse un boccale d’acqua. Ancora frastornata, mi misi a sedere e bevvi avidamente, come se avessi una sete insoddisfatta da giorni, cercando di mandare via l’orribile sapore che avevo ancora in bocca.
Unica precisazione: la protagonista NON è una Mary Sue. XD
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Nimue Surana'
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Nimue





La Chiesa ci insegna che è stata l’arroganza degli uomini a portare la Prole Oscura nel nostro mondo.

I maghi hanno cercato di impossessarsi del Cielo, finendo col distruggerlo.

Furono cacciati, traviati e maledetti dalla loro stessa corruzione.

Tornarono sottoforma di mostri, i primi Prole Oscura.

Sono diventati un Flagello per queste terre, inarrestabile e implacabile.

I regni dei nani furono i primi a cadere, e dalle Vie Profonde la Prole Oscura ci attaccò ripetutamente, fino a che non fummo sul punto di essere annientati.

Poi, giunsero i Custodi Grigi.

Uomini e donne di tutte le razze, guerrieri e maghi, barbari e re… i Custodi Grigi sacrificarono ogni cosa per lottare contro le forze dell’oscurità… e infine prevalsero.

Sono passati quattro secoli da quella vittoria e da allora abbiamo mantenuto alta la guardia. Abbiamo osservato e atteso il ritorno della Prole Oscura, ma coloro che un tempo ci chiamavano eroi… hanno dimenticato.

Ora siamo rimasti in pochi, e i nostri avvertimenti sono stati ignorati per troppo tempo.

Potrebbe essere troppo tardi. Ho visto con i miei occhi ciò che si profila all’orizzonte.

Che il Creatore ci aiuti.

 

Duncan, Capo dei Custodi Grigi del Ferelden











CAPITOLO PRIMO - L’UNIONE




La prima cosa che vidi non appena riaprii gli occhi fu il volto di Alistair, e questo, per quanto poco potesse piacermi, mi fu almeno di conforto.

   «Congratulazioni», mi disse con quel suo sorriso da schiaffi. «Voi e le vostre graziose orecchie a punta ce l’avete fatta.»

   Ero viva per davvero? O quel disgraziato mi aveva seguita nel regno dei morti col solo intento di prendermi per i fondelli? Pensando a questa possibilità, valutai seriamente l’idea di dargli una testata sul naso. Se non lo feci, fu unicamente perché Duncan si avvicinò a noi e mi porse un boccale d’acqua. Ancora frastornata, mi misi a sedere e bevvi avidamente, come se avessi una sete insoddisfatta da giorni, cercando di mandare via l’orribile sapore che avevo ancora in bocca. Mi guardai intorno, mentre lui mi parlava non so più di che cosa. Non riuscivo ad ascoltarlo, ero troppo concentrata sul fatto che i corpi di Daveth e Jori erano già stati rimossi e che il cielo si era ormai scurito per l’arrivo della notte. Quando poi Duncan si allontanò, mi voltai verso Alistair e quasi lo aggredii.

   «Quanto ho dormito?»

   «Dormito? Ah», rise lui in risposta al mio urgente quesito. «Ed io che mi ero preoccupato perché credevo che foste svenuta.» Sentii il viso in fiamme per l’imbarazzo e la stizza. «Circa mezz’ora, non di più», decise poi di venirmi incontro, forse per pietà.

 

Le cose fra me e quel giovane non erano iniziate propriamente nel migliore dei modi. Quando ero arrivata all’accampamento, lì ad Ostagar, Duncan mi aveva spiegato che, una volta ripresami dal viaggio, avrei dovuto prendere parte ad un certo rito, detto Unione, che avrebbe decretato il mio eventuale ingresso nell’ordine dei Custodi Grigi. Personalmente ero stanca di quel genere di cose, poiché avevo appena affrontato il Tormento che aveva già fatto di me una maga degna di rispetto. Il Primo Incantatore Irving ed i templari che avevano assistito alla mia ultima prova da apprendista me lo avevano dipinto come un esame difficile e ad alto rischio per la mia incolumità e, forse, anche per quella degli altri, maghi e templari, presenti nella Torre del Circolo. Ero quindi entrata nell’Oblio – il mondo dei sogni – con un carico di paura tale da spingermi a non muovere passo senza prima essermi guardata attorno almeno due volte, i sensi perennemente allerta. E alla fine quel dannato Tormento si era rivelato una sciocchezza: avevo incontrato alcuni Demoni senza neanche bisogno di combatterli, fatta eccezione per uno, e avevo persino fatto amicizia con un topo. Beh, più o meno. Ad ogni modo, al mio ritorno non avevo detto nulla agli altri di quel che pensavo realmente, poiché temevo di apparire stupidamente arrogante – e già mi bastava essere stata etichettata per anni come la cocca di Irving per via della mia passione per lo studio.

   Era stato a causa di questo che avevo preso alla leggera il rito invece molto più rischioso dell’Unione. Duncan mi aveva detto che, oltre a me, aveva reclutato altri due aspiranti Custodi Grigi, e che, mentre riposavo, se volevo ero libera di fare la loro conoscenza. Daveth era un tipo irriverente e mi aveva confidato subito che forse l’iniziazione si sarebbe svolta nelle Selve Korcari. La notizia non mi era piaciuta molto, benché un branco di lupi non poteva certo essere peggiore del demone con cui avevo avuto a che fare nell’Oblio. Tuttavia, non erano state proprio quelle bestie affamate a spaventarmi, quanto le altre, eventuali creature che pullulavano la zona da qualche tempo e con le quali, con tutta probabilità, avremmo dovuto avere a che fare già l’indomani. Per lo meno questo era ciò che aveva detto Re Cailan Theirin quando Duncan mi aveva presentato a lui.

   Il figlio del defunto Re Maric era giovane e pieno di vita. Confesso che quando lo avevo visto ero rimasta quasi abbagliata da lui. Era pieno di sé, come ci si aspetta da un qualunque personaggio tanto importante, e nonostante non avesse neanche un filo d’argento a schiarirgli ulteriormente la lunga chioma bionda, credeva di sapere già tutto della vita e, peggio ancora, del Flagello che si stava abbattendo sul Ferelden, al punto da non sentire minimamente la necessità di consultarsi con il suo secondo, Loghain Mac Tir, più anziano ed esperto di lui in molti, moltissimi campi. In altre parole, Re Cailan era un idiota. Eppure non riuscivo a non provare nei suoi confronti una simpatia più che genuina. Purtroppo avevo un debole per gli idioti.

   L’altro aspirante Custode si chiamava Jori. Era un omone grande e grosso, buono e molto devoto ad Andraste. Si era dimostrato subito gentile ed io ero stata felice di sapere che lui, Daveth ed il Re non avevano avuto nulla da ridire sulla mia persona né, soprattutto, sul fatto ch’io fossi donna. Non che soffrissi di complessi di inferiorità a causa del mio sesso o della mia razza o della mia condizione di maga, ma la cosa mi aveva comunque dato sollievo: essere accolto da dei sorrisi sinceri in un posto in cui ti senti alieno è decisamente incoraggiante e ti aiuta ad affrontare meglio l’ignoto. Ero stata soddisfatta del mio arrivo ad Ostagar, dicevo, almeno fino a che non mi era toccato fare la conoscenza dell’altro Custode Grigio che, con Duncan, si sarebbe occupato di me.

   Alistair si era presentato come un odioso, rognoso attaccabrighe. Questo perché probabilmente lo avevo colto in uno dei suoi momenti peggiori, ma a vederlo intento a torturare psicologicamente e verbalmente un povero rappresentante del Circolo dei Magi ed uscirne vittorioso, mi si erano accartocciate le budella. Sulle prime, quindi, pur pensando a lui come ad un giovane dall’intelletto sveglio, lo avevo odiato. Quando poi si era accorto di me e mi aveva squadrata da capo a piedi, aveva finito per demolire quel minimo di speranza che ancora avevo nutrito nei suoi riguardi.

   «Sapete, quello che mi piace del Flagello è il modo in cui unisce le persone», mi aveva detto quando l’Incantatore era andato via, su tutte le furie. Si era poi avvicinato come a volermi studiare meglio. «Voi siete… la terza aspirante recluta? Confesso che vi immaginavo diversa.»

   Ormai piena di pregiudizi, ero rimasta sulla difensiva. «Avete qualcosa contro gli elfi?»

   «Cosa? Oh, no, no, perdonatemi. Non intendevo questo», aveva iniziato allora a mettere le mani avanti. Anche il quartiermastro aveva fatto la stessa cosa quando, poco prima, mi aveva scambiata per una della servitù, strigliandomi ben bene per non avergli ancora portato non so che armatura tirata a lucido. «Io sono Alistair. Come vi chiamate?»

   «Nimue.»

   «È un bel nome.»

   «Duncan mi ha detto di rivolgermi a voi per il rito dell’Unione», avevo spiegato, ignorando a bella posta il suo tentativo di rimediare all’errore. Non che io fossi permalosa, ma quel suo sorriso indisponente mi dava da pensare. Specie perché si ritrovava ad abbellire un volto di per sé non perfetto, rendendolo in qualche modo interessante; e la cosa mi faceva stare sulle mie per ben due ragioni: primo, perché avevo da poco imparato a non fidarmi più così su due piedi di nessuno a causa di ciò che era avvenuto alla Torre del Circolo poco prima che Duncan mi portasse via; secondo, perché ero appena stata testimone di quali tranelli fosse capace la lingua lunga di quello sconosciuto.

   «Bene», aveva annuito Alistair. «Allora, se siete pronta, possiamo cominciare. Venite, vi faccio strada.» Si era quindi avviato avanti a me, iniziando a sciorinare la propria onniscienza sull’accampamento e sulla situazione in cui si trovava il Ferelden. Lo avevo lasciato parlare fino a che non aveva nominato i maghi presenti ad Ostagar. Di certo doveva essersi accorto dalla tunica che indossavo e dal mio bastone che ero una di loro, per cui non mi ero fatta scrupoli a chiedergli informazioni circa la discussione avuta pochi minuti addietro con quell’Incantatore anziano. Inaspettatamente, Alistair non aveva dato segno di risentirsi di sapere che io avessi origliato, pur senza volerlo, e, anzi, mi aveva subito spiegato che la Chiesa aveva problemi ad accettare l’aiuto del Circolo. Pertanto a lui era toccato l’ingrato compito di fare da paciere fra le due parti, perché, aveva continuato, era stato cresciuto in un’abbazia ed avviato agli studi e all’addestramento per diventare un templare. Proprio poco prima che prendesse i voti, però, Duncan si era mostrato interessato a lui, e dal momento che la Chiesa era stata restia ad accettare la sua richiesta – poiché Alistair era dotato di molto talento – Duncan si era risolto ad invocare il Diritto di Coscrizione per strapparlo da un avvenire che altri gli avevano imposto senza neanche chiedere la sua opinione e lo aveva così ammesso nell’ordine dei Custodi Grigi. Inoltre, aveva voluto precisare Alistair a scanso di ulteriori equivoci, a differenza di altri templari, lui era da sempre affascinato dalla magia, per cui non vi era alcun dubbio che il futuro che Duncan gli aveva offerto era di gran lunga più allettante di quello a cui per anni aveva creduto di essere destinato.

   Durante il suo racconto mi ero ritrovata a chiedermi per quale ragione volesse darmi tutte quelle informazioni sul suo conto, dal momento che neanche gliele avevo chieste; e, soprattutto, avevo nutrito il forte dubbio che stesse prendendo in giro anche me, esattamente come aveva fatto con quell’Incantatore anziano.

   Avevo appena risolto di rimandare a dopo un giudizio definitivo sul mio accompagnatore, che questi, trovato finalmente Duncan già insieme a Daveth e Jori, aveva esordito con un: «Chiedo scusa per il ritardo, ma eccomi infine con la nostra più giovane aspirante recluta e le sue graziose orecchie a punta.»

   Era stato in quel momento che avevo deciso di catalogare Alistair come il più colossale idiota che mi fosse mai capitato fra i piedi. Il secondo incontrato quel giorno, ma senza dubbio l’unico verso il quale non mi sarebbe riuscito di provare un minimo di simpatia. Nemmeno per sbaglio.

   Duncan doveva avermi letto nel pensiero, poiché aveva scosso la testa e aveva sospirato. «Alistair, dovreste cercare di essere più cauto quando parlate. Specie se vi trovate a fare da intermediario in questioni delicate come quella che vi era stata affidata.»

   «Fantastico, quindi sapete già tutto?» Lo sguardo di paterno rimprovero che gli aveva rivolto era almeno servito a fargli abbassare la cresta. «Va bene, d’accordo. Cercherò di stare più attento in futuro. È solo che non ho digerito per nulla il fatto che abbiano scelto proprio me per risolvere la cosa. L’ho trovato uno scherzo di cattivo gusto.»

   Forse comprendendo il suo stato d’animo meglio di quanto avessi potuto fare io, Duncan si era deciso a lasciar cadere la discussione ed era tornato a rivolgersi a noialtri. «Adesso passerò a spiegarvi il primo passo che vi porterà a compiere il rito dell’Unione.»

   Ci aveva detto che dovevamo entrare nelle Selve, esattamente come mi aveva anticipato Daveth, e che lì avremmo dovuto procurarci del sangue di Prole Oscura. Più facile a dirsi che a farsi, avevo pensato, rabbrividendo all’idea di trovarmi a tu per tu con una di quelle creature. Mi rendevo conto di aver scelto di mia volontà di mettermi a disposizione dei Custodi Grigi – anche se più che per testare le mie capacità, ero stata costretta a farlo per sfuggire alla furia dei templari – nonché di aver già affrontato un demone nell’Oblio e di esserne uscita incolume, ma i Prole Oscura erano tutt’altra cosa. Da bambina avevo letto su un vecchio libro di storia che trattava dell’ultimo Flagello, avvenuto quattro secoli prima, che con Prole Oscura si intendevano esseri oscuri, corporei, storpi, dall’aspetto raccapricciante. Non avevo saputo interpretare a dovere quella descrizione, per cui l’avevo automaticamente associata a qualcosa di schifoso, come ragni o vermi giganti e bavosi, o giù di lì, perché quelle erano le cose più repellenti che mi erano venute in mente a quell’età. Ero rimasta traumatizzata da quella mia stessa fantasia, al punto che per una settimana mi ero incapricciata a dormire con la candela accesa – che poi altri spegnevano non appena si accorgevano che mi ero appisolata. Persino adesso, a distanza di molti anni, mi auguravo piuttosto di tornare a trovare Topo nell’Oblio che affrontare i Prole Oscura – ma di Topo parlerò in seguito.

 

«Vi serve una mano?»

   Pur riconoscendo in quell’offerta un tono sincero e gentile, mi ero rifiutata di guardare Alistair negli occhi, declinando il suo invito e proseguendo da sola. Con mio grande fastidio, a lui era stato affidato il compito di scortarci all’interno delle Selve, poiché avevamo necessariamente bisogno di una giuda e Duncan doveva discutere di certi affari importanti con il Re in vista della battaglia che si faceva sempre più vicina. Ne avevano già vinte due, e Cailan era certissimo che quella dell’indomani avrebbe avuto il medesimo esito. Loghain non era del suo stesso avviso, ma questi era pessimista e diffidente per natura, al punto da non vedere di buon occhio né l’alleanza con i Custodi Grigi né quella con Orlais, cosa in cui invece Cailan contava non poco benché il suo stesso padre avesse combattuto una gloriosa guerra contro il vicino regno dell’Ovest diversi anni prima, guerra dalla quale lo stesso Loghain era tornato a casa da eroe.

   «Perché tutta questa premura con lei?», si era lamentato Daveth, cogliendo l’occasione per domandare spiegazioni circa la continua presenza di Alistair al mio fianco. A dire il vero me lo stavo chiedendo anch’io, e con parole certamente meno educate. «È per via del fatto che è femmina o perché ha le gambe corte? Eppure so che gli elfi sono veloci.»

   «Chiudete quella bocca», aveva protestato Jori, decidendo di venire in mio soccorso. Gliene ero stata grata. «È naturale mostrare un minimo di riguardo verso una donna.» Si era fermato qui, senza dare giustificazioni alla malsana curiosità di Daveth circa la lunghezza dei miei arti inferiori, coperti, per fortuna, dalla lunga veste color ocra che portavo da che avevo concluso il mio ciclo di studi al Circolo dei Magi.

   Alla fine Alistair non aveva risposto, ed io avevo preferito concentrarmi sulla mia paura dei Prole Oscura piuttosto che sulla mia bassa statura – la mia testa arrivava a malapena alla spalla del nostro accompagnatore – che comunque non mi impediva di tenere il passo degli altri. Se rimanevo indietro, era soltanto perché preferivo far andare avanti loro. Solo dopo aver sussultato a causa di un fruscio fra le frasche che costeggiavano il sentiero per cui ci stavamo avventurando, mi ero resa conto che, dopotutto, pensare agli spauracchi dell’infanzia non era cosa saggia. Avrei dovuto distrarmi in qualche modo.

   «Com’è il Tormento?», mi aveva domandato all'improvviso Alistair, forse accortosi della mia agitazione.

   «Com’è l’Unione?»

   Lo avevo visto sorridere. «Non vi è concesso di parlarne, eh?»

   «Voi siete un templare, dovreste saperlo.»

   «Se aveste ascoltato con più attenzione il mio racconto, vi sareste ricordata che non ho mai preso i voti.»

   «D’accordo. Non siete un templare, ma è come se lo foste.»

   «Attenta a quella radice», mi aveva avvisata, afferrandomi per un gomito per aiutarmi a scavalcarla. «Quindi… avete paura di me?»

   Mi ero voltata nella sua direzione, scivolando sul muschio cresciuto sulla corteccia umida e rischiando l’osso del collo. «Anche se maghi e templari sono nemici giurati», e mentre lo dicevo, Alistair si era lasciato scappare una risata divertita, «ciò non vuol dire che io vi tema. Oltretutto, conosco un giovane, tale Cullen, che al Circolo stravedeva per noi.» Non era propriamente la verità, poiché, a detta del mio amico Jowan, Cullen stravedeva soltanto per me. Ma ad Alistair questo non doveva interessare, per cui avevo deciso di allargare la simpatia che quel poveretto provava nei miei confronti verso tutti gli studenti della Torre.

   Alistair, che mi aveva sorretta prima che potessi fare un bel capitombolo, aveva aggrottato un sopracciglio con un certo disappunto. «Di nuovo, mia signora, dimostrate di non aver prestato attenzione alle mie parole», si era rassegnato a spiegarmi da capo. «Quando dicevo che ero affascinato dalla magia, ero serio.» Lo avevo fissato con un certo scetticismo, e allora lui si era sentito in dovere di continuare ad argomentare in sua difesa. «Quello che sto cercando di farvi capire, è che non…»

   A quel punto si era zittito, così di colpo che avevo pensato che gli avessero strappato la lingua. Non mi era stato concesso di porre domande perché lui mi spinse a terra, gridando un avvertimento ai nostri compagni affinché quelli potessero correre alle armi. Per alcuni istanti non avevo capito nulla, schiacciata com’ero dal peso di Alistair. Avevo sentito il ferro della sua spada fendere l’aria ed il suo corpo scostarsi dal mio; poi alcune imprecazioni, delle urla belluine, qualcosa che cadeva sull’erba accanto a me. Avevo alzato lo sguardo e mi ero ritrovata davanti due occhi vuoti, intrisi di sangue, terribili. Erano fissi su di me, eppure non vedevano nulla. Quando avevo realizzato che essi appartenevano alla testa mozzata di una creatura inumana ero scattata all’indietro, terrorizzata, arrancando sul terreno fangoso ed instabile. Avevo poi alzato il capo, portando finalmente la mia visuale sul resto della scena e mi ero resa conto che eravamo sotto attacco.

   La prima vittima, quella decapitata, era stata di Alistair. Era decisamente bravo a combattere, e benché non potesse competere con la stazza di Jori, i suoi movimenti ed i suoi colpi svelavano un corpo possente ed un vigore in cui difficilmente mi sarei imbattuta negli anni a venire. Ma lui non era l’unico a darsi da fare e a tenere i nemici lontani da me: Daveth e Jori si erano subito dimostrati all’altezza del compito assegnatoci da Duncan.

   Mentre assistevo alla lotta con fare impotente, d’un tratto l’attenzione di Alistair si era spostata su di me, sebbene la sua lama stesse ancora affondando fra le viscere di quello che poi mi avrebbero spiegato essere un Hurlock. Avevo visto Alistair impallidire, staccarsi frettolosamente dalla creatura e correre nella mia direzione. Spaventata da quella reazione, e temendo che fosse impazzito per chissà quale sortilegio, avevo levato le mani verso di lui ed avevo iniziato a recitare velocemente i versetti di quella formula magica che, prima fra tutte, avevo imparato in caso di attacco da parte di chiunque mi si fosse scagliato contro. Non che reputassi davvero Alistair un malintenzionato, ma in quel frangente la paura mi aveva del tutto annebbiato la ragione. Ero ormai pronta a scagliare la scarica di elettricità che avevo accumulato fra le dita, quando lui aveva mosso il braccio sinistro con forza, smuovendo l’aria sopra di me e colpendo con lo scudo qualcosa che io non potevo vedere. Alle sue spalle, però, stava tornando all’attacco l’Hurlock da lui ferito un attimo prima, purtroppo non abbastanza gravemente per impedirgli di provare nuovamente ad ucciderlo. A quel punto, pur non essendo ancora del tutto lucida, avevo compreso che avrei dovuto indirizzare il fulmine contro di lui e non contro quello che, a quanto udivano le mie graziose orecchie a punta, stava invece piantando la spada nella carne di uno di quei maledetti Prole Oscura che tanto mi disgustavano, rivelandosi così non già mio assalitore, bensì mio salvatore.

  Sul collo mi era scivolato addosso del liquido caldo e denso, il cui odore acre mi dava allo stomaco. Mi ero imposta di resistere, e mentre l’Hurlock crollava a terra carbonizzato, ed Alistair colpiva ancora con lo scudo il suo avversario, mi ero rimessa in piedi cercando di non intralciarlo; quindi, raccogliendo il mio bastone, lo avevo rivolto contro i quattro Genlock – più piccoli e tarchiati – con cui erano alla prese Jori e Daveth, ora in difficoltà. Infine, avevo invocato il favore della natura che subito era accorsa in mio aiuto: una lingua di fuoco aveva investito in un solo istante tre dei Genlock, proprio poco prima che l’ultimo cadesse per mano di Daveth.

   Quando si erano resi conto che il pericolo era ormai cessato, lui e Jori si erano voltati a guardarmi, stupiti e allarmati a un tempo, probabilmente presi di sorpresa dal potere che avevo nascosto fino ad allora.

   «E dicono che la magia sia frutto del demonio», aveva considerato Jori a mezza voce.

   «Sciocchezze», lo aveva immediatamente contraddetto Daveth, recuperando fiato. «Avete mai visto un demone che salva degli umani e combatte contro i propri simili?»

   «No», aveva ammesso l’altro. «A dire il vero non ho mai visto un demone, e prego il Creatore che non accada mai.»

   Mentre li lasciavo parlare a vanvera sulla questione, una mano mi aveva toccato la nuca, facendomi urlare e balzare di lato. «Calma, sono io!», aveva esclamato Alistair, frattanto che il mio bastone lo colpiva sulle costole. «Ahi…», aveva mormorato in tono lamentoso, scrutandomi con cipiglio perplesso. «Mi chiedo come possiate nascondere tanta forza in quel corpicino sottile.»

   «Mi avete spaventata», mi ero giustificata, per la prima volta senza volermi legare al dito quell’ennesima battuta sulla mia persona.

   «Vi chiedo perdono, volevo solo accertarmi che la vostra testa fosse ancora ben salda al suo posto», aveva precisato lui, guardandosi attorno con aria soddisfatta. «Anche perché temo che adesso dovremo strizzarvi i capelli per recuperare il sangue che riempirà la vostra fiala», aveva aggiunto, ridendosela sotto i baffi per essersi reso conto di avermi fatto una doccia vermiglia quando era corso ad aiutarmi. Avevo arricciato il naso, disgustata molto più degli altri a causa dei miei sensi elfici, ed Alistair aveva riso di nuovo. «Lo vedete, Daveth?», aveva ricominciato, oltrepassandomi per raggiungerlo. «Dite ancora che ha le gambe corte, e la nostra amica vi tramuterà in uno scarafaggio.»

   «Quello non so farlo», mi ero affrettata a dire per non apparire troppo spaventosa. «E se anche così non fosse, mi farebbe alquanto… ribrezzo.»

   «Più dei Prole Oscura?», mi era stato domandato.

   I miei occhi avevano allora indugiato sull’ammasso di carne morta, deforme e maleodorante che insozzava l’erba intorno a noi, provocandomi un conato di vomito. Mi ero trattenuta dal mostrare ai miei compagni il colore dei miei succhi gastrici unicamente per orgoglio; quindi, avevo mentito con una spudoratezza che, me ne rendevo conto, non mi apparteneva. «Certo.»

   Loro erano scoppiati a ridere. «La ragazzina ha fegato», aveva detto Daveth, ammirato o forse intento solo a reggere il gioco della nostra guida. «Anche se mi chiedo come abbia fatto a non accorgersi dell’arrivo di questi cosi. È un elfo, per la miseria.» Non avevo saputo rispondere, in quanto la cosa non era chiara neanche a me.

   «Coraggio, datemi le vostre fiale», ci aveva interrotti Alistair, chinandosi su uno dei cadaveri degli Hurlock. «Prima compiamo il nostro dovere, prima potremo tornare all’accampamento. A meno che non vogliate fare un altro incontro del genere. I Prole Oscura sono molto più numerosi di quanto possiate immaginare.»

   Non ci eravamo lasciati pregare e ci eravamo subito dati da fare per recuperare il sangue necessario – a quanto pareva – per il rito dell’Unione. In realtà eravamo consapevoli che questo non ci avrebbe permesso di lasciare in fretta le Selve, poiché Duncan ci aveva incaricati di un altro compito che con il nostro reclutamento aveva ben poco a che fare: dovevamo recuperare dei documenti. Tempo prima, infatti, da quelle parti vi era un insediamento umano ormai abbandonato e in rovina. Fra le sporadiche costruzioni in pietra che ancora rimanevano in piedi – niente più che poche colonne o residui di mura abbattute – vi era un deposito appartenente ai Custodi Grigi. A noi toccava trovarlo, perché lì dovevano essere stati nascosti, e sepolti dalla natura che, selvaggia, aveva preso il sopravvento, alcuni trattati che legavano questo valoroso ordine ai maghi del Circolo da cui provenivo, alla città dei nani, fra le Montagne Gelide, e alla leggendaria comunità degli elfi Dalish che, si diceva, si trovava da qualche parte nella foresta di Brecilian. Tramite quei documenti, Duncan e il Re speravano di convincere questi antichi e potenti alleati del Ferelden a schierarsi insieme agli uomini per poter affrontare uniti il Flagello che dal nostro regno si sarebbe poi abbattuto impietosamente su tutto il continente Thedas.

   L’idea di girovagare nelle Selve, però, mi piaceva sempre meno. Sin dal nostro ingresso non avevamo fatto altro che incrociare infausti segnali che mi davano da pensare sull’esito della nostra escursione. Non lontano dall’accampamento, infatti, avevamo assistito impotenti ad uno spettacolo terribile: per terra giacevano i corpi senza vita di alcuni dei nostri soldati, massacrati. Uno solo di loro respirava ancora, e, per fortuna, era ancora in grado di camminare. Per cui gli avevamo prestato soccorso e lo avevamo indirizzato per il breve sentiero da noi appena percorso che lo avrebbe condotto dritto all’accampamento senza correre altri pericoli. Quelli, comunque, erano stati solo i primi cadaveri in cui ci saremmo abbattuti quel pomeriggio.

   Intanto avevo perso la cognizione del tempo, né avevo potuto aiutarmi con la luce del sole. La fitta vegetazione si chiudeva sopra di noi come un soffitto a volta, impedendoci di scoprire per quanto ancora avremmo potuto avventurarci in quel labirinto tetro ed incontaminato ormai da secoli dalla mano dell’uomo. Sostare lì nelle ore notturne era impensabile, dovevamo necessariamente tornare all’accampamento prima che il buio richiamasse altre tenebre ben più pericolose di un sparuto numero di Prole Oscura mandati in avanscoperta.

   Alistair non aveva finito di farcelo presente che ce li eravamo trovati nuovamente davanti, proprio nei pressi di un’ampia porzione di muro ancora intatto. Questa volta, però, non ci avevano colti impreparati, ed io avevo subito messo mano al mio bastone, alzando su di me, sprovvista di armatura, una barriera protettiva ed iniziando a combattere sin dal principio con i miei compagni – e confesso di essere stata tanto coraggiosa unicamente perché dalla lotta precedente avevo compreso che avrei potuto farcela. Nonostante questo, comunque, lo scontro si era rivelato più lungo e arduo del precedente, e Daveth era stato ferito da un bestione alto forse due metri e del tutto simile a quello che avevo ucciso per mezzo di una scarica elettrica. Timorosi per la sua vita, noialtri ci eravamo stretti attorno a lui, finendo tuttavia per farci circondare dal nemico, molto più numeroso.

   «Ora ci farebbe davvero comodo una delle vostre magie», mi ero sentita dire. Per cui, passando velocemente in rassegna gli incantesimi che conoscevo, avevo deciso di ricorrere all’Esplosione Mentale, che, per quanto innocua potesse apparire, in realtà aveva la facoltà di stordire i miei avversari, rendendoli inermi per un breve lasso di tempo. Tempo che noi impiegammo per atterrare un paio di Genlock e consentirmi di passare ad un secondo attacco magico. Il fuoco era quindi scaturito dalla cima del mio bastone, ed il sovrannumero dei Prole Oscura era stato cancellato dalla forza di Jori e dalla maestria con spada e scudo di Alistair.

   Una volta certi che il pericolo fosse stato sventato, ci eravamo chinati su Daveth per scoprire l’entità delle sue ferite. Se l’era cavata con qualche ammaccatura, un vistoso taglio sull’avambraccio, un sopracciglio spaccato ed un grosso, doloroso bernoccolo sul cranio che lo aveva costretto a terra privo di sensi per un po’. Ma almeno era vivo e, tutto sommato, abbastanza sano per poter proseguire la marcia sulle sue gambe.

   Stavamo ancora finendo di prestargli soccorso, che d’un tratto ero stata di nuovo colta da una strana sensazione, la stessa che mi aveva fatta sussultare all’inizio della nostra avventura. Mi ero guardata attorno, i sensi allerta, ma niente mi portava a credere che lì vicino vi fossero altri esseri ripugnanti come quelli che avevamo appena ammazzato. La mia attenzione, intanto, si era focalizzata su qualcosa: un grosso baule impolverato e ricoperto di edera, posto vicino al muro intatto.

   «Che siano lì dentro? La magia dovrebbe averli protetti.» Le parole di Alistair mi avevano colta di nuovo alla sprovvista. «Vi spiacerebbe andare a controllare?», mi aveva domandato, mentre lui e Jori finivano di occuparsi di Daveth.

   Mi ero perciò avvicinata al baule con un certo, reverenziale timore, ma prima ancora che potessi sfiorarlo, una voce femminile mi aveva fermata: era stato quello il mio primo incontro con lei, una delle persone che avrebbero inciso maggiormente sul mio futuro. Davanti a noi si era infine mostrata la donna più bella che io avessi visto fino ad allora. Morrigan.

   Ben consapevole del suo fascino arcano ed esotico, era avanzata verso di me con passo seducente ed espressione glaciale e passionale a un tempo. Mi sembrava la contraddizione personificata, eppure la sua apparizione non riusciva a sconvolgermi o a spaventarmi. Neanche quando i miei compagni mi fecero presente che, con tutta probabilità, eravamo alle prese con la famosa e pericolosissima Strega delle Selve.

   «Cosa cerchi?», mi aveva chiesto Morrigan, piantando i suoi magnifici, felini occhi ambrati nei miei che, per quanto potessero risaltare nel verde della foresta, non potevano reggere il paragone.

   «Questo posto», avevo iniziato, incerta, «apparteneva ai Custodi Grigi?»

   «Non più», era stata lapidaria nella sua risposta, lanciando uno sguardo poco allegro al resto del mio gruppo. «Ora appartiene alla foresta.»

   «Che fine hanno fatto i documenti che erano conservati qui?», si era intromesso Alistair, affiancandosi a me. «A noi interessano solo quelli.»

   «Oh», aveva sillabato Morrigan, intrecciando le braccia sul petto in bella vista. «Quelli non si trovano più qui da parecchio, ormai.»

   «Sono andati distrutti?»

   «No. Li ha presi mia madre», aveva spiegato con un’alzata di spalle. «Se li volete, dovrete chiederli a lei.»

   «Non fidatevi, potrebbe essere una trappola», aveva sibilato Daveth, rimanendo indietro con Jori.

   La nuova arrivata aveva preferito ignorarlo per tornare a rivolgersi a me. «Che vuoi fare?»

   Avevo battuto le palpebre più volte, confusa. Toccava a me decidere? «Quei trattati sono molto importanti per tutto il Ferelden. E non solo.»

   «Vieni con me, dunque?» Stavo per voltarmi verso Alistair per consultarmi con lui, ma qualcosa mi aveva fatta desistere e, senza quasi rendermene conto, avevo annuito. Morrigan aveva sorriso. «Forse dovresti dare ascolto ai tuoi amici: potrebbe essere un tranello.»

   «Può darsi», le avevo concesso. «Ma non possiamo fare a meno di quei trattati.»

   Apprezzando la mia risolutezza, le labbra di lei si stesero ulteriormente, stavolta in un’espressione sincera. «Seguitemi. Vi porterò da mia madre.»

   Avevo obbedito all’istante, e Alistair non aveva perso tempo a tenere il passo. «Siete una maga?»

   «Molto brava, anche», gli aveva risposto l’altra.

   «Ma non siete stata al Circolo, dico bene?» Il tono guardingo del Custode che mi aveva preso sotto la sua ala protettiva mi suonava nella testa in modo piuttosto insolito. Non che lo conoscessi da tanto, in effetti, ma fino a quel momento mi aveva mostrato soltanto un lato del suo carattere, per cui la più che giustificata cautela verso Morrigan strideva pesantemente con la gentilezza, seppur irriverente, che aveva invece avuto per me sin da subito.

   Lei aveva riso beffardamente. «Cosa sei, un templare?»

   «Quasi», aveva ammesso Alistair, sfidandola. I loro sguardi si erano incrociati, e per quanto non avessi in dono la lettura del pensiero altrui, non mi ci erano voluti altri scambi di battute per capire che fra loro fosse nata un’istantanea antipatia. Pur comprendendo la prudenza di Alistair, non condividevo l’idea di alzare un muro di mattoni fra noi e quella ragazza, poiché, se davvero era la Strega che tanto temeva Daveth, trovavo poco saggio inimicarsela.

   «Non mi piace questa storia», blaterava intanto il nostro compagno ferito, mentre Jori lo aiutava a rimettersi in piedi.

   «Neanche a me. Ma mi piace ancor meno il pensiero di rimanere qui per tutta la notte», gli aveva fatto notare lui. «Questo posto è freddo, e non ho la minima intenzione di imbattermi in altri Prole Oscura.»

   Nonostante le lamentele di Daveth e le acide battute con cui Alistair aveva deciso di mascherare – o forse solo di colorire – la propria diffidenza nei confronti di Morrigan, avevamo seguito lei fin nel cuore delle Selve, dove in uno spiazzo che lambiva le paludi si ergeva una capanna molto vecchia eppure, per un qualche strano motivo, in qualche modo confortevole alla vista. Era stato lì che una allegra donna anziana ci era venuta incontro e, presentandosi come la madre di Morrigan, ci aveva spiegato che era stata costretta a sottrarre i trattati dei Custodi Grigi al loro antico nascondiglio perché la magia che li aveva protetti originariamente si era ormai esaurita. Pertanto, li aveva presi sotto la propria responsabilità, salvandoli da un’eventuale distruzione grazie a dei poteri di cui lei stessa era dotata e che le consentivano di vivere laggiù del tutto indisturbata, senza che templari, Chasind – gli abitanti delle Selve Korcari, riuniti in tribù primitive – o anche semplici curiosi potessero avvicinarsi a loro. Mostrandosi di gran lunga più ospitale di quanto ci fossimo inizialmente aspettati, la madre di Morrigan ci aveva offerto acqua e cibo e, per prima cosa, ci aveva messo in mano i famosi documenti che cercavamo.

   Benché non avessimo motivo di dubitare di lei, a differenza di sua figlia quella donna non aveva attirato le mie simpatie. L’avevamo ringraziata e avevamo salutato lei e Morrigan con una parvenza di gentilezza, certo; tuttavia quell’incontro mi aveva lasciato dentro un senso di inquietudine – che non volevo necessariamente intendere come qualcosa di negativo, ma che pure non sapevo ben definire.

   Una volta tornati all’accampamento, in mezzo ai soldati e con la foresta ormai dietro di noi, eravamo stati liberi di tirare un sospiro di sollievo. «Andate a darvi una ripulita mentre porto questa roba a Duncan», ci aveva detto Alistair, avviandosi. «Ci vediamo tra poco per il rito. Cercate di non farci aspettare troppo.»

   La prima cosa che avevo fatto, allora, era stata seguire il suo consiglio, mettendo la testa sotto l’acqua per lavarmi il sangue di dosso. Mi sentivo stanca, per cui non avevo voglia di tergiversare e speravo che anche Daveth e Jori si sarebbero presentati in fretta al luogo dell’appuntamento. Mi ero cambiata d’abito ed ero volata di nuovo fuori dalla mia tenda, marciando spedita verso il mio obiettivo. Sulla strada, però, mi ero fermata al canile dove le truppe tenevano i loro cani da guerra, i mabari, e dove mi era stato chiesto il favore di procurare un fiore nella foresta, la Grazia di Andraste, che sarebbe servito per preparare una medicina per curare una di quelle bestie, infettata dal sangue di Prole Oscura durante l’ultimo scontro. Mi era stato spiegato che quegli animali erano molto intelligenti e soprattutto che ognuno di loro riconosceva un solo padrone. Quello del cane malato era morto, e l’addestratore non riusciva a farsi accettare da lui. Per tale ragione, vedendomi interessata alla questione, mi aveva offerto l’opportunità di lasciare che il mabari si affezionasse a me, e benché non appartenesse propriamente ad una razza che mi piaceva – preferivo cani più mansueti e più simili ai lupi – quando avevo incrociato il muso triste di quell’esemplare non ero riuscita a dire di no.

   Augurandomi quindi che le sue condizioni di salute potessero migliorare, mi ero incamminata verso il punto in cui Duncan ci aspettava. Duncan era il capo dei Custodi Grigi del Ferelden, e a lui spettava il compito di reclutare nuovi membri nell’antico ordine che aveva come unico obiettivo quello di combattere la Prole Oscura e debellare i Flagelli – l’ultimo dei quali si era abbattuto sul Thedas circa quattro secoli prima. Duncan era un uomo forte e dall’aspetto solenne, temprato dagli anni e ancor più dalle battaglie combattute. Era amato e rispettato da molti non soltanto per la carica che ricopriva, ma anche per la sua indiscutibile saggezza, al punto che Re Maric e suo figlio Cailan si erano affidati al suo giudizio in moltissime occasioni.

   Io non lo conoscevo che da una manciata di giorni, eppure già gli dovevo tanto: mi aveva portata via dalla Torre del Circolo. Non che non amassi quel luogo, per carità, anche se confesso che spesso mi pareva più una prigione che una casa; subito dopo il Tormento, però, mi ero cacciata in un brutto, pessimo guaio che aveva compromesso la mia posizione non tanto agli occhi del Primo Incantatore Irving, che si fidava della mia parola e del mio giudizio, quanto del capo dei templari del Circolo, Greagoir. Il tutto perché ero stata così ingenua – ed incosciente – da lasciarmi convincere dal mio amico Jowan ad appoggiare la sua fuga dalla Torre con la ragazza che amava. Fortunatamente, sebbene le cose si fossero messe nel peggiore dei modi, Duncan aveva già reclamato me a nome dei Custodi, e se pure Greagoir si fosse opposto alla cosa perché convinto che io andassi punita, quel grand’uomo si era detto disposto a ricorrere al Diritto di Coscrizione pur di avermi nell’ordine, così come aveva già fatto con Alistair. Non ve ne era stato bisogno, comunque, perché anche Irving si era schierato dalla mia parte, riuscendo così a convincere i templari a lasciarmi partire.

   Ad ogni modo, quando avevo raggiunto Duncan e Alistair, Jori e Daveth erano già lì, lamentandosi del mio ritardo – cosa che invece nessuno degli altri due mi fece pesare. L’Unione, dunque, poteva avere inizio. Duncan ci aveva allora spiegato in cosa consisteva: dovevamo bere il sangue raccolto nelle Selve. Il solo pensiero era bastato a farmi tornare in bocca il sapore di bile, ma ero riuscita a dominarmi di nuovo, cercando di prestare attenzione al resto delle sue parole. Attraverso quel rituale, i Custodi facevano propri dei sensi tutti nuovi, forti, selvaggi, utili a percepire la presenza dei Prole Oscura che altrimenti ci sarebbe stata difficile individuare. Ecco, mi ero infine capacitata, la ragione per cui Alistair mi aveva battuta sul tempo durante il nostro primo scontro nella foresta; perché lui aveva già acquisito quelle facoltà che nulla avevano a che vedere con i miei sensi di elfo.

   Ero stata sul punto di trovare la cosa interessante, nonostante tutto, quando Duncan aveva aggiunto un altro significativo particolare: non tutti erano in grado di superare l’Unione. Mi ero domandata il perché, e solo dopo che Daveth aveva dato un sorso dal calice colmo di sangue che Duncan gli aveva offerto, tutto mi era stato chiaro: bere il sangue di Prole Oscura, unito ad una goccia di quello di un Arcidemone, corrompeva il nostro, rendendoci quasi un ibrido fra umani – elfi nel mio caso – e creature demoniache. Daveth non aveva retto alla prova, crollando a terra in pochi istanti. Morto.

   Avevo fatto un passo indietro, inorridita, andando ad inciampare sui piedi di Alistair che ancora una volta mi aveva prontamente sostenuta e stretta per le spalle, come a volermi infondere coraggio. Più facile a dirsi che a farsi, visto che io ne ero sempre stata sprovvista.

   «Mi dispiace, Daveth», aveva mormorato Duncan, il viso contrito. Aveva poi portato la propria attenzione su Jori, il quale sembrava addirittura più sconvolto di me.

   «Un momento», aveva detto, balbettando in preda alla paura. «Non potete chiedermi questo.»

   «Jori, bevi», lo aveva esortato Duncan, paziente, porgendogli il calice.

   Lui aveva scosso il capo freneticamente, arretrando. «No, no, no. Non posso. Non c’è gloria in tutto questo», aveva insistito, iniziando a cercare la spada.

   «Jori…» Duncan aveva messo via il sangue, a quel punto, mettendo anche lui mano alle armi. Non ero disposta a credere che si sarebbe giunti a tanto, eppure niente mi lasciava auspicare in un esito diverso.

   «Ho una moglie, ad Altura Perenne», aveva continuato Jori, brandendo il ferro davanti a sé ed arrivando a toccare il muro alle sue spalle. «È incinta. Aspetta il mio ritorno.»

   Duncan però non era stato intenzionato a cedere alle sue preghiere, e quando l’altro, disperato, lo aveva attaccato, era stato costretto a difendersi e, purtroppo, a compiere il gesto estremo di ucciderlo.

   «Mi spiace», aveva sussurrato con voce affranta, mentre Jori fissava gli occhi terrorizzati e quasi privi di luce nei suoi, esalando l’ultimo respiro. Infine, mentre lasciava cadere il suo corpo, Duncan si era voltato verso di me. Le mie gambe avevano tremato, ed io ero stata investita da un’ondata di gelo che, nonostante il tepore delle mani di Alistair che ancora mi sorreggevano, mi aveva strappata violentemente all’orrore di quanto ero appena stata testimone.

   Dovevo scegliere se morire per mano dei Custodi Grigi, ai quali mi ero unita per non essere massacrata dai templari, o se bere un veleno che avrebbe potuto uccidermi. L’ultima decisione spettava a me. L’istinto di sopravvivenza – e solo quello – mi aveva suggerito di accettare la prova, poiché quella era l’unica speranza di vita che mi era rimasta. Avevo focalizzato la mia attenzione sul calice e quindi, imponendomi di ignorare i due cadaveri ancora caldi, me lo ero portato alle labbra, sfidando così la sorte. Prima di bere, tuttavia, avevo cercato lo sguardo di Duncan, supplicando il Creatore di poterne risucchiare almeno in parte quella forza e quel coraggio che vi si potevano leggere. Allora, senza più pensare a nulla, avevo mandato giù un sorso. E mentre sentivo la bocca e la gola bruciarmi, un fuoco era avvampato nel mio petto, espandendosi in un istante in tutto il resto del mio corpo. Quando alla fine aveva raggiunto la testa, la vista mi era venuta meno insieme ai sensi.

   L’ultimo pensiero che ero stata in grado di formulare era stato: Sto morendo.








Link all'illustrazione originale: http://lilithblack.deviantart.com/art/Morrigan-First-meeting-182845229












Odio le Mary Sue, i Gary Stu e l'OOC, per cui se pensate ch'io stia toppando alla grande vi prego di farmelo notare senza problemi. Anche perché, confesso, nel videogioco sono quasi arrivata a detestare Nimue perché LÍ è risultata troppo, troppo Mary Sue. La Nimue che immaginavo io, invece, è ben altra e vorrei riproporla qui, con tutti i suoi pregi, certo, ma anche con un bel corollario di difetti. Inoltre chiedo scusa per le varie differenze che troverete qua e là, ma da un lato non voglio scrivere una storia in cui riporto semplicemente ogni dettaglio del gioco (sarebbe una noia, altrimenti) e dall'altro confesso di non ricordare affatto tali dettagli. ^^; Che capra che sono...
Prima di chiudere, una piccola nota: Alistair lo odiavo davvero all'inizio. XD Scoprendo pian piano il suo personaggio, però, non ho potuto fare a meno di innamorarmene così com'è stato per tutti gli altri che ho preso nel mio gruppo, Morrigan in particolare. ♥
Grazie per la cortese attenzione,
Shainareth





  
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