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Autore: Aya88    11/03/2010    4 recensioni
A volte il passato può essere doloroso, ma si cerca ugualmente di andare avanti e si può giungere a pensare di averlo superato. Quando però ritorna insieme alla sofferenza e ai sentimenti negativi che l'avevano caratterizzato, le certezze acquisite crollano e per non crollare con esse è indispensabile il sostegno di chi ci sta accanto.
E' questo quello che capiranno i protagonisti, chi in un modo, chi in un altro, tra indagini poliziesche e banchi di scuola.
Prima long-fic, spero possa piacere a qualcuno.
Paring: KakaSakuNaru, InoShika, TsunadeJiraiya, AsumaKurenai.
Genere: Generale, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kakashi Hatake, Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Capitolo V

Non puoi odiare una persona fino a quando non capisci
come diventerebbe la tua vita se l’amassi.

(Jodi Picoult, Senza lasciare traccia)

Come era prevedibile l’abitazione degli Hyuga era ubicata in uno dei quartieri più noti e ricchi di Konoha, dove era possibile imbattersi in bar e locali raffinati, negozi dai prezzi inaccessibili e uomini d’affari vestiti di tutto punto. Per raggiungere la zona, i due poliziotti impiegarono un buon quarto d’ora e fu Sakura a guidare la vettura, così da risparmiare al collega un altro stress da parcheggio e ripagarlo delle preoccupazioni che durante la mattinata gli aveva procurato. Dal canto suo, Naruto gradì molto tale decisione perché ebbe l’opportunità di osservare l’amata in tutto il suo splendore, e ciò con l’inevitabile effetto di imbarazzarla. Quando riuscirono, infatti, ad individuare l’edificio che cercavano e a trovare un buon posto dove sostare, la ragazza spense l’automobile, lasciò scivolare le mani dal volante alle ginocchia e si voltò verso di lui con le gote arrossate e uno sguardo che esprimeva disorientamento.
“Hai finito, vero?” Gli chiese con tono di finto rimprovero.
“Di fare cosa?” Replicò l’altro candidamente ma con un’espressione sorniona sul volto.
Sakura emise allora un sospiro divertita, chiudendo gli occhi e reclinando leggermente il capo, poi sentì la mano di Naruto scompigliarle con dolcezza i capelli e la sua voce che la invitava a seguirlo. Pervasa da una sensazione di calore, incurvò le labbra in un sorriso, pensando che avrebbe voluto serbare per sempre i ricordi di simili momenti spensierati in modo da poterli contrapporre a quelli dolorosi. Sentendosi rassicurata e protetta da questa idea scese dall’abitacolo e raggiunse in fretta il collega, che l’aspettava all’ingresso del palazzo.
I due chiesero informazioni al portiere, un uomo basso e tarchiato, che li indirizzò al secondo piano; lì si avvicinarono alla porta sulla destra, che presentava una targa color oro con la scritta ‘Famiglia Hoshima’, e bussarono. Nel giro di pochi minuti giunse ad aprirli una giovane donna, i capelli raccolti in uno chignon e indosso un classico tubino grigio ricoperto da un grembiule bianco privo di fronzoli. Nel trovarsi di fronte i due giovani la cameriera rimase alquanto stupita, poiché la sua datrice di lavoro non aveva né figli né nipoti; ma, quando il poliziotto biondo le mostrò il proprio distintivo, intuì subito il motivo della loro presenza e li lasciò entrare. Come era sua abitudine, accompagnò gli ospiti in salotto esortandoli ad accomodarsi sul divano e annunciando che avrebbe avvertito la padrona di casa, poi si allontanò mentre i due si sedevano seguendo il suo invito.
Durante il tempo d’attesa, l’attenzione di Naruto si concentrò sui diversi elementi che costituivano l’arredamento lussuoso della sala. Oltre che sul divano in tessuto damascato e dalla tinta color sabbia, di cui osservò i raffinati arabeschi dorati, il ragazzo indugiò con lo sguardo sui tappeti turchi in seta, sulle eleganti tende bianche, sul tavolo ovale adornato con candelabri in argento, sul mobile intarsiato con sportelli a specchio e soprattutto sul pendolo a muro posto proprio di fronte a lui. Non aveva mai visto dal vivo nessuno di quegli oggetti di pregio, ma l’orologio con il suo andamento ritmico e scintillante lo aveva praticamente affascinato. Seduta al suo fianco, Sakura notò l’espressione meravigliata e di pura curiosità che ne dipingeva il volto, e le sembrò quasi di avere davanti un bambino alle prese con l’esplorazione di una casa abbandonata, dove ogni piccolo particolare poteva rivelargli un segreto affascinante. Inizialmente il paragone di Naruto con un fanciullo investigatore la indusse a pensare che dopotutto la realtà non era molto diversa, ma ben presto si insinuò nella sua mente un’altra considerazione: l’atteggiamento del collega poteva in qualche modo avvalorare l’idea che aveva maturato da quando si frequentavano anche al di fuori dell’ambiente lavorativo, e cioè che il giovane non avesse avuto una vita agiata.
Era giunta a tale conclusione mettendo insieme diversi frammenti, dall’ordine che regnava nell’appartamento del poliziotto alle sue buone capacità culinarie, dalla cura con cui l’aveva visto svolgere alcune faccende domestiche alla parte dello stipendio che versava a sua madre. Ovviamente era anche possibile che la sua supposizione non trovasse nessun fondamento logico in quegli elementi, tuttavia non era riuscita ad accantonarla, tanto che avrebbe cercato di dissipare i suoi dubbi se Naruto non si fosse mostrato sfuggente sulla sua vita familiare. Insistere sull’argomento le era invece sembrato invadente, e ne era ancora convinta, sebbene in quel momento avrebbe voluto sapere tutto. All’improvviso avvertì una strana sensazione e, non riuscendo a darle un nome, la scacciò per rivolgere di nuovo la sua attenzione al partner, che continuava a fissare le oscillazioni del pendolo. Dopo aver controllato rapidamente che non arrivasse nessuno, si girò di lato puntellandosi con una mano sul sedile del divano e lo chiamò. Naruto interruppe la propria contemplazione e si voltò a guardarla ritrovandosi a pochi centimetri dal viso della ragazza.
“Puoi aspettare quanto vuoi, ma l’orologio non farà cucù.” Lo canzonò quest’ultima con bonaria ironia.
Sulle prime il poliziotto rimase spiazzato, poi, vedendo comparire un sorriso sulle sue labbra, colse il significato che esse sottintendevano e si portò una mano dietro il capo imbarazzato.
“Ah, ma certo.” Si affrettò a dire a mo’ di scusa.
Sakura provò l’istinto irrazionale di baciarlo- un Naruto impacciato era sempre troppo buffo-, tuttavia si trattenne con un tempismo provvidenziale; proprio in quel momento, infatti, giunse la padrona di casa, che non avrebbe affatto considerato un buon biglietto da visita trovarli in atteggiamenti intimi.
Era una donna sulla cinquantina, bassa e di corporatura minuta, il viso segnato ormai da alcune rughe insistenti, che insieme agli zigomi alti e a due scuri occhi indagatori creavano un’espressione perspicace e seria. La stessa serietà era avvertibile nel tono di voce con cui esordì, scusandosi per averli fatti attendere.
Costretti a recuperare un po’ di professionalità, i due poliziotti si alzarono subito, cercando di nascondere il proprio disagio per la situazione. Istintivamente si chiesero se la donna avesse intuito qualcosa, ma nulla nei suoi atteggiamenti lo lasciava trapelare.
“Si figuri, non c’è problema, anzi, ci scusi lei per il disturbo, ma purtroppo dobbiamo farle delle domande.” Disse l’ispettore, ritornando a concentrarsi sull’indagine.
“Sì, lo immaginavo. La notizia sulla morte del signor Hyuga si è diffusa rapidamente.” Rispose quella, per poi andare a sedersi sulla poltrona che affiancava il divano invitandoli a fare altrettanto.
“Qualunque cosa vogliate sapere sono a vostra completa disposizione, sperando davvero di potervi essere utile”.
“Grazie. Anche noi lo speriamo”.
La volontà di collaborare era sempre un buon inizio, pensò Naruto mentre la ringraziava.
“Cosa sa dirci sulla situazione familiare degli Hyuga?” Continuò.
“A essere del tutto onesta non è una storia piacevole.” Cominciò la donna già preparata alla domanda, cercando di soppesare le parole.
“Quando la signora Hyuga è morta, più o meno otto anni fa, la sua scomparsa è stata un duro colpo per il marito e per le povere figlie. Ha spezzato la loro serenità. Certo, la perdita di un genitore, soprattutto di una madre, finisce sempre per cambiare la vita di una famiglia, però, vedete… “.
Si interruppe brevemente, consapevole di dover introdurre un argomento spinoso.
“Il signor Hyuga non ha trovato altro modo per affrontare il dolore se non l’alcool”.
“Cosa? Era un alcolista?” Intervenne Sakura perplessa.
Non si sarebbe mai aspettata che un uomo distinto e con una certa notorietà potesse avere un simile vizio senza che la sua immagine pubblica ne risentisse; ma, evidentemente, la faccenda era stata tenuta ben nascosta.
“Sì, sfortunatamente è così.” Le confermò la loro interlocutrice.
“E come fa a saperlo con certezza, signora?” Chiese Naruto atono.
Con il suo lavoro era facile imbattersi in storie simili, ma sentire pronunciare la parola alcool non lo lasciava mai indifferente: ogni volta una fitta impercettibile, e in quel caso inevitabile.
“Beh, la gente ama parlare, e c’è da dire che ne ha avuto modo.” Spiegò la donna.
“Ormai da diversi anni, una sera sì e una no, il signor Hyuga tornava a casa ubriaco, accompagnato da qualche dipendente della ditta. Non era affatto un mistero”.
“Capisco. E riguardo ai rapporti con le figlie o con altri parenti? E’ a conoscenza di qualcosa?”.
“Ogni tanto mi è capitato di parlare con Yumi, la loro governante. Dopo la morte della madre è stata lei ad occuparsi quasi a tempo pieno delle due ragazze. Da quello che ho potuto capire c’erano dei problemi con la più grande, cioè con Hinata, ma non saprei dirne il motivo. Fatto sta che qualche anno fa è anche scappata. Poi, ecco, non so se è importante…”.
“Che cosa, signora? Anche il più piccolo particolare può essere importante.” Insistette l’ispettore.
Per quanto non gli piacesse, quella che si andava profilando sembrava una buona strada.
Al suo fianco anche Sakura intuiva la necessità di approfondire, ma nello stesso tempo sentiva che il tono inespressivo di Naruto era piuttosto strano.
“Mi riferisco alla notte in cui Hinata fu riportata a casa dalla polizia, dopo la tentata fuga.” Continuò la padrona di casa.
“Eravamo quasi tutti nel cortile in quel momento, e il signor Hyuga diede uno schiaffo alla figlia. Sicuramente si trattò di un gesto legato alle contingenze, per sfogare la preoccupazione, però i più maligni hanno voluto vedere nella passività della ragazza qualcosa di più. Insomma hanno iniziato ad insinuare che la picchiasse, ma davvero, per me, è solo un’illazione, un’infamia senza alcun fondamento” Concluse con un certo fervore.
E intanto il poliziotto avrebbe preferito non sapere, sebbene rientrasse nel suo dovere.

“Non mi ha convinto.” Esordì Sasuke già seduto alla propria scrivania da un bel pezzo.
Apparentemente non sorpreso, l’ispettore Hatake staccò lo sguardo dal computer per rivolgerlo al collega; anche lui sul lavoro non dava particolare prova di loquacità, ma la silenziosità dell’Uchiha in certi casi restava davvero un mistero incomprensibile.
“Sasuke, capisco che prima risolviamo il caso e meglio è, ma se chiarissi le tue affermazioni sarebbe molto utile.” Disse cercando di non dare alla sua osservazione il tono di un vero e proprio rimprovero. Dalla risposta che seguì capì però che il suo tentativo era fallito.
“Stavo per farlo, tranquillo.” Replicò l’altro secco, per poi continuare come se nulla fosse, con totale professionalità.
Da quando era entrato in quel distretto, non si era mai sbilanciato nel mostrare le proprie sensazioni, se non con piccolissimi segnali che scomparivano ben presto nel nulla.
“Il ragazzo” Disse, “afferma di aver conosciuto la vittima solo relativamente all’ambiente sportivo e di aver lasciato agitato la palestra per via di un amico che aveva avuto un incidente. L’incidente sarebbe avvenuto a nord di Konoha. Comunque i suoi atteggiamenti non mi hanno convinto, per me mentiva.”
“Capisco. Vediamo di controllare subito questo presunto alibi, allora.” Rispose Kakashi. “Ho un amico tra quelli della stradale e oggi doveva essere di turno. Lo chiamo subito”.
Come al solito Tenzo era al momento giusto nel posto giusto, pensò tra sé e sé.
“Intanto io vado un attimo da Izo-san. Prima mi ha fermato e sembrava che dovesse dirmi qualche cosa.” Lo informò Sasuke, vago come tutte le volte che oscillava tra verità e menzogna.
Kakashi annuì, poi avviò la telefonata mentre il collega lasciava l’ufficio; nel giro di alcuni minuti una voce familiare interruppe lo squillare a vuoto del cellulare.
“Ohi, Kakashi! Che è successo per chiamarmi nell’orario lavorativo? Una bomba oppure un sequestro?” Chiese quella ironicamente.
“Ciao, Ten. Sempre molto divertente. Ma mi dispiace deluderti, si tratta di un semplice incidente”.
“Ma va, tanto per cambiare, direi”.
“Dipende. Se è avvenuto realmente, sì. Altrimenti può esserci piuttosto utile. Dovrebbe essere successo nella zona nord di Konoha, tra le nove e le undici di stamattina”.
“Uhm, fammi pensare un attimo… un incidente da quelle parti mi risulta, però era verso mezzogiorno. Sì, più tardi non poteva essere”.
“Perfetto. Grazie mille. Sempre molto disponibile”.
“Se, figurati, e il do ut des dove lo metti. Mi devi una birra al più presto”.
L’ispettore non ebbe nessuna difficoltà nell’immaginare il sorriso beffardo con cui l’uomo all’altro capo del telefono aveva sicuramente pronunciato quella frase.
“Praticamente” Continuò quello in tono più serio, “riuscivamo di più a vederci quando lavoravi nel distretto di Oito che ora che sei a Konoha”.
“Hai ragione. Appena possibile, allora. Ciao Ten e grazie ancora”.
Così congedato l’amico, Kakashi staccò la telefonata e subito dopo Shizune attirò la sua attenzione.
“Telefonata di lavoro?” Gli chiese la donna.
“Buongiorno, Shizune. Sì, era per un indagine. Ma immagino che anche tu sia qui per questo”.
“Beh, sì. Se poi qualcuno volesse prendere il telefono non solo per il lavoro, il mio numero lo conosce”. Ammiccò maliziosamente l’altra mentre avanzava verso di lui; senza attendere un permesso o qualcosa di simile, si accomodò sulla sedia di fronte alla scrivania dell’ispettore.
“Gli dirò di tenerlo a mente”. Replicò pacato Kakashi, e non mentiva. Forse avrebbe dovuto pensarci seriamente, accantonare il passato e proiettarsi nel futuro. Peccato che prima della sua testa dovesse riuscire a convincere il suo cuore.
“Lo spero.” Disse la dottoressa sorridendo. “Comunque, tornando al lavoro, credo che l’autopsia possa esservi molto utile”.
“Come mai?” Domandò il poliziotto con interesse.
“Allora, prima di tutto la fascia oraria del delitto si può restringere tra le dieci e le undici, ma la cosa più importante è un’altra: la vittima faceva uso di anabolizzanti. Insomma, trattandosi di un pugile professionista, siamo chiaramente nel doping e dunque nell’illegalità. Ma di sicuro non devo insegnarti il tuo lavoro, scusami”.
“Non preoccuparti. Comunque indubbiamente può aiutarci. Grazie per i risultati molto rapidi”.
“Di nulla, dovere. Ah, a proposito, avverti i tuoi colleghi che riguardo all’autopsia di Hiashi Hyuga sapranno tutto domani mattina. Doveva occuparsene un mio assistente, ma c’è stato un disguido, mi dispiace.”
Shizune imprecò mentalmente; odiava scusarsi per le mancanze degli altri, tanto più se c’entrava Kabuto. Quell’idiota era sparito praticamente nel nulla, lasciandole uno striminzito biglietto in cui l’informava solo che sarebbe tornato l’indomani senza fornire giustificazioni. Ma alla fin fine la colpa era anche un po’ sua; dopo quell’incomprensibile notte di sesso di alcuni mesi prima, purché la lasciasse in pace aveva permesso che si prendesse troppe libertà.
Kakashi intuì dal volto adombrato della donna che qualcosa non andava; ma, quando le chiese se ci fosse qualche problema, ella negò e allora preferì non insistere. Si limitò unicamente a salutarla e a vederla andar via. Poi, rimasto solo, cercò di ricollegare i frammenti raccolti.
Come era riuscito a capire Sasuke, Rock Lee aveva mentito; la sua agitazione non aveva nulla a che fare con l’incidente utilizzato come alibi, ma doveva avere un’altra causa. Le possibilità potevano essere principalmente due: o il ragazzo aveva ucciso senza realmente volerlo, probabilmente dopo un litigio relativo agli anabolizzanti, oppure ritrovando il corpo aveva lasciato la palestra per paura di essere incolpato, e anche quell’ultima eventualità implicava che il giovane fosse coinvolto nel doping, altrimenti non avrebbe avuto motivo di scappare.
Insomma, in entrambi i casi, la sua posizione non era affatto buona. Ciò che dovevano cercare di capire era l’entità della diffusione delle sostanze dopanti nella palestra e il ruolo preciso che queste avevano avuto nell’omicidio. Al ritorno di Sasuke si sarebbe accordato con lui sul come.


La giornata era cominciata senza dubbio nel migliore dei modi: una nuova pressione dall’affabile sindaco di Konoha e due casi di omicidio, o presunti tali, su cui indagare. Molto probabilmente, se non avesse creduto nel suo lavoro e ancora di più nel suo ruolo di commissario, avrebbe trascorso la maggior parte del tempo con un pessimo umore. Ma era stata soprattutto la chiacchierata con Jiraya, prima per via telefonica, poi al bar di fronte al distretto, a rimetterla in sesto. Dimostrazioni di fiducia a parte, aveva saputo come distrarla, spostando la conversazione dagli iniziali dettagli lavorativi- inevitabile effetto collaterale di una relazione con il responsabile della scientifica- ad argomenti più piacevoli, contornandoli con le sue solite battute deficienti.
Nel ricordarne una delle ultime, sorrise increspando leggermente le labbra, poi posò lo sguardo sulla cornice argentata che racchiudeva una vecchia fotografia; l’aveva scattata un amico durante una gita in montagna, immortalandoli teneramente abbracciati contro il tronco di un pino. Se si fosse accorta del fotoreporter in erba, non si sarebbe mai fatta ritrarre in quegli atteggiamenti; ma, in fondo in fondo, non le dispiaceva avere un'istantanea che le ricordasse simili momenti di dolcezza, motivo per cui continuava a lasciarla sulla sua scrivania. Che poi alcuni incauti si fossero visti scoccare delle temibili occhiatacce, per aver osservato quella foto con insistenza o per aver semplicemente posto delle domande al riguardo, era per il commissario un mero dettaglio.
Quando avevano organizzato la scampagnata, lei e Jiraya stavano insieme da poco più di un anno, con l’ombra di Dan che ancora incombeva su di loro. Avevano dovuto lottare duramente per allontanarla, con continue cadute e crisi, rimettendo ogni volta in discussione il loro rapporto; però, ormai, il peggio sembrava superato. Che cosa le impedisse allora di compiere un ultimo passo ancora non lo capiva. La donna non esitò ad accantonare quel quesito a cui solo il suo cuore avrebbe potuto trovare una risposta. Dopodiché si alzò dalla sedia per andare ad informarsi su come procedessero le indagini, ma un deciso bussare alla porta anticipò le sue intenzioni.
“Avanti.” Disse rimanendo in piedi.
“Scusi il disturbo, commissario. Siamo appena tornati e abbiamo delle notizie piuttosto importanti.” Esordì Sakura varcando la soglia dell’ufficio.
Dietro di lei attendevano Naruto e Sasuke.
“Certo, ragazzi, venite.”
“Allora, io torno dopo?” Chiese l’ispettore Uchiha.
“No, tranquillo, resta pure Sasuke. Un parere in più fa sempre bene. E poi sarai già qui per ragguagliarmi sull’omicidio della palestra”.
Il poliziotto annuì, poi entrò seguendo i due colleghi e chiuse la porta dietro le loro spalle.
“Dunque, cosa avete scoperto interrogando i vicini?” Chiese il commissario.
“Sembra che a causa della morte della moglie il signor Hyuga avesse preso il vizio dell’alcool e che i rapporti con la figlia maggiore non fossero dei migliori. Alcuni anni fa è anche scappata di casa, ma non sappiamo se ciò sia legato all’alcolismo del padre.” Spiegò Naruto, con il maggior distacco possibile.
“Inoltre” Intervenne Sakura, “tra i vicini girava voce che la picchiasse, ma tutto era partito da un semplice schiaffo, troppo poco per supporre che fosse la verità.”
“Vero, un pettegolezzo non può essere attendibile. Anche se considerando gli elementi, cioè i problemi d’alcool e la fuga, non possiamo escludere l’ipotesi a priori.” Commentò Tsunade.
“Però l’interrogatorio alla ragazza ci potrà aiutare a capire, ora non mi sembra utile soffermarci su questo dettaglio.” Replicò l’ispettore Uzumaki.
“Solo perché non abbiamo testimonianze concrete. Comunque, sì, è certamente più utile iniziare ad avanzare delle prime ipotesi su ciò che è accaduto”.
L’affermazione della donna ebbe l’effetto di alimentare la tensione che Naruto covava dentro di sé; invano stava tentando d’arginarla da quando aveva lasciato l’appartamento.
“Come mi avete riferito questa mattina” Continuò il commissario, “la ragazza era sulla scena del delitto con le mani sporche di sangue. Ora, o può averlo trovato già morto, oppure, considerando la situazione familiare non facile, essere stata lei stessa ad ucciderlo.”
“Per poi rimanere lì senza andare via subito?” Ribatté il poliziotto, la calma apparente che sfumava gradualmente.
“Può essere stato un raptus di rabbia che ha sconvolto anche la giovane”.
“Probabilmente rabbia legata all’odio maturato nel corso degli anni.” Aggiunse Sasuke intervenendo nella conversazione.
D’istinto Naruto strinse i pugni.
“Questo perché non avete visto in che stato era!” Esclamò brusco.
“In effetti dovresti concentrarti su ciò che è accaduto prima del vostro arrivo sul posto.” Gli fece notare il collega, abituato ormai ai suoi modi.
“Ma al di là di questo… ” Cercò poi di dirgli Tsunade, ma si interruppe vedendolo volgersi di scatto verso l’amico dai capelli corvini.
“Perché per te non esistono sfumature, non è così Sasuke? O è tutto bianco o è tutto nero. Il resto non rientra nella tua comprensione.” Sbottò quello, chiaramente alterato.
“Chi sta commettendo un errore sei tu. La comprensione e il perdono non sono una dote di tutti e soprattutto non sono sempre possibili.” Ribatté prontamente l’altro, calmo ed impassibile.
Colpito e affondato, Naruto conficcò ancora di più le unghie nella pelle, mordendosi anche il labbro inferiore, la determinazione che svaniva dal suo sguardo così come il volto di Sasuke dal suo campo visivo. Con un misto di perplessità e inquietudine Sakura sussurrò il nome del collega. Perché diavolo non era mai facile con lui capire se davvero qualcosa non andava? Si chiese tra sé e sé, ormai del tutto confusa.
“Ispettore Uzumaki.” Intervenne il commissario con tono autoritario, aggrottando leggermente le sopracciglia. “Farò finta di non aver né visto né sentito, però non voglio che una situazione simile si ripeta. E’ chiaro?”
Grazie ai suoi anni di esperienza non le risultava affatto difficile interpretare la reazione agitata del subordinato, ma per quella volta avrebbe soprasseduto; voleva continuare a dargli fiducia, nel periodo della loro collaborazione era riuscito a guadagnarsela.
Il giovane uomo si rivoltò verso la donna, cessando di torturarsi labbra e palmi e tornando a guardarla.
“Sì.” Annuì. Il blu dei suoi occhi offuscato da ombre.
“Perfetto. Tornando alle indagini stavamo solo facendo delle ipotesi, non ci sono elementi che possiamo definire prove schiaccianti. Forse sarà necessario anche porre domande agli amici della ragazza, sia vecchi che recenti. Per il momento attendiamo che la scientifica trovi l’arma del delitto, se c’è, purtroppo le ricerche non hanno ancora prodotto risultati. Inoltre c’è l’interrogatorio di domani, dovremo tentare di scoprire il più possibile. Con questo è tutto. Potete andare.”
Così congedati Naruto e Sakura lasciarono l’ufficio.

Mentre la luce della luna e delle prime stelle dava lentamente il cambio a quella solare, in una piccola aula del pian terreno trascorreva l’ultimo quarto d’ora dei corsi pomeridiani.
Seduta dietro la cattedra, con le braccia conserte e la schiena appoggiata contro la spalliera della sedia, Kurenai Yuhi attendeva che i propri allievi terminassero di tradurre alcune frasi in latino, scrutandoli con gli occhi cremisi. Indubbiamente il suo rapporto con gli studenti era sempre stato buono, nei loro confronti cercava di non essere né troppo severa né troppo amichevole, insomma di stabilire la giusta distanza; e tale comportamento si era rivelato nel tempo piuttosto fruttuoso, conferendole una evidente sicurezza nel trattare giorno dopo giorno con i ragazzi.
Da qualche tempo, però, la tormentava il timore che essere una buona insegnante non sarebbe stato sufficiente per saper crescere un figlio; un bambino di cui avrebbe dovuto occuparsi tutti i giorni, ventiquattro ore su ventiquattro, e a cui avrebbe dovuto trasmettere non solo il sapere ma anche una moralità e dei valori. Non è che non cercasse in qualche modo di farlo anche con i propri alunni, ma nel momento in cui sarebbe stata madre la responsabilità maggiore nell’educare alla vita suo figlio sarebbe ricaduta solo ed esclusivamente su di lei.

Suo figlio. Lasciò che quelle due semplici parole scivolassero nella sua mente come una dolce speranza, adagiando con delicatezza una mano sul ventre ancora piatto, ma che già ospitava una nuova vita. Immediatamente, però, fu assalita dall’inquietudine.
Doveva trovare assolutamente il coraggio di mettere al corrente Asuma della situazione, ma l’eventualità che lui potesse sposarla solo perché incinta rendeva fragile la sua determinazione.
Aveva una terribile paura di scoprire che l’amore dell’uomo non fosse abbastanza forte da superare i suoi dubbi e  le sue insicurezze e giungere all’idea di costruire una famiglia insieme al di là di eventi non previsti. Con amarezza, si chiese dove fosse finita la complicità che costituiva uno degli aspetti più belli del loro rapporto, un rapporto che a quelle condizioni rischiava a lungo andare di deteriorarsi.


Come un pennello guidato dalle mani di un abile artista, così la luce rosata del tramonto tingeva l’orizzonte, impregnando le candide nuvole con il suo colore. Diversi anni prima, Minato avrebbe sicuramente colto in quello scenario qualcosa di poetico, magari ritrovandovi la fulva chioma di sua moglie, ma ora, seduto nella cucina di una modesta abitazione di periferia, l’osservava con freddezza attraverso i vetri opachi di una finestra. Esso non era nient’altro che un semplice indizio atmosferico, che gli permetteva di capire che momento della giornata fosse; ormai la cognizione del tempo gli sfuggiva totalmente. Ciò che invece rimaneva chiara e limpida, sempre sotto gli occhi, era la sua disfatta: una bottiglia di sakè e un bicchiere ripetutamente riempito e scolato. Non avrebbe saputo dire quanti ne avesse bevuti da quella mattina, ormai aveva perso il conto. E meno male che aveva promesso a se stesso che non avrebbe mai ricominciato; una promessa che la vita aveva tramutato in una vana speranza. Ma, evidentemente, i figli di alcolisti avevano il destino segnato, o quanto meno sua madre aveva determinato il suo. Lanciò un ultimo sguardo al cielo che accoglieva il calare del sole, poi mandò giù tutto d’un fiato anche l’ennesimo bicchiere; il liquido trasparente che si disperdeva nel suo organismo così come la forza di reagire tra quelle quattro mura.
Nel frattempo, lungo una via fiancheggiata da fabbricati, un bambino biondo di nome Naruto correva per raggiungerlo il più in fretta possibile, sollevando nuvole di polvere dalla strada mal asfaltata. Al petto teneva stretto un quaderno come se si trattasse di un oggetto prezioso, e per lui aveva effettivamente quel valore: un bel voto da mostrare con orgoglio ai genitori.
Correva sempre più veloce, scansando i pochi passanti che intralciavano il suo tragitto, e quando intravide la propria abitazione, ad ogni passo che gli consentiva di avvicinarsi il suo cuore ignaro sussultava di gioia. Raggiunte le scale che l’avrebbero condotto all’interno, si fermò per recuperare un respiro regolare, poi entrò in casa e si precipitò in cucina, trovandovi suo padre volto di spalle. Cercò di richiamarne l’attenzione.
“Papà, sono tornato ed ho una sorpresa.” Disse mentre sul suo volto si allargava un sorriso.
La voce del figlio arrivò a Minato come un eco lontano, distorto dall’influsso dell’alcool.
“Oggi la maestra di matematica ha corretto degli esercizi che abbiamo fatto in classe e ci ha messo il voto.” Spiegò entusiasta Naruto.
Poi, non notando alcuna reazione evidente, si avviò verso il tavolo al centro della stanza, ma l’uomo si alzò improvvisamente e lui si bloccò speranzoso. Sfortunatamente, però, gli occhi che incrociò erano inespressivi, del tutto assenti, un blu familiare risucchiato del vuoto; davanti a sé Minato avrebbe potuto avere qualsiasi altro bambino.
Naruto rimase interdetto da quello sguardo, tuttavia insistette tendendo verso il padre il quaderno, ma ancora una volta ricevette indifferenza e freddezza. Nel silenzio più totale trascorsero istanti che gli apparvero interminabili, in attesa di una parola e di un gesto che non sarebbero mai arrivati. Come se nulla fosse, l’uomo lo superò lasciandolo solo, e quell’assenza valse più di mille parole sferzanti: l’oggetto prezioso ormai abbandonato sul pavimento e un viso dai tratti infantili rigato dalle lacrime. Fu questa scena che Kushina ritrovò tornando a casa dopo una stressante giornata di lavoro.

Il primo ad uscire dall’ufficio di Tsunade fu Naruto, che piuttosto rapidamente si diresse verso lo spogliatoio. Quest’ultimo rappresentava per lui l’unico parte del commissariato capace, fin dall’inizio della sua carriera come semplice agente delle volanti, di trasmettergli un senso di pace e tranquillità, di cui in quei momenti aveva indubbiamente bisogno: un rifugio accogliente che mitigasse il dolore del passato. Per potergli parlare e riuscire a capire cosa stesse succedendo, Sakura fu praticamente costretta a pedinarlo, e quando l’ebbe finalmente raggiunto il poliziotto sedeva su una panca di legno poco distante da una fila di armadietti, i gomiti appoggiati sulle ginocchia e le mani a sostenere il capo. La ragazza sostò un po’ davanti alla porta per raccogliere le idee, poi gli si avvicinò e si sedette al suo fianco. Per una volta voleva essere lei ad aiutarlo.
“Cosa c’è che non va?” Chiese sommessamente, posandogli una mano sulla spalla sinistra.
A quella pressione delicata Naruto tornò in posizione retta, lasciando scivolare le braccia sulle gambe. Aveva un’espressione malinconica e lo sguardo che fissava un punto imprecisato nel vuoto; il ricordo di un giorno lontano era sempre vivo nella sua memoria e nel suo cuore.
“Mio padre… anche mio padre era un alcolista. Avevo dieci anni quando iniziai a capire come stavano realmente le cose.” Disse mestamente dopo altri minuti di silenzio.
“Sua madre beveva, e anche lui da giovane ci era cascato, così quando perse il lavoro ricominciò a farlo. Probabilmente si sentiva un fallito, non lo so… quello che invece vedevo con certezza era la sua presenza-assenza e il dolore di mia madre.”
Ormai ritirata la mano, Sakura ascoltava il suo racconto, mentre la sensazione avvertita durante l’interrogatorio di quel pomeriggio iniziava ad insinuarsi nuovamente nel suo animo.
Intanto Naruto continuava con difficoltà crescente.
“Lei… lei ha cercato in tutti modi di aiutarlo, tutti. Ma una sera l’ha quasi picchiata e…”
Chinò il capo chiudendo per alcuni istanti gli occhi, cercando di contenere la sofferenza.
“Sì, io… io credo di averlo odiato, Sakura, non posso negarlo. E mi sono sentito liberato e sollevato quando io e mia madre ce siamo andati da quella casa”.
Ogni parola che pronunciava era una stilettata, ma sentiva il bisogno di sfogarsi.
“Eppure, quando è morto investito da un auto è stato come sprofondare. Mio padre non c’era più, non c’era più possibilità che le cose cambiassero. Era tutto finito. Se… se ero giunto ad odiarlo era solo perché non avevo mai smesso di volergli bene davvero.”
Esternando quell’ultima consapevolezza alcune lacrime amare scesero prepotentemente lungo il suo volto; e Sakura capì. Si sentiva in colpa, in qualche modo era stata un’egoista. In quei mesi c’erano stati solo lei e i suoi problemi, aveva rivelato a Naruto la parte più difficile e dolorosa del suo passato e lui aveva saputo starle accanto, capirla e consolarla.
Lei, invece, si era fermata davanti alle reticenze del compagno, avendo paura di essere invadente, mentre avrebbe dovuto capire che esse nascondevano una sofferenza profonda e per questo cercare di sapere. Cavolo, se lo amava doveva aver voglia di conoscere tutto di lui, gioie, speranze, ma anche timori e dolori, impegnandosi per abbattere ogni tipo di barriera. Era la condivisione quello che avrebbe dovuto costituire la base di un vero rapporto di coppia.
“Comunque Sasuke ha ragione. Non tutte le situazioni sono uguali, quindi…” Disse Naruto una volta aver recuperato un certo controllo, ma non ebbe modo di proseguire il suo pensiero.
Sakura fece scivolare una mano sulla guancia destra dell’ispettore fino a raggiungere l’attaccatura dei capelli dorati, l’altra sul fianco sinistro fino ad accarezzargli la schiena, con dolcezza ma anche piuttosto velocemente, mentre il bacio che seguì fu irruente. Messa da parte la sorpresa iniziale, Naruto accolse senza remore la lingua della ragazza intrecciandola ripetutamente alla sua, avvertendo chiaramente il calore e la passione che attraverso quel contatto intimo ella voleva comunicargli. E ricambiò abbracciandola, immergendo le dita nei suoi soffici capelli rosati e sfiorandone la pelle delicata del viso. Quando si staccarono per riprendere fiato, i loro sguardi si incrociarono nel silenzio. A spezzarlo fu il giovane uomo con un ‘grazie’, facendo poi notare alla compagna che era stata un po’ avventata considerando che poteva arrivare chiunque. Lei gli diede amorevolmente del deficiente e appoggiò il volto nell’incavo del suo collo.

Con la schiena contro la parete esterna dello spogliatoio, Kakashi pensò che per la seconda volta nel corso della giornata Naruto aveva detto in sua presenza una cosa azzeccata.
Certo che però era incredibile, che l’ironia gli riuscisse in quel frangente era sorprendentemente assurdo; coglierli proprio mentre si scambiavano effusioni era stato indubbiamente un duro colpo.
Per una buona volta nella sua vita avrebbe preferito riuscire a mandare al diavolo la propria coscienza per lasciarsi andare ai sentimenti, giusti o sbagliati che fossero.
Rapido, recuperò il cellulare dalla tasca destra dei pantaloni e inizio a visionare la rubrica in cerca del numero della dottoressa Shizune. Subito dopo, però, si sentì un vile per aver pensato a lei anche solo per un istante. Ripiegò allora su Tenzo: molto meglio una classica birra tra amici per dimenticare le pene d’amore.

Note dell’autrice

Se avete pensato ad un miraggio, vi comprendo perfettamente e non posso che chiedervi mille volte scusa. I tempi di aggiornamento sono davvero mostruosi, e se penso che ho scritto la maggior parte di questo capitolo nel giro di una settimana mi arrabbio io stessa. Ma purtroppo va così, l’università mi toglie molto tempo e quest’anno ci sarebbe anche la tesi (sperando che tutto fili tranquillo^^).
Insomma non so quando scriverò il seguito, ma la fic non sarà interrotta, questo è poco ma sicuro.
Passando alla storia in sé, finalmente è venuto fuori il passato di Naruto e mi raccomando non siate inclementi verso Minato(non è colpa sua, ma delle esigenze di copione^^) e nemmeno con Sasuke, come suo amico voleva calmarlo e l’ha fatto nell’unico modo in cui sapeva o era in grado di poterlo fare. Il mondo gira alla rovescia se sto difendendo l’Uchiha^^, ma al di là di questo tenetelo d’occhio.
E dulcis in fundo Kakashi. Credo che già si fosse capito, ma da questo capitolo è sicuramente chiaro che sia innamorato di Sakura e che quindi la fic è una NaruSakuKaka. Probabilmente qualcuno mi odierà perché ancora non si capisce nulla sul suo passato comune con Sakura, ma in teoria non manca molto per scoprirlo^^ Detto questo, rispondo alle recensioni.

Urdi: Tesoro, su Kakashi vai tranquilla, anch'io sono fissata con lui, quindi non c'è nessun problema^^ In questo capitolo non si capisce ancora niente, però almeno sappiamo che era ed è innamorato di Sakura. Che sia positivo o negativo, a te il giudizio, ma di sicuro per lui è un guaio, dato che lo torturo. E di Naruto, che ne pensi? Dici che è abbastanza IC, io non ne sono troppo sicura o_o
Spero inoltre che la comparsata di Tenzo sia stata di tuo gradimento, forse tornerà molto presto, mai dire mai. Comunque grazie per gli incoraggiamenti, ti adoroXD
brave: Tutti questi complimenti in poche righe potrebbero uccidermi, ma scherzi a parte, grazie milleXD Spero di non aver ucciso te con questo capitolo, mi risulta che il NaruSaku non sia particolarmente di tuo gradimento, mentre qui c'è ne un alto contenuto direi(piccola vedetta contro Kishi e gli ultimi risvolti del mangaXD). Però, non è detto che sia sempre così, chi lo sa^^
story: Bene, la maturità è passata da una vita, su msn ci siamo sentite, cosa sia successo a kakashi un po' l'hai dedotto, ne deduco che l'energia della nostra madre terra ci ha messo un po' ad arrivare a me, che dici?^^ Comunque grazie sempre per i complimeti(flluido, ricercato e sobrio, wow*_*) e sono contenta di essere riuscita a centrare il rapporto di quei due testoni, perchè lo sono, non c'è nulla da fare. Itachi devo vedere come intormetterlo insieme alla sua storia, cavolini, perchè i personaggi da gestire sono così tanti? Il mio amore per le cose semplici^^ Ma ovviamente amo di più te, questo è poco ma sicuro. Un bacione caraXD
Sefira: Mi dispiace di averti fatto attendere un sacco di tempo, ma grazie mille per le recensioni. Spero che il capitolo ti sia piaciutoXD
  
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