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Autore: ila74cullen    07/03/2010    17 recensioni
Dopo mille ripensamenti, ho deciso che mi butto anch'io in questa esperienza!!! E' la prima volta che scrivo quindi abbiate pietà di me!! Dopo aver letto Midnight ed una moltitudine di FF su New Moon e Breaking Dawn visti dalla parte di Edaward, ho preso il coraggio a due mani e ho riscritto Eclipse dal punto di vista del nostro amato vampiro e spero di aver interpretato bene il suo conflitto e la sua gelosia!!
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Eccoci arrivati all’ormai consueto appuntamento domenicale …

Questo è l’ultimo capitolo, non dico nulla ci vediamo in fondo…

Buona lettura

 

ANGOLINO DELLA POSTA:

HALE LOVER: Ebbene sì!! Mi è piaciuto tantissimo far soffrire Jake XD XD ma sono anche molto contenta che hai apprezzato il mio EDDY! Grazie!

REBECCA73: Ti dico solo grazie … il messaggio in fondo è anche per te…

CHI61, YLE94, FIOREDIPESCO: Grazie con tutto il cuore.

NOIRE_DESIRE: Tutti i capitoli in una volta sola?? Ma sono lunghissimi!!! Sono lusingata… Grazie.

LOVE_VAMPIRE: Grazie della tua recensione, rimango sempre imbambolata quando ne leggo di così dolci… proprio come scelta personale ho cercato di non discostarmi dalla storia, è talmente bella che temevo di sciuparla con la mia inesperienza nella scrittura e rovinare un capolavoro come Eclipse con vaneggiamenti poetici, se non li sai scrivere, mi faceva star male. Sai, io sono una ragioniera, il massimo che posso scrivere è qualche stringatissima lettera commerciale, ho qualche problema ad improvvisarmi poetessa. Nei capitoli dove Edward e Bella sono insieme non si può modificare la trama o i dialoghi, ma in altri dove Edward non era presente ho cercato di mettere un po’ della mia immaginazione e spero sia piaciuta.

 CAPITOLO 20

 Erano finalmente spariti dall’orizzonte quando sentii, il corpo di Bella sciogliersi dalla tensione e svuotarsi dall’adrenalina che le aveva permesso di stare ancora in piedi. Se le mie braccia non fossero state avvinte al suo corpo sarebbe crollata come un castello di carte.

«Bella, amore, è tutto passato tranquilla, si sono allontanati non li percepisco più».

Alzò uno sguardo implorante verso di me e, con un filo di voce, mormorò.

«Non ti preoccupare, non è niente. Solo un po’ di tensione che se ne va. Voglio andare da Jacob.»

Volevo restare solo con lei … dovevamo parlare … avevo bisogno di sentirci ancora come un NOI, ma no, non poteva. Era giusto così. Dovevo aspettarmelo, era da lei.

«Non credo sia il caso, c’è tutto il branco con lui adesso»

«Voglio andare ora!» la sua voce si smorzò appena. «Ha bisogno di me. È stato ferito per proteggermi» le lacrime iniziarono a segnarle il volto «È il minimo che posso fare per lui … glielo devo.».

In fondo la capivo, aveva una qualche ragione. Non potevo darle torto, ma qualcosa dentro di me urlava un no… Comunque, volevo prima appurare con esattezza la sua salute e, poi, una volta accertato questo particolare l’avrei accompagnata io. Lo spettacolo sicuramente non sarebbe stato dei migliori e per lei questo poteva essere un nuovo shock e poi … “e poi al diavolo Edward! Ammettilo con te stesso che non vuoi lasciarla da sola con lui!”, era ridicolo continuare a bleffare con me stesso. Dovevo imparare ad accettarmi, l’insicurezza e la gelosia erano diventate parte di me.

“Edward, me ne occupo io.” Pensò Carlisle, avvicinandosi a noi. Aveva sicuramente percepito la mia difficoltà a rispondere e, come sempre, era intervenuto in mio soccorso.

«Bella, cara, non è il caso che tu venga con noi adesso. Non preoccuparti ti assicuro che non ti stiamo nascondendo nulla. Ma a casa di Jacob c’è tuo padre cosa penserebbe se ti vedesse arrivare insieme a noi.»

«Con voi?»

«Sì, con me ed Edward. Charlie sa che siamo a fare un’escursione e che te sei a fare shopping con Alice. Non possiamo far saltare la copertura. Capisci vero?»

Annuì debolmente, ma i suoi farfugliamenti incoerenti fecero intendere che non era molto convinta della soluzione. Non mi piaceva l’idea di allontanarmi da lei proprio ora, che era così fragile e impaurita, ma dovevo riconoscere che la soluzione di mio padre era la più accettabile al momento.

«Andrò anch’io Bella, appena Charlie lascerà la casa, verrò a prenderti e ti poterò da Jacob.»

«Prometti» sussurrò

«Te lo giuro amore» le risposi, sfiorandole la fronte con un bacio.

Alice si avvicinò piano e, prendendola in consegna dalle mie braccia, cominciò a raccontarle sciocchi quanto inutili aneddoti per sollevarle il morale.

Con ancora i suoi occhi supplichevoli puntati addosso, corsi per la foresta, insieme a mio padre, alla volta di La Push.

Per destare meno sospetti nella mente di Charlie, passammo a prendere la Mercedes di Carlisle e arrivammo, nel giro di pochi minuti, davanti alla piccola stamberga dei Black.

L’ultima persona che mi aspettavo di trovare, come comitato di accoglienza, fu il vecchio Billy Black. I suoi pensieri, inizialmente furenti, furono sostituiti da improbabili frasi di circostanza, fino ad esplodere in un semplice «Grazie. Sarebbe stato un problema portarlo in ospedale. Lei so che può aiutarlo e gliene sono grato.»

Per un uomo della sua età, vissuto nel ferreo rispetto delle trazioni che lo legavano al suo passato, arrivare a dire ciò doveva essere stato un sacrificio enorme. L’amore di un genitore verso i propri figli era davvero in grado di toccare vette altissime e di abbattere ogni tipo di pregiudizio.

«Farò del mio meglio Billy, mi faccia strada» rispose calmo Carlisle.

 

La casa era piccola e le imponenti dimensioni dei membri del branco, assiepati intorno al letto di Jacob, la facevano sembrare ancora più angusta.

Le grida di dolore di Jacob erano assordanti. Le offese che propinava a Nostro Signore, sua Madre e tutti i santi del Paradiso erano tra le più “colorite” che avessi mai sentito.

“Mi auguro che non tenga lo stesso linguaggio quando è in compagnia di mia figlia... Ma guarda chi c’è. Non dovevano tornare questa sera?” era Charlie. Era appena uscito dal cucinotto e aveva notato il nostro arrivo, mettendo il cervello in modalità FBI. Il nostro prematuro rientro aveva destando la sua curiosità «Ciao Edward, siete tornati in anticipo.»

«Buongiorno Charlie, sì siamo tornati prima, Esme e Rose volevano rincasare presto. Siamo passati dall’ospedale perché Carlisle voleva sincerarsi che non ci fossero stati problemi durante la sua assenza e l’hanno avvisato di quest’emergenza.»

«Davvero un brutto incidente. Non mi piacciono le moto. L’ho sempre detto a Bella. L’asfalto reso viscido dalla pioggia è pericoloso in auto, figuriamoci su due ruote lanciati a tutta velocità»

Ottimo. Il racconto della versione ufficiale dei fatti, riportato dai lupi, era stato molto convincente.

Non potevo dargli torto su quanto fosse pericoloso correre in moto, al solo pensiero di Bella sopra uno di quei rottami mi prendeva il panico. Ma mi sentii, comunque, in dovere di non far passare Jacob per uno scavezzacollo senza cervello. Era arrogante e molto irritante, a volte immaturo, ma non era certo un’irresponsabile. Aveva rischiato la SUA vita per difendere un suo compagno e per proteggere la ragione della MIA esistenza. Per quanto mi fosse permesso dovevo rivalutare la sua immagine.

«Sono sicuro che non è stata colpa sua.» intervenni. «Non è un imprudente.»

«Colpa sua o meno, guarda cosa è successo. Non mi piace l’influenza che ha avuto su Bella, gli sono grato che le abbia fatto compagnia ma non voglio che la trascini in questi “giochi pericolosi”. Mi raccomando a te Edward, tienila lontana da queste follie.»

Mi stava raccomandando sua figlia? Se non l’avessi sentito prima nei suoi pensieri, avrei stentato a credere alle sue parole. Stavo riacquistando punteggio? In cuor mio sperai che anche Bella volesse continuare a riporre in me la sua fiducia.

«Edward, puoi venire» chiamò Carlisle dall’altra stanza.

«Scusi Charlie»,

«Prego, vai pure ad aiutare tuo padre.» “Sì è decisamente un ragazzo ben educato, chissà cosa gli girò per la testa mesi fa?”

Già, era una domanda che mi ero posto più volte anch’io…

Entrai nella camera di Jacob, dei vari membri del branco era rimasto solo Sam. Le grida e le imprecazioni che uscivano dalla bocca di Jacob rasentavano l’assurdo. Carlisle alzò gli occhi dal suo paziente e con la sua solita professionalità emise la diagnosi.

«Come avevo immaginato le capacità di recupero dei lupi hanno iniziato il loro corso troppo rapidamente. Le ossa non si sono saldate in maniera corretta. C’è il rischio che possa rimanere menomato. Dobbiamo spezzargliele nuovamente… mi pare superfluo aggiungere che non si deve trasformare in lupo fino a che la guarigione non sia completa. Tenerlo d’occhio sarà compito tuo, Sam.»

Un brivido mi percorse la schiena. Nella mia mente era ancora vivo il dolore che aveva provato quando era stato attaccato, dover farglielo patire ancora una volta era un’atrocità. Nonostante tutto l’astio che provavo nei suoi confronti, non meritava una punizione simile.

«… Ho provveduto ad imbottirlo di morfina nella speranza che soffra il meno possibile, ma gestire il dosaggio per le loro dimensioni non è una cosa facile. Fra qualche minuto dovrebbe fare effetto e provvederò personalmente in quest’operazione, te e Sam tenetelo fermo, se facesse qualche movimento inconsulto rischierei di sbagliare.»

Detto questo, nel giro di pochi minuti, la tortura ebbe inizio. La morfina aiutò, anche se le grida di dolore e le imprecazioni non cambiarono di volume. Sam aveva annuito mentalmente a tutto il discorso di Carlisle, cosciente che non ci fosse altro tipo di soluzione per poter risollevare le sorti del suo gregario. Al momento, però, in cui si dovette passare ai fatti lo vidi irrigidirsi ed il suo corpo iniziò a fremere per gli spasmi tipici della metamorfosi. Carlisle si fermò, non disse nulla, alzò le mani in segno di resa e guardò Sam.

Le grida continuavano assordanti.

Solo pochi altri spasmi scossero il suo corpo e, dopo un profondo respiro, finalmente si calmò.

«Continui pure. So che è per il suo bene.»

Era nato del rispetto. Forse, finalmente, si poteva parlare di reale tregua fra le nostre razze. Il dolore di quel ragazzo non era stato inutile.

In poco più di mezzora le ossa erano nuovamente pronte per riprendere il loro processo di guarigione. Dal giardino circostante sentii la macchina di Charlie mettere in moto ed allontanarsi.

Il peggio era passato. Potevo andare a prendere Bella.

 

Alice l’aveva già avvisata. Ed in preda all’ansia, mi attendeva sotto il portico. Mi avvicinai senza il bisogno di dirle niente, la baciai sulla fronte, stringendola più forte a me.

«Come sta?»

«Gli ci vorrà qualche giorno, le ferite sono estese, ma tornerà in gran forma. Andiamo?»

Con un velo di tristezza sul volto annuì.

 

In pochi minuti eravamo nuovamente alla riserva. In piedi in fondo alla stanza, Bella stringeva la mia mano, senza essere in grado di distogliere lo sguardo da Jacob. Carlisle l’aveva rassicurata, il processo di guarigione stava procedendo bene, l’effetto della morfina aveva, finalmente, avuto la meglio ed il lupo era sprofondato in un sonno profondo. Restammo a vegliarlo per un paio d’ore, in silenzio. Più volte aveva tentato di avvicinarsi a lui, tenendo sempre ben stretta la mia mano ed altrettante volte era tornata scoraggiata sui suoi passi, tutto questo fino a quando Alice, con una telefonata, non la richiamò ai suoi “obblighi di scena”. Si stava facendo tardi e Charlie poteva insospettirsi.

«Dille che non m’interessa di Charlie, voglio essere qui quando Jake si sveglierà.» sentenziò, appena comprese il motivo della chiamata.

«Troppo tardi. Ha attaccato. Sta passando a prenderti. Ti prometto che resteremo noi con lui, tra poco torna anche Carlisle per il controllo. Ti giuro che se si sveglia ti chiamo subito»

«Non capisci! Non posso abbandonarlo ora!»

«Con tutta la morfina che gli ha somministrato Carlisle, dormirà per parecchie ore, puoi tornare da Charlie e ripassare da qua dopo cena. Lo troverai sicuramente sveglio.»

«Ma…»

«Ti prego Bella, hai bisogno di riposarti anche tu. Non farmi stare in pensiero.» e, dopo un bacio leggero sulla fronte, chinò il capo sconfitta.

«Mi chiami se dovesse peggiorare?»,

«Non accadrà. Ma stai tranquilla ti chiamo.»

 

L’auto di Alice parcheggiò nello spiazzo davanti alla casa. L’accompagnai fino alla portiera e aspettai che sparissero dietro gli alberi della riserva.

Dopo circa un’ora tornò Carlisle. Il dosaggio della morfina si dimostrava complicato, sembrava ancora soffrisse dolori atroci, decise quindi di raddoppiare la dose. Forse sarebbe riuscito a riposare un po’.

Tornai verso casa e trovai Alice ad attendermi seduta sul divano.

«Ciao.»

«Già di ritorno?» le chiesi, sedendomi vicino a lei.

«Abbiamo parlato un po’. L’ho accompagnata a casa e sono rimasta in ascolto… era tranquilla.»

«E …»

«Ha preso la sua decisione. Quella definitiva.»

«Le tue visioni …»

«Nessuna visione l’ho letto nei suoi occhi …»

«Vorrei crederti» dissi, nascondendomi il volto con le mani.

«Non te lo impedisce nessuno.» “Non è stato semplice per lei. Soffrirà molto. Restale accanto, anche se sembra che non lo desideri; stalle vicino. Non servono parole, la tua presenza è ciò che conta. È terribile che debba rinunciare ad una parte di qualcosa di così grande, ma ti assicuro che è perfettamente consapevole della sua decisione. Vi ama entrambi, ma senza di te le manca l’energia, la voglia di vivere. Come se un’eclissi perenne oscurasse la sua anima. Jacob le ha dato la forza di continuare ad andare avanti quando non c’eri,  ma era, comunque, un surrogato dell’energia che le dai tu.”

Guardai Alice senza riuscire ad aggiungere nulla. Avrei dovuto sentirmi sollevato dalle sue parole, ma l’idea di vederla soffrire ancora mi faceva mancare la terra sotto i piedi.

«Andiamo a caccia?» fu tutto ciò che fui in grado di dirle. Negli ultimi tempi mi ero nutrito poco, per non lasciare Bella mai sola ed ora si rendeva necessario placare la sete che mi bruciava in gola. Sarebbe stata una lunga notte ed era meglio tutelarsi.

Iniziammo a correre nella foresta, il vento mi sferzava il volto, la velocità riuscì a placare la valanga di pensieri che invadevano la mia mente. La piccola peste al mio fianco occupò la sua mente con altri pensieri, per lasciarmi il tempo di riflettere. Fu, comunque, una presenza discreta ed importante. Una sorella.

Bella, in quel momento, doveva già essere tornata alla riserva …

“Edward, non ti preoccupare … hanno bisogno di un chiarimento. Solo dopo avrà bisogno di te”. Pensò il folletto, tornando subito a far finta di niente. La ringraziai mentalmente per la sua vicinanza e tornammo a concentrarci sulla caccia.

Un branco di cervi incrociò il nostro cammino ed, in meno di una frazione di secondo, li facemmo nostri fermando l’arsura che ci pungeva la gola.

Riverso sulla mia preda riuscii solo a sentire la voce di Alice chiamarmi gridando. «Edward vai! Sta lasciando La Push.»

Non me lo feci ripetere due volte, in meno di un minuto ero da lei. Nell’abitacolo del pick-up la trovai riversa sullo sterzo, in lacrime. Aprii lentamente la portiera ed un cigolio stridulo la fece girare verso di me. Le sedetti vicino e, stringendola tra le mie braccia, iniziai a cullarla dolcemente. Avvertii in quell’abbraccio tutto il suo malessere.

Non cercava me in quel momento, una fitta lancinante mi passò da parte a parte.

Come dovevo comportarmi? Dovevo portarla da lui? Voleva che me ne andassi? Quella sensazione d’impotenza, adesso che avevo ricominciato a nutrire delle speranze, mi stava levando il respiro. Pensai ad Alice e rimasi in silenzio nell’attesa che il pianto si affievolisse. Quando finalmente le sentii chiedere di suo padre, riuscii a parlare. «Pronta a tornare a casa?» domandai dubbioso.

Tra un singhiozzo e l’altro, con la voce ancora rotta dal pianto, riuscì a chiedermi di riportarla in tempo, prima che suo padre telefonasse preoccupato a Billy Black.

Non ebbe nemmeno la forza di impedirmi di guidare. Cercai di non calcare la mano con la velocità per non farla agitare, mentre, con un braccio, continuai a stringerla a me. Lentamente la sentii sciogliersi.

Più volte tentò di fermare il pianto, ma le lacrime riprendevano a scendere sul suo viso ogni volta più copiose, con singhiozzi sempre più profondi.

Ero atterrito.

Non riuscivo a vederla ridotta in questo stato. Aveva scelto me, ma che prezzo stava pagando? Un tale sacrificio per me non era accettabile.

«Aspettami di sopra» mugugnò, quando parcheggiai nel vialetto di casa.

“Non permetterò che sprechi la tua vita così.” Pensai, stringendola ancora più forte a me, prima di sparire alla volta della sua finestra.

Ero già nella sua stanza quando sentii aprire la porta d’ingresso e avvertii i suoi passi, incerti ma veloci, nel tentativo di raggiungere le scale, eludendo  suo padre.

Lo stato in cui si trovava Bella non era certo dei migliori, il che lasciò a Charlie temere il peggio per Jacob. Una volta rincuorato non tardò a spostare la sua attenzione sulla figlia.

Poteva sembrare una persona scostante e poco incline al lavoro di padre, gli anni in solitudine dovevano averlo segnato parecchio, ma era un grande osservatore, specie se doveva scrutare nell’animo di sua figlia. Non era il tipo che si perdeva in inutili smancerie ed, in un modo o nell’altro, riusciva sempre a fare arrivare il suo messaggio. Non mi vedeva di buon occhio, comprensibile. In parecchie occasioni nemmeno io lo trovavo particolarmente simpatico, ma nutrivo, comunque, nei suoi confronti una grande stima. Sebbene si fossero sempre frequentati poco, se Bella era così lo doveva a lui. Sua madre era scappata di fronte ai problemi, lui forse aveva chiuso gli occhi in un primo momento, ma poi era rimasto. Era una presenza discreta, ma costante. L’unica cosa che lo terrorizzava erano le lacrime di sua figlia, le stesse che terrorizzavano anche me.

Se fossi stato un padre, avrei voluto avere quelle stesse qualità. Ma a me non era concesso.

«Non potevi aspettare un momento migliore?», domandò con disapprovazione. “Sembri impaurita della tua scelta?”

«Probabilmente no, papà, non avevo alternative. Per come si sono messe le cose ero costretta a scegliere... A volte, trovare un compromesso è impossibile».

“Certo anche Edward ha il suo bel caratterino, un po’ troppo ombroso per i miei gusti, ma se entra in gioco la sicurezza di Bella, è molto più responsabile … Jacob è un ragazzino … con quelle moto finirà molto male prima o poi.. Sono contento della sua scelta, non avrei mai pensato di dirlo, ma sono contento … spero di non averla influenzata parlandole prima di cena … le ragazze a questa età sono molto suscettibili … serviva sua madre … sono cose da donne …” «Come l'ha presa?».

Silenzio.

Lo sguardo che vidi riflesso nella mente di Charlie disse di più di cento parole.

«Salgo in camera», le sentii dire, dopo un altro breve scambio di battute. Il punto di rottura stava per arrivare.

Salì le scale, lentamente, un passo dopo l’altro, quasi che l’enorme peso di quella giornata la stesse infine schiacciando … le ultime ore erano state il macigno più grosso.

La maniglia della porta si mosse ed un lento cigolio annunciò il raggio di luce che le permise di entrare. Nella penombra si sedette, senza dire una parola, sul letto e lì, tremante e silenziosa, iniziò ad armeggiare con il braccialetto.

Voleva levarlo? “Questo non lo permetto! Non te l’ho chiesto e non te lo chiederò mai!”

«No, Bella», sussurrai, stringendole la mano. «Fa parte di ciò che sei».

Alzò gli occhi e mi fissò per un istante infinito, il suo sguardo si riempì di lacrime e non riuscii a far altro che stringerla a me, mentre i singhiozzi, ancora una volta, ripresero a scuotere il suo fragile corpo.

La cullai tutta la notte, fu una delle notti più lunghe che io avessi mai trascorso con lei, forse perché non avevo idea di cosa avrebbe portato l’alba del nuovo giorno.

Non dissi niente. Mi limitai a starle accanto. Non avrei mai permesso che affrontasse scelte simili da sola. Volevo farle capire che sarei sempre stato al suo fianco.

“Fa parte di ciò che sei” le avevo detto; perché le avevo detto così? Avevo odiato quel braccialetto dal primo istante che l’avevo visto e, adesso, non volevo che lo togliesse … Anche se erano passati pochi giorni da quando Jacob glielo aveva regalato, erano accadute talmente tante cose che la mia prospettiva si era totalmente ridimensionata. In lei convivevano due Bella, la mia e quella di Black. Simili, ma anche, profondamente, diverse. Una complementare all’altra.

I suoi singhiozzi non accennavano a smettere, si attenuavano e poi riprendevano sempre con maggior vigore. Amava anche Jacob, ma il legame che ci univa era talmente forte da essere morboso. Pensai ad Alice ed allo stesso tempo all’innocente opinione del piccolo Seth. Nel ricordare quello che avevo visto nei pensieri di Jacob quella mattina, di più di un mese prima, nel parcheggio della scuola, potevo capire quanto dolore avesse provato per la mia scomparsa e quanto fosse diversa ora la sofferenza che pativa per la sua scelta. Era differente, ma non per questo meno grande.

Come potevo essere stato tanto cieco.

Alice era sicura delle sue visioni, io avevo ancora qualche paura su quale dei suoi lati avrebbe avuto la meglio. Certo Una cosa era certa non le avrei mai imposto di rinunciare ad una parte di se stessa. Quando si ama dobbiamo accettare l’altro senza riserve, senza desiderare che sia diverso. La nostra separazione ci aveva fatto crescere entrambi. Non dico che fosse stato un bene, ma ci aveva permesso di superare quella fase dell’adolescenza, dove non ci sono dolori e preoccupazioni, dove riesci a vedere solo il lato bello delle cose, senza soffermarti sulle implicazioni delle tue azioni. Credi di avere il mondo in pugno, poi, improvvisamente, prendi atto dei difetti delle persone a te più care, quelle che hai sempre considerato perfette, ma, non per questo, le ami di meno e finalmente entri nel mondo reale.

Finalmente ero cresciuto anch’io, non ero più l’eterno adolescente di 106 anni.

Le sensazioni provocate dall’insicurezza, dalla vulnerabilità, dalla gelosia e dalla sconfitta erano state talmente nuove, che una volta entrate nella mia mente avevano dato origine a una serie di pensieri e congetture capaci di portarmi alla pazzia. Erano riuscite a farmi perdere il senso reale delle cose e a farmi dubitare di lei e del suo amore per me.

Avevo proseguito imperterrito verso il mio obbiettivo, senza dare il giusto peso ai suoi desideri. Volevo un matrimonio, ma lei lo desiderava veramente? Voleva essere trasformata ed io stavo tergiversando con ogni scusa possibile. Si era sentita rifiutata? Probabile. La desideravo alla follia, ma avevo fermato le sue avance. Era stato molto cavalleresco, ma l’avevo, comunque, ferita. Come potevo pretendere che non fosse così scossa alla rinuncia di una vita con Jacob? Ero stato egoismo allo stato puro, nascosto dietro la parvenza di un comportamento corretto. Era sbagliato. Ogni mio comportamento era stato sbagliato; ma adesso avrei rimediato. I desideri di Bella dovevano essere esauditi, dal primo all’ultimo. Chi ero io per negarle ciò che desiderava, ciò che, in fondo, anch’io desideravo, ma che avevo paura ad ammettere.

 

Era mattina inoltrata quando aprì gli occhi, ancora gonfi dal pianto, che solo poche ore prima si era finalmente placato. La guardai ansioso e preoccupato che potesse ricominciare.

«Ciao» disse, schiarendosi la voce

La fissai così palesemente turbato, che si preoccupò subito di tranquillizzarmi.

«No, sto bene. Non succederà più. »

“A giudicare dalla tua voce, avrei detto il contrario.”

«Scusa se ti ho costretto ad assistere. Non lo meritavi»

Il peso della sua scelta l’aveva tormentata tutta la notte. Se il suo dolore era tanto grande, perché voleva continuare a soffrire? Non volevo assolutamente che escludesse una parte così importante dalla sua vita. Le presi il viso tra le mani e, guardandola negli occhi, feci un ennesimo tentativo.

«Bella... sei sicura di aver fatto la scelta giusta? Non ti ho mai vista così addolorata...» se fossi stato in grado di piangere, in quel momento, l’avrei fatto sicuramente.

«Sì». Sussurrò baciandomi le labbra.

«Non lo so... Se soffri così tanto, com'è possibile che sia la scelta migliore?».

«Edward, so a chi posso rinunciare per la vita».

«Ma...».

«Non capisci. Tu saresti anche coraggioso o abbastanza forte da poter vivere senza di me, se fosse la scelta migliore. Io non riuscirei mai a sacrificarmi altrettanto. Devo stare con te. Non posso vivere diversamente».

“Ti giuro che non te ne pentirai.”

«Mi dai quel libro, per favore?», “Cime Tempestose … ancora …” «Ancora questo?».

«Volevo soltanto trovare una parte che ricordavo... per vedere come lo dice … Cathy è un mostro, ma qualcosa l'ha capita...». mormorò, sfogliandolo velocemente per trovare il passo che cercava «"Se tutto il resto perisse, e lui rimanesse, io continuerei a esistere; e, se tutto il resto rimanesse e lui fosse annientato, l'universo diverrebbe per me un'immensa cosa estranea"». Lesse lentamente, a bassa voce. Più per se stessa, che per me. «So esattamente cosa significa. E so di chi non posso fare a meno».

“Nemmeno io posso vivere senza di te. Ho provato, non ha funzionato … se non ci fossi tu, mi mancherebbe lo scopo per portare avanti la mia esistenza”

Era esattamente così.

Come potevo essere stato talmente cieco da non rendermi conto della forza del legame che ci univa, mentre mi crogiolavo nel vittimismo ed in un’insulsa gelosia.

Le sfilai il libro dalle mani, lanciandolo dall’altra parte della stanza, bloccandole le braccia sui fianchi.

Sorridendo mi avvicinai lentamente e, dolcemente, le sussurrai «Anche Heathcliff ha i suoi momenti di gloria “Non posso vivere senza la mia vita! Non posso vivere senza l'anima mia!”»

«Ecco … È proprio così».

“Ma non posso vederti in questo stato” «Bella, non sopporto che tu sia così disperata. Magari...».

«No, Edward. Ho combinato un vero disastro, e mi toccherà farci i conti per tutta la vita. Ma so cosa voglio, di cosa ho bisogno... e cosa devo fare, ora».

«Cosa dobbiamo fare ora?». “Dobbiamo, amore. Non te lo scordare mai. Siamo e saremo sempre in due.”

«Andiamo a trovare Alice». Sospirò ed un timido sorriso le nacque sulle labbra. Il primo dopo tante lacrime. Ne rimasi abbagliato.

Ero stato io a farglielo comparire. Ne fui orgoglioso.

 

Alice, già a conoscenza di tutto, ci aspettava nel portico sul retro.

“Impara a fidarti una volta per tutte della tua sorellina! Se ti assicuro che la visione è nitida, DEVI CREDERMI!!” pensò, facendomi l’occhiolino, mentre in un impetuoso slancio di entusiasmo assaliva Bella, che scendeva dal pick-up.

«Grazie, Bella!» Possibile che non fosse mai in grado di aspettare!

«Aspetta, Alice. Ho qualche condizione da porre».

“Dettagli!! Solo Dettagli!!” «Lo so, lo so, lo so. Dev'essere al più tardi il 13 di agosto, hai potere di veto sulla lista degli invitati e se esagero non mi rivolgerai più la parola».

Era un’illusa, se sperava di poter domare Alice. Se non ci riusciva suo marito, come pensava di poter avere qualche speranza lei?

«Ah, okay. Be', d'accordo. Vedo che conosci le regole».

«Non preoccuparti, Bella, sarà perfetto. Vuoi vedere il tuo vestito?» “lo sapevo che avevo fatto bene ad ordinarlo!!”

L’uragano Alice era entrato in azione, nulla l’avrebbe più fermata.

«Certo. … Ehm, Alice … Quando mi hai comprato un vestito?». Ostentava disinvoltura, ma già sapevo che tremava al pensiero di ciò che sarebbe stata capace di fare quel perfido folletto.

“Affronteremo insieme anche lei … non ti preoccupare.” Pensai, stringendole la mano. Alice, da sola ed a briglia sciolta, poteva essere più temibile di venti vampiri neonati inferociti. Le domande di Bella furono accuratamente evitate, dilungandosi in uno sproloquio sullo sconosciutissimo stilista che aveva avuto la fortuna di averla come cliente.

Poveretto.

Arrivati davanti alla porta della sua camera, mi lanciò un’occhiata furente, con gesto tanto rapido quando improvviso ci separò spingendomi fuori dalla sua stanza e chiudendosela dietro di sé. «Tu resti fuori». Fu l’unica cosa che le sentii gridare.

Se la tradizione doveva essere rispettata, tanto valeva farlo per bene. L’idea della sorpresa mi piaceva, più di quanto volessi ammettere. Mi allontanai giusto quanto bastava per poter distrarre meglio la mia mente dai suoi frenetici pensieri. Arrivai fino in camera mia e, immobile di fronte davanti alla vetrata che dominava il bosco, mi persi nei miei sogni ad occhi aperti.

“La tradizione …” molto romantico, certo, ma poco efficace. Ora tutto sarebbe cambiato.

Le grida mentali di giubilo di Alice, sovrastarono anche quelle realmente pronunciate. Al grido di «Grazie, Bella!» ero nuovamente fuori di fronte alla camera di mia sorella, per attendere la loro uscita.

Il piccolo ciclone schizzò fuori dalla sua stanza, senza degnarmi di uno sguardo, reclamando a gran voce attenzione di Esme per iniziare a dar vita alla sua folle impresa.

Era davvero convinta di ciò che aveva fatto? Forse Bella non si era resa veramente conto di quale ordigno infernale avesse innescato, chiedendole di farle da damigella.

Era già alle scale, che si girò strizzandomi l’occhio.

“Non dovrete preoccuparvi di nulla penserò a tutto io!! Pensate solo a fare TANTO ALLENAMENTO!! Siete in buone mani … LE MIE!” Rimasi sbigottito delle sue parole, era davvero impertinente, quelle cose non erano affar suo; doveva smetterla di sbirciare nel nostro futuro e nella nostra privacy; ma in quel momento la cosa che mi preoccupò maggiormente fu l’ultima sua affermazione, “eravamo nelle sue mani”… era una minaccia??

Erano passati pochi minuti, ma avvertivo la sua mancanza in maniera straziante.

Bella apparve, mesta, sulla porta.

«È stato molto, molto gentile» “e coraggioso” «da parte tua», le dissi.

«Mi sembra felice».

“e tu lo sei? Desideri davvero tutto questo?” pensai, carezzandole il viso, scrutandole gli occhi in profondità.

“Ok! Ho sbagliato ancora, ma a questo posso rimediare” «Usciamo. Andiamo alla nostra radura».

«Non devo più nascondermi, vero?».

“No amore non più … ed il tuo sorriso è splendido!” «No. Ormai il pericolo è passato».

 

La presi sulle spalle e cominciai a correre verso la radura. Impaziente ed confuso, che cosa mi dovevo aspettare? Ero pronto a gestire le conseguenze della mia scelta? Sarei stato in grado di fermarmi? Potevo mettere a tacere le mie convinzioni, una volta per tutte, ed assecondare il suo desiderio? Sì, sì ed ancora sì. Potevo e dovevo farlo, per lei. Per l’amore che provavo per lei.

Ci sdraiammo l’uno accanto all’altro e, titubante, le presi la mano, non era semplice il discorso che volevo affrontare, non volevo sembrarle sfacciato. Alla fine decisi di mettere da parte tutte le mie esitazioni e parlai.

«Tredici agosto?» chiesi con disinvoltura

«Così mancherà un mese al mio compleanno. Non volevo che cadesse troppo vicino».

“Proprio non ti vuoi rassegnare!” Sospirai. «Esme è nata tre anni prima di Carlisle. Lo sapevi? … Non ha mai contato granché».

«Ormai la mia età non importa, Edward. Sono pronta. Ho scelto la mia vita e voglio iniziare a viverla».

“l’eternità non può regalarti la gioia delle emozioni vissute nel loro reale momento” pensai carezzandola. «E il veto sulla lista degli invitati?».

«Non è che m'importi, però...» esitò. Non me ne stupii. «Non credo che Alice sentirebbe la necessità di invitare... i licantropi. Non so se... Jake si sentirà di... di dover presenziare. Non voglio che sia indeciso, che tema di offendermi se non si presenta. Questo glielo voglio risparmiare».

“Questo non lo trovo giusto, non devi escluderlo dalla tua vita. La decisione spetta a lui. Se fossi stato io al suo posto avrei voluto poter scegliere. Non gli negherò questo diritto e non negherò a te il piacere di aver vicino, in un giorno così importante, una persona a te tanto cara.” Ora basta però, doveva spiegarmi perché si sentiva in obbligo di accontentare le esigenze dell’intero universo mettendo in secondo piano le sue. Me per il matrimonio, Alice per la sua organizzazione, Jacob che non doveva sentirsi in obbligo di presenziare. A lei non interessava niente di tutto questo, perché questa farsa adesso? Perché non voleva accontentare un po’ anche se stessa? Ero stato io a iniziare questo ricatto ed ora vi avrei posto fine. Anche i suoi desideri dovevano essere rispettati, in questo momento, per me, erano più importanti di qualsiasi altra cosa.

Le cinsi i fianchi e la portai sul mio petto.

«Dimmi perché fai tutto questo, Bella. Perché adesso hai deciso di lasciare carta bianca ad Alice?».

Mi fissò un minuto e con un filo di voce cominciò. «Prima di uscire per andare da Jacob, mio padre mi ha chiesto un favore, Edward, con queste testuali parole “È come se sentissi... che presto ti perderò. Mi avvertirai, prima di prendere decisioni importanti? Prima di scappare con lui o cose del genere… Concedimi la possibilità di abbracciarti e dirti addio” Non posso negarglielo capisci? Non è giusto che Charlie resti escluso da tutto questo. E come lui Renée e Phil. Tanto vale lasciar divertire Alice. Magari sarà più facile per Charlie, se riesce a salutarmi come vorrebbe. Anche se pensa che sia troppo presto, non voglio privarlo della possibilità di accompagnarmi all'altare».

Sì, era giusto. La sua decisione nei confronti dei suoi genitori era corretta. Quello che continuavo a non capire era perché volesse assecondare Alice. Potevamo pretendere una cerimonia intima, solo con le nostre famiglie.

«Se non altro, mia madre, mio padre e i miei amici saranno al corrente della parte migliore della scelta, il massimo che mi è consentito di rivelare. Sapranno che ho scelto te e che viviamo assieme. Sapranno che sono felice, ovunque mi trovi. Penso sia il massimo che possa fare per loro». Continuò piano.

“Per tuo padre sì, per gli altri no. Quindi, o tutto o nulla, prendere o lasciare.” «Non ci sto» dissi, prendendole il viso tra le mani.

«Cosa? Rinunci? No!».

«Non rinuncio, Bella. Terrò fede al mio impegno. Ma tu sei libera. Alle tue condizioni, senza malintesi».

«Perché?».

«Bella, ho capito tutto. Stai cercando di fare felici tutti quanti. E a me dei sentimenti altrui non importa. Ho bisogno di sapere che tu sei felice. Non preoccuparti di dare la notizia ad Alice. Ci penserò io. Ti prometto che non ti farà sentire in colpa».

«Ma io...».

«No. Facciamo a modo tuo. Perché a modo mio non funziona. Dico che tu sei testarda, ma guarda cos'ho combinato io. Mi sono aggrappato con stupida ostinazione a una mia idea di felicità e ho finito per farti del male. Nel profondo, di continuo. Ormai non mi fido più di me stesso. Puoi essere felice a modo tuo. A modo mio non va mai bene. Quindi … facciamo a modo tuo, Bella. Stasera. Oggi. Prima è, meglio è. Parlerò con Carlisle. Pensavo che magari, se ti diamo una bella dose di morfina, non farà così male. Vale la pena di provare».

In quel momento il solo pensiero di vederla trasformata in vampira mi colpì nel profondo, ma era l’unico modo per non perderla più. L’atto più egoista, mascherato di generosità, che potessi compiere nei suoi confronti. Ero egoista per natura. Lo sarei sempre stato.

«Edward, no...».

«Non preoccuparti, Bella, amore. Non ho dimenticato il resto delle tue richieste». Le sussurrai, ponendole un dito sulle labbra, per poi riprendere a baciarla avidamente.

Le sue mani furono tra i miei capelli, le sue labbra si mossero morbide ma determinate sulle mie, avvertivo una strana titubanza, desiderio e impazienza mescolati a timore e paura. Mi staccai dalle sue labbra giusto il tempo per farle prendere fiato, lasciandole una scia di baci che mi portarono fino al suo collo dove il richiamo del suo sangue si faceva sempre più pressante. Ed insieme rotolammo sull’erba, finché non mi trovai sopra di lei.

«Basta, Edward. Aspetta».

“La tua voce ti tradisce amore, non mi sembri convinta …” «Perché?» sussurrai suadente, lasciandole una lenta scia di baci sul collo.

«Non voglio farlo ora».

“non erano queste le tue intenzioni l’altra sera …” «Ah, no?», le domandai, spostando i miei baci sulla sua bocca. Assecondò il mio bacio, le sue mani s’intrecciarono nuovamente nei miei capelli per avvicinare meglio i nostri corpi.

“Mi fai impazzire …” I respiri si affannarono, il suo sangue pompava veloce e il suo splendido profumo m’inebriò la mente.

“Ci vuole un attimo Edward, solo un attimo … rispondi al richiamo della tua cantante … ORA!” un fiotto di veleno mi riempì la bocca.

Strinsi gli occhi e, con tutte le forze che avevo, ripresi possesso di me. “Non vincerai mostro, non te lo permetterò!”

Avvertii le sue mani sciogliersi dai miei capelli, per scivolare lentamente sul mio petto. Provò a scostarmi.

Controvoglia l’assecondai.

Solo di pochi centimetri.

“So che lo desideri amore, non ti respingerò, non lo farò, non questa volta, non più … è questa la tua paura?” pensai fissandola intensamente. «Perché?», le chiesi con un tono che, da solo, la diceva lunga sul desiderio che avevo di lei. «Ti amo. Ti voglio. Adesso». “Anche il ghiaccio brucia. Non te lo scordare.”

Provò a replicare, aprì la bocca più volte, ma, boccheggiando, non riuscì a proferire parola. Solo dopo svariati tentativi, aggirando le mie labbra riuscì a balbettare un timido «Aspetta, aspetta»

“Non voglio più aspettare!” «Io no di certo», mormorai, sempre più rapito.

«Per favore», esclamò, quasi supplicando.

Che cos’era cambiato da due sere prima? Era l’idea di Black che la frenava? Che tipo di scrupoli si stava facendo adesso?

Con una smorfia di delusione in volto mi allontanai da lei, sdraiandomi al suo fianco.

I nostri respiri, ancora affannati, ripresero pian pano regolarità.

Spesso avevo problemi a comprendere le motivazioni dei comportamenti di Bella e, questa, era esattamente una di quelle occasioni … Non provava più la stessa attrazione di poche sere prima, per me? O c’era dell’altro?

«Dimmi perché no, Bella. E spero che non mi riguardi».

«Edward, per me è molto importante. Io voglio fare le cose per bene».

“Non era questo il segnale che il tuo corpo mi aveva lanciato” «Secondo quali criteri?»

«I miei».

“Da quando in qua?” pensai, appoggiandomi su un gomito per poterla squadrare meglio.«E come farai le cose per bene?».

«Con responsabilità. Tutto nell'ordine giusto. Voglio salutare Charlie e Renée nel modo migliore. Non priverò Alice del suo divertimento, perciò organizzerò lo stesso un matrimonio. E mi legherò a te in ogni maniera umana possibile, prima di chiederti di rendermi immortale. Voglio solo rispettare le regole, Edward. La tua anima è troppo, troppo importante per me, non posso rischiare. E non mi smuoverai di un centimetro».

“Non ho più l’anima, Bella. Anche se l’avessi sarebbe già tua, la mia anima sei tu … Ti voglio, adesso!” ma, guardandola negli occhi, capii che sarebbe stato inutile insistere. «Magari potessi», mormorai, con la voce ancora roca dal desiderio.

«Ma non lo faresti, non se sapessi che questo è ciò che desidero davvero». Rispose cercando di nascondere il vacillare della sua fermezza.

«Non stai giocando pulito», l’accusai. Mi stava ripagando con la mia stessa moneta. “Ma sei molto più adulta di me”

«Non ho mai detto di volerlo fare». Il sorriso le illuminò il volto.

“Touché.” «Se cambi idea...» le risposi malinconico.

«Sarai il primo a saperlo, te lo prometto». “Me l’auguro …”

Su quel pensiero avvertii le prime gocce di pioggia bagnare il terreno. Bella fissò le nuvole, come se cercasse un’ispirazione per parlare.

«Ti porto a casa». Le dissi, asciugandole le piccole gocce di pioggia che le avevano imperlato il viso. «Non è la pioggia il problema», mugugnò. «Vedi, è giunto il momento di fare qualcosa di molto fastidioso e probabilmente pericolosissimo».

“Cos’altro ci può essere di talmente pericoloso che respingere un vampiro rapito dalla passione? Hai intenzione di tuffarti ancora dalla scogliera?” La fissai allarmato.

«Per fortuna sei antiproiettile», sospirò.

“Prego?”

«Ho bisogno dell'anello. È ora di dirlo a Charlie».

In effetti, sì. Era una missione decisamente pericolosa. Molto pericolosa. Con suo padre non potevo certo usare il mio fascino per calmarlo, perché sicuramente si sarebbe agitato; con sua madre sarebbe stato molto più semplice. Ma avrei cercato di fare, comunque, del mio meglio.

Potevo solo aprirgli il mio cuore e dirgli quanto amavo sua figlia e quanto fosse importante per me.

«Pericolosissimo, certo. Se non altro, stavolta non dovremo nascondere le nostre tracce». Le risposi ridendo e, dalla tasca dei jeans, recuperai l’anello di mia madre e lo rimisi nel posto che era suo di diritto.

Nell’unico posto dove volevo vederlo per l’eternità.

 

FINE

 

 

Ora che siamo arrivati proprio alla fine non so veramente più cosa dire…

Vorrei ringraziare prima di tutto la cara Zia Steph, perché con i suoi splendidi personaggi mi ha aperto un mondo e perché senza di loro tutto ciò non sarebbe esistito.

 Questa ff è in assoluto il mio primo esperimento di scrittura, anche se è stato un lavoro di sottotesto (poiché la storia di base esisteva già) ne sono orgogliosa perché mi ha dato l’opportunità di conoscere tutti voi. Con alcuni ho avuto modo di approfondire l’amicizia e spero di poterla continuare, con altri c’è stato solo uno scambio di poche battute ma è stato comunque divertentissimo.

Grazie per esservi affezionati alla mia storia e per la fedeltà con cui l’avete seguita. Grazie per i commenti che avete lasciato, per le parole di incoraggiamento e per le critiche che mi hanno spronato a migliorare. Grazie anche per avermi inserito nei vostri preferiti e seguiti, non avrei mai creduto di poter arrivare a 106 preferiti e 97 seguiti. Essere inserita inoltre tra gli autori preferiti di 7 di voi ha dato un’impennata alla mia autostima.

Federica (la mia beta) mi chiede di ringraziarvi per la pazienza che avete avuto nell’attendere che ogni capitolo venisse betato e si scusa per i ritardi. Sappiate che se non ci fosse stata lei posso affermare con certezza che difficilmente avreste visto la conclusione della storia in tempi brevi.

Proprio grazie alle sue idee posso dirvi che oserò con Breaking Dawn. Non Subito, ma oserò … (contenta Annalie?)

 Grazie, grazie ed ancora grazie a tutti!!

Un abbraccio

Ilaria

  
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