Videogiochi > Dragon Age
Segui la storia  |       
Autore: Shainareth    06/03/2010    5 recensioni
*** Si ringraziano Atlantislux per l'impeccabile betaggio, Ike_ ed Erecose per l'indispensabile consulenza, e Milly Miu Miu per le bellissime illustrazioni. Nonché tutti voi lettori. ***
[Dragon Age: Origins] Ero viva per davvero? O quel disgraziato mi aveva seguita nel regno dei morti col solo intento di prendermi per i fondelli? Pensando a questa possibilità, valutai seriamente l’idea di dargli una testata sul naso. Se non lo feci, fu unicamente perché Duncan si avvicinò a noi e mi porse un boccale d’acqua. Ancora frastornata, mi misi a sedere e bevvi avidamente, come se avessi una sete insoddisfatta da giorni, cercando di mandare via l’orribile sapore che avevo ancora in bocca.
Unica precisazione: la protagonista NON è una Mary Sue. XD
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Nimue Surana'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A





CAPITOLO QUARTO - LOTHERING




Situato lungo la Strada dell’Ovest, a nord delle Selve Korcari, in passato Lothering era stato un punto d’appoggio commerciale per la fortezza di Ostagar, nella fascia meridionale dell’Impero. Col tempo, comunque, divenne importante anche per il non troppo lontano villaggio di Redcliffe e la comunità dei mercanti e dei nani di superficie provenienti da Orzammar – la capitale del regno dei nani. Quando vi arrivammo noi, però, Lothering era diventato soprattutto il rifugio di quanti scappavano dal Flagello, che da sud muoveva minacciosamente le sue orde di guerrieri oscuri. Era, quella, la situazione ideale per chi voleva speculare sulla sofferenza della povera gente, riuscendo a farla franca perché coloro che avrebbero dovuto occuparsi di punirli erano invece costretti a pensare anzitutto a prestare soccorso a chi ne aveva immediato bisogno.

   Quando arrivammo alle porte del villaggio, fummo fermati da un gruppo di banditi. Non erano intenzionati ad attaccarci, dissero, se avessimo pagato un pedaggio – che essi giustificavano come una raccolta di fondi per le riparazioni della Gran Via Imperiale. Non avevamo molti soldi con noi, ma di combattere non se ne parlava, se si poteva evitarlo. Non ci misero molto a capire che non eravamo profughi, per cui ci guardarono con maggior sospetto, specie quando uno di loro ipotizzò che potessimo essere Custodi Grigi. Apprendemmo allora una verità che ci fece agghiacciare: per tutto il Ferelden si stava spargendo la voce che a tradire Re Cailan eravamo stati noi. La rabbia crebbe in me ed Alistair al punto da superare la disperazione. E la prudenza. Confermammo di essere Custodi Grigi, e anche parecchio infuriati, specie io che ero una maga; e poiché fra i banditi iniziò ad insinuarsi la paura di uno scontro fra gli assassini del Re e di un intero esercito, riuscimmo a convincerli che era meglio che loro facessero finta di non averci visti per non essere cacciati in mezzo a quella brutta faccenda.

   Stavo ancora maledicendo quel figlio di buona donna di Loghain, che Alistair si fermò ad osservare il villaggio dall’alto delle mura. «Quanta tristezza», mormorò, dando uno sguardo al campo dei rifugiati e ai mendicanti accalcati ai margini delle strade. «E intanto Loghain se la ride.»

   «Oh, hai deciso di tornare fra noi?», iniziò Morrigan, dietro di lui. «Ti vedevo assorto.»

   «Non avete sentito cosa sta succedendo?»

   «Certo che sì. E se fossi in voi, marcerei dritta per Denerim e gliela farei pagare», rispose, venendogli incontro per la prima volta.

   «No, faremmo soltanto il suo gioco», scosse il capo lui. «Ora come ora siamo troppo deboli.»

   «Cosa proponete di fare, allora?», domandai. Non avevamo ancora parlato nel dettaglio dei nostri progetti, a ben guardare.

   «Andiamo a Redcliffe», decise. Sembrava sicuro di sé, come tutte le volte che si parlava di Duncan o dei Custodi Grigi. «L’appoggio di Arle Eamon ci è indispensabile. Da soli abbiamo ben poche possibilità.»

   «Ieri accennavate al fatto che lo conoscete», gli rammentai, sperando che potesse saziare la mia curiosità in proposito.

   Annuì. «Vedete, è lui che mi ha cresciuto», confessò con voce appena incerta.

   «Oh, ci stiamo abbandonando alla nostalgia dei ricordi?»

   Si volse a fissare Morrigan con astio. «Fatemi indovinare: questo è il malinconico momento in cui scopriamo che non avete mai avuto amici?»

   «So essere molto amichevole, se voglio», sottolineò lei, rimirandosi le belle unghie curate. «Sfortunatamente, mi è impossibile essere più intelligente.»

   Decidendo di ignorarla, Alistair tornò a parlare con me. «Sono figlio di una serva che… beh, ebbe una relazione con un pezzo grosso, sapete… Per farla breve, sono un bastardo.»

   «Non usate quella parola», lo rimbrottai. «Non mi piace, e nemmeno vi si addice. Non siete un cane.» Merlino abbaiò per protesta.

   «È quello che sono», non se ne curò Alistair.

   «Dunque», provai a ricapitolare, accantonando la questione, «siete figlio illegittimo dell’Arle di Redcliffe?»

   «Oh, no, no», si affrettò a smentire lui. «Ma Arle Eamon mi prese comunque sotto la propria responsabilità. Almeno finché gli fu possibile e non fu costretto a mandarmi via, chiudendomi in un’abbazia per iniziarmi agli studi per diventare un templare.»

   «E com’è che hai fallito il tuo addestramento?», volle sapere Morrigan, tornando alla carica. «Eri troppo stupido anche per la Chiesa?»

   «Che voi ci crediate o meno», cominciò Alistair, risentito, «ero uno dei migliori. Solo che poi sono stato reclutato nei Custodi Grigi.»

   «Come mai Arle Eamon vi mandò via? Posso chiedervelo?», continuavo invece io con le mie domande.

   Lui mi rispose volentieri. «Per via di sua moglie, l’Arlessa Isolde. È una donna molto religiosa e considerava la mia presenza nella sua casa una vergogna.»

   «Cosa? E perché?», non mi capacitai, mostrando tutta la mia intenzione di difendere quello che, a conti fatti, stava diventando un mio buon amico. Era incredibile come in tre giorni appena fossi arrivata a capovolgere il mio giudizio su di lui. Rimaneva pur sempre un idiota, ai miei occhi, ma di quelli che piacevano a me.

   Alistair sorrise, lieto di sentirmi ragionare in quel modo. «In molti pensavano che io fossi realmente figlio di Arle Eamon. Anche l’Arlessa cominciò a sospettarlo, e nonostante a suo marito non importasse quel che diceva la gente, la cosa le provocava un grande imbarazzo. Fu per questo che mi spedirono in Chiesa.»

   «E vostra madre?»

   «Oh, lei era già morta. Quando ero molto piccolo. Non ho molti ricordi di lei. Avevo un medaglione con l’emblema della Fiamma di Andraste che le apparteneva, ma…» Esitò prima di continuare. «Lo lanciai rabbiosamente contro un muro quando decisero di mandarmi all’abbazia, e andò in pezzi. Era l’unica cosa che mi rimaneva di lei. Fu un gesto molto stupido», concluse con un sospiro amaro.

   «Eravate solo un bambino», cercai di consolarlo.

   «Beh, in ogni caso fui mandato via, e anche se Arle Eamon veniva a trovarmi molto spesso all’abbazia, io fui talmente cocciuto da non volerlo mai incontrare. Perciò, dopo qualche tempo, smise di cercarmi. Da allora non l’ho più visto.»

   Morrigan ed io ci guardammo, e dall’espressione che lessi sul suo viso, compresi che quella che doveva porre la domanda chiave ero io, che almeno avrei usato parole gentili. «Alistair», esordii con un grazioso sorriso che voleva celare i miei dubbi sulla sua intelligenza. «Abbiate la cortesia di togliermi una curiosità.»

   «Chiedete pure», si mostrò ancora disponibile lui.

   «Se voi e Arle Eamon non vi siete lasciati in buoni rapporti… come potete essere certo che accetterà di aiutarci?»

   «Di questo non dovete preoccuparvi», mi assicurò lui distendendo le labbra verso l’alto. «È l’uomo più onesto che conosca. Saprà prendere la decisione migliore. Inoltre è lo zio di Cailan: non lascerà che la morte di suo nipote rimanga impunita.»

   Fu con questa sua ottimistica speranza che ci addentrammo per le vie di Lothering, stipate di gente proveniente dalle terre che avevamo attraversato per giungere fin lì. Vidi dei bambini che piangevano, aggirandosi da soli in cerca di genitori che forse non avrebbero più rivisto. Uno di loro, coi capelli rossi, ci corse incontro domandandoci se per caso ci fossimo imbattuti in sua madre. Era scappato da una delle fattorie che ci eravamo lasciati alle spalle il giorno addietro, e adesso aspettava che lei lo venisse a prendere, mentre suo padre ed il loro vicino discutevano di qualcosa. Dal suo racconto ci apparve assai poco probabile che quella donna e suo marito fossero ancora in vita. Stringeva il cuore essere testimoni di tanta disperazione.

   Una famiglia di elfi chiedeva l’elemosina sul ciglio della strada principale, ma nessuno pareva notarli, e non soltanto perché erano tutti nella stessa barca. Gli elfi sono disprezzati e considerati esseri inferiori da buona parte degli umani. Io lo so bene perché sono nata in un’enclave dove le ingiustizie dei signorotti prepotenti sono all’ordine del giorno. Crescendo sarei dovuta andare in sposa ad uno sconosciuto, poiché la nostra razza è in via d’estinzione e gli anziani fanno di tutto per favorire la procreazione, a cominciare dai matrimoni combinati con gente proveniente da altre enclavi, così che i rapporti fra gli elfi di tutte le parti del Thedas possano rinsaldarsi. Oppure mi sarei ritrovata a fare la sguattera da qualche parte, molestata di tanto in tanto dagli uomini per i quali avrei dovuto lavorare o, peggio, violata contro la mia volontà – com’era successo a mia sorella. La magia presente nel mio sangue, invece, mi aveva salvata, perché quando si seppe quel che ero, vennero mandati dei templari a strapparmi dal petto di mia madre per condurmi alla Torre del Circolo; dove, almeno lì, i maghi non fanno granché caso alla razza a cui appartiene un’apprendista – questo perché anche loro sono sempre guardati con sospetto o disprezzo per via delle chiacchiere della Chiesa.

   Fui distolta dai miei pensieri dalle voci concitate di un mercante e di una sacerdotessa che, dall’altro lato della strada, litigavano a causa della speculazione che faceva l’uomo su ciò che vendeva e che pure aveva acquistato pochi giorni prima dagli stessi abitanti del villaggio a prezzi bassissimi. Al centro della via, invece, stazionava un templare. Ero abituata ad interagire con loro alla Torre del Circolo, e dopo aver avuto a che fare sia con Cullen che con Alistair, continuavo a reputarli tutt’altro che un pericolo per la sottoscritta. Non che mi illudessi che fossero tutti abbastanza lucidi da discernere il dovere dal loro fanatismo. Ero consapevole che tanti, troppi templari erano – e sono – accecati dalla fede in cui hanno deciso di riversare loro stessi, al punto da annullare ogni volontà e diventare strumenti atti ad annientare ogni singolo mago che possa aver anche solo involontariamente commesso un errore di giudizio, così com’era capitato a me. Oltretutto le cose erano cambiate: eravamo ricercati. Loghain sapeva quanti Custodi Grigi erano stati mandati ad accendere il fuoco durante la battaglia di Ostagar e, purtroppo, conosceva anche i nostri nomi ed i nostri volti. L’unica fortuna era che le notizie su me ed Alistair non erano ancora state diffuse dappertutto, o comunque non in modo dettagliato. Pensavamo inoltre che non eravamo i soli ad essere costretti ad agire con prudenza; anche lo stesso Loghain doveva farlo per non rivelare ad altri la paura che certamente aveva di noi, che conoscevamo la verità su quella notte maledetta.

   Il templare ci fermò, ma non ci riconobbe. Ci diede soltanto il benvenuto, avvisandoci di non causare problemi, perché già ci pensavano i gruppi di malviventi che, come branchi di lupi affamati, si aggiravano nei dintorni. Se avevamo bisogno di qualcosa, ci disse, potevamo rivolgerci all’Anziana Miriam o alla Venerabile Madre nella cappella in fondo alla strada. Fu lì che ci recammo anzitutto, fra le proteste di Morrigan che preferì rimanere fuori dalla porta insieme a Merlino. Io ed Alistair avanzammo lungo la navata centrale nella penombra della chiesa scarsamente illuminata, osservando con tristezza i disperati che si erano barricati lì in cerca di conforto, affidandosi alle uniche cose che gli rimaneva: le preghiere e la fede nel Creatore. A vigilare sull’ordine di questi infelici vi erano altri templari, ovviamente, e fu il loro comandante a chiederci se necessitassimo di assistenza. Rispondemmo di no, che avevamo solo sentito il bisogno della pace di quel luogo sacro. Lo informammo però dei banditi all’ingresso del villaggio e lui non ne parve sorpreso, perché, ci fece sapere, non era la prima volta che quei delinquenti si fermavano lì ad infastidire i profughi. Seccato per la situazione, chiamò subito uno dei suoi uomini e lo mandò sul posto insieme ad altri compagni. Già che c’eravamo, gli chiedemmo dove avremmo potuto fare rifornimenti e magari mangiare un pasto caldo, e lui ci indirizzò alla locanda, situata dall’altra parte del ponticello di pietra che sormontava il torrente che divideva in due il villaggio. Prima di congedarsi da noi, inoltre, ci avvertì che avremmo fatto meglio a non aspettarci troppo: sebbene Lothering fosse un punto strategico di scambi commerciali, allo stato attuale delle cose gli affari andavano in modo pessimo, per cui avremmo trovato poco e a prezzi forse troppo alti.

   Decidemmo comunque di tentare. La taverna non era molto ampia, e anche al suo interno si poteva notare il male che affliggeva quel posto. Su un soppalco alcuni musicisti se ne stavano con le mani in mano, senza neanche accennare alla possibilità di suonare qualcosa per intrattenere gli avventori, tutti troppo impegnati a piangere miseria e ad imprecare contro la sorte avversa per preoccuparsene. L’unica figura silenziosa presente era quella di una giovane sacerdotessa dai capelli tagliati sopra le spalle, rossi, che se ne stava addossata ad una parete a scrutare chiunque le passasse davanti. Ci accomodammo ad uno dei pochi tavoli liberi ed iniziammo a parlare con l’oste, quando la porta si spalancò, lasciando entrare una decina di soldati armati fino ai denti. Il loro capo si guardò attorno, e non appena si accorse di noi, ci venne incontro con viso arcigno.

   «A giudicare dalla vostra tunica e dal vostro bastone, deduco che siete una maga», esordì, fissandomi con insistenza.

   «Che volete?», volle sapere Alistair, guardingo.

   L’attenzione dell’uomo si spostò su di lui, studiandolo attentamente. «Voi due», rispose alfine con aria soddisfatta. «Credevate davvero che, dopo quanto è successo, Teyrn Loghain vi avrebbe lasciati andare?»

   L’oste si allontanò frettolosamente non appena ebbe udito quel nome. Alistair allora si alzò in piedi, ed io e Morrigan lo imitammo. «Per quale ragione Loghain vi ha mandati a cercarci? Di che siamo accusati?» In realtà lo sapevamo, ma preferivamo averne conferma direttamente dai suoi tirapiedi.

   «I Custodi Grigi sono accusati di alto tradimento, nonché dell’uccisione di Re Cailan», annunciò la guardia a gran voce, atterrendo tutti gli avventori.

   Alistair questa non la mandò giù. Riuscii a trattenerlo per un braccio prima che gli si avventasse contro e mi misi fra loro, augurandomi di poter risolvere l’alterco in modo pacifico. «Ragionate», cominciai, rivolta al soldato. «Se davvero i Custodi Grigi avessero fatto tutto questo, perché sono rimasti uccisi anche loro?»

   Lui mi scrutò divertito. «Quindi gli elfi sanno anche parlare, oltre che spalare letame.» Di nuovo Alistair fece per reagire e di nuovo fui costretta a fermarlo, anche se con maggior fatica di prima. «Quando ho parlato di tradimento ad opera dei Custodi», prese intanto a spiegare l’altro con sommo disprezzo, «intendevo il vostro, di voi due soltanto.» Troppo allibiti per spiccicare parola, gli permettemmo di continuare con le sue assurde accuse. «Loghain sa perfettamente dove volete arrivare», e nel dirlo i suoi occhi fulminarono Alistair, «ma non ve lo permetterà. Né io ho intenzione di lasciarvi fuggire di qui», minacciò, sguainando la spada.

   «E addio al nostro pranzo», ringhiò Morrigan, brandendo subito il proprio bastone.

   «Attenta a non colpire i clienti», le raccomandai.

   «Cercherò di trattenermi», mi assicurò fra i denti, dando lei stessa inizio allo scontro.

   I soldati ci furono addosso, ed Alistair si frappose fra noi e loro, pronto, nella sua folle rabbia, ad affrontarli tutti per consentirci di lanciare i nostri incantesimi senza interruzione alcuna. A dargli man forte venne inaspettatamente la sacerdotessa dai capelli rossi che avevamo visto in fondo al locale e che si buttò nella mischia armata di un grosso pugnale. Non capivo per quale ragione lo avesse fatto, ma dal momento che si era schierata dalla nostra parte, io e Morrigan facemmo di tutto per bloccare e colpire gli uomini che minacciavano di attaccare lei ed Alistair alle spalle. Se per merito della loro abilità con le armi e della nostra magia o se per grazia divina – che intanto aveva condotto anche Merlino all’interno della taverna a darci aiuto – non so dirlo, ma riuscimmo ad avere la meglio. Non appena atterrammo il capo dei nostri avversari, questi implorò pietà davanti alla spada di Alistair. Potevamo decidere se ucciderlo o se lasciarlo andare. Non eravamo degli assassini, per cui io stessa gli intimai di abbandonare immediatamente Lothering e di comunicare a Loghain che noi sapevamo la verità e che presto gliel’avremmo fatta pagare.

   «Addio anche all’elemento sorpresa», si lamentò Morrigan, vedendo il gruppo fuggire via. «A volte mi chiedo chi sia più cretino fra te e Alistair.»

   «Magari agendo così metteremo sotto pressione Loghain, spingendolo a commettere errori per paura di essere smascherato davanti a tutti», risposi senza perdermi d’animo, coprendo la replica risentita del mio collega. Morrigan mi concesse il beneficio del dubbio, mentre richiamavo Merlino indietro, corso per qualche metro alle calcagna dei soldati battuti in ritirata.

   «Perdonatemi», ci sentimmo dire in quel momento dalla sacerdotessa, ora coperta di sangue su mani, viso e vesti. «Voi siete Custodi Grigi?»

   «Per il Creatore!», esclamò Alistair, accorgendosi solo in quell’istante di lei. «State bene? Siete ferita? Morrigan, l’avete colpita con i vostri malefici?», accusò spaventato e arrabbiato.

   Lei mi fissò intensamente. «Posso, vero?», implorò. «Posso strappargli la lingua e cavargli gli occhi?» Aprii la bocca con l’intento di calmarla, ma lei proseguì. «Proporrei anche di tirargli via il cervello dalle narici, se solo ne avesse uno.»

   «Sto bene, nessuno mi ha ferita», si intromise la ragazza con i capelli rossi, sperando così di placare gli animi.

   «Chi siete?», le domandai, frattanto che gli altri due si lanciavano gli ultimi, poco velati insulti. «Perché ci avete aiutati?»

   Lei si morse il labbro carnoso, come a voler scegliere con cura la risposta da darmi, e questo mi fece supporre che stesse preparando una bugia. «Mi chiamo Leliana, servo Andraste nella chiesa del villaggio.» A questo potevo credere, visto l’abito da lei indossato. «Io… devo venire con voi», aggiunse poi, lasciandoci spaesati. «Potete non credermi, ma il Creatore mi ha detto di farlo.»

   «È matta», fu la prima cosa su cui si trovarono d’accordo Alistair e Morrigan, mortificando visibilmente Leliana. Tanto bastò per farmi intuire che fosse davvero convinta di quel che diceva.

   Non volendo urtare maggiormente i suoi sentimenti, provai a ragionarci. «In che senso vi ha detto di venire con noi?»

   Esitò ancora, facendo vagare i suoi occhi chiari sui miei compagni. «So che può sembrare assurdo, ma… ho fatto un sogno. E nel sogno ho visto una grande luce e ho capito quello che dovevo fare. So combattere, posso esservi d’aiuto.»

   «Perché?», domandai, trovando molto più convincente il fatto che sapesse padroneggiare una lama della sua visione mistica. Non ero mai stata troppo religiosa, ma non ero nemmeno del tutto miscredente. «Voglio dire, perché il Creatore dovrebbe volere questo?»

   «Non lo so», ammise, intimidita. «Non conosco i Suoi piani. Sono soltanto uno strumento nelle Sue mani, esattamente come voi.»

   «Dove avete imparato a combattere?», fu l’ottimo quesito che le pose Alistair. «Insomma, non tutte le sacerdotesse se ne vanno in giro ad accoltellare chi cade nel peccato.»

   «Perché, voi templari che fate? Non vi accanite contro i maghi?», ebbe da ridire Morrigan sul suo commento.

   «I templari non sono propriamente paragonabili alle sacerdotesse», spiegò lui, seccato. «E per l’ennesima volta, io non sono uno di loro.»

   «Non sono sempre stata chiusa in una chiesa», ci informò Leliana, riuscendo a mettere nuovamente fine ad una loro discussione. In tutta onestà, l’avrei presa nel gruppo anche solo per quella sua straordinaria capacità. Magari, pensai, il Creatore l’aveva messa sulla mia strada affinché zittisse Morrigan ed Alistair una volta per tutte, così che io potessi lasciar riposare quelle orecchie a punta che tanto piacevano al mio compare. «Se mi vorrete con voi, vi racconterò la mia storia.»

   Ponderai seriamente sulla questione. «Figurarsi», sbuffò Alistair, convinto che stessimo perdendo tempo.

   «Va bene», lo sorpresi invece io. «Se credete di dover sposare la nostra causa, siete libera di seguirci.»

   «Cosa?», esclamò infatti lui, afferrandomi per un braccio per indurmi a dargli retta. «Perché dovremmo portarla con noi? Lei non c’entra niente con la nostra missione.»

   «Il Flagello riguarda tutti, Alistair», gli ricordai. «Inoltre, pensateci, una mano potrebbe farci comodo. O siete del parere che riusciremo sempre a cavarcela noi tre da soli?» Merlino abbaiò. «Noi quattro», mi corressi. «Vi immaginate se, anziché un nugoletto di soldati di Prole Oscura, ci trovassimo davanti un intero battaglione? Siamo forti, e lo abbiamo dimostrato. Ma siamo sopravvissuti fino ad ora anche e soprattutto grazie all’aiuto di altri. Avete già dimenticato che se siamo qui, in grado di respirare e reggerci sulle nostre stesse gambe, è per merito della madre di Morrigan? Se non fosse stato per lei, a quest’ora saremmo stati cibo per corvi, lì in cima alla Torre di Ishal.»

   Alistair si ammutolì, lasciandomi andare in segno di resa. Apparentemente il mio ragionamento non faceva una piega. «E se fosse una trappola, una spia del nemico?», provò ad intervenire Morrigan, ancora restia a darmi ascolto.

   «In tal caso saremo comunque quattro contro una.» Riuscii ad avere l’ultima parola, benché io stessa nutrivo dei dubbi sulla lealtà di Leliana. Tornai allora a rivolgermi a lei. «Potete venire con noi, dunque. Ma in fretta, perché credo che ormai si sappia della nostra presenza, qui. Dobbiamo andarcene subito.»

   «Oh, non c’è problema», rispose lei, mentre un nuovo entusiasmo le accendeva lo sguardo. «Grazie, mia signora. Non vi deluderò.»

   A quel punto mi osservai finalmente intorno, rendendomi conto di come avevamo ridotto la locanda. Alzai gli occhi sull’oste con aria contrita e lui scosse il capo. «Non mi importa», assicurò, timoroso delle conseguenze che la nostra presenza avrebbe potuto causare. «Basta che ve ne andiate.»

   «E il nostro pranzo?», protestò Alistair, affamato almeno quanto me.

   «Vi darò quello che volete, ma poi via di qui», esclamò l’uomo, correndo verso la cucina.

   «Siamo disposti a pagare», precisammo a scanso di equivoci, mettendo mano al sacchetto di cuoio chiaro in cui avevamo raccolto le poche monete di cui disponevamo.

   Tornare in chiesa adesso, in mezzo a tutti quei templari, non era prudente. Sgattaiolammo perciò dalla porta sul retro e coprimmo con passo veloce la distanza che ci separava dall’uscita del villaggio, dove saremmo stati raggiunti da Leliana, scappata a recuperare pochi effetti personali e, soprattutto, un mantello che nascondesse le macchie di sangue sulla gonna e sul corpetto. Attraversando la zona residenziale, ci imbattemmo in quella che, suppongo, dovesse essere l’Anziana Miriam, troppo occupata con i profughi per badare a noi. In periferia scorsi una grossa gabbia di ferro, di quelle usate per i prigionieri, in cui era stato rinchiuso un qunari. Lo riconobbi dalla pelle scura e dall’enorme mole, che lo distinguevano a colpo d’occhio dai semplici umani. A dirla tutta non sapevo molto su quella gente, a parte che era in guerra contro l’Impero Tevinter per il dominio delle terre settentrionali del Thedas, e che i suoi mezzi di combattimento erano di gran lunga più avanzati dei nostri. L’uomo incarcerato, comunque, aveva l’aria triste, ma rassegnata, per cui mi convinsi che dovesse essere stato condannato alla pena capitale in seguito a chissà quale crimine.

   Quella mia distrazione mi costò la perdita di un nuovo siparietto fra i miei primi due compagni di viaggio, intenti a confabulare fra loro. «Che succede?»

   «Niente», tagliò corto Alistair, nascondendo qualcosa che, in ogni caso, dalla mia angolazione mi risultava impossibile vedere. Chiaramente quel suo niente voleva dire tutto, per cui lo fissai con circospezione.

   Stranamente Morrigan venne in suo aiuto. A modo suo. «Si è solo reso conto di essere un imbecille.» E siccome lui ebbe subito da replicare con vigore, decisi di smetterla di indagare e di lasciare che si scannassero a vicenda, benché poco prima mi fossero sembrati quasi complici. Lì per lì mi sfiorò addirittura la folle idea che se la intendessero segretamente.

   Quando Leliana fu da noi, avvertendoci che per tutto Lothering si stava diffondendo la notizia della nostra presenza, ci affrettammo a lasciare la zona. Non appena salimmo i gradini che ci avrebbero riportati sulla Strada dell’Ovest, ci imbattemmo in due nani che, poveretti, cercavano di difendersi come potevano da alcuni Prole Oscura che il mio mabari aveva avvertito già a distanza. La cosa ci preoccupò non poco; non tanto per quello scontro, che si concluse in pochi istanti con la nostra vittoria, quanto perché se quegli esseri si erano spinti fino a lì significava allora che presto anche quel villaggio sarebbe stato preso d’assalto. E noi non potevamo fare niente per evitarlo.

   «Ci avete aiutati!», esclamò uno dei nani, un signore con la barba castana intrecciata sul mento e lo sguardo allegro nonostante la disavventura appena capitatagli. Ci venne incontro svelto, mentre quello che supponevo essere il suo ragazzo gli saltellava dietro. Stavano bene tutti e due, per fortuna. «Non so davvero come sdebitarmi. Io e mio figlio vi siamo grati, vi dobbiamo la vita. E anche tutte le nostre merci», aggiunse, facendo cenno al carro rovesciato in mezzo alla via, ma comunque pressoché intatto. Eravamo davvero intervenuti in tempo. O quasi, visto che non distante dal punto in cui ci trovavamo giaceva il corpo senza vita di un uomo.

   «Lo conoscevate?», chiesi.

   Il nano scosse il capo. «Era già morto quando siamo arrivati», spiegò. «Mi chiamo Bodahn Feddic, e questo è Sandal», si presentò infine.

   Suo figlio, un ragazzetto biondo dagli occhi grandi e con un enorme sorriso sulla faccia, balzò sul posto e batté le mani. «Incantesimo!» Realizzai subito che doveva avere un qualche ritardo mentale, ma ovviamente non posi domande al riguardo.

   «Sentite», riprese Bodahn, accarezzando Sandal sulla testa per farlo stare calmo, «le cose qui non sono facili, ed i mercanti come noi rischiano molto. Dove siete diretti? Visto quanto siete forti, potremmo viaggiare insieme. In cambio vi prometto dei fortissimi sconti su tutto ciò che ho da vendere.»

   La proposta era certamente allettante, perché ci sarebbero stati di sicuro dei momenti, durante il nostro viaggio, in cui saremmo stati lontani per giorni dai luoghi abitati e quindi senza possibilità di rifornirci in caso di emergenza. Tuttavia adesso sapevamo con certezza quanto pericolosa era la nostra missione: braccati non solo dalla Prole Oscura, ma anche da Loghain e dai suoi sgherri. Non potevamo permettere che degli innocenti venissero coinvolti per colpa nostra.

   «Credeteci, buon uomo», prese a rispondere Alistair, anticipando le mie parole. «Non vorreste seguirci se vi dicessimo dove siamo diretti.»

   «È troppo pericoloso», confermai.

   Bodahn Feddic parve rassegnarsi ed alzò le spalle, sospirando. «Beh… suppongo non ci sia molto da fare, allora.»

   «Incantesimo?»

   «Buono, Sandal», mormorò a suo figlio, prima di tornare a rivolgersi a noi. «Possiamo almeno sdebitarci in qualche modo?»

   «Abbiamo dei soldati alle costole», mi sussurrò Alistair. «Sarebbe meglio non perdere altro tempo.»

   «Non occorre», dissi allora al mercante. «Abbiamo soltanto fatto il nostro dovere», assicurai.

   «Siete davvero delle persone nobili», replicò lui, sinceramente ammirato. «Vi auguro ogni bene.»

   «E noi lo auguriamo a voi.»

   «Forza, Sandal. Raccogliamo la merce», lo sentimmo dire al suo ragazzo, mentre noi ci allontanavamo senza neanche poterci permettere di aiutarli.

 

Percorremmo in silenzio un bel tratto di strada prima che Leliana, quasi dimenticata dal resto del gruppo, prendesse parola. «Chi è che comanda?»

   «Nessuno», risposi io, sorpresa. Doveva esserci necessariamente un capo?

   «Nimue», mi contraddisse invece Alistair. Mi volsi a guardarlo stranita, così di colpo che quasi mi slogai il collo. «Siete più razionale di me, credo», iniziò a difendersi lui. «Io sono troppo emotivo.»

   «Vorrai dire stupido», infierì Morrigan come suo solito.

   «Non dategli retta», dissi a Leliana. «È Alistair il Custode anziano.»

   «Forse», ricominciò lui, ritenendo più urgente chiarire la questione sollevata dall’ultima arrivata rispetto al ribattere alle ingiurie di Morrigan. «Ma io non voglio comandare alcunché. Sono un pessimo leader, e sono anche pigro. Quindi preferisco cedervi il posto.»

   Contrariata, feci per aprire bocca, se non che la figlia di Flemeth scoppiò a ridere. «La realtà è che sei impedito a fare qualunque cosa richieda un minimo di cervello.»

   «Dite quel che volete», rimbeccò Alistair, innervosito, «ma vi avverto che è come se fossi un templare. Conosco molti modi per sfuggire alle vostre stregonerie e farvi a pezzi, se solo volessi.» Morrigan sbeffeggiò quella sua dichiarazione in maniera poco educata. Ignorandola, l’altro tornò a rivolgersi a me. «Voi però non avete nulla da temere, non potrei mai farvi del male.»

   «Ruffiano», mi anticipò ancora la Strega delle Selve, stizzita.

   «Quindi siete voi, Nimue, a prendere le decisioni per tutti?», volle sapere Leliana, per nulla turbata dal batti e ribatti dei due. Il che mi parve una fortuna.

   «Io… No, affatto», insistetti.

   «Sì, invece», insistette Alistair più di me, passando un braccio attorno alla mia nuca ed attirandomi a sé. Impacciata, cercai di liberarmi, senza successo. «Ve ne prego», bisbigliò in confidenza. «Quando lasciano decidere a me, succedono sempre delle brutte, pessime cose. Finiamo col perderci, rimaniamo senza cibo, qualcuno muore ammazzato…»

   E Duncan mi aveva affidato lui come guida? Valeva così poco la mia vita?

   Alistair spiò Morrigan con la coda dell’occhio. «Volete davvero che tale sciagura si abbatta su di noi prima del Flagello? Non pensate al vostro cane e alla povera Leliana?»

   «E Morrigan?», osservai, sopportando la sua vicinanza. Era troppo grosso e forte perché io riuscissi a levarmelo di dosso. «Vi siete dimenticato di lei.»

   «Quella ci seppellisce tutti», fu la pronta risposta che ricevetti. «Me lo farete questo favore, sì?»

   «Se me lo chiedete con quell’aria da cucciolo bastonato non posso non cedere», sospirai rassegnata ma ancora poco convinta. «Vi avverto, comunque, che non ho intenzione di fare un bel niente senza prima avervi consultato. Non so nulla né sulla Prole Oscura né sui Custodi Grigi. Anzi, a ben guardare non so niente del mondo, dato che ho vissuto tutta la mia vita prima in un ghetto e poi in una campana di vetro.»

   «Come me all’abbazia», rammentò Alistair. Avremmo senz’altro preso delle ottime decisioni insieme, vista la nostra grande esperienza. «Ad ogni modo, sul serio, potrete sempre contare sul mio aiuto», mi assicurò cominciando ad allentare la presa sul mio collo e consentendomi finalmente di tornare a respirare per bene. «Chiedo solo che abbiate voi l’ultima parola.»

   «Va bene, d’accordo. Ora lasciatemi», capitolai definitivamente, spingendolo lontano da me.

   «E quindi?», volle una risposta precisa Leliana.

   Scoccai un’ultima occhiata al mio collega. «Comando io», annunciai con ben poco entusiasmo. Lui si portò le mani al petto, commosso, ed io avvertii l’improvvisa voglia di aizzargli contro il mio mabari.

   «L’unico mio rammarico», ricominciò, tornando a prestare attenzione alla strada, «è che qui sono l’unico maschio. O magari è una fortuna, chissà?» Merlino latrò. L’addestratore del canile di Ostagar non mi aveva mentito riguardo all’intelligenza di queste creature. A volte persino più acute di alcuni esseri umani. «Oh, scusami. Hai ragione», concesse Alistair alla bestia. «Siamo in due.»

   «E, pensa un po’, lui è più attraente di te, oltre che più sveglio.»

   «Sapete, Morrigan, se dipendesse dalla mia volontà, non avreste fatto mezzo miglio con noi.»

   «Ma disgraziatamente per te, hai appena stabilito che non sei tu a comandare», gli fece notare lei, dando per l’ennesima volta prova di superarlo quanto a lingua lunga.

   «Invece di blaterare idiozie», ribatté Alistair, ostentando superiorità, «vi suggerirei davvero di tornare indietro. Vostra madre è anziana, dopotutto. Cosa fareste se le succedesse qualcosa?»

   «Intendi prima o dopo che io sia scoppiata a ridere?», rispose Morrigan in tono allegro, strappando una spiga dal margine della strada ed iniziando a giocherellarci con fare disinvolto, mentre Leliana la osservava incuriosita.

   Alistair grugnì qualcosa che, se alle orecchie delle altre arrivò come un suono indistinto, alle mie, più sensibili, suonò come: «Mi fa sempre più paura.»

   «Diteci qualcosa di voi, Leliana», intervenni a quel punto per amor di pace, benché anch’io continuassi a chiedermi che razza di rapporto legasse Flemeth a sua figlia. Personalmente non avrei mai augurato la morte a mia madre, nemmeno per scherzo.

   Leliana fece spallucce. «Il mio è un passato che vorrei dimenticare», mormorò fissando l’orizzonte con aria assorta. «Ma nella Chiesa ho trovato la pace», proseguì, curvando distrattamente verso l’alto le piccole labbra carnose. «Il Creatore mi indica la via e Andraste guida i miei passi.»

   Non occorsero altre domande, perché da lì in avanti iniziò un lungo sermone sulla grandezza del Cielo, del Creatore e della Sua sposa. Morrigan si limitò a sbuffare ad ogni pausa – e le fui grata per essersi limitata a questo – mentre Alistair, che di tanto in tanto mi rivolgeva delle occhiatacce per rimproverarmi di aver preso Leliana con noi, aveva ormai assunto la tipica espressione assente dell’uomo sposato che non può sfuggire alle chiacchiere incessanti della moglie. Quanto a me, cercavo di vedere il lato positivo della cosa: l’ultima arrivata aveva una bella voce, molto musicale. Mi venne sonno, e cominciai a cullarmi nella speranza che lei potesse accompagnarmi con quella nenia anche prima di andare a dormire, quella stessa sera.

 

«Avete un momento?»

   Dalla sua espressione dedussi che Alistair dovesse essere contrariato per qualcosa. E sapevo anche il perché. Con una certa riluttanza, lasciai il mio posto davanti al fuoco, accanto a Leliana e al cane, e lo seguii dove nessuno avrebbe potuto udirci.

   «Ho fatto qualcosa di sbagliato?», domandai prima ancora che lui aprisse bocca.

   Lo vidi trattenere il fiato, ed io ebbi timore che con esso stesse soffocando anche la collera. «Non proprio», mi tranquillizzò infine. «Permettetemi però di esporre dei dubbi sui nostri compagni di viaggio.»

   «Merlino vi crea problemi?», cominciai allora io, sulla difensiva. «Se è per la pipì che ha fatto prima sui vostri stivali, vi prometto che non accadrà più. Anzi, se dovesse ripetersi, ve li pulirò ancora cento volte», minimizzai, agitando le mani davanti a me con fare sciocco.

   «Lasciate perdere quel sacco di pulci, ora», scacciò via la questione Alistair con un gesto stizzito del braccio. «Parlavo di Leliana.»

   «Oh.»

   «Senza offesa per la vostra capacità di giudizio, ma a me sembra una fanatica.»

   «Anche a me», confessai con una certa vergogna. «Ma non c’è nulla di male a portarcela dietro se vuole rendersi utile, non vi pare? Sa combattere.»

   E questo a me bastava e avanzava. Non avevo alcuna voglia, infatti, di andarmene a spasso per il Ferelden da sola con Alistair e la Prole scura e Loghain alle calcagna. Non perché non mi fidassi di lui – di Alistair, intendo – poiché avevo ormai capito che le sue spacconerie erano tutta apparenza e che in realtà egli era un ragazzo davvero onesto. Il punto era che mi faceva sentire più sicura l’idea di avere intorno a me un piccolo esercito in grado di trarmi d’impaccio durante i momenti di crisi. Potevo forse essere biasimata per la troppa prudenza?

   «Inoltre», continuai, «in questo modo la benedizione del Creatore ci accompagnerà nella nostra difficile missione. Non vi conforta la cosa? Siete stato cresciuto dalla Chiesa, dovreste lasciarvi suggestionare almeno un po’ dalle parole di Leliana.»

   «È bello sapere che anche voi sapete prendervi gioco degli altri», ritorse lui, incrociando le braccia al petto e fissandomi torvo.

   «Oh, non potrei mai prendermi gioco di voi», gli assicurai con gran faccia tosta.

   «Siete credibile quanto Morrigan in abito sacerdotale.» Quell’immagine fece crollare la mia maschera e fui costretta a confessare la verità. Alistair sospirò, decidendo di venirmi incontro. «Va bene, accettiamo la benedizione del Creatore. Ma che mi dite di Morrigan?»

   «Cos’ha che non va?», chiesi, guardandomi in giro spaesata.

   Lui sorrise, ma non per manifestare il suo divertimento. «Forse la domanda corretta è “Cos’ha che va?”», volle mettere in chiaro. «Tanto per cominciare, non sappiamo neanche se è una Maleficar.»

   Piantai gli occhi nei suoi, risoluta. «Impossibile», negai. Non perché fossi sicura del fatto mio, quanto perché, dopo aver avuto a che fare con Jowan, mi rifiutavo di credere di essere caduta ancora nello stesso, ingenuo errore.

   «Pensate davvero che sia affidabile?», insistette Alistair.

   «Potrebbe tornarci utile», dissi con sincerità. Era inutile girare attorno ai problemi con lui, visto che era l’unica persona di cui potessi fidarmi appieno. E che credeva realmente in me. «Ci ha già aiutati più volte. Perché dubitare di lei?»

   «Non fa altro che darmi addosso.»

   Fui sul punto di ridere per la tenerezza che mi fece, e se mi trattenni fu solo perché non volevo rischiare di urtare la sua sensibilità. «Proprio non vi piacete, eh?»

   Alistair sospirò di nuovo, grattandosi la corta barba bionda che gli spuntava sul mento. «No, è vero», ammise. «Per questo voglio contare sulla vostra intelligenza, dato che, a quanto pare, io sarei uno stupido.»

   «Voi non siete stupido», ribattei troppo in fretta per apparire credibile, tanto che lui inarcò un sopracciglio. «Lo vedete? Se lo foste, neanche vi verrebbe il dubbio ch’io stia mentendo.»

   «Fingerò di credervi», volle chiudere il discorso lui, a metà fra il serio ed il faceto.

   «Dovreste farlo per davvero», lo esortai, questa volta con più dolcezza. Mi sorrise. «A parte questo, avete lamentele anche sul cane?»

   «Prima mi ha morso.» Mi mostrò la mano, ma non riuscendo a vedere i particolari nella penombra che divideva l’oscurità della notte dalla luce falò acceso in mezzo alla radura, fui costretta a tastargli la pelle con i polpastrelli delle dita, scoprendo così dei segnetti circolari che potevano davvero essere ricondotti al morso di qualcuno.

   «Non esce sangue», osservai, pratica. «Che gli avete fatto?»

   «Non potrei mai fargli niente, è il vostro cane», ribatté con fare ovvio e quasi offeso. «Sono solo passato vicino al suo cibo.»

   «Beh, non fatelo più. Dopo lo sgriderò di nuovo, comunque. Non mi piace che si accanisca contro di voi.»

   «Forse è geloso», scherzò. Lasciai ricadere la sua mano con malagrazia e gli scoccai un’occhiata colma di significato che lo indusse subito lui a tacere, arrendendosi prima ancora di iniziare a ricamare sulla solita storia.

   Rimanemmo in silenzio per qualche istante; quindi, mentre scrutavo il piccolo fuoco di Morrigan in lontananza, mi sovvenne una curiosità. «Cosa fanno i Custodi Grigi quando il mondo non è minacciato dal Flagello? Voglio dire… Conducono una vita normale? Cosa dovrò aspettarmi se e quando usciremo incolumi da tutto questo?»

   Vidi Alistair in difficoltà. «Già, non ve l’ho ancora detto.»

   «Cosa?» Il suo balbettare mi mise in allarme. «Devo preoccuparmi?»

   Prese un grosso respiro. E molto coraggio. «Vedete, bevendo il sangue di Prole Oscura, diventiamo più forti, resistenti, pronti agli scontri fisici e mentali più ardui», cominciò. «Se ci pensate, è un bell’affare.»

   «Se si sopravvive all’Unione», non mi trattenni dal fargli notare con una certa acidità.

   «Se si sopravvive», confermò, non riuscendo a darmi torto. «Tutto ciò che facciamo, quindi, è combattere la Prole Oscura.»

   «Fino a quando?»

   «Non è un lavoro a tempo determinato. Cioè, lo è», si corresse subito dopo, «ma non perché poi decidiamo di smettere e ci ritiriamo in famiglia. È solo che… il sangue di Prole Oscura corrompe il nostro, lo sapete. Perciò col tempo la corruzione inizia a prendere il sopravvento.»

   «Diventiamo come loro?», lo interruppi, terrorizzata, sentendo il gelo impadronirsi di me.

   Alistair scosse vigorosamente il capo per cavarmi dalla testa quell’idea. «No, ma è pur vero che il nostro corpo non regge.» Avrei voluto chiedergli in che senso, ma non me la sentii di farlo. «Non conosceremo mai la vecchiaia, Nimue», proseguì lui, tetro, fissandomi come se fosse colpa sua. «I Custodi Grigi rimangono tali per circa trent’anni. Poi, per impedire che la corruzione prenda il sopravvento, si recano nelle Vie Profonde, nel regno dei nani, dove i Prole Oscura dimorano da che sono nati. È lì che i Custodi muoiono, combattendo per evitare che quelle mostruosità lascino il sottosuolo.»

   Rimasi sconcertata. Sentii l’improvviso bisogno di sedermi, e Alistair fu così gentile da guidarmi a terra e da inginocchiarsi accanto a me quando le gambe non mi ressero più. «Perché… Perché non mi è stato detto subito?», rantolai. Non che avesse fatto molta differenza, dato che rimanendo al Circolo sarei forse andata incontro ad una sorte più crudele. «È una cosa importante, per la miseria!», mi ritrovai poi ad urlare, affondando le unghie nelle sue braccia, che ancora mi reggevano.

   «È risaputo che i Custodi Grigi sacrificano ogni cosa per combattere la Prole Oscura», mi rammentò lui, cercando di farmi ragionare. «È per questo che a noi si uniscono soltanto coloro che sono mossi da ideali superiori o che non hanno nulla da perdere.»

   Mi presi del tempo per calmarmi. Inutilmente, perché mi accorsi che stavo tremando. «C’è altro che devo sapere?», lo supplicai.

   «Non che implichi la nostra vita», rispose Alistair, «ma in effetti sì. La corruzione del sangue ci crea delle difficoltà nella… riproduzione.»

   Chiusi le palpebre, raccogliendo tutto il mio autocontrollo. «Diventiamo frigidi? Impotenti?» A dire il vero non avevo mai scoperto le gioie del sesso, quindi, se anche così fosse stato, non ne avrei certo sentito la mancanza.

   «Cosa? No, no.» Alistair quasi rise, ed io lo fulminai con gli occhi. «Non so quanto sia vero», prese a spiegarmi con un certo imbarazzo, «ma pare che, anzi, da quel punto di vista acquisiamo addirittura parecchia resistenza.» Evitai di fargli notare l’implicita confessione che mi aveva appena fatto, e cioè che, come gli avevano rinfacciato alcuni nostri compagni ad Ostagar, egli non aveva mai conosciuto una donna. «Il punto è che i Custodi hanno difficoltà nel concepimento», riprese. «Possono mettere al mondo dei figli, certo, tuttavia è raro che accada. E solitamente non ci provano nemmeno, perché, sapete, hanno pur sempre la Prole Oscura a cui badare. Per lo stesso motivo, benché non siano proibiti, i matrimoni dei Custodi Grigi non sono visti di buon occhio.» Un po’ come quelli dei maghi, pensai. «Inoltre, se già è difficile per uno di loro concepire un bambino, per una coppia è quasi impossibile.»

   Non sentivo l’immediata esigenza di diventare madre, visto che, a causa della magia che scorreva nelle mie vene, avrei finito per condannare parte della mia progenie alla prigionia della Torre voluta dalla Chiesa; eppure quella era un’eventualità che non avevo escluso del tutto. Invece ora, quasi sicuramente, dovevo accantonare ogni fantasia al riguardo.

   «E voi… avete accettato tutto questo senza batter ciglio?»

   «Non l’ho mai detto», mi sorprese Alistair, gentile e paziente. Mi sovvenne che anche lui, come me, non avesse mai potuto pensare di mettere al mondo dei figli se fosse rimasto fra i templari. «Ma dal momento che qualcuno deve pur pensare al bene comune, e che questo fardello è capitato a noi, tanto vale fare il nostro dovere fino in fondo.» Invidiai il suo coraggio. Era talmente nobile che mi faceva vergognare di me stessa. «Tanto, presto o tardi, tutti noi dovremo recarci nelle Vie Profonde.»

   «Come facciamo a sapere quando?»

   Alzò le spalle. «Lo capiremo e basta. Non so bene come, sono una recluta come voi.» Si zittì per un attimo e poi mormorò: «Duncan… Lui mi aveva confidato che, dopo il Flagello, ci sarebbe andato.» La sua voce si fece più bassa, triste. Sapevo quanto gli aveva voluto bene, e adesso, benché fossi sconvolta dalle ultime scoperte, toccava a me sostenerlo. Potevamo anche essere degli eroi agli occhi della gente comune, ma la verità era che soffrivamo esattamente come tutti. «Non mi è rimasto niente di lui.»

   «Avete il suo ricordo.»

   «E lo porterò sempre con me», giurò solennemente. «Credete che sia sciocco?»

   Scossi la testa. «Non ditelo nemmeno per scherzo.»

   «Io… avrei voluto andare a rendergli omaggio. Ad Altura Perenne.» Aveva gli occhi lucidi. Mi si strinse il cuore. «Mi piacerebbe farlo quando tutto questo sarà finito.»

   «Forse allora verrò con voi», gli promisi, facendo scivolare le mie mani sulle sue. Nonostante tutto, glielo dovevo. Anche se mi rimanevano solo trent’anni di vita, Duncan mi aveva sottratto alla furia dei templari e mi aveva salvata mandandomi sulla Torre di Ishal con Alistair, al quale adesso cominciavo seriamente ad affezionarmi. Eravamo compagni, fratelli legati dalla stessa, meschina sorte. Probabilmente ci saremmo persino ritrovati a percorrere insieme il cammino di morte nelle Vie Profonde.

   Incrociò il mio sguardo, e nel suo lessi nuova speranza. «Vi ringrazio.»













Prima che mi sputiate addosso, vorrei puntualizzare una cosa, anzi due.
1. Non ho lasciato morire Sten perché mi stesse antipatico. L'ho fatto perché lì per lì non ero riuscita a liberarlo, e siccome questo è il primo GdR a cui gioco (a parte i primi della SNES basati sugli anime, ormai vecchissimi), ignoravo parecchie cose, a cominciare dal fatto che ero libera di tornare a Lothering (a patto che non avessi concluso un'altra missione di primaria importanza). Inoltre, siccome sono intelligente (ironia portami via), mi ero in qualche modo convinta che quella di liberare Sten fosse una missione secondaria. ... Adesso peserete bene le parolacce, vero? *puppy eyes*
2. Quando ho scritto Lì per lì mi sfiorò addirittura la folle idea che se la intendessero segretamente (riferito a Morrigan ed Alistair), non mentivo. A Lothering ho seriamente cominciato a shipparli, e pure di brutto. XDDD (A conferma che non avevo mai giocato ad un GdR del genere...) Anche qui mi ero convinta di una cosa sbagliata, e cioé che prima o poi mi sarei voltata verso di loro e li avrei trovati intenti a "suonar trombe" in un cespuglio. XD (Come attenuante posso dire che lo ha pensato anche mio fratello. Il che dimostra che certe cose, come l'idiozia, sono proprie dei geni di famiglia.)
Ovviamente queste non sono le uniche cretinaggini che ho fatto/creduto, anche se la più colossale di tutte sta ancora facendo ridere Atlantislux (che come al solito ringrazio per la disponibilità a farmi da beta). Avrete modo di leggere e di ridermi dietro anche voialtri, non temete.
Intanto mi fermo qui, ringraziando tutti i lettori, e Salice (Su Alistair e Morrigan non mi ripeto, ho già detto tutto su. XD), The Mad Hatter (Ecco, ora sai come Nimue ha interagito con Sten: non è stata un'amicizia molto lunga, però. XD) e NicoDevil (Se ti è piaciuta Morrigan nel terzo capitolo, dove ancora la stavo "testando", ho paura di sapere cosa ne penserai giunti al quinto... XD) per essere stati tanto gentili da lasciarmi due righe. ^^
Shainareth





  
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Dragon Age / Vai alla pagina dell'autore: Shainareth