Dunque, la fic
è ambientata poco dopo la morte di Jiraya e prima che Naruto parta per
l’allenamento. Ho immaginato che Gaara giungesse a Konoha per informarsi
sullo
stato d’animo di Naruto, soffrendo per la continua sofferenza
dell’amico,
mentre lui grazie al suo aiuto e alla liberazione dal demone è riuscito a
raggiungere un equilibrio e un po’ di serenità. Oltre a questo, non
credo di
dover dire altro; quindi buona lettura(si fa per dire… ) XD
Seguito da Temari e
Kankuro, Gaara
sfrecciava rapido saltando con agilità da un ramo all’altro, mentre i
raggi del
sole che filtravano attraverso le fronde degli alberi lo colpivano con
il loro
calore ancora tenue. I tre ninja sarebbero giunti
a Konoha nel giro di poche ore, e procedevano verso la loro meta ognuno
immerso
nei propri pensieri, scambiandosi a stento qualche parola.
La decisione di partire era
stata presa dal Kazekage pochi giorni prima, quando si era diffusa anche
nel
paese del vento la notizia della morte del Sennin Jiraya.
La sua scelta aveva repentinamente
suscitato l’opposizione del consiglio, che ne riteneva ingiustificata e
pericolosa l’assenza, considerando quanto fosse difficile e delicata la
situazione generale dopo le ultime mosse dell’Akatsuki. Gaara, tuttavia,
era
riuscito a volgere a suo favore l’obiezione: proprio i recenti
avvenimenti
implicavano la necessità di consolidare le alleanze, pertanto un
incontro
diplomatico con l’Hokage, seppur breve e motivato da solidarietà,
sarebbe
risultato senza dubbio utile.
In tal modo aveva vinto le
resistenze degli oppositori, ma non aveva convinto i suoi fratelli.
Negli ultimi
anni il ninja era cambiato totalmente, ma i due avevano ormai imparato a
capirlo,
tanto da poter intravedere nel viaggio intrapreso anche qualcosa che
andasse al
di là della politica. Dal canto suo, il giovane Kage si era reso
perfettamente
conto che avessero intuito la verità. L’aveva compreso dal loro stupore
quando
li aveva messi a corrente della situazione; dalle occhiate interrogative
che si
erano scambiati più volte; dagli sguardi che anche in quell’istante
avvertiva su
di sé; e dalle parole che ancora aleggiavano silenziose senza giungere a
destinazione. Ma, se interrogava se stesso, non riusciva ad attribuire a
quella
verità il giusto peso; non sapeva se l’amicizia con Naruto fosse stata
davvero determinante.
Nell’apprendere della morte di
Jiraya aveva pensato subito a lui, su questo non aveva alcun dubbio, ma
era
anche vero che altrettanto velocemente si erano imposte alla sua
attenzione le
implicazioni istituzionali, che forse avevano preso il sopravvento. Tale
dubbio
razionale, però, contrastava con ciò che provava: più si avvicinavano a
Konoha,
più il desiderio di incontrarlo e di sapere come stava si faceva chiaro e
intenso,
mandandolo in crisi. Poteva essere il semplice affetto la motivazione di
quell’impulso? Trovare una risposta che non risuonasse confusa gli
risultava
difficile.
Il sole, ormai alto
nel cielo,
illuminava l’imponente palazzo dell’Hokage e la montagna retrostante,
creando
alternanze di luce ed ombra sulla facciata circolare dell’edificio,
ritmata da
spioventi di legno, e sui volti scolpiti nella roccia. A pochi metri di
distanza, Naruto osservava lo scenario con espressione seria e
pensierosa.
Potevano trascorrere gli anni
con il consueto alternarsi delle stagioni, potevano cambiare gli
esponenti politici
del villaggio o mutare i volti di chi vi viveva, ma quel posto di Konoha
avrebbe continuato a costituire un saldo punto di riferimento per le
generazioni
future di ninja e di semplici civili.
Proprio tale consapevolezza,
insinuandosi all’improvviso nella mente del ragazzo, l’aveva indotto a
fermarsi
e a riflettere.
Per lui diventare Hokage era
sempre stato il sogno da realizzare, forse all’inizio per il solo
desiderio di
affermazione, per essere riconosciuto e accettato, ma, col tempo e col
nascere
di veri legami, quell’aspirazione aveva acquisito un valore ancora più
intenso:
avrebbe protetto il proprio villaggio e insieme ad esso le persone che
più amava.
Il compito di un kage,
d’altronde, era proprio guidare chi riponeva fiducia in lui e garantirne
la
sicurezza; un compito che implicava delle enormi responsabilità, ne era
ormai
cosciente, ma non avrebbe mai pensato che saperlo dovesse essere così
doloroso.
“Tu l’hai lasciato andare…
come hai potuto permettere
che facesse un’idiozia del genere?!”
Le parole di pochi giorni
prima, ancora vivide come solo la sofferenza poteva renderle,
riecheggiarono
nella sua testa con un fragore assordante, costringendolo ad abbassare
lo
sguardo.
Mentre Tsunade aveva svolto
semplicemente il suo ruolo di guida, celando ogni angoscia nel profondo,
lui
come uno sciocco le aveva gridato contro un rimprovero ingiustificato; e
ora il
senso di colpa lo assaliva con il suo morso.
Se era giunto fin lì,
infatti, era perché doveva e voleva chiederle scusa.
Dopo qualche istante alzò il
capo, con negli occhi una luce di determinazione offuscata dal velo di
tristezza, guardò fisso davanti a sé rimanendo ancora immobile, poi si
diresse
verso una delle scale che conducevano all’interno dell’edificio rosso.
Percorse il tragitto in breve
tempo, e salì i gradini abbastanza speditamente fino a raggiungere
l’ultimo
piano. Una volta entrato si incamminò verso l’ufficio di Tsunade,
seguendo l’andamento
circolare delle pareti, adornate con serie di quadri e con lunghe
pergamene
disposte verticalmente. Nonostante si fosse nel pieno della mattina, il
corridoio era insolitamente silenzioso e deserto; non si udiva nessuna
voce
provenire dagli uffici, né vi erano ninja che svolgessero i propri
compiti
burocratici trasportando carte da una parte all’altra del palazzo.
Naruto, però, non attribuì
particolare peso alla cosa, almeno finché non si ritrovò davanti alla
porta
sorvegliata da due ambu. Sorpreso domandò spiegazioni e venne così a
conoscenza
della presenza di Gaara, notizia che incrementò la sua meraviglia e lo
rese consapevole
che non l’avrebbero lasciato passare facilmente. Chiese, quindi, solo di
informare l’Hokage che voleva parlarle. Dopo un primo momento di
esitazione,
gli uomini con le maschere feline acconsentirono alla sua richiesta; il
più
alto bussò e attese che la voce della donna gli concedesse il permesso
di
entrare, poi, quando uscì, diede il via libera al ragazzo. Quest’ultimo
non se
lo fece ripetere due volte e superò il ninja, che subito richiuse la
porta
dietro di sé.
Una volta dentro, si ritrovò
a pensare che sembrava trascorsa un’eternità, ma quell’ufficio sempre
identico divergeva dalla sua percezione del tempo: come al solito era
ben
illuminato, grazie alla lunga serie di finestre che occupava la parte
superiore
della parete, e la scrivania di Tsunade era piena di pile di documenti.
“Buon giorno, Naruto. Devo
dire che hai avuto un ottimo tempismo”, esordì la kunoichi. “Io e il
kazekage abbiamo
appena finito, ma credo che voglia parlarti”, continuò cogliendo alla
sprovvista tutti i presenti.
Pur essendosi accorta della
reazione generale non aggiunse ulteriori spiegazioni, ma ignorando i
loro sguardi
che esprimevano confusione si alzò lentamente. Avanzò fino a fermarsi al
centro
della stanza, poi invitò Temari e Kankuro a seguirla in modo da lasciare
soli i
due amici; i ninja di Suna si limitarono ad esprimere il loro consenso
annuendo
e Tsunade proseguì verso l’uscita.
“Aspetta, soba-chan! Io
volevo…”, cercò di trattenerla Naruto, ma la donna, che gli dava ormai
le
spalle, lo interruppe prima che potesse continuare.
“Non c’è nessun problema”,
disse immobile, con tono pacato e fermo, mentre a tremare dentro di lei
era
qualcosa dalle molteplici sfumature.
Un senso di colpa che la
coscienza del proprio ruolo avrebbe dovuto attenuare, un dolore sfogato
nelle
lacrime giorni prima e che non l’avrebbe mai abbandonata, la
consapevolezza
della precarietà di ogni cosa e molto altro.
Ma il genin non c’entrava
assolutamente, né tanto meno doveva addossare su di sé anche una piccola
parte
di quel fardello; pertanto, ancora una volta, nascose la fragilità
dietro una
maschera di forza.
“Davvero, è tutto a posto.
Non è successo niente”, continuò voltandosi verso di lui con
un’espressione
serena e rilassata.
Dopodichè lasciò il proprio
ufficio insieme ai fratelli Sabaku.
L’Uzumaki, non pronto ad una
simile reazione, rimase a contemplare per un po’ le venature della porta
in
legno, poi sospirò pensando che non potesse andare tutto bene, ma che le
sue
scuse non avrebbero cambiato nulla.
“Naruto”, si sentì chiamare
all’improvviso, ricordando quasi solo in quel momento che Gaara era
venuto fin lì
anche per lui; era come se le prime parole di Tsunade fossero state
risucchiate
da un vortice di ben altri pensieri. Quindi si girò concentrando la sua
attenzione sull’amico.
“Ah, scusami… dovevo cercare
di chiarire”, spiegò piegando le labbra in una smorfia. “Ma, piuttosto,
volevi
parlarmi?”.
“Sì, ho saputo del tuo
maestro e mi dispiace… se hai bisogno di confidarti con qualcuno…
insomma, volevo
sapere come stavi”, rispose l’altro tentennando, distogliendo per un
breve
istante lo sguardo prima di pronunciare l’ultima frase, impacciato in
panni che
vestiva da poco.
“Grazie”, disse il genin di
Konoha sorridendo amaramente. “L’unica cosa che spero è che Jiraya possa
continuare ad essere orgoglioso di me, che io non finisca alla fine per
deluderlo”, continuò dopo una breve pausa affranto, assalito da dubbi
che
oscurarono il suo volto solitamente solare.
“Sono sicuro che non
succederà. Ovunque sia, un giorno ti vedrà diventare Hokage, perché sei
un
ninja e una persona in gamba e meriti un po’ di felicità senza più
ombre… come
quella che grazie al tuo aiuto sto iniziando a costruire”, replicò Gaara
con
tono deciso, superate ormai le difficoltà iniziali.
A quel punto seguirono
momenti di silenzio che sembrarono al giovane kage interminabili, come
se il
tempo fosse sospeso, perché finalmente era riuscito ad esternare ciò che
negli
ultimi giorni aveva tenuto solo per sé. Aveva l’impressione di essere
in fallo; nonostante sapesse che fosse assurdo comparare due dolori,
riteneva
ingiusto che Naruto continuasse a soffrire in quanto contenitore del
Kyubi, per
le decisioni di Sasuke, e in più per la scomparsa di una persona
importante.
Ascoltando le sue parole, ricordi
non molto lontani erano affiorati nella mente dell’Uzumaki. Quando Gaara
era
stato rapito dall’Akatsuki, aveva pensato con rabbia e dispiacere che,
dopo
aver vissuto una solitudine più intensa e duratura della sua, l’amico
dovesse
avere un po’ di serenità.
Il rendersi conto che uno
stato d’animo simile aveva assalito entrambi fece apparire sul suo volto
un
sorriso, non più amaro ma sincero, un sorriso che si tramutò in una
risata
cristallina, spezzando il silenzio e liberandolo da un peso.
L’altro rimase perplesso, non
capendone la motivazione.
“Sei un vero amico”, gli
disse Naruto, una volta tornato serio.
E lui si ritrovò a riflettere
che, in effetti, era proprio quello ciò che contava; scoprire se oltre
all’amicizia ci fosse amore non avrebbe cambiato l’importanza del legame
che li
univa da anni.
Nick: Aya88
Titolo: Friends
Grammatica, ortografia e sintassi: 4/5
Stile, scorrevolezza e stesura: 4/5
Originalità: 3.5/5
IC dei personaggi: 4/5
Sviluppo della trama, caratterizzazione dei personaggi e descrizione
del
luogo: 4/5
Giudizio personale: 7.8/10
Totale: 27.3/35
Commento
Un aggettivo per descriverla, sinceramente, non lo trovo.
Però credo che bella basti – e forse avanzi un poco. Di errori
grammaticali non
ce ne sono (tranne l'aver scritto svariate volte 'kage' o 'kazekage'
senza 'K'
maiuscola). L'argomento mi è piaciuto, soprattutto la frase finale che
secondo
me contiene l'essenza della fic. L'unica cosa, un po' la scorrevolezza.
Non
fraintendermi, ho capito tutto ciò che volevo dire... Solo che dopo un
po' mi
sono persa, perché i pensieri sono mischiati e non capivo il
collegamento. Dopo
averla letta due volte però sono riuscita a capirla. E mi è piaciuta,
davvero. Non
ho nient'altro da dirti se non un 'brava' ed una frase che può sembrare
fatta
ma non lo è: questa sì che si può chiamare fic.
Note
dell’autrice
Che dire, i problemi con la scorrevolezza
non me li aspettavo. Mi sembrava abbastanza chiara, ma forse perché l’ho
scritta io^^ Comunque a parte questo non mi posso lamentare, il giudizio
alla
fin fine è buono. Ringrazio la giudicia e spero di leggere al più presto
le fic
delle altre partecipanti; considerando che il contest era a sorteggio,
sono
curiosa di sapere le combinazioni^^
Passando a qualche notiziola di cronaca,
l’approfondimento di Farewell ci sarà(quando precisamente è un mistero
anche
per me XD) e la prossima fic sarà una KakaTen tutta dedicata ad Urdi per
il suo
compleanno, sorvolando sul dettaglio che è già passato ^^
Ora le risposte alle recensioni,
ringraziando intanto chi ha messo la fic tra i preferiti o tra i
seguiti, e
anche chi l’ha solo letta. Sono sempre felice di ricevere la vostra
opinione^^
slice: Il dono della sintesi
è l’unica cosa che si fa notare, in effetti… ok,ok, sto scherzando, non
mi
sgridare -_- comunque grazie per le belle parole, spero che anche questa
ti sia
piaciuta, dedica a parte. Un bacio^^
story:
E
io adoro te e le tue recensioni, sempre così poetica, mora *_* Dici che Kakashi è lui..meno male che ci sei
tu, e cerchiamo di procurarci anche lui, che te ne pare come proposta?
Ops,
John non si dispiacerà, vero? ^^Un bacio, cara!!
kikina:
Cara,
grazie mille per la recensione, soprattutto per gli aggettivi incisiva e
delicata, sono felice che ti piaccia. Baci!
Shatzy:
E
pensare che non mi sembrava per nulla originale, a parte la variante
della
moglie malata, ma a quanto pare errore di giudizio. Comunque
l’ampliamento ci
sarà, prima o poi, spero che tu possa ritrovarti a leggerlo. Grazie per
la
recensione XD
Urdi:
In
effetti che la moglie fosse Kurenai non era un dettaglio importante,
come dire,
serviva a me e alla mia testa^^ Nel pensare alla storia per la drabble
ho praticamente
ideato anche tutta una trama semplice semplice(si fa per direXD) ed è
questo
che mi ha fregata probabilmente. Comunque mi fa piacere che ti piaccia.
Come ho
già fatto capire un approfondimento ci sarà, riguardo al seguito non
credo, il
titolo è eloquente. Ma mai dire mai. Un bacio, caraXD