Premessa: Dopo quasi due anni che non
riprendevo in mano “la penna” (in senso
metaforico!XD) una mattina mi sono svegliata e ho deciso di scrivere questa
storia.
L’idea della trama l’avevo in mente
già da tempo ma non avevo mai trovato la voglia di metterla per iscritto.
Un mio precedente abbozzo di
storia era miseramente fallito per il mio desiderio smodato di essere precisa a
livello storico (cosa che si era poi rivelata impossibile), mania che ho
abbandonato; quindi se, nel corso della storia, troverete degli strafalcioni
“storici” (e credo ce ne siano molti!!)
fatemelo notare ma non stupitevi più di tanto!xD
La storia comunque è già stata
scritta tutta quanta (anche se ha bisogno di essere rivista) quindi, in ogni
caso, la posterò tutta.
La trama è, come al mio solito,
abbastanza originale, ma devo comunque riconoscere l’influsso, più o meno
consapevole, di molte delle ff che ho letto (su questo e su altri siti).
Nominarle tutte mi sarebbe impossibile, anche se vorrei davvero perché il mondo
delle fanfiction ha aggiunto davvero tanto alla mia conoscenza di questo
splendido anime. In realtà, una volta sciolta la fantasia, non ho potuto fare a
meno di inserire nella storia numerosi personaggi di mia invenzione, che si
affiancano a quelli dell’anime: spero non saranno presenze troppo sgradite.
I primi capitoli dovrebbero
creare qualcosa come “un’aurea di mistero” ma sono sicura che si indovina tutto
già da questo primo capitolo! xD
Che altro dire? Ah, sì!
“L’impaginazione” (luogo – data, e far parlare in prima persona,
alternativamente, i protagonisti) è
rubata al libro “La moglie dell’uomo che viaggiva nel tempo” che sto leggendo
in questi giorni.
Bene, credo di essermi dilungata
anche troppo, perciò vi lascio alla storia. Naturalmente le recensioni, sia
positive che negative, sono sempre ben accette. Ringrazio anticipatamente chiunque
si cimenterà in questa lettura! Au revoir :D
Villa
Jarjayes - 20
Marzo 1774
ANDRE’:
Iniziò tutto con una lettera. Era Martedì e io ed Oscar eravamo nelle cucine,
intenti a scherzare e ad abbuffarci di mele rosse, mentre la nonna, vicino a
noi, si affaccendava tra la dispensa e il fuoco. Era tardo pomeriggio e la
penombra appena calata spingeva verso un dolce torpore. Oscar, rannicchiata su
una sedia, prendeva in giro qualche nobile borioso e criticava aspramente le
idee reazionarie di molti di loro e le loro prese di posizioni nei confronti
del terzo stato. Tutto sommato, pensavo tristemente, squadrandola di traverso,
non interessava molto nemmeno a lei la condizione del terzo stato: tutta la sua
rabbia era per finta e se avesse dovuto pensare alle conseguenze delle sue idee
ne sarebbe stata spaventata. In fondo, comunque, era giusto così. Mia nonna
dice sempre che ci meritiamo quello che ci da Iddio, nulla di più e nulla di
meno, e che è stupido, prima che ingiusto, cercare di cambiare le cose. Io però
avvertivo dentro di me l’esigenza di un cambiamento. Sentivo che non era giusto vivere così, da servi, e
accettare ogni volontà del padrone, eppure mi mancava la spinta per ribellarmi,
per andare via… dopotutto stavo meglio di quanto avrei voluto e sperato e sotto
sotto, segretamente, speravo solo che Dio mi avesse dato lei. Lei e nient’altro, ecco; speravo solo di meritarmi lei.
Dicevo
dunque, di questa lettera che arrivò alla nonna. Bussarono alla porta e quando
una cameriera andò ad aprire le si presentò davanti un emissario di un nobile
importante e molto ricco. Non sapevamo chi fosse ma capimmo che doveva essere
una persona importante dal vestito del suo lacchè. Aveva questa lettera in mano
e la portava come se fosse più importante della sua stessa vita e chiese
espressamente di mia nonna. Mia nonna!
Lei che a malapena legge, scrive molto male e non riceve mai una visita, un
biglietto, niente! Ed ora, di punto in bianco, arrivava questo servitore così
ben vestito da sembrare ambasciatore del re in persona e portava una lettera
per la mia nonnina, che avevo sempre creduto vivesse fuori dal mondo. La più
sbalordita, ovviamente, era lei. Quando Marie, la cameriera, venne in cucina e
la informò che chiedevano di lei la nonna uscì un po’ incerta, asciugandosi le
mani nel grembiule tutto macchiato e sistemandosi meglio gli occhiali sul naso,
mentre io ed Oscar, cercando di non farci vedere, le venivamo dietro,
curiosissimi di scoprire chi poteva chiedere della nonna.
Il
valletto non fece nomi. Si limitò ad accertarsi dell’identità della signora
“Marron-Glacè” e le consegnò questa busta, che la nonna scrutò non più curiosa
ma con fare preoccupato. Magari aveva riconosciuto lo stemma, ipotizzò Oscar
bisbigliando, e non era andata molto lontana dalla verità. La nonna girò i
tacchi e tornò in cucina, dove, incautamente, strappò la busta e si mise a
leggere la lettera, davanti a noi che stavamo morendo di curiosità. Il suo
sguardo passò dal sorpreso al preoccupato all’angosciato, fino a giungere quasi
sull’orlo delle lacrime per poi passare alla rabbia. Finì in fretta la lettura
e accartocciò il sottile foglio di carta abbozzando poi il gesto di gettarlo
nel camino acceso. Infine ci ripensò, spiegò di nuovo la lettera, la piegò in
quattro e se la mise in tasca, busta compresa. Quando alzò il viso verso di noi
il suo sguardo era l’imperativo del non-fare-domande ed io e Oscar, ammutoliti,
non ne avemmo il coraggio. La nonna uscì in fretta dalla stanza e non si fece
vedere fino a sera. Era ovvio che era successo qualcosa, che qualcosa stava per
cambiare, ma per quel momento ci lasciò, senza spiegazioni, a dibatterci nel
dubbio.
OSCAR:
Quando
nanny ricevette la lettera io e Andrè rimanemmo molto sorpresi. Lei che non
aveva relazioni sociali e vita propria, di punto in bianco riceveva una
missiva, da un nobile importante per giunta! C’era di che incuriosirsi. Peggio:
dopo la sua sorpresa iniziale, aveva capito
chi gliela mandava, cioè conosceva
quella persona o comunque sapeva di chi si trattava. Lei che non riconoscerebbe
nemmeno sua maestà il Re in persona! Non ricordo nemmeno bene cosa stavamo
facendo io e Andrè quando accadde il
fatto ma ricordo invece molto bene che dopo aver letto la lettera, nanny
sparì e non si fece più vedere per tutta la giornata. Dopo ore passate a
discutere e a fare le congetture più strane io e Andrè ci stufammo di
ipotizzare assurdità e lasciammo cadere l’argomento, dedicandoci ad altro.
All’ora di cena nanny tornò nelle cucine ma, eccetto gli ordini più elementari,
non parlò con nessuno e si vedeva che era di umore nero. Io e Andrè non ci
azzardammo neppure ad accennare una moina per farci confessare il contenuto
della lettera. Ci ritirammo nelle nostre camere ancora oscillando tra il
dubbioso e il preoccupato ma io ero certa che non potesse essere nulla di
grave.
Pensavo,
all’epoca, di essere molto fortunata ad avere una vita così stabile e così
perfetta: cosa avrebbe mai potuto sconvolgerla? Avevo Andrè e nanny, un lavoro
ed una famiglia che mi assicurava tutto ciò di cui avevo bisogno. Ero serena.
Felice forse no: mi mancava quel qualcosa a cui non sapevo ancora dare un nome,
ma sicuramente potevo dirmi serena. Pensavo anche che per Andrè fosse lo
stesso, e probabilmente, con i dovuti distinguo, lo era davvero. Ed infine, fra
meno di una settimana, sarebbe arrivata Ophélie,
la più grande delle mie sorelle, e sarebbe rimasta da noi per un mese, senza
marito nè figli: l’avrei avuta tutta per me!
La
sera nanny venne in camera mia. Seduta al comò mi stavo spazzolando i capelli
quando si avvicinò senza dire una parola, mi prese la spazzola dalle mani e
continuò lei. Non era più arrabbiata, il suo sguardo però era velato di
malinconia. “Era da tanto che non ti spazzolavo i capelli” le sue parole erano
state quasi solo un sospiro impercettibile. “Sì, è vero….ma ora sono grande…”
nonostante mi fossi sforzata di mantenere un tono di voce bassissimo le mie
parole eccheggiarono nella stanza silenziosissima più alte di quanto avrei
voluto. Ero visibilmente imbarazzata. “Nanny…” iniziai, ma mi resi conto di non
saper bene come continuare la frase. Forse avevo avuto torto a pensare, solo
poche ore prima, che il mio mondo non potesse cambiare in peggio.
Dall’espressione della nonna sembrava proprio che qualcosa, qualcosa di
veramente catastrofico e devastante, si stesse avvicinando e che fosse ormai
troppo tardi per fermarlo. Avrebbe riguardato anche me, questo cambiamento?
“Tu
e Andrè vi volete molto bene, non è vero?” mi chiese lei e io rimasi di sasso;
allora la lettera che aveva ricevuto riguardava Andrè? “Sì, certo…” risposi
accennando un sorriso “ma non vedo cosa c’entri…” la voce mi morì in gola,
mentre nanny, finito di spazzolarmi i capelli, posava la spazzola vicino alla
mia mano appoggiata sul comò e me la prendeva tra le sue.
“Sai
Oscar” iniziò, con il tono di voce delle lezioni-di-vita ma leggermente
addolcito dalla commozione “non sempre i cambiamenti sono negativi…. a volte ci
aiutano a crescere, a capire chi siamo e cosa vogliamo, a realizzarci come
persone… poi certo, quando si è vecchi come me magari li si accetta un po’
controvoglia ma sono sicura che a voi ragazzi farà bene” e mentre diceva queste
parole capii che intendeva esattamente il contrario, ovvero ‘quello che sta per
succedere è tutto tranne che positivo ma dobbiamo sforzarci di accettarlo e di
trovare degli aspetti buoni in ciò che può essere solo negativo.’ “Nanny…”
tentai ancora “hai…hai parlato con Andrè?” ma lei era già sulla porta e mi
rispose solo con un sordo “Buonanotte” prima di lasciarmi sola nella mia stanza
fiocamente illuminata, in preda, forse per la seconda volta nella mia vita, ai
dubbi.