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Autore: Saorio    06/03/2010    5 recensioni
Storia partecipante al "Song for a story" indetto da Emogirl pink.
“Pronto.” biascicai stizzito.
Silenzio.
“Pronto.”
Silenzio.
“Quil, ti avverto. Non sono in vena oggi.” Sbuffai nervosamente.
Ma con mio enorme stupore non c’era Quil dall’altra parte della cornetta.
“Ti aspetto stanotte, all’una alla spiaggia di La Push. Ti prego. Vieni.”
Tutututututu
Rimasi lì.
Immobile come uno stoccafisso con la cornetta in mano e la bocca socchiusa. Non mi aveva lasciato nemmeno il tempo di dire una parola.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Isabella Swan, Jacob Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Questa fanfiction si classificata al 2° posto al contest A song for a story indetto da Emogirl in pink.
E' stata scritta basandosi sulla citazione
"Ed era l’ultimo saluto e non ci penso più. "{Appena prima di partire – Zero Assoluto}


Giudizio giudice:


- Ortografia e grammatica 7/10 (5 per l’ortografia; 3 per la grammatica)
Più che altro, manca un po’ di punteggiatura qua e là, alcuni punti messi al posto sbagliato... Nient’altro, davvero.
- Impressione a primo impatto 5/5
Bella, veramente! Mi ha colpita, molto. Devo dirti la verità: anch’io me li immaginavo così e non come li ha descritti l’autrice, lasciami dire, in modo assolutamente banale. Quindi, grazie per averla messa per iscritto.
- Uso della citazione 20/20
Per-fet-ta!
- Attinenza al regolamento 5/5
Ottimo.
- Forma e stile 10/10
Molto brava, davvero. Mi hai fatto entrare in Jake, in Bella e mi sono sentita anche un po’ oceano, che se ne stava lì a guardare impotente, ma che avrebbe voluto dare una mano.
- Originalità (8/10)
Molto originale, davvero!
Totale: 57/60


Questa storia si può collocare in Eclipse, ma io non prendo in considerazione la parte dopo la battaglia. Per me Bella e Jacob non si sono ancora detti "addio".

Note e ringraziamenti a fondo pagina:)

 

***







Una, due, tre, quattro, cinque.

Una, due, tre, quattro, cinque.

Una, due, tre, quattro, cinque.

Diamine.

Era la centesima volta che contavo quelle maledette travi.

Ovviamente il numero non cambiava, ciò nonostante continuavo a farlo come chi tortura una stupida pallina di gomma come antistress.

Mi veniva da ridere al pensiero.

Chissà quante ne sarebbero servite a me.

Non ci avrei messo molto a ridurle in polvere.

Erano passati tre mesi da quando avevamo vinto la battaglia contro i succhiasangue e tutto sembrava essere tornato alla normalità. Anche le spedizioni in perlustrazione erano dimezzate. Ordine del capobranco. “È inutile passare in rassegna l’intero territorio ogni giorno. Soprattutto quando la maggior parte di voi deve ancora finire le scuole.” Così ci aveva detto Sam quando convocò l’ultima riunione.

E quindi, ero tornato alla mia vecchia vita. O almeno così avrebbe dovuto essere.

Eppure non era semplice, almeno non per me.

Erano cambiate troppe cose per far finta di niente.

Nel momento stesso che mi ero trasformato per la prima volta fu come se assieme alla mia pelle fosse stato strappato anche il vecchio me stesso. Quello in cui avevo sempre creduto era diventato una bugia, mentre ciò cui non avevo mai creduto era diventato realtà.

Nonostante ciò, la peggiore realtà con cui dovevo fare i conti tutti i giorni non era quella che mi riguardava.

Quella avevo imparato ad accettarla ormai.

No.

La peggiore in assoluto riguardava lei.

La ragazza che amavo.

Bella.

La mia Bella.

Sapere di essere innamorati l’uno dell’altra e non poter fare niente. Sapere di essere due anime gemelle che per un brutto scherzo del destino non avrebbero mai potuto legarsi. Sapere che lei lo amava più di quanto amasse me.

Avrei potuto sopportare anche tutto ciò.

Ma sapere che lei avrebbe sacrificato la vita per il suo succhiasangue… No. Questo non riuscivo a sopportarlo.

Le travi del soffitto mi fissavano ancora, o meglio. Ero io che continuavo a fissare loro, sdraiato su questo letto troppo piccolo per me.

Ciof.

Mi tirai un pugno sulla guancia quasi inconsciamente.

Al diavolo. La dovevo smettere con quei pensieri. Reset.

Il telefono aveva iniziato a squillare nell’altra stanza, ma non mi smossi nemmeno di un centimetro. Ci avrebbe pensato Billy a rispondere.

Era meglio tornare al mio antistress e sperare di addormentarmi.

Una, due, tre, quattro, cinque.

Una, due, tre, quattro, cinque.

Una, due, tre, quat…

In quel momento sentii bussare alla porta.

“Jacob, telefono.”

Sul momento non risposi.

“Ragazzo dormi? C’è una telefonata per te.”

Se fossero stati Quil o Embry giurai che li avrei azzannati alla prima occasione.

“No, sono sveglio. Arrivo.”

Sentii il cigolio della sedia a rotelle che si allontanava; svogliatamente mi alzai, e andai nell’altra stanza.

Billy non c’era. Al contrario la cornetta nera era appoggiata sul piccolo mobile al muro.

“Pronto.” biascicai stizzito

Silenzio.

“Pronto.”

Silenzio.

“Quil, ti avverto. Non sono in vena oggi.” Sbuffai nervosamente.

Ma con mio enorme stupore non c’era Quil dall’altra parte della cornetta.

“Ti aspetto stanotte, all’una alla spiaggia di La Push. Ti prego. Vieni.”

Tutututututu

Rimasi lì.

Immobile come uno stoccafisso con la cornetta in mano e la bocca socchiusa. Non mi aveva lasciato nemmeno il tempo di dire una parola.

“Ehi Jacob.”

Mio padre mi fissava con aria preoccupata sulla soglia della porta.

“E’ tutto a posto, ragazzo?”

Immaginai di avere un’espressione sbigottita dipinta sul volto, ma mi limitai ad accennare un sì con il capo.

“Era Bella, non è vero?”

“Già.” Finalmente ero riuscito a pronunciare di nuovo una parola.

Il volto di Billy non riusciva a nascondere la propria ansia.

“Hai saputo quindi?”

Quella domanda riuscì a destarmi completamente.

“Saputo che cosa?” Era da dopo la battaglia che non avevo più sue notizie.

Billy rimase un attimo in silenzio. Forse, dubbioso se parlare o no.

“Che dopo domani se ne andrà da Forks.” Si decise infine a rivelarmi.

Bang.

Colpito e affondato.

Fu come ricevere una pallottola in pieno petto.

“Chi… chi te l’ha detto?”

Domanda scontata.

“Charlie. Era preoccupato, ma Bella non ha voluto sentire ragioni. Il figlio del dottor Cullen andrà a studiare in Alaska e lei ha deciso di seguirlo.”

Sentii la rabbia crescere dentro di me.

Studiare in Alaska?

Che gran cazzata.

Sì, in Alaska molto probabilmente ci sarebbero andati, ma non di certo a studiare.

Il mio corpo stava iniziando a tremare e la bestia che c’era in me scalpitava affinché la lasciassi predominare.

Era passato del tempo dall’ultima volta che mi era stato così difficile controllarmi.

La preoccupazione sul volto di Billy aumentò.

“Figliolo…”

Ma non lo lasciai parlare.

Mi diressi velocemente verso di lui che, capendo la situazione, si affrettò a spostarsi dalla porta per lasciarmi passare.

Non ce la facevo più.

Stavo per perdere contro l’altra parte di me stesso.

***

Ero arrivato con fatica nei pressi dei primi alberi del bosco, mentre ancora lottavo per non farmi battere.

Mi ero ripromesso che non mi sarei mai più trasformato perché incapace di dominare il mio stato d’animo.

Non volevo essere in balia della mia parte animalesca.

Io ero Jacob. Io volevo essere umano.

Concentrato su quei pensieri riuscii lentamente a riprendere il controllo di me stesso.

Anche il respiro, ormai tornato regolare, sembrava darmi ragione.

Avevo vinto la mia battaglia personale.

Eppure non ebbi nemmeno il tempo di essere fiero di me stesso, che la realtà tornò prepotentemente a farmi visita.

Bella mi aveva telefonato.

Bella stava per andarsene.

Bella stava per morire.

Sì, una persona quasi identica a lei forse avrebbe continuato ad esistere, ma la mia Bella no. Quella sarebbe sparita per sempre.

Un gesto istintivo e fulmineo mi portò a sferrare un pugno contro il tronco dell’albero a me più vicino.

“MALEDIZIONE!” imprecai contro me stesso.

Le piccole ferite che mi ero provocato nello sferrare il pugno si stavano già sanando; quelle del povero albero invece no. L’impronta della mia rabbia sarebbe rimasta impressa nel suo tronco per anni, secoli, forse per sempre.

Dovevo trovare un modo per non pensare, qualcosa che mi permettesse di isolarmi per un po’.

Trasformarmi e correre come un folle nel bosco?

Meglio di no.

C’era il rischio di ritrovarmi qualche rompiscatole nella mia testa.

Me li immaginavo i commenti di Jared o Paul.

“Jake, non ne vale la pena.” Oppure, “ Sei un pappamolle, fratello.”

Sarebbero stati dei buoni escamotage per una bella rissa, ma alla fine non volevo coinvolgere direttamente i miei fratelli in questioni del genere.

Bocciata anche quell’idea, mi decisi.

Sarei andato a rifugiarmi nel mio paradiso personale.

Il mio garage,dove regnava il disordine, e dove il profumo più buono era quello d’olio e benzina che si mischiavano nell’aria.

***

 

Passai le ore successive a trafficare sulla mia Golf.

Concentrato su bulloni arrugginiti e filtri.

Riuscii anche nel mio intento; scacciare per un po’ la realtà.

Fuori era ormai buio e l’orologio appeso al muro segnava già le undici di sera.

Il tempo trascorreva estremamente veloce, ed io non avevo ancora preso la mia decisione.

Mi sarei dovuto presentare a quell’assurdo appuntamento d’addio?

Non era forse meglio, obbligarmi a non andare?

Non mi diedi una risposta.

La resistenza della chiave inglese, che non voleva combaciare con il bullone, mi distrasse dalle miei domande. Stavo usando quella sbagliata.

“Ma dove cavolo l’avrò messa.”

Cercai nervosamente la chiave giusta tra gli attrezzi deposti sul bancone da lavoro, quando però, mi tornò in mente di averla riposta nella cassetta degli attrezzi.

Cercare di essere ordinati porta solo a scocciature. Pensai, entrando nel piccolo ripostiglio dove avevo lasciato ciò che mi serviva.

Andai così a colpo sicuro, che evitai anche di accendere la luce.

Mossa sbagliata.

Insieme alla cassetta degli attrezzi, finii per tirarmi qualcos’altro appresso che cadde rumorosamente per terra.

Sbuffando per l’inconveniente non mi restò che accendere la luce.

Click

La stanzina buia si fece fin troppo luminosa, permettendomi di vedere cosa avevo fatto cadere.

Uno scatolone polveroso era ai miei piedi.

L’avrei riposizionato semplicemente sullo scaffale se non avessi notato la scritta laterale: Non tocare. Jacob.

Era la mia calligrafia. Ma chissà di quanti anni prima.

Non che adesso fosse particolarmente migliorata, ma perlomeno ero capace di riconoscere quando serviva una stupida consonante in più.

Incuriosito l’aprii, dimenticandomi della mia chiave da diciotto.

Fili d’oro, palline rosse e blu, lucine colorate. Ecco cosa vi si nascondevano all’intero.

Gli addobbi natalizi.

E in quell’istante, fu come riavvolgere il nastro di una videocassetta.

Vedi scorrere ad una velocità pazzesca gli avvenimenti della tua breve vita, finche, la tua mente non decide di stopparsi su ciò che voleva ricordare.

***

 

Avevo cinque anni.

Stavo addobbando l’albero di Natale con la mamma quando Billy ci chiamò invitandoci a raggiungerlo nel corridoio.

Senza farmelo ripetere due volte corsi da lui euforico.

Papà era in compagnia di un uomo, una donna e una bambina leggermente più alta di me.

Io li guardavo incuriosito.

Nel frattempo anche la mamma ci raggiunse e Billy fece le presentazioni.

“Questi sono Charlie e Renee mentre lei è la loro figlia, Isabella. Si sono trasferiti da poco in città.”

“Charlie prenderà il posto del vecchio sceriffo.” Concluse mio padre.

Vidi mia madre andare incontro ai due adulti e presentarsi.

Io invece ero rimasto un po’ in disparte, ma continuavo a fissare quella bambina.

Fu mio padre con una leggera spinta ad incoraggiarmi a presentarmi.

E così feci.

Mi avvicinai e imitando i grandi, allungai la mano vero di lei.

“Ciao! Io sono Jacob.” Le sorrisi.

Mi guardò un po’ perplessa poi ricambiò il mio gesto.

“Io mi chiamo Bella.”

La sua piccola mano era chiara e fredda rispetto alla mia.

“Stavo facendo l’albero con la mamma. Vuoi vederlo?” Le proposi gentile.

Timidamente rispose con un “Sì.”

La presi allora per mano e la condussi nel salotto.

***

 

Senza rendermene conto avevo rivissuto il primo incontro con Bella.

Possibile?

Era passato talmente tanto tempo, ma ne conservavo ancora il ricordo.

Mi tornò in mente anche il giorno in cui Billy mi disse che Bella e sua madre se ne erano andate da Forks. Provai un infinita tristezza.

Non avevo avuto nemmeno il modo di salutarla quella volta.

E allora capii.

Quel ricordo era la risposta alla mia domanda.

Qualunque cosa mi attendesse su quella spiaggia non mi importava.

Avrei incontrato Bella.

***

 

La notte era silenziosa e l’unico rumore a farmi compagnia era quello del vento.

Camminavo a passo lento e mani in tasca.

Non avevo fretta.

D'altronde chi è che muore dalla voglia di farsi male?

Raggiunsi la spiaggia dopo circa dieci minuti.

Ero ancora distante, ma la notai subito.

Bella era lì ad aspettarmi.

Rannicchiata contro il nostro vecchio tronco.

Immaginai stesse guardando l’oceano, ma non potevo esserne sicuro, visto che mi dava le spalle.

Mi fermai qualche istante a osservarla da lontano.

Erano passati tre lunghi mesi dall’ultima volta che l’avevo vista.

Mi aveva telefonato solo una volta, per assicurasi di come stessi, dopo essere rimasto ferito in battaglia.

Eppure, non era passato un singolo giorno senza che pensassi a lei.

Nonostante tutto, era sempre presente.

E poi…

Quel bacio.

Il nostro bacio.

Non lo avevo certo dimenticato.

Feci un lungo sospiro e poi presi di nuovo ad incamminarmi verso di lei.

 

Uno, due, tre.

Infine era arrivato il momento.

                                                 Uno, due, tre.

L’ultimo saluto e non ci penso più.

Uno, due, tre.

Si voltò di scatto nella mia direzione.

Uno, due, tre.

I suoi occhi adesso erano fissi su di me.

Uno, due, tre.

L’ultimo saluto e non ci pensi più, vero Jacob?

Uno, due, tre.

Che bugiardo che sono.

 

Ed eccoci infine, l’uno di fronte all’altro.

“Ce ne hai messo di tempo.”

“Già.”

“Credevo non saresti venuto.”

“Lo credevo anche io.”

Silenzio.

“In questi mesi avrei dovuto chiamarti, avrei…”

“Ma non l’hai fatto.”

“No. Non l’ho fatto, hai ragione.”

Silenzio.

Non abbiamo smesso un secondo di guardarci negli occhi.

Una folata di vento ti scompiglia i capelli e ti vedo rabbrividire leggermente.

Hai freddo, e non sai quanto vorrei dirti: “Ehi, la tua stufetta è qui.” Ma è assolutamente impensabile.

Il primo a distoglierlo lo sguardo alla fine sono io.

Faccio qualche passo e adesso ti do le spalle.

Ti guarderei per ore intere, ma farlo adesso, fa terribilmente male.

Sento ancora il tuo sguardo su di me.

“Ti dovevi coprire di più.” Acidità allo stato puro la mia. Bel modo per infrangere quel silenzio.

“Hai ragione.”

“Come sempre.” Sogghigno. “Allora?”

“Allora che cosa?” Mi rispondi debolmente.

“Andiamo Bella. Cerchiamo di rendere la cosa più indolore possibile.”

Non rispondi.

“So perché sono qui. Il tempo è scaduto, no?”

Di nuovo. Non rispondi. Questo tuo silenzio è snervante.

“Forza Bella. Fallo. Non capisco questa tua esitazione.”

“Jake…” sussurri

“Adesso. Dillo.”

“Cosa?”

Inclino la testa alle mie spalle e ti guardo di nuovo.

“Addio.”

Mi guardi implorante. Non capisco. Cosa vuoi ancora da me? Ti sto offrendo tutto su un piatto d’argento.

“No, Jake. No,” pronunci frettolosamente mentre ti alzi.

“Bella… mi hai chiamato per questo. Ho aspettato per tre lunghi mesi una tua telefonata che non è mai arrivata. Adesso che l’hai fatto, so cosa vuoi. E lo sai benissimo anche tu. Dillo e facciamola finita.”

“Non voglio dirti addio. Io voglio solo salutarti, ma non dirti addio. Vorrei che un giorno tu, noi…”

“Pensala pure così se ti fa più comodo.” Sorrido sarcastico.

Ti avvicini a me e sento il tocco della tua mano sul mio braccio.“Jake, io ti voglio bene, sai quanto importante tu sia per me.”

“Certo, certo”

Vedo il tuo sguardo rabbuiarsi completamente. Mi dispiace, vorrei dirti ciò che vorresti, ma non ce la faccio.

Qualsiasi cosa ti dicessi verrebbe portato via dal vento, nel momento stesso in cui te ne andrai.

Siamo così vicini. I nostri sguardi fissi l’uno nell’altro.

E’ un gesto istintivo e privo di logica il mio.

Allungo la mano e ti sistemo un ciuffo di capelli dietro l’orecchio.

A quel contatto chiudi gli occhi.

“Bella…”

Rimani immobile e per un attimo mi chiedo se ti stessi aspettando qualcosa. Ma sarebbe estremamente insensato. Nonostante ciò, la tentazione sia terribilmente pericolosa.

“Io ti ricorderò così. Non dimenticherò un solo istante passato con te. Questo è ciò che posso prometterti.”

Con gli occhi ancora chiusi, provi a dire qualcosa, ma ti blocco appoggiando un dito sulle tue fredde labbra.

“Shhh. Rimani così. Ancora qualche istante. Ti prego.”

Una volta tanto sembri darmi ascolto. Sorrido e ti guardo. Un’ultima volta.

Uno, due, tre.

Un passo dopo l’altro.

Uno, due, tre.

Ancora uno, Jake. Ancora uno.

Uno, due, tre.

Mi sento stanco; come se avessi dato fondo a tutte le mie energie.

Uno, due, tre.

Sì, adesso posso lasciarmi andare.

Uno, due, tre.

Adesso il passo è veloce e scattante.

Sono solo un lupo che corre nella foresta.

 

 

“Jake…”

Nessuna risposta.

“Jake.”

Nessuna risposta.

Bella aprì gli occhi e davanti a sé non trovo più nessuno. Solo un oceano nero a fare da sfondo.

Confusa e disorientata si guardò intorno, eppure, tutto rimaneva immobile e buio.

Jacob non c’era più. Se ne era andato prima che potesse farlo lei.

Gli occhi iniziarono a bruciarle. Stava per abbandonarsi alle lacrime, quando abbassando lo sguardo in direzione della battigia, noto delle parole incise sulla sabbia.

“Goodbye my friend

Non poteva trattenersi ancora. Si lasciò cadere per terra in preda ai singhiozzi e alle lacrime. Forse, le ultime che avrebbe mai versato.

Le onde dell’oceano s’infrangevano delicatamente a riva, cancellando quello che ormai rimaneva di Jacob.

Ed è così, che come in un copione di una qualsiasi storia d’amore, la parola fine prima o poi arriva sempre.

***

 

 

 

 

 

 

 

 

Questa è stata assolutamente la storia che mi ha dato più problemi da quando ho iniziato a scrivere.

Vuoi mettere che alla fine ho deciso di scrivere dal punto di vista di Jake, vuoi mettere che questa storia è nata per partecipare al mio primo contest, vuoi mettere le mie mille paranoie, vuoi mettere che… alla fine ho quasi rischiato l’esaurimento XD

Eppure sono riuscita sia a finirla, che ad esserne abbastanza soddisfatta complessivamente.

Per questo devo ringraziare infinitamente Erica, (Kukiness) che come al solito ha saputo aiutarmi e sopportarmi durante questi giorni. Arigato gozaimasu

Bhe non ho altro da aggiungere. Per adesso passo e chiudo!

Ovviamente se lasciate un “impronta” del vostro passaggio mi farà piacerissimo! ^_^

 

   
 
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