Capitolo
3 – The day after Tomorrow
Sono
passati dieci anni dal giorno in cui la vita di Draco
Malfoy è finita almeno tanto quanto quella di Harry
Potter. Due individui legati da un filo indistruttibile, a renderli quasi
un’unica persona.
Dieci anni alla ricerca dell’oblio da parte di Draco,
vinto dal desiderio disperato di non essere più. Ricerca dell’annullamento, per
sentire quello strazio e quel dolore insopportabili abbandonare il suo cuore, e
lasciare finalmente riposare la sua mente e la sua anima. Anni in cui il minimo
che richiamasse alla memoria Harry era in grado di ferire come la più acuminata
delle spade. Draco aveva dubitato seriamente della
propria forza, della capacità di rialzarsi da quell’ennesima perdita, la più
intensa, la più bruciante.
Il primo anno aveva cercato di non esistere più, come se non mostrarsi al mondo
avrebbe lasciato sparire ogni molecola del suo essere; 365 giorni trascorsi a
letto, immobile, alimentato solo dalle flebo che gli erano state imposte dalla Granger per non lasciarlo morire.
Draco
guardò il buio della propria stanza; non sapeva che giorno fosse, non sapeva
l’orario, ma non importava: per lui gli istanti, i minuti, le ore, si
succedevano uguali, scanditi solo dai battiti del suo cuore sofferente. Se non
fosse stato per quel rumore familiare avrebbe facilmente pensato di essere
stato finalmente accolto dall’oblio. Un fascio di luce, dalla porta appena
aperta, colpì i suoi occhi disabituati a qualsiasi cosa non fosse l’oscurità
della stanza. La luce andò ad illuminare una chioma riccia, la Granger era tornata. Hermione si
avvicinò al suo letto con passo silenzioso, come se si trovasse al capezzale di
un morente. Non che lui fosse tanto diverso, la sua però era una morte
dell’anima, non fisica. Ignorò le parole pronunciate da quella, nel tentativo
di spingerlo ad alzarsi a reagire, sapeva che lo faceva per il suo bene, ma lui
non ne aveva la forza. Si accorse soltanto che stava cambiando la sacca della
flebo; significava che un altro giorno era passato; il ventesimo.. Venti
sacche, venti interminabili giorni. Draco chiuse gli
occhi e si concesse all’incoscienza per pochi istanti, incurante e
disinteressato a tutto quello che accadeva attorno a lui.
Per
un anno Draco non aveva desiderato altro se non la cara
ed attesa morte, pace per il suo cuore sanguinante. Hermione
sapeva che Harry non glielo avrebbe mai perdonato ed aveva impedito al biondo
di abbandonarsi all’invito della fine, fiduciosa che prima o poi sarebbe
riuscito a risorgere dalle ceneri del proprio dolore, come una nobile fenice.
Era stato un anno infernale per tutte le persone a lui vicine, che varcavano a
parta della sua stanza terrorizzate dal timore di trovarlo avvolto da lenzuola
intrise dal proprio sangue.
Qualcuno inconsciamente
aveva lasciato un rasoio sul comodino della stanza di Draco,
‘Mione si sarebbe infuriata per quella manchevolezza.
Draco guardò il luccichio invitante delle lame e fu
tentato di farla finita. I suoi muscoli si tesero spasmodicamente all’interno
di arti che non avevano la forza neanche per allungarsi.
Draco sapeva che se avesse deciso
di smettere volontariamente di vivere Harry non glielo avrebbe mai perdonato, e
lui non voleva farlo arrabbiare, neanche in quel momento.
Dopo un lunghissimo anno che era sembrato durare una vita, aveva trovato la
forza di risvegliarsi da quell’incoscienza dolorosa. Tornare a lavoro,
svegliarsi la mattina, mangiare, dormire, qualsiasi azione, anche la più
semplice, gli sembrava superare di gran lunga le sue possibilità. Ma aveva imparato
a vivere, a ripetere come un automa le azioni abituali. La gente intorno a lui
ringraziava per quel ritorno alla vita e non gli chiedeva di essere felice.
Adesso
erano passati dieci anni e la sua vita era diventata quasi normale. Quel giorno
Ron ed Hermione avrebbero celebrato ventidue anni di
matrimonio, resi amari come sempre dalla coincidenza con l’anniversario della
morte di Harry. Dieci anni.. Draco aveva deciso di
fare un regalo alla coppia per ringraziarli di tutte le volte in cui gli
avevano offerto il loro aiuto, senza chiedere o aspettarsi nulla in cambio. A
loro insaputa aveva organizzato una festa a casa propria con le persone più
intime per la coppia ed i loro vecchi compagni di scuola.
Aveva comprato cibi e bevande a volontà, magici e non, davvero per tutti i
gusti. Erano già distribuiti su vari tavoli sparsi nelle stanze principali.
L’inizio
della festa sarebbe stato di lì a cinque minuti e lui attendeva nell’anticamera
l’arrivo dei primo ospiti. Il campanello cominciò a suonare e Draco accolse in casa propria gente che non incontrava da
anni e con molti dei quali non aveva avuto affatto un rapporto piacevole.
Preso dall’onere di fare il cortese padrone di casa e far trascorrere a tutti
una serata piacevole non ebbe il tempo di soffermarsi su pensieri che
l’avrebbero tormentato. D’altronde quel giorno non era felice per lui, e benché
fossero passati dieci anni a lui sembrava di aver perso Harry soltanto il
giorno prima.
Soltanto
quando anche Neville Paciock se ne fu andato per
ultimo e lui rimase solo con Ron e Hermione sentì
tornare la familiare sensazione di soluti dine.
La
coppia aveva deciso di rimanere sapendo che probabilmente il Serpeverde avrebbe avuto bisogno di sfogarsi con qualcuno,
in quegli anni avevano imparato a conoscersi bene.
Ordinarono
la casa, raccolsero bottiglie, piatti e tovaglioli e li gettarono nei cesti per
la raccolta differenziata. Un po’ di lavoro manuale non avrebbe fatto male a
nessuno. La cucina rimase l’unica stanza
da sistemare e Hermione decise di porre fine a quel
silenzio estenuante ordinando tutto con un incantesimo: decisamente più rapido!
Si accomodarono così intorno al tavolo della cucina, mentre il silenzio ancora
si protraeva. Era un silenzio carico di attesa, per uno sfogo che non si fece
attendere troppo a lungo. Lacrime di amarezza e nostalgia presero a scendere
dagli occhi dell’argento più puro, resi ancora più brillanti da quelle stille
di dolore liquido. Hermione si specchiò in un pozzo
di disperazione infinita e si sentì sopraffatta dall’emozione dell’altro. Lo
abbracciò delicatamente, come potrebbe fare una madre con il proprio bambino,
senza alcuna malizia. Il biondo poggiò il proprio capo sulla spalla della
ragazza, e sfogò tutta la sofferenza in un pianto liberatorio. Ron osservava
impotente la scena, non sapendo cosa dire o cosa fare, optò per un silenzio che
gli avrebbe sicuramente risparmiato uscite inopportune.
Draco rialzò la testa quando si
sentì leggermente liberato e sentì che loro erano le persone giuste da rendere
partecipi del suo dolore.
«Oddio,
mi manca così tanto. E sono passati già dieci anni» sembrava parlasse con sé
stesso, cercando di mettere ordine ai propri pensieri e mentre diceva queste
parole fissava la fede al proprio dito, con le parole incise da Harry per lui
al suo interno “uniti sempre, divisi mai”, «Quando se n’è andato avevo solo 29
anni ed anche ora avrei la possibilità di rifarmi una vita, ma come posso?!
Senza Harry la mia vita è vuota, assolutamente priva di significato. Sono
quelle parole strappalacrime che dicono gli eroi dei film, o che dicono le principesse nelle favole. Ma questa è la
vita cazzo! Una cazzo di fottutissima vita, e fa dannatamente male!».
«Oh draco – Hermione lo guardò con
dolcezza – Harry vorrebbe che tu fossi ancora felice, anche con qualcun altro
al tuo fianco». Hermione sapeva che stava rischiando
tanto parlando in quel modo a Draco, un uomo che
aveva sepolto il proprio cuore nella tomba insieme all’amore della sua vita.
I timori
di Hermione non furono delusi; Draco
le rivolse un’occhiata feroce.
«Un’altra
persona? Ma hai idea dell’idiozia che stai dicendo? Io amo lui con tutto il
cuore, ancora adesso! Nessuno potrà mai prendere il suo posto è chiaro? Mi
sembrerebbe un’offesa al nostro matrimonio».
Draco preferiva vivere nel passato e nei
ricordi. Annegare ogni sera il capo sul cuscino sempre spruzzato del profumo di
Harry. Girare per le stanze profumate da fiori, come le amava Harry. Non aveva
cambiato casa, non l’avrebbe mai fatto. In quella casa almeno sentiva che Harry
era ancora lì, tra quelle mura che avevano osservato la loro quotidianità. Per Draco la
felicità coincideva con Harry al suo fianco; era semplice, era una certezza
salda, non aveva bisogno di porsi alcuna domanda: niente Harry? Dolore. Tutto
si poteva ridurre ad un concetto elementare.
«Lo
so Draco, ma almeno cerca di uscire qualche volta,
non so!» la Grifondoro non si era data per vinta.
«Ma
io esco! Vado ogni giorno a lavoro. E non parlarmi di svaghi Hermione, non ne voglio proprio sentire parlare».
A
distanza di dieci anni Draco si guardò attorno e la
presenza di Harry in quelle stanze lo colse come un sogno improvviso. Solo
perché non era più percepibile non significava che non ci fosse più. Lui lo
amava sempre, questa era l’unica cosa certa.
Non si vede bene che col cuore,
l’essenziale è invisibile agli occhi.*
Ed
il suo cuore gli urlava prepotentemente l’immensità della presenza di Harry
all’interno di esso. Il moro aveva riversato le proprie scintille di vita su
ogni centimetro quadrato di quell’appartamento, che ora era specchio della
felicità che avevano condiviso.
Congedò
gli amici che accolsero con benevolenza la rinata scintilla di vita negli occhi
di Draco.
I Malfoy non si arrendono, i Malfoy
prima o poi si rialzano. E Draco Malfoy
era tornato a vivere.