La Pace
Selva di Valgardena,3 Settembre 2007
Stava poggiata sul fianco del pullman, e lasciava che la pioggia cadesse copiosa su di lei, sui suoi capelli, sul viso, sui vestiti. Attorno a lei, il buio della notte era mitigato dalle luci provenienti da una rustica costruzione dall'altra parte della strada. Chiuse gli occhi e respirò a fondo.
L'aria profumava di bosco, di abeti e larici, di muschio e di erba falciata nei prati. Profumava di pioggia, ma non di pioggia qualsiasi. Di pioggia di montagna. Il suo corpo si beava di quegli odori, si crogiolava in quell'aria frizzante, pura. Aveva freddo, ma era di quel freddo che voleva far parte. Avrebbe voluto sparire, fondersi con tutte quelle sensazioni che per troppo tempo aveva dimenticato.
Ogni tanto, un lampo illuminava i contorni boscosi delle alte, scoscese colline davanti a lei, e delineava la sagoma della montagna che dominava sulla valle, solitaria e dritta come un torrione. Non era l'unica ad essere incantata dallo spettacolo. Alcuni dal pullman, altri sotto il temporale, come lei, tutti i suoi compagni di viaggio tacevano e respiravano. I loro cuori battevano piano, finalmente calmi.
Valentina guardava il buio avvolgere le montagne, e capì che mai e poi mai quella nube gialla e sulfurea sarebbe arrivata fin lì. Gli alberi, le valli, la pioggia troppo pura l'avrebbero uccisa, l'avrebbero dissolta.
La figura di un uomo uscì dalla baita e si diresse verso di loro. Era Silvano, il presidente della corale. Sorrise ed indicò le invitanti, tenui luci all'interno della costruzione. " Entrate, c'è posto" disse con la sua voce profonda. Ed essi varcarono la soglia, e con loro la pace.