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Autore: Mewpower    28/02/2010    1 recensioni
C'era una volta in un regno dai mille colori, una principessa. Tanta era la sua felicità da quando il Buon Padre le aveva dato in dono un magnifico passerotto a cui lei era si era davvero affezionata. Un nero giorno,però, l'animaletto scompare e la vita della giovane si fa scura e impregnata d'angoscia... Basterà la nascita di un nuovo sentimento a rincuorarla...? Come la purezza può fondersi con lo sporco più infimo... Storia di una principessa, di un passerotto e di un lupo.
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hinata Hyuuga, Itachi, Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La mattina seguente Hinata non riusciva ad alzarsi dal letto. Era stata in grado si alzarsi una prima volta, di lavarsi il volto, di legarsi i capelli e di rifare il letto; ma poi, una volta mirato il sole alto, già infuocato di prima mattina, le venne un improvviso desiderio di tornare a sdraiarsi e di dormire. Non era stanca, era semplicemente stufa. Non sopportava più l’idea di dover convivere con quella pesantezza nel cuore ancora, di dover temere il giorno in cui sarebbe toccato al padre parlarle del grande passo matrimoniale ed era angosciata dal clima di tensione che sovrastava lei ogniqualvolta aveva Neji a fianco, conoscendo ciò che le aspettava con lui, e in più ripensando alla spiacevole situazione del giorno prima. Si era quindi distesa di nuovo sulle lenzuola profumate e fissava il muro. Cercava di fantasticare, di pensare a qualcosa di positivo che potesse rincuorarla: i gigli appena nati, i bei ricordi del passato con Naruto e i suoi amici, l’inizio della bella stagione e poi...poi le venne in mente lo stupendo spettacolo della sera avanti, la gioia e l’incredibile piacere provati nell’osservare quell’esibizione talmente meravigliosa e suggestiva, la luna luccicante nel cielo...e il loro tocco di mani... Sobbalzò destandosi subito dal letto e fuggendo dalla camera per andare a fare colazione. Fu istantanea, rapidissima nei movimenti. Fino a che non ebbe finito di mangiare e raccolti qualcuno dei primi gigli sbocciati, non aprì mai bocca e la sua testa rimase vuota, priva di pensieri, insomma bloccò qualsiasi tentativo di comunicazione con l’interno e l’esterno di se stessa.
- Io esco! Vado al cimitero! – gridò senza neppure aspettare una risposta e corse via con il mazzolino candido fra le braccia. Si arrestò solo qualche metro più tardi credendo di essere impazzita:
“Ma che mi prende?” pensò mettendosi una mano su una guancia, mentre con l’altra teneva  i suoi piccolini ben stretti a se. E fu così che si accorse di aver uno strano calore sulle gote, di cui prima non si era accorta, ma che probabilmente era stato il trampolino di lancio per quell’improvvisa vampa di energia che si era impossessata di lei poco fa, però ora stava pian piano svanendo.
Tutto era cominciato con il rimembrar colui che l’aveva fatta sorridere dopo tanto dolore, tutta la sua vitalità improvvisa era stata generata da un semplice ricordo, apparentemente lontano, ma in realtà molto, molto vicino...      
Scosse comunque il capo credendo di essere una sciocca, fingendo di capire quel che le era successo e continuò per la sua via, verso la sua meta, verso un posto che non visitava ormai con la stessa frequenza di una volta, ma dal quale non avrebbe mai potuto allontanarsi perché lì giaceva il suo primo amore, il suo più grande amore, il quale però aveva necessariamente dovuto abbandonare per poter essere felice...per far sì che anche lui fosse felice...per far felici pure chi le stava intorno... Quel giorno tuttavia ricorreva l’anniversario della sua scomparsa e come forma di rispetto nei suoi confronti, ma anche per puro desiderio di riaverlo per un attimo accanto dopo tanto tempo, volle ritornare sul suo letto di morte e salutarlo.
Quando giunse lì, dinnanzi alla sua lapide, rimase meravigliata e contenta in cuor suo di notare che già altri prima di lei vi erano già stati là a rendergli visita. Infatti, due mazzi di fiori di differenti e sgargianti colori animavano quel punto così tetro e desolato, rallegrando chi li osservava e chi li riceveva. Anche l’amico Uchiha aveva ricevuto dei graziosissimi fiori e sicuramente ne sarebbero arrivati altri sia per lui che per il biondo compagno di avventure... Ma quel che notò la giovane Hyuga fu una tinta in particolare fra quelle macchie di colore: era un colore che lei amava tanto, come pure il fiore che ne era dipinto in quanto credeva che esso raccogliesse in se tanti significati distinti e speciali, meravigliosi e profondi, che nessun altro tipo di pianta sarebbe mai stata in grado di eguagliare. Vide, infatti, una rosa che metteva in mostra i suoi petali eleganti e morbidi, addolciti da un angelico candore il quale la rendeva ancor più bella e regale e conferiva così a quelle dure pietre un senso di importanza e di nobiltà mai avuti e che senza di lei non avrebbero mai potuto sperimentare. La notò là, ben in vista e posizionata di fronte agli altri compagni floreali e alla base della lapide di Sasuke, ma la scorse anche sull’altra pietra, quella di Naruto, messa perfettamente in verticale, appoggiata ad un mazzolino anch’esso nella stessa posizione. Erano identiche, perfette entrambe, nessuna batteva l’altra, nessuna provava invidia o competizione verso la sorella. Erano fantastiche e luccicanti, fresche di primavera e di vita e sicuramente erano state portate dalla stessa mano, sì, secondo lei era così. Ci rifletté su un attimo e un improvviso flash le tornò alla mente. Sorrise con tenerezza mentre appoggiava il suo dono contro la lapide del suo angelo biondo e posizionando qualche fiorellino anche su quella dell’Uchiha gli sorrise e lo accarezzò.

“Non sei mai stato cattivo in verità...”

Il sole gli colpiva metà del busto e le gambe per intero. Era sdraiato con le mani dietro la nuca e fissava le poche nuvole lattiginose che si spostavano con lentezza nel cielo turchino. Stava comodo seppur il terreno fosse pietroso ed era lieto di trovarsi lì e di rilassarsi. Non pensava a nulla, o almeno tentava di non pensarci, ma a volte la parte irrazionale di lui emergeva talmente velocemente che non faceva in tempo ad agire e a bloccarla. Così, qualche volta, tornava con la mente alla sera prima e all’immagine di loro due insieme. La luna era stata perfetta per lo spettacolo che aveva progettato in quel momento e le farfalle erano state meravigliose. E lei brava a riuscire a toccarne una, ma per una ninja non poteva essere complicato... Sospirò. Credeva che forse non avrebbe dovuto aspettare oltre e che se ne sarebbe dovuto andare subito. Anzi sentiva che doveva fuggire proprio in quel momento senza aspettare oltre. Non temeva tanto per lui, quanto per l’incolumità di quell’anima, che profumava sempre di fresco e di fiori, come la sua mano...dopo quel tocco, quell’istantaneo, ma sentito sfioramento di mani che c’era stato; chissà come poi era successo, nessuno dei due ne era il responsabile... Seppur minimo, seppur così sfuggente il suo odore gli era rimasto impresso sulla pelle e lo odorava ancora, anche se non accostasse la sua mano al naso...
“Il suo profumo...” ne era dannatamente incantato, amava il suo profumo di primavera “...lo sento pure ora...” e fissò la mano indurita, gravante di tanto sangue versato, ma in quel caso purificata, ingentilita dal sapore di fiori.
Fu disturbato quel momento di pace e di intensa contemplazione dal suono della sua voce, delicata e soave come sempre:
- Me lo sentivo che non te ne eri andato...- gli sopraggiunse dinnanzi, con le mani timidamente strette l’una all’altra, con lo sguardo perso in chissà quale sogno.
- Come mi hai trovato?- le domandò nascondendo la sorpresa, mantenendo rigido e immutabile la propria espressione
- Tornavo dal cimitero di Konoa...- spostò il capo verso il lontano orizzonte come per indicargli la direzione -...e sentivo il bisogno di tornare qui, presso questa grotta...- I due, infatti, non erano altro che di fronte all’entrata di quella caverna che era stata per tanto tempo luogo dei loro incontri, rifugio per lui, speranza per lei, immagine di tanto dolore e pena, come pure collaboratore dello schiocco di un importante relazione che si era costruita pian piano.
- Come stai?- gli mormorò facendogli intuire la sua gioia nel vederselo accanto
- Bene... – mai nessuna altra parola più breve e coincisa poteva trasmetterle più sicurezza e tranquillità nell’animo.
- Allora, oggi non hai bisogno di me...- sorrise lasciando semi frastornato il moro. Non era abituato del tutto ad ammirarne il riso...non alla piena luce solare. Rimase comunque per qualche secondo ancora sdraiato a terra, ma poi provò una gran smania per la sua presenza e per il solo vederla lì, sopraelevata a lui. Sentiva l’irrefrenabile bisogno di discostarsi e di abbandonarla lì il prima possibile. Quindi si alzò, aiutandosi con una mano poggiata al suolo e raccogliendo il lungo manto nero dell’Akatsuki accostato ad un roccia fece per andarsene senza dir nulla.
- Parti?- chiese lei con un po’ di malinconia in fondo in fondo a quella parola
- Non posso restare...- rispose accennando un’occhiata piena di malavoglia, ma non aggiunse altro. Fu lei a continuare:
- Per quanto tempo rimarrai qui, al Villaggio?- nascondeva una vena di inquietudine che a fatica si incuneava tra le sue corde vocali facendo apparire la voce solo leggermente rattristata
- Forse ancora per qualche giorno... Devo prima occuparmi dei rifornimenti e di abiti nuovi. Poi partirò...- si allontanava sempre di più eppure gli pareva che la voce della giovane fosse sempre più vicina alle sue orecchie.
- Dunque, non c’è necessità che ti saluti oggi...- sorrise di nuovo, ma lui non volle vedere quell’ennesimo gesto di tenerezza nei propri confronti
- Sarebbe meglio che tu non fossi qui...- un’ affermazione che dava dispiacere, chissà a chi di più, chissà perché... Hinata vide un fulmine che istantaneamente divise lui da se stessa, un baglio che separava le loro vite per sempre e che li rendeva nuovamente soli, entrambi. Non fece trapelare nessuna emozione, non un gemito o un sospiro di sollievo, solo un nuovo intervento, dettato dal cuore e dalla gratitudine.
- Per non rischiare, allora... voglio dirti grazie di nuovo!- Un grazie davvero generalizzato, che poteva essere interpretato in tante maniere differenti, poco chiaro, quindi, eppure carico di molteplici significati. Lei intendeva proprio questo: ringraziarlo per qualsiasi cosa, per ogni momento passato insieme, per ogni loro discussione, per ogni piacevolezza, per ogni lacrima che le aveva aiutato ad asciugare, per averle fatto capire, per aver contribuito a portar fine ad ogni suo dolore, per esserle stato vicino anche se fosse in realtà ancora troppo lontano... Ma quel “grazie” avrebbe dovuto essere pronunciato da una persona diversa; toccava ad Itachi dirle grazie, magari stringendole la mano, magari con un nuovo sorriso, splendido e ricco di riconoscenza, bello come quello della sera passata. Egli, però, cercò di mantenere il sangue freddo, gelido, di troncarne quasi la circolazione, per impedire che il suo gracile corpo potesse agire troppo umanamente, troppo affettuosamente e lui non voleva illuderla. Non intendeva mostrarle più i suoi sentimenti come era già capitato in più di un’ occasione, non voleva più che le porgesse la mano e che lo sostenesse, in quanto tutto questo avrebbe implicato nuove preoccupazioni per la ragazza, nuovi problemi, perché la vicinanza con un assassino non poteva che portare sventura.
- Sei una sciocca...- si lasciò sfuggire, troncando il riso dell’altra – Non sei tu quella che deve ringraziare – era ritornato l’essere impassibile e demoniaco di una volta, crudele e pieno di collera per se stesso, o almeno intendeva farle credere così; lei non ci cascò.-Eppure in cuor mio sentivo di dirtelo...- la sua espressione era mite e luccicava di felicità.
Il ragazzo pensava che continuare a stare con lui non poteva che originare più sconforto e apprensione per la piccola ninja, però sembrava che lei fosse tutt’altro che angosciata... Per questo non resistette, il desiderio di comunicarle quel che aveva in mente pareva più forte di lui; forse un altro potere di quella creatura angelica era la capacità di rendere chi la circondava sincero e di spingerlo a togliersi qualsiasi peso che portava addosso, per consegnarlo sulle sue docili spalle. Poi ci avrebbero pensato le ali a purificare e ad eliminare quell’ingombrante e fastidioso fardello:
- Io...voglio soltanto che tu non corra pericoli...- il cielo tornò azzurro per la Hyuga; scomparvero infatti i fulmini e le nubi di tempesta e un solare sorriso comparve ancora sul suo volto, illuminando pure quello dell’altro
- Non devi stare in pena per me! Anzi per me è un piacere!- si sentì colpito da un altro “grazie” la cui luminosità lo spinse ad abbassare il capo. Si trovava di fronte ad una creatura troppo buona e generosa.

“Non sorridere per me...”

- Ti consiglio solo di fare attenzione – le girò le spalle e scomparve con passo veloce “E non affezionarti a me...” e poi giunse pure questo pensiero, seppur in ritardo e che si sarebbe dovuto trasformare in parole poco prima, ma non ce la fece proprio, era troppo anche per il suo cuore...
- Lo farò...- bisbiglio allora la giovane, aspettando di vederlo definitivamente sparire.



La principessina cercò di accostarsi al lupo
il quale continuava a mostrare una certa diffidenza.
Eppure lei sapeva che l'altro era buono e non ne aveva paura.
Anche lui sapeva che l'altra non voleva fargli del male...però temeva...temeva al suo posto.




Rieccomi tornata con un nuovo capitolo^^
Mi auguro sia stato di vostro gradimento....muahah....muahahahahahahhaha! Non vedo l'ora di pubblicare i prossimi...
Va beh, vi saluto e vi ringrazio tanto tanto per essere lettori di questa fanfiction...a presto!!


Mewpower

  
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