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Autore: Eros and Thanatos    26/02/2010    2 recensioni
Parodia della Divina Commedia sulla base di Death Note
Genere: Parodia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Lo giorno se n'andava, e l'aere bruno
toglieva li animai che sono in terra
da le fatiche loro; e io sol uno

m'apparecchiava a sostener la guerra
sì del cammino e sì de la pietate,
che ritrarrà la mente che non erra.

O muse, o alto ingegno, or m'aiutate;
o mente che scrivesti ciò ch'io vidi,
qui si parrà la tua nobilitate.

Io cominciai: la penna presi e circospetto,
intorno guardandomi, co la virtute,
che mai in ogni passo m'abbandonò.

Cercando come un carnefice,
le vittime da punire, vittime
a lor volta carnefici,

un lieve tremore non mi fu dato
trattenere, chè modo il potere
i l'ebrezza ch'uscir dovea di me

mi pervase, in sistema che
non pare indegno ad omo d'intelletto;
possedetti le vite i le morti de li

meglio noti criminali,
m'elessi a Dio d'una nefasta esistenza
di un mondo u tuto rosciato parea.

E la mattina seguente,
intese cose che furon cagione
di mia vittoria, seppi una greve

canto grave nuova:
L avea mandato agenti segreti, cosa
ch'è principio di guerra

sine via di salvazione.
Pertanto una compare mea
contattai, putandole de venire

meco in un luogo. In contempo,
sul Death Note scribeo
l meo novo intrigo...

Sur autobus salii, tosto seguitato
dal curtio agente chi semper
mi osservava i studiava

finchè veder poesse si me fossi
'l Kira a lungo cercato.
Di Raye Penber il nome portava.

"S'i' ho ben la parola tua intesa"
parve quasi respondere il quaderno
"L'anima tua è da viltade offesa"

I subitamente presi posto
Accanto a quel che l’infausto giorno
Temporalmente appellai l’amor mio.

Dietro di me si assise Raye Penber
Cando d’improvviso certior l’autobus salì
Puntando un’inetta arma contro li passeggeri.

Io era tra color che son sospesi,
e donna mi chiamò beata e bella,
tal che di ascoltare me io la richiesi.

Lucevan li occhi suoi più che la stella;
e cominciommi a dir soave e piana,
con angelica voce, in sua favella:

"O Light, il ragazzo svelto di mente
di cui la fama ancor nel mondo dura,
e durerà quanto 'l mondo lontana,

l'amico mio, e non de la ventura,
ne la diserta piaggia è impedito
sì nel cammin, che vòlt' è per paura;

e temo che non sia già sì smarrito,
ch'io mi sia tardi al soccorso levata,
per quel ch'i' ho di lui nel cielo udito.

Or movi, e con la tua parola ornata
e con ciò c'ha mestieri al suo campare,
l'aiuta sì ch'i' ne sia consolata.

I' son spaurita de non essere
N grado de la situazione affrontare
Si tu me potesse arrecare auspicio…”

I io chi tutto avea in precedenza programmato
Tirai fuori due fogli sui cali scrissi
A lei di non timere alcuno

L’uomo addietro le mie spalle
‘l messaggio lesse i rabbrividì,
o così me parve, chè sapea

che si fosse o fossi morto, non potè
che l'ubidir, infrangendo de la
segretezza il suo mero comandamento.

E dunque questa la cagion
Per la quale de lo salire l’autobus
Quel criminal feci, per poter

Capir lo nome sì a lungo bramato.
Ei mi porse l’identificazione sua
Intimandomi di non avventate mosse fare.

Temer si dee di sole quelle cose
c'hanno potenza di fare altrui male;
de l'altre no, ché non son paurose.

I' son fatto come Dio, sua mercé, tale,
che la vostra miseria mi tange,
ma la fiamma d'esto i altro 'ncendio non m'assale.

E preso un altro foglio, fingendo chi
Erroneamente me cadea de la mano
A terra lo volsi, i ‘l criminale meo

Vide il foglio e lo prese come oggetto
Nimico si prende, per poi risata
Risuonare facere, chè per un modo

Avea temuto l peggio, i non sapea
Che la sua congettura vera fosse
E d’improvviso gli occhi aprì

Come omo dinnanzi a morte li apre.
Ché ti volti, in fondo a guardare
Colui chi temea che or tu avessi solo

Vittima mutato? Ahi, come a dir,
non vedi tu la morte che 'l combatte
su la fiumana ove 'l mar non ha vanto? —.

Al mondo non fur mai persone ratte
a far lor pro o a fuggir lor danno,
com' io, dopo cotai parole fatte,

venni qua giù del mio beato scanno,
intimandoti de li seguir il comandamento,
ch’a morte ducato t’avrebbe.

Poscia che m'ebbe ragionato questo,
li occhi sgranati spaurito volse,
a lo shinigami chi attendea in fondo.

Chè lo foglio chi caduto fu,
dal quaderno di morte lo livai
i tu como escritto aveo

la pistola puntasti verso l’immondo essere,
sei colpi in vano sparando.
Perché ardire e franchezza non hai,

pria di morire l’ultima volta comandamento
gridasti, de le porte aprire, chi tutti
ma me pensaron chi fosse droga

che mente te avvolgea di nebbia, i li occhi
chinati e chiusi, poi che 'l timor li 'mbianca,
si sgranaon come fiore d’improvviso sboccia,

i sotto una macchina sine
nanche correr a riparo i trovar
lo rifugio sì tanto bramato, cadesti

i morte trovasti. Subitaneamente
un sorriso me dovei trattenere
chi lo potere del quaderno a sì punto

principiava a inebriarmi chi la ragion
vera me parea sì lontana, i sol lo
piacere de la morte causar

me pervadea ‘l core meo.
“Tu duca, tu segnore e tu maestro”.
Così li dissi; e poi che mosso fue lo corpo

De la strada, un ghigno trattener non potei
Al meditare la morte di Raye Penber
Chi lesto avrei commisso, i sorrideo

Al pensiero de lo compimento del nuovo mundo.
   
 
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