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Autore: Briseide    25/07/2005    9 recensioni
"E' meglio bruciare che spegnersi lentamente". Questa la filosofia di vita comune a molti Slytherin. Tra questi, c'è anche Pansy Parkinson, dura con il mondo e con chi la circonda, in cerca di un compromesso che la porti a non dover nè bruciare nè spegnersi lentamente. Accanto a lei, i compagni di quella vita che non riescono a definire piacevole, ma che cercano di mitigare con la presenza l'uno dell'altra. Questa breve storia è un piccolo viaggio nel mondo Slytherin, giusto per sentire anche l'altra faccia della vita di quel mondo magico. Quindi, attenzione: i protagonisti sarano esclusivamente Slytherin, le altre Case faranno i loro interventi, ma è da tenere a mente che tutto sarà raccontato da un punto di vista Slytherin. ^^.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Blaise Zabini, Draco Malfoy, Pansy Parkinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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It's better to burn

III

Così alla fine era arrivato il momento fatale. La notte prima mi ero rifugiata in camera di Moon e giocato con il suo corpo, lasciando che lui si trastullasse con il mio, in cambio di ospitalità, pur di non dover mettere piede nella mia proprietà. Ma era evidente, che con Moon tutto sarebbe dovuto finire, e quella notte non potevo passarla nella stessa stanza con lui.
Non incontrai Draco, doveva essere già nella sua stanza, ma incontrai un piccolo problema che mi costò la nottata di sonni tranquilli: ovviamente, ero entrata in camera di Moon con la mia divisa, avevo dormito qualche ora avvolta nelle coperte e ne ero uscita con la mia divisa.
Il che significava, che se la camicia da notte non era al suo posto sotto il cuscino, era perché si trovava sotto al cuscino sbagliato.
Mi innervosii molto nel notare che la mia mano aveva tremato, nel bussare alla porta di Draco. Venne ad aprire piuttosto in fretta. Mi parve stanco, ma ero troppo presa a maledirmi per essere così tesa e ridicolmente… emozionata, che lo notai solo poco dopo.
“Mh?”.
Sbirciai nella sua camera: ovvio che non potessi vederla, con una visuale così ristretta. Alzai lo sguardo per incontrare gli occhi di Draco, e piuttosto falsamente innervosita, gli risposi.
“Ho lasciato la mia camicia da notte qui”.
Non era neanche una domanda. La domanda che avrei dovuto porgli invece, era come mai lui non me l’avesse riportata. Doveva essersene accorto per forza. Ma avrebbe alzato le spalle e detto che non ne aveva voglia, o che era così poco importante e banale che gli era completamente passato di mente. Il che poteva essere vero, ma quando mi lasciò entrare, i suoi occhi si posarono subito sulla mia camicia da notte, appoggiata alla spalliera della sedia. Aha.
“Ah, eccola”.
Non gli feci notare quel percorso dei miei pensieri, avevo già notato di quanto fosse stanco. Strinsi il tessuto tra le mani, e feci per allontanarmi, quando ancora quella maledetta finestra richiamò la mia attenzione. Aperta, e la sedia era lì accanto. Mi fermai un istante.
“Sembri stanco, faresti bene a dormire”.
Mormorai perdendo lo sguardo nel buio della notte. Dovevano essere quasi le undici ed ero così tesa che la stanchezza di quella mattinata era passata, non era che un ricordo, purtroppo. Sentii i suoi passi raggiungermi e fermarsi appena dietro di me. La luna era alta nel cielo, qualcuno avrebbe fatto strage di qualche umano quella notte, e altri ancora avrebbero ricevuto dal destino in regalo la stessa sorte dei loro aggressori. Forse qualcun altro stava correndo sotto quella luce, pensando di tanto in tanto ad un figlio spesso dimenticato, o forse costantemente nei suoi pensieri ma in segreto, e sotto la stessa luce, l’alter ego di quel fantasma stava assaporando una goccia amara di pianto, per non essere padre di quel figlio tanto amato quanto fosse suo.
Io invece rimasi solo un po’ appannata da quella luce tremula e torbida, e sentivo solo il respiro di Draco sulla mia spalla, quasi.
“Cosa guardi?”.
La verità nascosta in quella domanda afferrò i miei occhi e li portò su quel vuoto. Inspirai a fondo, nel modo più silenzioso possibile. Ma non avrei dovuto farlo, e cercavo in tutti i modi di smettere di guardare e di sentire quel tremore nel mio corpo, raggiungere quasi le labbra. Mi sforzai e alla fine posai gli occhi su Draco.
“Hai gli occhi stanchi”.
Insistei, perché credevo che fosse la verità, o come era facile mentire a se stessi qualche volta, così piacevolmente illusorio e al tempo stesso così letale. Draco chiuse lentamente le palpebre, il tempo che gli servì per cancellare un po’ di quella lucidità. Ma non fu abbastanza, e allora la verità venne a galla prepotente e mi impedì offesa di mentire ancora.
“Ma no. Sono solo tristi”.
Mormorai, mentre la mia voce si spegneva e i miei occhi accarezzavano quel volto. Percepii un moto di orgoglio sferzargli un colpo violento, ma resistette e non mentì più neanche lui. Non aveva negato, non aveva detto che avevo ragione, ma aveva ammesso.
“Non hai sonno?”.
Mi chiese cercando di cambiare argomento. Ma non avrebbe potuto sceglierne uno meno adatto. Perché non avevo sonno ed era colpa sua. Sua e dei suoi occhi. Sospirai sommessamente e scossi lentamente la testa. Sentii io stessa il lieve profumo di mandorle dei miei capelli. Mi ricordava tanto l’estate quel profumo. Sapeva di buono e di innocenza, il mio sogno proibito da un po’ di tempo. Faceva un bel contrasto con me, per questo lo usavo per lavarmi i capelli.
“No”.
Mi sembrò di perdere l’equilibrio. Chiusi gli occhi e mi lasciai andai, e il primo appiglio che trovai fu il suo corpo. Forse era stato lui a farmi traballare, o forse ero stanca sul serio, o forse avevo sentito il bisogno di poter cadere una volta tanto. Ma non ero caduta, mi ero solo appoggiata al suo petto, e il successivo spostamento era stato solo quello del mio viso, andato ad accarezzare il suo collo, e a sentire il suo profumo intenso, e avvolgente, quasi mi aveva frastornato. Sapeva di se stesso. Mi piacque.
Dischiusi appena le labbra, forse volevo dire qualcosa, ma alla fine mormorai soltanto, e non dissi niente, mentre sentivo le sue mani premere contro la mia schiena e avvicinarmi ancora più a lui. A quel punto sapevo che non ci saremmo più staccati, perché era subentrato dell’altro.
Era scattato qualcosa.
Una sensazione.
Era una necessità, di toccarsi e sentirci vivi sotto le mani dell’altro, di poter sfiorare la pelle dell’altra con il proprio respiro, e di stringere tra le mani qualcosa di vivo, di caldo e di freddo, di deciso e di tremante, appena. Fremevo. E lui non mi aveva lasciata andare, mi stava rapendo, rapiva i miei sensi, la mia percezione, le mie difese e le mie labbra, e ogni volta io non chiedevo nessun riscatto alla mia coerenza e alla mia mente, alla mia convinzione che sarebbe stato uno sbaglio: perché non ci sarebbe mai potuto essere niente di meno freddo di quello che stava accadendo. Stavo infrangendo le mie regole. Da quando avevo posato gli occhi su quel bambino biondo e capriccioso avevo avuto un coinvolgimento e mischiato la mia vita con la sua. Non avrei mai potuto dimenticare quella notte, e sapevo anche che non avrei mai sentito il volere di farlo.
Così non fermai le sue mani quando mi spogliarono, non gli chiesi di lasciarmi andare quando smise di baciare le mie labbra per esplorare altri piccoli frammenti di me, non gli parlai se non con il mio corpo per tutto il resto di quell’incontro.
Lasciavo morire i miei principi sotto il tocco assassino delle sue mani fredde e sensuali, il mio corpo era il suo e il suo corpo era il mio, e mai in tante notti passate intrecciata al corpo di un altro, avevo sentito qualcuno tanto vicino.
Così vicino che ad ogni carezza, ad ogni sfiorare, mi sembrava che prendesse un pezzo di me, che si unisse alla mia pelle, e ogni bacio lasciava la sua impronta: lui era stato lì, le sue labbra avevano sfiorato quel punto, e mani nessuno avrebbe dovuto farlo un’altra volta. Già lo sapevo, e mi sentii libera e sollevata. Non era stata una mia scelta, a mente lucida, mettere fine a quegli scambi che erano diventati un peso immane. Era stato lui, Draco aveva deciso e imposto, e io per la prima volta ero così lieta di obbedire e di cedere ad una richiesta che non fosse esattamente tale.
Non ricordo quando la luce della luna ci abbandonò del tutto.
Ma ad un certo punto non vidi più niente, quel bagliore incerto si era spento, e vedevo solo buio, e i suoi occhi di ghiaccio sciogliersi alle carezze del mio sguardo. Sentivo solo il suo respiro rispondere al mio,in un assolo sempre stato tale, e il mio cuore ormai non batteva se non riceveva in risposta un battito del suo, o almeno così mi sembrava.
Eravamo soli e così necessari l’uno all’altra.
Quella notte non l’avremmo mai superata, se non fossimo stati insieme.
La sensazione era quella, ed era qualcosa di assurdo al pensiero, eppure così elementare e primitivo al tatto.
Ormai era diventato parte di me, per quella notte: non sarei andata da nessuna parte altrimenti, e lo sentivo dentro di me, scorrermi in ogni piccola parte del mio corpo, e fuori, sulla pelle, e sul viso, e tra i capelli. C’era solo lui che mi rendeva qualcosa, qualcosa che non ero mai stata. Era il nostro intimo, gli permisi di conoscere spazi di me che nessuno aveva mai conosciuto, ignorandone l’esistenza. Le sue spalle erano perfette, le mie mani erano state create per stringerle. E mi sembrò tutto così vero in quel momento. E la curva tra la mia spalla e il mio collo erano lì apposta perché lui vi poggiasse la testa, e poi eravamo vicini, vicini, vicini, vicini.
Così vicini che il suo sonno imponeva ai miei occhi di chiudersi,
così vicini che la sua mano sul mio petto era anche la mia.*
Così vicini e indispensabili.

°°°

Ovviamente, era implicito che a nessuno dei due sarebbe mai venuto in mente di parlare di quanto successo la notte prima.
Quando la mattina dopo avevo aperto gli occhi, Draco era già in piedi e mi stava porgendo un asciugamano pulito qualora avessi voluto farmi una doccia. Io lo avevo preso dalle sue mani e mi ero diretta nel suo bagno, senza proferire una sola parola. Era dalla sera del giorno prima che non ci parlavamo, e di sicuro entro un paio di ore avremmo riacquistato la capacità di intendere e di volere al massimo livello, e non ci sarebbe voluto molto perché potessimo mettere tutto da parte e scrollare le spalle al pensiero.
Ma quando entrai nella doccia, prima di aprire il getto dell’ acqua, sentii l’odore del suo bagnoschiuma e mi venne in mente quanto fosse diverso da quello che in realtà aveva la sua pelle. Lo avevo ancora addosso. E senza starci a pensare troppo, avevo lasciato perdere la doccia, poggiato l’ asciugamano sul bordo del lavandino e mi ero sciacquata la faccia.
Pensai che non fosse necessario fargli sapere della mia decisione così repentina, ma solo quando chiusi la porta del bagno e cercai con lo sguardo la mia camicia del giorno prima, mi resi conto che non c’era stato alcun rumore di doccia. Mi sedetti un attimo su quella sedia.
Mi stava guardando, con un bottone tra le dita e l’asola tra altre. Lo lasciai fare.
Si, era lo stesso corpo della notte prima, niente era cambiato. Almeno credevo. E il suo? Ma si, era ancora lui, in piedi davanti a me, che si abbottonava la camicia e… un momento.
Vagai con lo sguardo per tutta la stanza, anche più di una volta: ma il suo asciugamano da doccia non c’era. Non dissi niente, mi alzai e infilai la gonna, guardandolo.
Si, ero sempre io, in piedi davanti a lui, che lo guardavo sistemando le pieghe della gonna della divisa, al solito più corta del previsto, e sentivo il cuore urtare con violenza il mio petto per quello che avevo capito.
“Fai colazione?”.
Annuii. Allacciò un ultimo bottone e legò la cravatta. Era curioso starlo a guardare mentre eseguiva i più banali gesti nel repertorio quotidiano di chiunque. Ma lui non era uno chiunque: era Draco Malfoy e avevo fatto l’amore con lui la notte prima.
E allora, guarda caso, Eddie Moon forse non si annodava la cravatta in quel modo, e la sua camicia cadeva in modo diverso sui pantaloni, e quel modo di lasciare aperti i polsini, Moon non lo faceva.
Sbagliato. O meglio non potevo saperlo. Credevo di saperlo, ma in realtà non avevo mai guardato Eddie Moon vestirsi la mattina. Ero sempre uscita per prima e anche piuttosto frettolosamente. Però sapevo che Draco faceva tutte quelle cose, e che per il momento starlo a guardare mi piaceva. Allargò le mani guardandomi: non aveva più niente da fare. Allora mi riscossi e mi alzai da quella sedia.
“Vado a mettermi il cambio della divisa”.
Improvvisamente memore che quella che avevo indosso era del giorno prima e anche abbastanza stropicciata. Mentre raggiungevo la porta lo vidi alzare gli occhi al cielo e sedersi sul letto. Sentii lo stomaco annodarsi un momento e il cuore saltare un battito: per un attimo fu quasi doloroso. Io non ci ero abituata. Non conoscevo quelle sensazioni e quelle emozioni, era la prima volta. E quella volta era successo perché mi era sembrato carino che lo avesse fatto. Che avesse alzato gli occhi al cielo come se fosse una cosa quasi abituale, o che mi caratterizzasse. Che si fosse seduto sul letto e mi avesse lasciato intendere che poteva aspettare. Che non avessimo parlato quasi mai da quando era successo tutto quello, ma a piccoli gesti e sguardi veloci ci eravamo capiti lo stesso. Era un nuovo mondo quasi, per me. Ed ero ancora piuttosto disorientata.
Impiegai qualche minuto a trovare il cambio pulito di tutto, facevo qualche difficoltà ad aprire bene i cassetti o il baule, e per un attimo lo spazzolino mi cadde dalle mani.
Mentre allacciavo una scarpa e mi tiravo su per sistemare meglio i bottoni della mia camicia, la porta alle mie spalle, socchiusa, si era aperta e avevo sentito i suoi passi entrare nella mia stanza e fermarsi ai piedi del letto. Non mi eri voltata subito, mi era venuto da sorridere. Si, infondo era giusto che adesso toccasse anche a lui.
Così lasciai aperti i soliti due bottoni della camicia, stirai la gonna, e afferrai la spazzola lì accanto, passandola tra i capelli. Sentivo i suoi occhi su di me, ma non ero poi così a disagio. Solo imbarazzata e questo mi rendeva un po’ sconvolta: io non mi imbarazzo mai, accidenti.
“Allora?”.
Mi domandò in tono divertito, quando posai la spazzola e sistemai con la mano un ciuffo impenitente.
“Pronta”.
Affermai mordendomi appena un labbro. Draco si alzò dal letto, sul quale si era seduto prima, e raggiunse la porta, mugugnando qualcosa che suonò molto come un:
“Ah, credevo che sarei morto prima”.
Mi sentii strana dopo averlo fatto, ma sul momento mi venne molto naturale allungare il braccio e colpirlo sulla nuca e imbronciare le labbra.
Dio, come era strana la mia vita.
Però non avevo così tanta paura come avevo pensato.
E non mi sentivo così indifesa e debole come ero convinta sarebbe accaduto.
Ero solo un po’ stordita e incredula, a tratti un moto di orgoglio mi induriva lo sguardo, che in ogni caso non era diverso dal solito, ma qualcosa mi diceva che tutto quello non era altro che un compromesso.
E che Draco non avrebbe voluto che andassi al ballo con Eddie Moon.
Tanto più che non avrei mai ballato con uno che si chiamasse Eddie.



Fine.



Specificazioni:
*: è la versione in prosa di alcuni versi di una bellissima poesia di Neruda. Uno dei sonetti dedicati a Matilde. Se avessi inserito l'esatta metrica della poesia, avrebbe stonato con la storia e sarebbe risultata artificiale, ma mi erano sembrati veramente perfetti, per quel momento. ^^

Apro una piccola parentesi sugli altri: Daphne e Blaise torneranno insieme, si, ma qui non ne ho parlato, perchè mi era sembrato sufficiente far parlare Pansy: quelle parole lasciavano ad intendere proprio questo: sarebbero stati i gatti più belli del mondo. ^^
Millicent... Millicent continuerà ad amare Blaise in silenzio e tra fette e fette di pane burro e marmellata. Ma dopotutto è contenta così.

Ringraziamenti:

Sabry: Grazie!! Si, questa Pansy piace anche a me. Soprattutto perchè alla fine la sua strada l'ha trovata, no? Si, come ho detto prima, Blaise e Daphne a quest'ora si staranno facendo le fusa in qualche cantuccio del castello. Come sono carini... non trovi? ^^ Se mi dici che Draco ti fa tenerezza mi fai arrossire... era quello che volevo trasmettere, tra le altre cose! In questa storia, alla fine ho lasciato anche un pò a lui la scelta: andare avanti, senza suo padre, almeno per ora, con la consapevolezza che avrà la cicatrice, e quella ci sarà sempre, ma che potrà lo stesso andare avanti. Pansy e Draco insieme piacciono anche a me, purchè lei non faccia la parte della cagnetta, altrimenti si rovina tutto. ^^ Grazie per aver seguito e recensito la storia, ti è piaciuta la conclusione? Un bacio bella.
deva : ^//^ Grazie. Grazie. Grazie. Eccoti il capitolo.
Annika Riddle : Intriga anche me, ogni volta che lo faccio per qualche storia non ne uscirei più per niente al mondo! E devo dire che "con i grandi", è anche meglio. Si si, come già detto, questa è la mia visione preferita di Pansy, altro che carlino, come si ricorda quella testa vuota di Ron! ^^ Spero che questo capitolo ti possa piacere! Kiss.



Beh... che dire. L'ho finita. Non so... forse il finale è un pò veloce, non ho chiarito la situazione di Lucius, ma ne ho parlato nella risposta alla recensione di Sabry, chi volesse, può leggere quella.
Dato che la storia riguardava sua figlio e non lui, ho deciso di parlare di quello che poteva tornare utile per capire Draco.

Grazie a tutti per aver letto e recensito, chi avesse tempo... ho scritto anche una nuova one shot, un pò scema, su Sirius.
Buone vacanze!
Bris.

  
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