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Autore: Sammael    07/03/2010    1 recensioni
Li attraggo, li affascino, li attiro intorno a me come se fossero insetti, e io il fiore. Un fiore che non ha spine, è appena nato, ma crescerà. Obbediscono a tutto ciò che dico, fanno ciò che desidero. Mi seguono correndo nel mercato, ma le mie gambe sono più lunghe, più svelte, più bianche delle loro. Li semino e li riprendo, li scaccio e li accolgo, a mio piacimento.
Ho sette anni, e mi sento il padrone del mondo.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Dovere e Bisogno.

«Kamal, non lo farai!».
Inarco un sopracciglio e sorrido all’espressione di Adel, osservando per un lungo istante i suoi occhi scuri, le sue sopracciglia aggrottate. Il mio sguardo scivola sulle sue mani, appoggiate sui fianchi in una posa che mi ricorda mia madre.
Rido. «Vuoi scommettere?» ribatto, avvicinandomi di un passo al trono. La sala enorme sembra accogliere il rumore dei miei piedi e rimandarlo alle orecchie di Adel. I suoi occhi si socchiudono ancora un po’. «Non puoi farlo e basta!» esclama, innervosito dal mio atteggiamento.
Ma è divertente farlo arrabbiare. Muovo ancora un passo e mi godo il suo viso.
Ho dodici anni, e in questo momento dovrei pulire gli intricati mosaici del pavimento della sala del trono – lo dimostra lo straccio stretto ancora fra le mie dita – ma l’oro intarsiato sullo schienale che è stato toccato solo e soltanto dal re di Persia e da suo padre prima di lui, mi è parso troppo bello e luminoso per potergli resistere. È proibito sedersi sul trono del sovrano, lo so io e lo sa Adel. Ma in questo momento la sala è deserta, non mi vedrà nessuno.
Adel mi si avvicina fissandomi negli occhi, come se guardandomi in quel modo potesse farmi desistere. Mi arriva molto vicino. Malgrado sia più grande di me, lo supero in altezza, e la cosa sembra non piacergli per niente. Ma nei suoi occhi di onice c’è qualcos’altro oltre alla rabbia, adesso, lo capisco subito. E so anche che davanti a quello sguardo diverso l’unica cosa che devo fare è sorridere.
E lo faccio, prima di mormorare: «Non finirò nei guai. Te lo prometto».
Adel non risponde. Continua a guardarmi e a non dire nulla.
«Starò attento. A quest’ora non arriverà nessuno».
Lui resta ancora in silenzio, e il mio sorriso svanisce.
«Perché devi fare sempre il contrario di ciò che è lecito?!» esclama all’improvviso, i pugni stretti. «L’altro giorno hai attraversato a nuoto il fiume quando tua madre ti aveva espressamente vietato di farlo, hai rubato gli aranci dall’albero del nonno di Ali, hai fatto scappare le capre e Amjad ha impiegato un’ora, un’ora, a calmarle e ricondurle nel recinto!» quasi urla. Adel sta urlando. Non trovo la voglia né la forza di ribattere, nemmeno quando aggiunge: «Se scoprissi che è vietato morire, saresti capace di ammazzarti solo per il gusto di infrangere una regola!».
Non so se essere mortificato, sorpreso o arrabbiato. È la prima volta che Adel si rivolge a me con simili parole, è la prima volta che lo vedo davvero irato. Non sorride, non sta sorridendo, e la mancanza di quelle sue fossette sulle guance sembra spezzarmi il cuore e farmi mancare il respiro. E non so come porre rimedio al suo dispiacere, perché non mi sono mai trovato in una situazione in cui il mio sorriso innocente di ragazzino non sortisce l’effetto sperato.
Non ho idea di cosa sto facendo – o non ne sono completamente sicuro – mentre mi avvicino a lui. Adel continua a guardarmi, ma adesso, come poco fa, c’è qualcos’altro nei suoi occhi. Sospetto, forse. Non mi importa. Gli prendo il viso fra le mani e accosto le mie labbra alle sue, perché mi sembra l’unica cosa giusta da fare e ho voglia di farla. Lo bacio, e le mie mani scivolano lungo le sue spalle strette quasi quanto le mie. E non è un gioco, come quelli che fanno gli altri ragazzini per la curiosità di scoprire il sesso: è bisogno, bisogno disperato di vederlo sorridere.
Adel non si scosta. Sento le sue labbra ferme e socchiuse contro le mie e, anche se ho gli occhi chiusi e non posso vederlo, so che è sorpreso. Lo so perché è il mio migliore amico, il mio complice, l’unica persona che voglio al mio fianco.
Adesso la bellezza e il luccichio dorato del trono non mi sembrano più così irresistibili.

Il cielo è stellato e ampissimo, davanti ai miei occhi. Colma i miei sensi e il mio campo visivo, sembra quasi soffocarmi. Mi lascio sfuggire un sospiro e Adel, sdraiato accanto a me, si porta su un fianco per potermi guardare in faccia.
Non volto la testa per ricambiare il suo sguardo. Continuo a osservare il cielo e mi sento immensamente piccolo e inutile, davanti a tutto questo.
«Non ti vedrò più, vero?» domanda Adel in un mormorio che a malapena riesco a sentire. Intuisco le parole perché è circa la centesima volta che le sento uscire dalla sua bocca.
«Perché, dove hai intenzione di andare?» chiedo a mia volta con un sorriso a metà. Piego le braccia dietro la testa e con quel lieve movimento l’erba morbida acquista un po’ di frescura e fa da refrigerante alla mia pelle.
Lancio un’occhiata ad Adel giusto in tempo per vedere il suo viso imbronciato. «Hai capito cosa intendo. Quando entrerai al servizio del re, non potrò più vederti. Non mi sarà permesso» dice, senza guardarmi.
È triste, lo sento dal suo tono. Anch’io lo sono, ma sono certo che le sue sono esagerazioni. So ciò che mi attende, nelle stanze del sovrano di Persia, che entro un paio di giorni diverranno praticamente anche le mie.
Il Kiyan ha espresso il desiderio di avermi come servitore privato. Mia madre me lo ha riferito qualche mese fa, e dai suoi occhi ho capito che era grata al sovrano per aver concesso a me e quindi a tutta la mia famiglia un tale onore, ma anche preoccupata per ciò che comporta un tale compito.
A me non importa. So cosa mi aspetta e so anche che sarà molto diverso dagli esperimenti compiuti finora sul corpo giovane e glabro di Adel, che non mi ha mai permesso di andare oltre qualche carezza e qualche bacio.
Sembra aver capito che fra breve non saremo più una cosa sola, e che non sarò più una sua esclusiva proprietà. Sento che sta male per questo, perché sono anni che ci apparteniamo. Siamo l’uno dell’altro, ma il suo senso del dovere gli impedisce di infrangere un ordine sottointeso del sovrano.
Ma, lo so e lo sa anche lui, il re di Persia potrà anche prendere il mio corpo e farne ciò che vuole, ma la mia anima è la stessa di Adel. E da lui non può essere separata.
«Ti amo, stupido» mormoro, accarezzandogli la testa.
E lui sorride.

  
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