Ebbe appena il tempo di sedersi sul divano e di posare la testa
all'indietro sui cuscini in un gesto rilassato che un rumore di passi leggeri
arrivò dal corridoio.
-Si sono addormentati?-
Ronald voltò la testa verso la sua sinistra dove,ferma sull'uscio c'era
Rebecca che gli rivolse un sorriso lieve prima di muoversi verso di
lui.
Osservandola mentre copriva il breve tragitto che li separava,l'uomo si
chiese ancora una volta come era possibile che un uomo come lui,con i suoi tanti
difetti,avesse avuto il privilegio di vivere accanto ad un angelo come sua
moglie.
Sia Ronald che Rebecca erano consapevoli che nessuno,partendo dai loro
genitori ai loro fratelli per finire con i loro amici,aveva creduto che quel
matrimonio fosse destinato a
durare.
C'era chi,come la madre di Ronald, lo aveva considerato un errore,altri
un matrimonio riparatore per regolarizzare il "problemino" della gravidanza,e
altri ancora che nonostante fossero certi del loro amore,avevano paura che
questo non sarebbe bastato a salvare un matrimonio così giovane una volta nato
il bambino.
A distanza di dieci anni e dopo due figli erano felici di aver smentito
tutti loro.
I due erano soliti dire che il loro matrimonio era iniziato realmente
soltanto alla fine di Hogwarts,anche se la loro famiglia si era già formata alla
nascita di Lowell.
Il bambino era nato agli inizi di maggio e Rebecca,spaventata
dall'improvvisa responsabilità, con la scusa di doversi riprendere dalla
gravidanza e dal parto,si era chiusa nel dormitorio femminile di Grifondoro per
giorni senza voler vedere il bambino,ma Ronald non si era lasciato spaventare
dalla prima avversità e, incurante della possibilità che la ragazza gli
lanciasse contro una fattura,era piombato nel dormitorio con Lowell e aveva
aiutato Rebecca ad instaurare un legame con il
figlio.
Sapeva che quel gesto poteva avere anche l'effetto contrario,ma
fortunatamente aveva funzionato.
Durante gli ultimi mesi di scuola,Lowell era stato circondato
dall'affetto dei suoi genitori e dei suoi zii che si erano tutti occupati di
lui,cercando di dare una mano ai due
ragazzi.
Ciò che maggiormente preoccupava Ronald era il futuro:cosa sarebbe
successo una volta usciti da
Hogwarts?
Non potevano tornare a casa visto che sua madre ancora non lo aveva
perdonato per "essersi rovinato la vita",e non potevano chiedere aiuto ai
genitori di Rebecca,quindi cosa avrebbero
fatto?
Un aiuto inaspettato arrivò dal Quidditch:un mese prima della fine della
scuola,la posta del mattino portò una lettera per Ronald da parte degli Owls di
Liverpool.
Un loro talent scout era venuto ad Hogwarts e,dopo averlo visto
giocare,voleva parlare con lui per un'eventuale futuro nella
squadra.
Gli Owls non facevano parte della Major League,ma poteva sempre essere
una opportunità.
-Sono stati loro a cercarti,quindi vuol dire che gli interessi sul serio
e se proprio dovesse andare male,non perderemmo comunque nulla-gli aveva fatto
notare Rebecca cercando di calmarlo durante uno dei suoi soliti attacchi di
panico.
Ronald era andato a quell'incontro confortato dalle parole della moglie e
aveva sostenuto il provino come se fosse ancora sul campo della scuola,senza
grandi preoccupazioni o pressioni.
La risposta al provino era arrivata poche settimane dopo:Ronald era uno
degli Owls.
Da allora la sua strada era stata segnata:dopo gli Owls c'erano stati i
Bushes e i Warriors finchè non aveva ricevuto la chiamata da una squadra di
Major League:i Bears di Londra.
In ognuna di quelle squadre si era fatto onore e si era comportato con
lealtà e spirito sportivo, come tante volte gli aveva detto suo padre,riportando
sempre dei giudizi positivi da parte degli allenatori,dei giornalisti e dei
tifosi,che lo sostenevano ovunque
andasse.
Infine lo scorso anno era arrivata la chiamata che aveva sempre
sognato,ma che non aveva mai osato sperare nonostante giocasse ormai da anni
come professionista:quella da parte dei Cannoni di
Chudley.
Lo zio Ron aveva fatto festa per un giorno intero quando aveva saputo la
notizia!
Ed ora tutti lo indicavano come il principale artefice dell'anno
fortunato della squadra.
Non appena Rebecca fu abbastanza vicino al divano,Ronald allungò un
braccio e strinse le dita attorno al polso più vicino,guidandola finchè lei non
si fu sistemata sulle sue
ginocchia.
-Charlotte si è addormentata fra un racconto e l'altro...Ha avuto una
settimana molto movimentata-commentò con un sorriso divertito,cingendole la vita
con un braccio.
Se in quegli anni la sua carriera era diventata un successo,lo stesso si
poteva dire del suo matrimonio.
Più volte durante un intervista aveva ammesso che doveva gran parte del
suo successo a Rebecca,e non soltanto perchè era grazie a lei che aveva deciso
di andare all'incontro con l'allenatore degli Owls,ma anche perchè ormai da
dieci anni lo sosteneva e supportava, consigliandolo ogni volta che l'uomo
doveva prendere una decisione
importante.
Era stato grazie alla perseveranza e alla pazienza di Rebecca se alla
fine erano riusciti a riallacciare i rapporti con sua madre,e a far si che la
donna conoscesse Lowell.
-Questa è la settimana dei compleanni...Siamo andati a ben quattro feste
di compleanni- confermò la donna accomodandosi meglio sul divano e riuscendo ad
avvicinarsi di più al marito.
-Mi ha portato un pò di
torta?-
-Credevo dovessi mantenere la linea-gli ricordò
Rebecca.
-E io non pensavo avessi di che lamentarti sul mio fisico-rispose
Ronald.
Lei restò qualche istante in silenzio,quasi lo stesse
esaminando:no,effettivamente non aveva proprio niente di cui lamentarsi;Ronald
non era più il ragazzo timido e impacciato che le aveva fatto perdere la testa a
sedici anni,i tratti adolescenziali si erano definiti del tutto lasciando spazio
ad un viso affilato e magro su cui a spiccare più di tutti erano i suoi occhi
castani così profondi da darle l'impressione di potervi leggere
dentro.
E in effetti lei era l'unica ad avere quel
potere...
I suoi capelli rosso fuoco in quei mesi erano lunghi a coprire le
orecchie,quasi fossero una luminosa
corona.
Ed infine il fisico,perfettamente modellato da dieci anni di
allenamenti;anche se erano sposati da più di dieci anni,non c'era volta in
cui,vedendolo a torso nudo,Rebecca non si trovasse con la salivazione azzerata
come le capitava le prime volte che lo vedeva spogliarsi davanti a
lei.
-Sei passabile-commentò ironica,sapendo di
irritarlo.
-Passabile??-si lamentò
Ronald.
Sorridendo divertita,Rebecca si sistemò meglio sulle sue gambe e gli si
premette contro in modo da potergli allacciare un braccio attorno al
collo.
Per un brevissimo istante,il tempo di un incontro di sguardi,Rebecca si
chiese come apparisse ai suoi
occhi.
Sapeva di essere cambiata:le due gravidanze avevano conferito un aspetto
adulto al suo fisico, anche se il seno era rimasto sodo e la sua vita era
tornata stretta subito dopo il parto, soprattutto grazie alla dieta a cui si
sottoponeva subito dopo.
Qualche anno prima,per rinnovare il suo look,si era tinta di capelli di
nero e aveva deciso di lasciarli crescere oltre le spalle,sua lunghezza limite
fin da quando aveva sei anni,ed ora le arrivavano fino a metà
schiena.
-Prima ho fatto una chiacchierata con Lowell,lo sapevi che è
innamorato?-le domandò Ronald, accarezzandole pigramente la
schiena.
-Avevo intuito qualcosa:prima non vedeva l'ora di tornare a casa da
scuola,ora invece ha sempre mille scuse per perdere tempo-commentò
lei.
L'uomo sorrise divertito.
-Mi sembra si chiami Poppy e che è una sua compagna di classe...Forse
avrò la memoria corta,ma io non la ricordo affatto-confessò
poi.
-Non hai la memoria corta!E' che ogni volta che ci sono le recite di
Lowell,la squadra ha gli allenamenti-gli fece notare la
moglie.
-Comunque...-fece lui tagliando corto-Da come ne parlava sembrava davvero
preso...Peccato che nel giro di qualche mese avrà dimenticato tutto-aggiunse
sinceramente rattristato.
Rebecca sorrise e gli passò una mano fra i capelli
folti.
-Da come parli è difficile credere che tu sia un romantico...-disse
prendendolo bonariamente in giro.
Ronald le fece una smorfia che la fece ridere,facendo risuonare la sua
risata per la stanza silenziosa.
-Tu stai bene?-le domandò poi Ronnie serio quando fu tornato il
silenzio.
Lo sguardo fisso nel suo,Rebecca annuì,facendogli scivolare le braccia
attorno alle spalle larghe.
-E' tutto a posto,proprio come avevo
previsto-
Chiaramente sollevato da quelle poche parole,Ronald si lasciò andare ad
un sospiro di sollievo e staccò la schiena dal divano,avvicinandosi maggiormente
a lei.
Poggiò la fronte contro quella di sua moglie e le sfiorò il naso con la punta del proprio, facendo incontrare di nuovo i loro sguardi.
-Ora dovremmo dirlo ai ragazzi-
-Credo che Charlotte la prenderà bene,anzi l'aiuterà a superare la partenza di Lowell per Hogwarts-considerò Rebecca,passando una mano fra i capelli folti del marito.
Il silenzio rilassato nella stanza venne interrotto da una serie di colpi
sulla porta che li fece sobbalzare
entrambi.
Rebecca alzò la testa,puntando con lo sguardo alla porta oltre il muro e
proprio in quell'istante un altro paio di colpi vennero battuti sulla
porta.
-Chiunque sia finirà per svegliare i bambini!-disse
indispettita,alzandosi in piedi e incamminandosi veloce verso la
porta.
-Lascia vado io!-disse muovendosi accanto a lei e superandola per
arrivare alla porta.
Afferrare la maniglia e aprire la porta fu un unico
gesto.
Quando vide James fermo sugli scalini di pietra grigia,una mano poggiata
contro lo stipite della porta,chiaramente pronto a bussare di nuovo,Ronald si
rabbuiò.
-Hai una vaga idea del casino che stai facendo?-domandò il
rosso,facendosi comunque da parte per farlo
entrare.
-Ho bisogno di parlare con qualcuno...Io e Rose abbiamo
litigato.
Ciao Rebecca-aggiunse poi vedendo la cognata a pochi passi di
distanza.
-Ciao Jimmy,la prossima volta che vuoi venire a farci visita,puoi evitare
di svegliare i ragazzi?-gli domandò mascherando con la cortesia il suo
fastidio.
Il moro annuì meccanicamente prima di tornare a posare lo sguardo sul
fratello.
C'erano tante cose a cui Ronnie aveva pensato in quella settimana di
ritiro,ma sicuramente nessuna riguardava suo
fratello.
Ma era ovvio che fosse
sconvolto...
Con un sospiro rassegnato lanciò uno sguardo di scuse a Rebecca per poi
guardare di nuovo James.
-Va bene,va bene...Andiamocene in
cucina-
-Per oggi è tutto,ci vediamo
giovedì-
Gli studenti che frequentavano il suo corso di Letteratura,e che durante
il passare dei mesi avevano inziato a conoscerlo bene,invece di alzarsi e di
schizzare via verso le altre lezioni,restarono seduti,lo sguardo rivolto verso
la cattedra,in attesa che il professore aggiungesse,come sempre,la postilla
finale.
-Prima di andare,voglio ricordarvi che la consegna dei saggi su "Il
grande Gatsby" è fissata per giovedì,e che la consegna in ritardo influirà sulla
votazione.
Ora potete scappare via-finì con un
sorriso.
Il rumore di sedie trascinate sul pavimento rimbombò nell'aula e
velocemente,più o meno alla spicciolata,tutti i venti studenti che avevano
affollato la stanza in quelle ultime due ore,si avviarono verso la
porta.
-A giovedì professor Potter-lo salutarono alcuni studenti passando
accanto alla cattedra.
Albus alzò lo sguardo dalla cartella ventiquattro ore che si portava
sempre dietro e rispose al saluto con un cenno della testa ed un sorriso
accennato.
Tornò ad abbassare la testa per infilare in borsa l'ultimo dei libri che
si portava sempre dietro,quando una figura si fermò davanti alla
cattedra,frapponendosi fra la finestra e la
scrivania.
-Professore...-si sentì
chiamare.
Al alzò per la seconda volta lo sguardo e posò gli occhi sul volto di Liz
Cooper,una delle sue studenti preferite,fissandola per qualche secondo in
silenzio,prima di rivolgerle un sorriso di
incoraggiamento.
-Posso fare qualcosa per te,Liz?-le domandò
cortese.
Solo quando la ragazza portò le mani sul piano della cattedra,vide che le
dita della mano sinistra erano strette attorno ad un
libro.
Un romanzo che lui conosceva molto
bene.
-Non vorrei sembrarle indiscreta o sfacciata,ma potrebbe...-disse la
ragazza in tono timido.
-Chiedere a Scorpius un autografo?-concluse lui al suo
posto.
Non era la prima volta che gli succedeva,ormai ogni volta che vedeva uno
dei ragazzi con il libro sapeva già cosa
aspettarsi.
Liz annuì.
Per la terza volta in cinque minuti,Albus sorrise e tese una mano per
prendere il libro.
-Da qua,vedrò di riportartelo entro domattina...-le
disse.
Il volto di Liz si aprì in un sorriso euforico,neanche le avesse promesso
una fetta di cielo,e dopo averlo ringraziato ancora una volta,si avviò verso la
porta dell'aula.
Al chiuse la ventiquattro ore e si si voltò,anche lui diretto verso la
porta,quando vide che Liz si era fermata sulla soglia e lo stava osservando di
sottocchi,incerta se parlare o
meno.
-C'è qualcos'altro che posso fare per te?-le domandò lui
educatamente.
-E' lei?-gli domandò la
ragazza.
Al si ritrovò ad incurvare un sopracciglio,sorpreso da quella domanda
inaspettata.
-Come?-
-E' per lei la dedica del libro?-chiarì
Liz.
Leggermente a disagio,Al abbassò lo sguardo e si ritrovò ad accennare
nuovamente un timido sorriso;tanto bastò alla studentessa per trovare conferma
delle sue teorie.
-Lo sapevo!E' davvero un uomo fortunato professore!-commentò la ragazza
prima di decidersi ad uscire in
corridoio.
Colpito da quelle parole,Al restò immobile,a metà strada fra la porta e
la cattedra,non sapendo bene cosa
fare.
Lo sguardo ancora basso si posò prima sulle proprie scarpe per poi
spostarsi sul libro che ancora stringeva nella mano
destra.
Conosceva tutto di quel racconto,ogni parola,ogni frase,ogni
virgola...Anche la dedica.
In fondo era stato grazie a lui se quel libro era stato pubblicato;fosse
stato per Scorpius sarebbe rimasto su uno scaffale di Privet Drive a prendere
polvere.
Ma Al aveva capito fin dalla prima volta in cui aveva letto quelle pagine
che quel libro era destinato a diventare un
capolavoro.
Così nonostante le rimostranze di Scorpius aveva riscritto tutto al
computer e aveva spedito il manoscritto a varie case editrici,sperando di
ottenere almeno una risposta
positiva.
Quello che non si era aspettato era di riceverne ben
quattro!
Per alcune settimane Albus aveva cercato di aiutare Scorpius a
destreggiarsi fra le varie proposte,cercando di decidere quale fosse la
migliore,e alla fine questi aveva
scelto.
Nel giro di tre mesi tutto era stato pronto e,proprio come Albus aveva
immaginato fin dalla prima volta,il romanzo era stato un
successo.
E così era successo per il secondo...Ed il
terzo.
Forse avrebbe dovuto chiedergli una parte dei profitti visto che senza di
lui niente si sarebbe realizzato.
Guardò ancora una volta il romanzo,in versione economica,che aveva fra le
dita,prima di sospirare rumorosamente e decidersi ad uscire dalla
classe.
Aveva un'ora di ricevimento,e l'ultima cosa che voleva era far aspettare
i genitori.
Si incamminò verso la sala d'aspetto,quando sentì una voce alle sue
spalle fare il suo nome.
-Albus!-
Si voltò e fra gli studenti ritardatari che si muovevano frettolosi verso
le classi,scorse Laurie, professore di biologia e suo amico,venirgli incontro
insieme ad uno sconosciuto.
Nel breve tempo che questi impiegarono per andargli incontro,Al scrutò il
nuovo arrivato, come era solito fare con tutti gli uomini che incontrava per la
prima volta:era alto,probabilmente sarebbe stato più alto di lui di una
quarantina di centimetri,con un fisico ben modellato dalla palestra senza essere
eccessivo.
I capelli erano castani e a spazzola,scompigliati ad arte con il gel,il
viso era perfettamente sbarbato e "reduce" da una seduta nel più vicino
solarium,con una fronte alta,incorniciata da due sopracciglia castane
perfettamente incurvate,che facevano da corona a due occhi color cioccolato che
sembrarono attirarlo come due
calamite.
Al distolse lo sguardo da quegli occhi e lo fece scendere verso la curva
perfetta del naso,dalla punta leggermente in su,e sulle labbra sottili e anche
queste perfettamente modellate,neanche fossero state disegnate con una
matita.
Finalmente i due uomini furono davanti a lui e Albus riportò lo sguardo
su Laurie,che dopo uno sfoggio di tanta perfezione gli sembrò terribilmente
scialbo.
-Mi cercavi?-gli chiese sperando di non avere la voce
roca.
-Volevo presentarti il nuovo professore di
Storia...-
-Ah giusto Sandy è andata in maternità-ricordò
Al,annuendo.
-Infatti;comunque lui è Brian
Kinney.
Brian,lui è Albus Potter il nostro professore di Letteratura-disse Laurie
facendo le presentazioni.
Al tornò a guardare Brian,e per mostrarsi gentile,gli tese la
mano.
-Molto piacere-
Sentì lo sguardo veloce con cui Brian lo esaminò da capo a piedi
e,nonostante anche lui avesse fatto lo stesso poco prima,si sentì leggermente
offeso da quell'attenzione.
-Piacere mio.
Mi hanno detto che le nostre aule sono vicine-gli disse stringendogli
saldamente la mano.
-Già...-disse semplicemente Albus non sapendo cos'altro
dire.
-Allora potrò venire da lei se avrò bisogno di aiuto-continuò
Brian.
-Naturalmente...Ora però scusatemi,ma mi aspettano per il ricevimento
insegnanti.
Mi ha fatto davvero piacere conoscerti Brian-ripetè prima di voltarsi e
incamminarsi velocemente lungo il
corridoio.
Sentendo su di sè due occhi attenti che non lo lasciarono finchè non ebbe
voltato l'angolo.
Il velo dell'incoscienza venne squarciato da alcune voci poco lontane dal
divano e,nonostante l'intontimento dovuto al post-sbornia,James capì subito che
stavano parlando di lui.
-Visto così sembra più vecchio di dieci
anni-
-E' tutta colpa delle sei birre che si è scolato ieri sera...Una dopo
l'altra,senza neanche un attimo di respiro-sentì dire da suo
fratello.
-Hai preparato un pò di caffè?Ne avrà un bisogno
disperato-
Il silenzio che seguì gli fece capire che Ronald si era limitato ad
annuire.
Nonostante avesse gli occhi chiusi,ormai era abbastanza lucido da
riuscire a sentire su di sè lo sguardo congiunto dei due,sentendolo quasi
bruciare sulla propria pelle.
Cosa doveva fare?Aprire gli occhi e mettere fine a quella conversazione o
aspettare nella speranza di sentire qualcosa di
interessante?
Ma del resto cosa potevano dire di
nuovo che lui non sapesse già?In fondo stavano parlando della sua
vita...
-Ti ha detto per quale motivo ha litigato con Rose?-chiese poi Rebecca
parlando di nuovo.
In risposta Ronald respirò profondamente e James riuscì a vederlo nella
propria mente scuotere mestamente la
testa.
-No,ma credo di sapere il
motivo...-
Dei passi veloci attraversarono il corridoio e in pochi istanti
arrivarono in salotto.
-Sveglia sveglia!!!!-
La voce piccola di Charlotte gli rimbombò nel cervello,portandolo
involontariamente a corrugare la fronte,prima che il peso leggero della bambina
si fermasse accanto ai suoi piedi sul
divano.
-Charlotte!-la riprese la
madre.
Ormai costretto a svegliarsi,James portò la mano destra al viso e si
strofinò gli occhi,cercando di prepararli all'incontro con il
Sole.
Quando finalmente si decise ad alzare le palpebre,dovette riabbassarle in
fretta ferito dalla luce.
-Ciao zio Jimmy!-lo salutò allegra la bambina,neanche lo vedesse per la
prima volta in dieci anni.
Una volta aperti gli occhi,James si tirò leggermente su sul divanoe
lanciata un occhiata alla nipotina,le sorrise,o almeno
tentò.
-Ehi Cherry...Non sapevo fossi così
mattiniera-
-Fai colazione con me zio James?-gli chiese la bambina,fissandolo con i
suoi stupendi occhi.
-Certo che sì!Perché intanto tu e io non andiamo in cucina a preparare
mentre lo zio e papà tolgono le coperte dal divano?-s'intromise Rebecca parlando
direttamente con la figlia.
Charlotte fissò sua madre per qualche istante,chiaramente indecisa se
restare con il suo zio preferito o se seguire la madre,prima di annuire e
schizzare via dal divano e correre accanto a
lei.
Solo quando le due si furono allontanate,James portò il proprio sguardo a
contatto con quello del fratello.
-Come va la testa?-gli domandò questi facendo il giro del divano e
andando a sedersi sul tavolino di legno proprio di fronte al
fratello.
Il moro si passò una mano fra i capelli arruffati e sospirò:aveva una
banda rock nel cervello!
-Passerà...Scusami se sono piombato qui in quel modo ieri sera-gli disse
poggiando entrambi i gomiti sulle ginocchia e sporgendosi in
avanti.
Ronald scosse la testa.
-Non mi da fastidio,lo sai...Quello che mi preoccupa è che ultimamente le
liti fra te e Rose stanno diventando troppo frequenti-disse cercando di
introdurre il problema principale.
James,lo sguardo basso,quasi si vergognasse di quello che stava
succedendo,intrecciò le dita delle mani al di sopra delle ginocchia e restò
qualche secondo in silenzio.
Come al solito,era andato da suo fratello
i
-Hai saputo di Lily?-si decise poi a
chiedergli.
Ronnie annuì.
Aveva immaginato che fosse quello il motivo della lite,ma ovviamente non
poteva esserne sicuro fino all'
ultimo.
-Sì,Rebecca me lo ha detto ieri sera...A quanto pare i Potter stanno
seguendo l'esempio dei Weasley-tentò di scherzare il
rosso.
James accennò un sorriso che sparì velocemente dal suo
viso.
-L'ha presa tanto male?-gli domandò Ronald tornando
serio.
Con un sospiro rumoroso,James rialzò il viso e incontrò di nuovo gli
occhi di suo fratello, restando in silenzio qualche secondo cercando le parole
adatte per spiegargli la sensazione che aveva colpito Rose a quella
notizia.
-E' già da un pò che le cose non vanno fra di noi,sempre per questa
storia del bambino.
Quando abbiamo deciso di stare insieme,anni fa,eravamo entrambi
consapevoli della rinuncia che stavamo
facendo.
Rose ha costruito la sua carriera su quella
rinuncia!
Però ora,essere circondata tutto il giorno da bambini e da neonati,è
diventata quasi una tortura per lei,come se avesse sempre davanti agli occhi la
prova del suo fallimento...E tu lo sai come la pensa Rose sui
fallimenti!
Ed ora la notizia della gravidanza di
Lily...-
-Per te non deve essere una situazione facile-commentò semplicemente il
fratello,certo che sarebbe bastato quel poco all'altro per continuare nel suo
sfogo.
Un sorriso amaro,infatti,si disegnò sul volto dell'altro,prima che questi
tornasse di nuovo a strofinarsi gli occhi con una
mano.
-A sentire Rose dovrei essere in collera con Lily per la sua
gravidanza.
Ti sembra una cosa ragionevole?So che non lo pensava e che ha detto ciò
che ha detto in un momento di rabbia,ma...-disse bloccandosi a
metà.
-Cosa?-lo esortò ancora
Ronald.
Per qualche secondo ci fu silenzio nella stanza,come se James avesse
bisogno di ritrovare le parole più
adatte.
-Sono stufo di prendermi colpe che non
ho.
Non è stata soltanto una mia scelta quella di dare ascolto ai nostri
genitori,quindi perché ora mi ritrovo ad essere soltanto io il cattivo della
situazione?
Perché sono io il bastardo che non capisce?-domandò sinceramente
confuso.
Ronald guardò il viso stanco di suo fratello e ripensò a quante volte,in
quegli ultimi mesi,avevano già affrontato quel discorso:non sarebbero mai
arrivati ad una soluzione,almeno non finché le cose fossero rimaste
com'erano.
E forse quello era il momento migliore per
cambiarle.
-Sai penso che dopo tutti questi anni sia venuto il momento di fregartene-
James alzò di scatto lo sguardo sul fratello e lo fissò con aria
incredula.
-Hai capito bene-fece Ronald con un leggero cenno del capo,leggermente
divertito nel dover interpretare il ruolo di fratello maggiore,ruolo da sempre
ricoperto da James.
-Ma non possiamo...-balbettò confuso
James.
-Chi l'ha detto?Solo perché tu e Rose non potete effettivamente concepire
un figlio,non vuol dire che non potete valutare altre opzioni:c'è l'adozione,ci
sono le madri in affitto o i padri surrogato,c'è addirittura la fecondazione
eterologa.
Mi chiedo come avete fatto a non pensarci finora...-si ritrovò a
commentare.
Era assurdo pensare che un medico come Rose,si fosse arreso al primo
ostacolo,senza neanche pensare a quello che poteva fare per risolvere il
problema.
Gli occhi di James ora erano più attenti,più reattivi,come se davanti a
sè si fosse aperto un nuovo mondo di cui aveva ignorato fino a quel momento
l'esistenza...e probabilmente era davvero
così.
Per un lungo istante i due fratelli restarono in silenzio,e fu solo
quando lo sguardo di James cercò quello del gemello,che Ronald vide brillarvi
dentro una nuova speranza.
-Credi che funzionerà?-gli domandò James,scoprendosi
fragile.
Ronnie alzò le spalle.
-Chi può dirlo?Ma almeno potrai dire di aver fatto tutti i tentativi
possibili-
Era stata una mattinata particolarmente movimentata,il tempo era passato
senza che lei se ne accorgesse,impegnata com’era con i vari
“clienti”.
Alice aveva passato
un paio d’ore con i Jefferson cercando di soddisfare i gusti della
coppia,adattando i suoi progetti alle idee dei due:;poi era stata la volta di
Samuel Taylor, una specie di artistoide che aveva sentito parlare positivamente
di lei e voleva un consulto per il suo loft.
Soltanto verso le due del pomeriggio riuscì ad avere qualche minuto di
pausa,per rilassarsi sulla sua poltrona e iniziare ad baloccarsi con l’idea
della pausa pranzo.
Chiuse gli occhi,lasciandosi andare ad un sorriso stanco e cercò di
svuotare la mente dal lavoro:aveva davvero bisogno di cinque minuti di
pausa.
Inevitabilmente,i suoi pensieri tornarono alla notizia che aveva dato una scossa alla sua vita:il
matrimonio di Luke.
Aveva giurato a sé stessa di andare avanti,di accantonare per sempre il
suo pensiero e iniziare a vivere la sua vita fingendo che lui non ne avesse mai
fatto parte…ma non era così facile.
Per la seconda volta da quando aveva saputo di quel matrimonio,si ritrovò
a chiedersi:e se le cose fossero andate
diversamente?
Cosa sarebbe successo se al ritorno a scuola Luke si fosse dimostrato
attento e premuroso verso di lei?
Oppure se si fosse ribellato ai suoi genitori che lo volevano invischiato
a forza in quel fidanzamento con la
Greengrass?
La loro storia sarebbe stata simile a quella di Al e
Scorpius?
Luke sarebbe venuto a vivere con lei e la sua famiglia,avrebbe aspettato
che lei terminasse i suoi studi,cominciando gli studi di legge all’ università
della magia,per poi andare a vivere insieme una volta che lei fosse uscita da
Hogwarts.
Si sarebbero sposati oppure avrebbero convissuto?Sicuramente il
matrimonio,Luke non le sembrava tipo da
convivenza.
Avrebbero avuto dei figli,magari non subito,ma con il passare degli anni
lei avrebbe voluto dei figli,un bambino
che fosse esattamente uguale al padre,con i suoi stessi riccioli neri e
magari le fossette sulle guance.
Però ogni volta che immaginava quel futuro non poteva fare a meno di
chiedersi:sarebbero stati felici?
Avrebbero affrontato la vita con positività,convinti ingenuamente che il
loro amore poteva superare tutto,oppure lui avrebbe finito per
odiarla?
Perché era questo che la preoccupava maggiormente,in quell’ipotetico
futuro,ancor più di perdere il suo
amore…
Luke avrebbe finito per odiarla,per incolparla di come la sua vita era
andata a puttane?
Come sempre,su quella domanda senza risposta,Alice riaprì gli occhi e si
fece scappare un sospiro
rassegnato.
Non aveva bisogno di una risposta:le cose erano andate in un altro
modo,le loro strade si erano divise ed ora erano due
estranei.
Due colpi leggeri vennero sferrati sulla porta del suo ufficio facendole
alzare lo sguardo davanti a sé.
-Disturbo?-
Un sorriso le nacque spontaneo quando i suoi occhi incontrarono quelli di
Eric,che nel frattempo si era staccato dalla porta e aveva fatto un paio di
passi nella stanza.
-Sei fortunato,ho un po’ di tempo per te…Sei capitato nell’unico momento
tranquillo della mattina-gli disse continuando a
sorridere.
Non si vergognava di ammettere che Eric era la sua
salvezza.
Se non avesse incontrato lui,sarebbe finita come quelle vecchie zitelle
inacidite che passano la vita a raccontare a chiunque ha la sfortuna di
avvicinarle del loro amore perduto.
Eric aveva ventotto anni, era originario di Sydney e soltanto per una
serie di fortunati eventi le loro strade si erano incontrate:sarebbe bastato che
Alice decidesse di restare ad Hogwarts stringendo i denti,incurante della
relazione fra Luke e Mandy,o che l’estate sette anni prima avesse scelto una
destinazione diversa per le sue vacanze estive da New York,e tutto sarebbe
diverso.
Una volta finiti gli studi a Beau Baton aveva deciso di fare una lunga
vacanza,di staccare il cervello,per decidere cosa fare della sua
vita.
Dopo aver parlato con Justin,si era lasciata convincere ad andare a
passare l’estate a New York ed era stato lì che aveva incontrato
Eric.
L’uomo era un amico di suo fratello,compagni di scuola al corso di
architettura,e nonostante si fossero trovati bene insieme,il suo atteggiamento
verso di lei era ancora troppo fraterno perché potesse nascere
qualcosa.
Senza contare il fatto che le sue ferite non erano ancora del tutto
rimarginate,nonostante fossero passati anni e non avesse più nessuna notizia di
Luke…
Tornata a Londra,Alice aveva seguito dei corsi all’università e alla fine
si era specializzata in arredamento d’interni,proprio quando Justin,stanco di
lavorare per gli altri, era arrivato a Londra con la ferma decisione di aprire
uno studio personale.
I due fratelli si
erano uniti in quell’impresa,unendo il loro talento e i loro soldi e alla fine
erano riusciti a creare la “Lovegood & Johnson Associated”.
Eric era ricomparso nella sua vita la sera dell’inaugurazione dello
studio:per tutta la serata avevano parlato,separandosi soltanto quando la
presenza di Alice era richiesta
altrove.
Da allora avevano iniziato a frequentarsi spesso,andando a pranzo
insieme,o per delle lunghe passeggiate per Saint James Park la domenica
pomeriggio.
E lentamente quell’amicizia si era trasformata in
qualcos’altro…
-Sono abbastanza fortunato da poterti invitare a pranzo?-domandò lui
fermandosi poco distante dalla sua
scrivania.
Alice staccò la schiena dalla poltrona e si sporse in avanti,verso il
mobile,poggiando entrambi i gomiti sul piano della scrivania in un gesto
casuale.
-Dipende da qual è la tua offerta-si divertì a stuzzicarlo
lei.
Eric sorrise,mettendo in mostra i perfetti denti inferiori,e abbassando
per un breve secondo lo sguardo,permettendo così ad Alice di indugiare con lo
sguardo su di lui.
Era davvero bello…Dopo quasi quattro anni,i suoi occhi ancora non si
erano abituati a quella visione.
Eric poteva essere facilmente scambiato per una statua greca,talmente la
sua perfezione:era alto quasi un metro e novanta,un fisico asciutto e
muscoloso,senza però essere eccessivo; i capelli biondo sporco erano tagliati
corti,fino alle orecchie e pettinati all’indietro con il gel,lasciando libere
soltanto alcune ciocche che ricadevano sulla fronte ampia,modellata da due
sopracciglia biondo cenere arcuate perfettamente in modo da concentrare
l’attenzione sugli occhi.
Questi erano verdi,con minuscole pagliuzze dorate che li facevano
risplendere ancora di più.
Il naso era dritto,ma dalla punta all’insù;ed infine le labbra,il cui
labbro inferiore era più carnoso
rispetto al superiore.
-Cosa avevo in mente…Vediamo:avevo pensato di portarti a pranzo
fuori,magari da Danieli’s-le disse rialzando lo sguardo sul
suo.
Alice fece un mugolio di
approvazione.
-Adoro quel posto…-si limitò a
dire.
-Chissà perché lo avevo intuito-la prese bonariamente in giro-Poi che
altro?Abbiamo due possibilità:possiamo pranzare insieme e poi ti riaccompagno
qui…-le disse lasciando apposta la frase a
metà.
-Oppure?-chiese lei tendendosi leggermente verso l’alto,verso di
lui,senza staccare lo sguardo dal
suo.
-Oppure puoi cancellare gli appuntamenti del pomeriggio e passare un po’
di tempo con me,magari facendo un giro in
centro.
In fondo è venerdì,i tuoi clienti capirebbero se dai loro buca-le fece
notare.
Alice sorrise.
-Hai pensato proprio a
tutto-commentò.
-Dovevo avere delle proposte interessanti,altrimenti avresti rifiutato-
le rivelò Eric.
Ancora una volta lei
sorrise.
Se la giornata fosse stata più tranquilla il suo senso del dovere le
avrebbe consigliato di ritornare in ufficio subito dopo pranzo ma,come le aveva
fatto giustamente notare Eric,era venerdì e tutti avrebbero capito se avesse
annullato un appuntamento all’ultimo
minuto.
-Vada per la seconda opzione-disse alzandosi e aggirando la
scrivania.
-Sapevo che ti avrei
convinta…-
-Veramente mi ha convinto il pranzo da Danieli’s…Sto morendo di
fame-ribattè lei prontamente.
Eric ridacchiò e le si avvicinò per darle un veloce bacio,in segno di
saluto.
Sotto le sue labbra,Alice sorrise prima di ricambiare il bacio, dandosi
mentalmente della stupida per i pensieri di pochi minuti
prima.
A che serviva chiedersi come sarebbe stato…Lei aveva già tutto quello che
una donna poteva desiderare.
-Sono tornato!-
Scorpius sentì chiudersi la porta d’ingresso al piano di sotto, seguito
da alcuni rumori indistinti che gli fecero capire che Albus si stava togliendo
la giacca e le scarpe.
Poi si sarebbe guardato intorno per le stanze vuote del piano terra e
avrebbe controllato che tutto fosse in ordine,magari avrebbe anche dato un
occhiata alla posta arrivata quella
mattina.
Dopodiché sarebbe salito al piano di sopra e,dopo essere passato in
camera da letto per togliersi il maglione,sarebbe finalmente andato da lui,nel
suo studio.
Lo schema era sempre lo stesso,da otto anni
ormai.
Inizialmente Scorpius si indispettiva,arrivava anche ad arrabbiarsi per
lo scarso interesse che Al sembrava mostrare verso di lui:non lo vedeva da tutto
il giorno e perdeva tempo con tutte quelle azioni inutili invece che andare
direttamente da lui e salutarlo come si
deve?
Poi,grazie ad alcune frasi che Al aveva detto durante quegli anni, aveva
capito.
Al contrario di lui che passava gran parte della sua giornata chiuso
nello studio a lavorare al computer,Albus aveva a che fare ogni giorno con tante
persone e con i loro problemi:i suoi studenti,i genitori dei ragazzi,addirittura
qualche volta anche i suoi
colleghi.
Quindi quando tornava a casa aveva bisogno di qualche istante da solo per
resettare il cervello da tutto quello che era successo a
scuola.
-Così evito di scaricare su di te le frustrazioni del lavoro più di
quanto già non faccio-gli aveva
detto.
E Scorpius lo aveva
accettato.
In fondo si trattava di un
modo ulteriore per Al di dimostrargli il suo
amore.
Si sporse leggermente sulla sedia per cogliere un’occhiata del corridoio
vuoto prima di tornare a fissare lo schermo davanti a
sé.
Provava sempre una strana eccitazione mentre aspettava di sentire il
rumore dei suoi passi sulle scale,o il suono del suo respiro tranquillo che lo
precedeva lungo il corridoio.
Sapeva che erano piccole abitudini,sapeva anche che probabilmente Albus
non se ne sarebbe mai accorto,ma ogni volta quell’ansia,quel senso di disagio lo
catturavano portandolo a tamburellare nervosamente con i polpastrelli sul
ripiano della scrivania.
Poi finalmente Albus appariva sulla porta e il suo viso si illuminava in
un sorriso,facendo sembrare assurde tutte le preoccupazioni di poco
prima.
In tutta la sua vita Scorpius aveva provato quelle sensazioni soltanto
per lui.
Forse quell’ansia,quel bisogno di contatto era la prova più palese del
suo amore per il compagno.
Erano una coppia da quasi undici anni ormai e,anche se non lo avrebbe mai
ammesso con l’altro,il suo amore per Al non era stato mai minimamente
intaccato.
Certo c’erano stati altri uomini,a volte colleghi a volte gli stessi
fan,che avevano provato a
portarselo a letto,ma nessuno aveva retto il confronto con Albus:l’uomo era
accanto a lui prima del successo,e Scorpius era sicuro che ci sarebbe stato
anche se questo fosse sparito
all’improvviso.
Era l’unica persona che lo conosceva veramente,che sapesse tutti i suoi
pregi e i suoi difetti,capace di interpretare il suo stato d’animo da un’azione
semplice:tante volte non aveva neanche bisogno di aprir bocca che già l’altro
aveva già preceduto la sua
richiesta.
Era la sua musa,il suo consigliere…era l’amore della sua
vita.
Il rumore di passi lo distolse dai suoi pensieri e dopo una veloce
occhiata alla porta,tornò a posare lo sguardo sullo schermo del
computer,assumendo un’aria impegnata e
concentrata.
Nonostante fosse di spalle riuscì a sentire i suoi passi attutititi sul
pavimento,il suo respiro leggero che si avvicinava,finché non ci fu il silenzio
e,senza bisogno di voltarsi Scorpius seppe che Al era fermo sulla porta,intento
ad osservarlo.
Lo faceva tutti i giorni,e tutti i giorni,sotto quella carezza,Scorpius
si scopriva a tremare.
Pochi istanti e due braccia gli scivolarono sulle spalle, circondandole,e
il mento di Al si posò sulla sua spalla
sinistra.
Scorpius alzava una mano e la posava sul braccio di Al più vicino, prima
di voltare leggermente la testa ed incontrare finalmente in quella distanza
ravvicinata i suoi occhi.
Ogni giorno lo vedeva sorridergli e,ogni volta,quasi seguendo un copione
già prestabilito,Scorpius accennava il suo sorriso a metà che sapeva l’altro
amava.
-Bentornato-
E soltanto da quello Scorpius capiva di non aver bisogno di altro.
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