Capitolo III
Ore 11.00 –
San Francisco, Sede F.B.I.
Xander gettò malamente il
fascicolo che teneva in mano sulla scrivania, innervosito. Attese che l’agente
che aveva appena incontrato, un certo Owen Dowson, arrivato
dal dipartimento antidroga, si richiudesse alle spalle la porta e poi gettò
un’imprecazione.
I suoi occhi
vagarono sui mobili lucidi dell’ufficio, la persiana di metallo abbassata che
lasciava passare la luce autunnale, la pianta abbandonata in un angolo, sola e
mezza rinsecchita… Odiava stare in quella stanza, perché era tutto tropo
statico e formale e gli dava il nervoso. La leggera
trascuratezza del luogo lo confermava.
Possibile che non
esistesse nessuno che avesse un po’ di esperienza nel settore delle corse
clandestine, e che sapesse destreggiarsi tra un gruppo di russi? Che fosse in
grado di infiltrarsi tra loro senza destare troppi sospetti e soprattutto senza
fare troppo “rumore”?
No, forse qualcuno
c’era, ma era lui a non volerlo vedere… Non avrebbe mai accettato nessuno come
compagno, di tutti quelli che aveva incontrato: o erano troppo incoscienti, o
troppo poco preparati… Aveva bisogno di qualcuno di cui fidarsi, di qualcuno
che avrebbe seguito i suoi ordini quando era ora, e che al momento opportuno
sarebbe stato capace di agire anche da solo…
Afferrò il
bicchiere del caffè, e appoggiò i piedi sul ripiano della scrivania. Odiava
stare seduto lì, soprattutto quando le cose non andavano come voleva lui… Il
fatto di essere ancora al punto di partenza lo innervosiva ancora di più… Chi
altri poteva chiamare?
Tirò fuori dal
cassetto l’agenda in cui teneva tutti i contatti che conosceva,
e iniziò a sfogliarla, sperando in qualche idea. C’erano
un sacco di nomi di persone che aveva incontrato al massimo un paio di volte
nella sua carriera, ma che potevano tornagli utili quando era in missione per
avere subito informazioni in campi di azione diversi dal suo. Forse tra loro
poteva nascondersi il candidato perfetto per quella missione…
Jacob Reston?
No, si occupava di
clandestini e prostituzione, e di sicuro non aveva esperienza nelle corse…
Pitt Mastor?
No, nemmeno lui.
Troppo vecchio…
Ad un certo punto
arrivò alla C, e un nome gli saltò subito all’occhio, scritto frettolosamente
con la penna rossa. Simon Cohen. Perché non ci aveva pensato prima?
Simon era un agente
dell’F.B.I., aveva svolto un incarico simile in
Messico diversi anni prima, e sapeva muoversi tra i piloti clandestini. Per un
certo periodo aveva vissuto proprio come loro, per poi tornare a collaborare
con la polizia… Forse non era più giovanissimo, ma lo
conosceva e poteva fidarsi di lui…
Afferrò il telefono
e compose il numero del suo cellulare. Poco dopo una voce profonda rispose.
<< Pronto?
>>.
<< Simon,
sono Alexander >> disse Xander, << Tutto
bene? >>.
<< Certo,
certo! >> rispose il gigante nero, << Dimmi, hai bisogno di
qualcosa? >>.
Xander gli spiegò
brevemente della missione in Russia, di quello che si doveva fare e di chi
serviva, e soprattutto chi era il miglior candidato secondo McDonall.
<< Irina?
>> sbottò Simon, << Sarà anche indicata, ma equivale a mandarla
nella tana del lupo… E’ vero che da quelle parti non sanno che c’entra anche
lei con l’arresto di Challagher, ma potrebbero
sospettarlo, se la vedono arrivare lì… Mi sembra un po’ troppo avventato
>>.
<< Tu saresti
disposto ad andare? >> chiese Xander, <<
In fondo non è poi così difficile, non hai bisogno di
chissà quale preparazione… >>.
<< Io?
>> fece Simon, dubbioso, << Non saprei… Ho perso un po’ la mano, e
non so se sarei in grado di non farmi beccare. Oltretutto, comincio
a essere un po’ anzianotto anche io… >>. Lo disse ridendo, ma nel suo
tono c’era una punta di amarezza.
Anziano era una parolona:
Simon doveva avere più o meno cinquant’anni, e godeva
ancora della sua notevole prestanza fisica. Di sicuro non si trattava di un
problema legato al corpo, ma alla testa: forse il nero non aveva più voglia di
vivere qualche avventura, come un ragazzino incosciente, non dopo tutte quelle che aveva passato.
<< Ho bisogno
di qualcuno di cui posso fidarmi >> continuò Xander,
<< Tu sapresti come muoverti… Devi solo cercare di infiltrarti tra di
loro e scoprire chi è che sta tradendo persino il Governo… >>.
<< Ci
penserò, Xander >> disse Simon, << Ma
davvero, non me la sento… L’ultima volta che ho preso parte a una missione del
genere, non è finita bene. Il mio unico obiettivo era George Challagher, e quando è stato catturato
ho deciso di darmi alla vita tranquilla… Non avrei particolari motivi, per
accettare >>.
Xander ricordò
all’improvviso a cosa si riferiva: Magdalena, la donna di cui si era innamorato
e che era finita ammazzata mentre lui cercava di arrestare George Challagher… Quando aveva incontrato Irina, per un momento
aveva creduto che la loro storia andasse a finire nello stesso modo, ed era
stato orribile… No, forse non poteva chiedergli una cosa del genere.
<< Va bene,
non importa >> disse, << Grazie comunque per averci pensato.
Cercherò qualcun’altro >>.
Posò il telefono
sulla scrivania, e si lasciò andare a un sospiro esasperato. In una settimana
non aveva risolto nulla, ma poteva comunque ancora contare su altri sette
giorni: qualcuno avrebbe trovato, altrimenti era pronto ad andare di persona,
anche se sapeva quanto rischiava. Tutto, pur di non
mandare Irina laggiù.
Ore 11.30 –
Università
Il cellulare nella
tasca di Irina iniziò a vibrare, e lei sussultò, seduta al suo solito posto a metà
aula. Jenny le rivolse un’occhiata mentre tirava fuori il telefono e guardava
di chi si trattava, con il professore che continuava imperterrito a spiegare la
sua lezione.
Quando vide che il
nome che brillava sul display non era quello di Xander,
rimase contrariata. Poi però venne attirata dal fatto
che il numero lo conosceva, nonostante non fosse memorizzato nella sua rubrica:
era Howard McDonall, il Vicepresidente dell’F.B.I.
<< Ma che… >> borbottò, alzandosi in piedi. In un attimo,
l’ansia le montò addosso: che fosse accaduto qualcosa a Xander?
Di solito non le telefonava mai…
<< Che
succede? >> chiese Katy, alla sua sinistra,
posando la penna sul banco.
<< Devo
rispondere… >> disse Irina, allarmata, trafficando con le giacche e le
borse per liberarsi il passaggio, << Fammi passare, per favore >>.
Scavalcò Katy e raggiunse rapidamente la porta, sotto lo sguardo di
mezza aula, incuriosita dalla sua rapida e silenziosa fuga. Appena fu fuori,
nel lungo e deserto corridoio dell’università, rispose, preoccupata, il cuore
che batteva un po’ più forte del solito.
<< Pronto?
>>.
<< Irina
Dwight? >> chiese la voce dall’altra parte.
<< Sì, sono
io >> rispose lei, raggiungendo un angolino tranquillo dove poter parlare
senza essere ascoltata da nessuno che magari fosse uscito dalle altre aule.
<< Sono McDonall >> disse il Vicepresidente, << La
disturbo? >>.
<< No, ero a
lezione… >> rispose Irina, << E’ successo qualcosa? >>.
<< No, no
>> si affrettò a dire McDonall, << Volevo
solo parlare con lei un momento, se ha tempo. Anche adesso, se non le è di
troppo disturbo… >>.
Era chiaro che a
una richiesta del Vicepresidente dell’F.B.I. non si
poteva certo dire di no, ma si chiese come mai volesse vederla, se non era successo
niente… Le uniche poche volte che si vedevano era in occasione delle cene con i
colleghi di Xander, che oltretutto lui amava
pochissimo…
<< Va-Va
bene… >> mormorò, ancora più preoccupata, << Come mai? Xander non mi aveva detto niente, a riguardo… >>.
<< Non si
preoccupi, non è niente di grave >> disse McDonall,
<< Vorrei solo parlare con lei circa una questione che ritengo
importante… Senza il suo fidanzato, se è possibile
>>.
Cosa? Senza Xander? Che significava?
Perplessa, Irina
rimase immobile di fronte alla parete, gli occhi puntati davanti a sé. C’era
qualcosa che non le tornava: cosa voleva da lei McDonall,
oltretutto senza Xander in mezzo? Quando mai gli
nascondeva qualcosa, e soprattutto cosa mai poteva volere da lei?
<< D’accordo
>> disse lentamente, fissando senza vederlo lo zaino di uno studente che
passava di lì, i suoi passi che risuonavano nel corridoio vuoto, << Dove
ci dobbiamo incontrare? >>.
<< Sul
lungomare, all’Ocean Cafè
>> rispose il Vicepresidente, << La aspetto lì, fra mezz’ora
>>.
<< Bene
>>.
Irina chiuse la
telefonata e rimise il cellulare in tasca. Se McDonall
poteva arrivare a Los Angeles in solo mezz’ora, significava che era già lì, e
che doveva aver programmato quella cosa, il che era ancora più strano.
Soprattutto se non voleva Xander tra i piedi.
Rientrò in aula
ignorando gli sguardi di qualche studente interessato al suo ritorno, e si
diresse verso il suo posto. Per fortuna il professore era di spalle e non fece
caso a lei, che rapidamente raccolse il quaderno e la borsa. Jenny, Katy ed Angie
la guardavano in apprensione. << Vado via, ci vediamo
domani >> sussurrò.
<< Cosa è successo? >> chiese Angie,
preoccupata a tal punto da distogliere l’attenzione dai suoi appunti.
<< Niente,
devo solo vedere una persona… >> rispose Irina, poi scappò fuori
dall’aula e uscì dall’Università.
Tutta quella storia
era strana, e la preoccupava. Mentre attraversava i corridoi che l’avrebbero
portata fuori dall’edificio, schivando gli studenti che cambiavano l’aula, si
chiese se fosse il caso di telefonare a Xander e
dirgli di McDonall… Alla fine decise di attendere di
scoprire di cosa si trattava: magari non era davvero nulla di
importante, e rischiava di disturbarlo per niente, oltre che farlo
preoccupare inutilmente.
Le ci vollero solo
dieci minuti per raggiungere casa sua e prendere le chiavi dell’Audi TT, sua
compagna di vita come la Punto da più di tre anni. Senza nemmeno posare la
borsa dei libri salì in auto e raggiunse il lungomare, tentando inutilmente di
tenere a bada la sua preoccupazione: picchiettava sul pomello del cambio come
tutte le volte in cui era nervosa.
L’Ocean Cafè era un locale molto
conosciuto e considerato “d’èlite”, frequentato da gente abbastanza facoltosa e
di un certo spessore: di sicuro non era un luogo adatto a piloti clandestini o
persone di quello stesso calibro. L’arredamento lucido e sobrio dava
l’impressione di un posto frequentato da manager, dottori e ingegneri durante
le loro pause pranzo.
Al momento però era
quasi vuoto, perché era ancora presto per mangiare, e l’unica persona che
spiccava tra i tavolini affacciati sulla spiaggia era un uomo dai capelli brizzolati e vestito in un impeccabile completo
nero. Sfogliava un fascicolo scuro, una tazza vuota di caffè davanti.
Incerta, Irina
entrò nel locale e si diresse lentamente verso McDonall,
rivolgendo un cenno di saluto al barista, impegnato a sistemare le bottiglie
nello scaffale dietro di lui. Un cameriere stava ripulendo i tavolini vicino
all’ingresso.
<<
Buongiorno… >>. Irina scostò la sedia e guardò il Vicepresidente dell’F.B.I., in soggezione: era pur sempre un alto esponente
del governo americano.
<< Buongiorno
>> disse McDonall, guardandola sedere di fronte
a lui, educato come al solito, << La ringrazio
profondamente per essere venuta subito. So che questa mattina aveva lezione, ma
avevo bisogno di parlarle… >>.
<< Non
capisco >> disse Irina, ordinando un caffè senza nemmeno pensare a quello
che stava facendo, << Perché mi voleva vedere? >>.
McDonall spostò la tazzina
vuota e appoggiò il fascicolo nero sul tavolino. Divenne improvvisamente serio,
il volto segnato quasi inespressivo.
<< Ho parlato
di questa cosa anche con l’agente Went >>
disse, << Ed è per questo motivo che non volevo che ci fosse anche lui:
non è d’accordo su quello che sto per proporle >>.
<< Di cosa si
tratta? >> domandò Irina, insospettita. La faccenda era davvero strana,
se non preoccupante. Proposta? Quale proposta?
<< I servizi
segreti russi ci hanno chiesto aiuto per far arrestare un gruppo di piloti
clandestini che ormai ha il controllo di tutti i traffici delle principali
città della Russia >> spiegò McDonall,
poggiando una mano sul fascicolo scuro.
<< Xander me ne ha parlato… >> disse Irina. Cosa centrava con lei?
<< E
cos’altro le ha detto? >> chiese il Vicepresidente. La guardò con una
strana espressione, quasi speranzosa.
<< Che doveva
trovare qualcuno di adatto ad accompagnarlo… E che sarebbe partito tra qualche
settimana >> rispose Irina, fissando l’uomo, senza capire bene dove
volesse arrivare. Xander non aveva mica il divieto di
parlarle delle sue missioni… O no?
McDonall fece una smorfia,
quasi si aspettasse una risposta del genere. Lentamente aprì il fascicolo, lo
sfoglio e tirò fuori una foto; gli gettò un’occhiata e poi la mostrò a lei.
Irina rimase di
sasso di fronte all’immagine che si ritrovò davanti. La barba scura, il dente
d’oro, il tipico abbigliamento da magnate russo… La prima cosa che le venne in mente
fu una Ferrari gialla e una gara a Las Vegas… E dolorose schegge di vetro
conficcate nel suo braccio, oltre che una pacca poco simpatica sul suo
fondoschiena. Come dimenticarsi di Boris Goryalef?
<< Cosa significa? >> chiese, alzando lo sguardo su McDonall.
<< Lo
riconosce, immagino >> ribatté lui, lasciando la foto sotto i suoi occhi.
<< Sì, era
uno degli amici di Challagher… >> rispose
Irina, e un leggero brivido le percorse la schiena nel
pronunciare quel nome.
<< Vi
conoscevate, quindi >> incalzò il Vicepresidente.
<< Sì, ci
conoscevamo >>. Irina ignorò la tazzina di caffè che le venne posata davanti, << Non capisco… Cosa sta
cercando di dirmi? >>.
<< Andrò
subito al punto >> disse McDonall, assumendo
un’aria professionale, << Dobbiamo mandare qualcuno in Russia per dare
una mano ai servizi segreti per fare arrestare Goryalef
e la sua gente. Purtroppo però è difficilissimo infiltrarsi tra di loro, perché
fanno avvicinare solo chi conoscono… Ci serve qualcuno che sappia muoversi tra
di loro senza destare troppi sospetti, qualcuno che sia bravo con le auto
>>.
Irina fissò il
Vicepresidente, mentre nella testa prendeva forma un’idea. Lo sapeva dove voleva andare a parare, adesso. Di sicuro era
stato più che chiaro.
<< Deve
essere qualcuno che sia insospettabile, e tuttavia abbia una certa conoscenza
della gente di quelle parti per potersi infiltrare fino ai piani alti >>
continuò McDonall, << Sono coinvolti anche
membri del Governo, ciò significa che sono molto diffidenti nei confronti degli
stranieri… Ci vuole qualcuno che loro conoscono già, almeno di fama >>.
Per un momento
Irina pensò di aver capito male, di non aver colto il significato di quelle
parole. Si mosse sulla sedia, allontanandosi dal tavolino di metallo.
<< Lei sta
scherzando, vero? >> boccheggiò, gli occhi spalancati. << E’ uno
scherzo… Non può dirmi che vuole mandare me! >>.
Il barista, dietro
al bancone, occupato a servire un paio di caffè, sussultò e guardò verso di
loro. Non doveva aver sentito ciò che si erano detti, perché il tono di voce di
McDonall era stato abbastanza basso, ma quello di
Irina era appena stato isterico.
<< Credo sia
la candidata più adatta >> disse il Vicepresidente, mantenendo la sua
calma. << Goryalef la conosce, non si
preoccuperà troppo quando la vedrà arrivare. Sanno che lavorava per Challagher e che era anche la
numero tre della Black List.
Riuscirebbe a infiltrarsi tra di loro con facilità… >>.
<< Un momento
>> lo interruppe Irina, confusa e sorpresa dalla cosa, << Xander mi ha detto che ci sarebbe andato lui… Io non sono
nemmeno dell’F.B.I.: perché volete me? >>.
<< L’agente Went non può andare a Mosca >> spiegò McDonall, << Sanno che è stato lui a far arrestare Challagher. Se avrà un ruolo in questa storia, sarà di minore
rilevanza. Gli ho proposto io di mandare lei, o perlomeno di chiederle se era
disposta ad accettare, ma mi ha detto che non l’avrebbe mai lasciata andare…
>>.
Era tipico di Xander sostituirsi a lei nelle decisioni più delicate, come
in quel caso. Rimase un attimo in silenzio, gli occhi puntati alle spalle di McDonall, sul mare che si intravedeva
attraverso la vetrata, valutando tutte le conseguenze di quello che le era
stato detto…
<< Allora
perché me lo ha chiesto comunque? >> domandò
lei, a bassa voce. Si accorse che Xander le aveva
mentito, perché le aveva detto che stava cercando un compagno con cui partire,
e non che in realtà non ci potesse andare…
McDonall divenne serissimo.
Teneva le mani sul fascicolo scuro, come se parlare gli fosse quasi
difficile. << So che le posso
sembrare insensibile o cattivo >> disse, << Ma ci sono cose che
purtroppo prescindono da quello che vorremmo o non vorremo, e questa è proprio una di quelle. Come persona non mi sarei mai sognato
di cercarla all’insaputa dell’agente Went per
chiederle se vuole prendere parte a questa missione, ma come Vicepresidente dell’F.B.I. sono tenuto a farlo. Il nostro lavoro ci impone
di dover rinunciare alla nostra “umanità”, per così dire, e ci costringe a fare
scelte che non vorremmo fare… Si tratta di far
arrestare della gente che uccide, che spaccia droga, che compie tutti i
possibili atti criminali che esistono, e non posso rinunciare a proporle questa
cosa solo perché so che uno dei miei sottoposti non la accetterà perché è la sua
fidanzata… >>.
Irina rimase in
silenzio, colpita da quelle parole, mentre si rendeva conto che aveva ragione.
Quello che stava dicendo non era sbagliato, anzi: McDonall
stava solo facendo il suo lavoro, e non poteva biasimarlo…
<< Cosa… Cosa dovrei fare? >> chiese abbassando la voce, più
che altro curiosa di sapere di cosa si trattava di preciso.
<< Finché non
accetta, non posso spiegarle nei dettagli il nostro
piano > rispose McDonall, << Si tratta
comunque di andare a Mosca e scoprire chi è il capo di tutta quella
organizzazione, farci una soffiata e permetterci di arrestarlo. Lo stesso
lavoro che ha svolto Went con Challagher
quando è venuto a Los Angeles >>.
Irina abbassò lo
sguardo, senza sapere cosa dire.
Mai aveva
immaginato che un giorno si trovasse a dover dare una risposta a quella domanda
che diverse volte si era posta da sola: voleva tornare a essere una pilota
clandestina?
Se quando Xander l’aveva salvata e l’aveva fatta tornare a vivere una
vita normale aveva creduto di essere stata miracolata, quando si era accorta
che le mancava correre si era data della pazza. Era stata prigioniera per due
anni di un mondo violento e al limite, aveva pregato
notti intere di riuscire a uscirne, eppure ora qualcosa di quella vita le
mancava… L’adrenalina che scorreva nelle vene quando correva a duecento all’ora
sulla strada… L’odore delle gomme sull’asfalto, il suono dei motori…
Non l’aveva mai
confessato a nessuno, nemmeno a Xander, ma poter
tornare a gareggiare ogni tanto le sarebbe piaciuto davvero, e si vergognava a
morte di quella cosa. Ne era uscita viva per miracolo, da quel gioco perverso e
pericoloso, eppure rimpiangeva le corse, come una bambina che ancora non sa
quello che vuole. Come una stupida che si accorge troppo tardi che quello che voleva
lo aveva già…
Però sapeva che non
poteva correre ancora, perché sarebbe tornata a essere una criminale, e lei non
voleva certo esserlo. Non voleva essere la padrona della città, spaventare la
gente, come faceva lo Scorpione. Voleva solo gareggiare e basta, senza sentirsi
obbligata né prigioniera, senza avere paura delle persone con cui aveva a che
fare… Era un’utopia, se ne rendeva conto, e per ciò sapeva di dover rinunciare
per sempre alle auto e a tutto il loro mondo.
E poi…
E poi, essere una ragazza
normale non era sempre quello che aveva desiderato? Non aveva sempre voluto
vivere una vita tranquilla, con i suoi amici e i suoi affetti, i problemi
comuni di una persona comune, le occupazioni normali
di una persona normale? Fin da piccola aveva agognato tutto quello, e alla fine
era riuscita ad ottenere più di quanto sperasse… Perché rinunciare a ciò che
aveva?
Quello che però le
stava chiedendo McDonall era diverso: si trattava di tornare
a fare la pilota clandestina per arrestare dei criminali, e insieme di tornare
a rischiare… Le dava uno scopo onorevole, ma anche un pericolo enorme. Le
offriva la possibilità di gareggiare ancora, ma le chiedeva di avere di nuovo
paura… Paura per sé, per gli altri, per tutto.
<< Come fa a
credere che ce la possa fare? >> chiese, la voce impastata, <<
Conosco Goryalef, è vero, ma
chi le dice che io sia capace di fare una cosa del genere? Non credo di avere
la stoffa per fare l’agente dell’F.B.I. >>.
McDonall sorrise. << Ha resistito due anni nella banda di Challagher,
ed era la numero tre della Black List:
questo già dice molto >> rispose, << E’ sicuramente più preparata
di molti nostri agenti. Non vedo perché non dovrei darle fiducia >>.
Irina sorrise
davanti a quel complimento, ma non si montò la testa. Sapeva cosa significava
far parte di quelle bande di matti, e aveva sempre sperato di non doverci
tornare… L’unica cosa che rimpiangeva erano le gare, non la gente con cui aveva
a che fare.
<< Xander che ruolo avrà? >> domandò.
<< Lui si
muoverà a San Pietroburgo, per raccogliere informazioni da quelle parti
>> rispose McDonall, << Le sarà per certi
versi vicino, se è questo che le preme sapere >>.
Vicino… San Pietroburgo e Mosca non erano proprio vicini, anche se
si trovavano entrambe in Russia. Ciò che intendeva il Vicepresidente era che
entrambi avrebbero lavorato alla stessa cosa, solo su fronti diversi.
Irina abbassò di
nuovo il capo, e sul volto le si disegnò una smorfia a
metà tra il divertito e l’amareggiato. Tornare a correre significava far
tornare a vivere quella parte di sé che aveva voluto lasciare morire quel
giorno in cui Xander l’aveva salvata dalle grinfie di
Challagher… Fenice sarebbe tornata a vivere, sarebbe
rinata come faceva ogni volta. E con lei sarebbe tornata quella sensazione di
euforia, l’adrenalina di sentirsi superiore almeno in qualcosa, ma sarebbero
tornati anche i suoi incubi, le sue paure, i suoi demoni. I suoi ricordi.
Chiudere con le
corse l’aveva aiutata anche a dimenticare lui, William, la persona che le aveva
completamente cambiato l’esistenza, che l’aveva prima fatta innamorare e che
poi l’aveva resa schiava… E che l’aveva anche piegata, in qualche modo,
rendendola prigioniera delle sue paure e infliggendole una ferita che aveva
lasciato una cicatrice indelebile dentro di lei.
<< Non so se
me la sento >> disse lentamente, << Credevo di aver chiuso, e Xander la pensava come me… Non so se voglio far parte di
questa cosa. Sto bene, sono felice, ho tutto quello che posso desiderare. Non
voglio tornare a essere una criminale, anche se per finta >>.
<< So cosa
comporta per lei, ma non posso fare a meno di chiederle almeno di pensarci
>> disse McDonall, chiaro ma non insistente,
<< Purtroppo il nostro lavoro ci impone scelte che molto spesso non ci
piacciono… La prego di pensarci, per favore. Ci occuperemo della sua
formazione, non sarà mandata allo sbaraglio >>.
Irina tacque,
fissando la tazzina ancora piena di caffè, confusa e spaventata. Aveva sempre
pensato di aver chiuso, con quel mondo… Perché ora che iniziava a sentirsi
veramente normale, le cose dovevano cambiare ancora?
“Perché tu non sei capace di
essere normale…”.
No, non voleva
tornare a essere Fenice. Aveva troppa paura di tornare quella di una volta, di
sentirsi di nuovo sola e spaventata…
L’unica cosa che
voleva in quel momento era dire no, non accettare. Rifiutare la proposta di McDonall e dimenticare quell’incontro in fretta, per tornare
alla sua vita spensierata e tranquilla… Esattamente come voleva anche Xander. Eppure non ci riusciva.
“Non è per te, che lo faresti… Potrebbe esserci qualcun
altro in Russia che si trova nella situazione in cui ti trovavi
tu. Salveresti delle vite, contribuiresti a mettere dietro le
sbarre altra gente come William…”.
<< Quanto
tempo ho, per pensarci? >> chiese alla fine.
<< Una
settimana >> rispose McDonall, <<
Dopodiché dovrà darmi una risposta. Non posso darle più tempo, perché
altrimenti non me ne avanzerebbe per cercare qualcun altro… Oppure per
preparare lei >>.
Lo sguardo di McDonall si soffermò sul suo volto, come a farle intendere
che contava molto sulla sua risposta.
<< D’accordo…
>> sussurrò Irina, << Ci penserò. Immagino di non doverne parlare
con Xander, vero? >> chiese, una smorfia sul
volto.
<< No
>> rispose il Vicepresidente, << E’ meglio
che l’agente Went non sappia nulla. E’ una decisione
che deve prendere da sola. Se accetterà, sarò io a comunicarlo al suo
fidanzato. L’unica cosa che deve fare, è valutare attentamente la mia proposta
>>. Mise il fascicolo nella valigetta, poi sembrò ripensarci e glielo
porse. << Dimenticavo di dirle che naturalmente sarà ben pagata. I
dettagli sono tutti qui dentro. Trovi il tempo di dargli un’occhiata, per
favore >>.
Irina lo guardò
alzarsi e sorriderle. << Ci vediamo di nuovo qui, stessa ora, fra una
settimana >> continuò, << Le auguro una
buona giornata, signorina. Mi dispiace averla turbata in questo modo, ma credo
davvero che sia la soluzione migliore >>.
Si allontanò, dopo
aver pagato le consumazioni di entrambi, e uscì dal locale, sparendo dietro un
angolo come un fantasma in un brutto sogno.
Irina rimase a
fissare il punto dove fino a poco prima McDonall era seduto nel suo completo nero, e si sentì
strana. Per una volta, le cose sembravano essersi invertite: era lei a dover
fare “l’agente segreto”, e non Xander… Era lei a
dover essere l’infiltrata della situazione…
Era assurdo. Con
quale coraggio McDonall si presentava da lei, proponendole
di andare in Russia a sgominare una banda di piloti clandestini, quando sapeva
benissimo cosa aveva patito e quanto aveva sofferto prima di riuscire a
uscirne? Ci aveva impiegato due lunghi anni a tornare quella di una volta, a
ritrovare prima la sua libertà, poi la sua sicurezza, e poi la sua felicità.
Non poteva chiederle una cosa del genere… Tornare a essere Fenice.
Sapeva cosa avrebbe
significato rientrare nel giro, vivere la vita di una volta: tutto sarebbe
tornato a essere come due anni prima, quando i suoi ritmi erano scanditi da
notti brave, corse in autostrada, il dolore e la paura di essere la ragazza
dello Scorpione, il disperato tentativo di non diventare per davvero una
criminale come loro…
Ma forse non era
quello a spaventarla di più. Ciò di cui aveva il terrore
era che una volta tornata a essere Fenice, i ricordi sarebbero riaffiorati
nella sua mente, gli incubi a tormentare le sue notti, a farla di nuovo sentire
nient’altro che un corpo vuoto e stupido.
E se le cose
sarebbero finite male? E se fosse rimasta di nuovo prigioniera di quel mondo?
Era già successo una volta, perché non poteva accadere di nuovo?
All’improvviso però
si diede della sciocca, e soprattutto della bambina.
McDonall non la stava costringendo:
le aveva solo proposto la cosa e chiesto di pensarci, anche se aveva cercato di
essere il più convincente possibile. Non l’aveva certo minacciata, ed era
sembrato anche abbastanza dispiaciuto di domandarle una cosa del genere. Le
aveva lasciato la possibilità di scegliere, ma aveva anche fatto leva sul suo
senso del dovere…
Conosceva poco McDonall, perché Xander non era
il tipo da continuare ad avere rapporti con i suoi colleghi fuori dal lavoro, a
parte Jess, ma sapeva che era una persona seria, di
cui persino Xander si era sempre fidato ciecamente.
Vederlo agire di nascosto in quel modo, però, non glielo rendeva diverso. Anche
in quella situazione era stato corretto, per certi versi.
Non aveva voluto
coinvolgere Xander perché sapeva che non le avrebbe
lasciato nemmeno il tempo di ribattere, di ascoltare tutto: lui non le avrebbe
mai permesso di tornare a fare la pilota clandestina. Infatti, come si era
aspettata, aveva già dato anche per lei la risposta: no. Se fosse stato per
lui, non si sarebbe mossa da Los Angeles. Ma non
dipendeva tutto da Xander, questa volta.
Il Vicepresidente,
però, aveva anche parlato bene: era vero, nel loro lavoro bisognava fare scelte
che spesso possono non piacere, esattamente come quella. McDonall
non le avrebbe proposto una cosa del genere, se non fosse stata l’alternativa migliore. C’erano delle vite in gioco, era un
lavoro pericoloso, e le scelte che bisognava mettere
in atto erano quelle che avrebbero minimizzato i rischi. Evidentemente mandare
lei in Russia, anche se esterna all’F.B.I.,
rappresentava l’alternativa migliore.
Comprese subito
perché McDonall aveva preso quella decisione: c’erano
interessi più grandi, più importanti, rispetto al benessere di una sola
persona. Se coinvolgere una ragazza serviva a sbattere
dietro le sbarre un gruppo di criminali che ammazzava gente, allora bisognava
farlo, anche se qualcuno non sarebbe stato d’accordo.
Si alzò lentamente
e uscì dal locale, rendendosi conto di quanto le cose fossero cambiate in pochi
secondi. Ironia della sorte, lei portava persino un
nome russo…
Raggiunse la TT
parcheggiata vicino alla spiaggia, ma non salì. Rimase appoggiata alla
staccionata che la separava dalla battigia, il rumore del mare a cullare i suoi
pensieri.
Aveva una settimana
per pensare, per trovare una motivazione abbastanza convincente per tornare a essere Fenice. Una settimana per decidere se
valeva davvero la pena immergersi di nuovo in quel mondo che per due anni era
stata la sua gabbia. Se alla fine il gioco valeva la candela.
<< Irina…
Secondo te questo può andare bene? >> chiese Jenny, fissandosi nello
specchio del negozio con aria critica, avvolta in un vestitino azzurro chiaro
dalle spalline sottili, << Soffrirò il freddo? >>.
Irina si riscosse e
guardò l’amica, mettendola veramente a fuoco solo in quel momento. Aveva
continuato a fissare gli espositori dei vestiti senza vederli per davvero,
soprappensiero ormai da ore. Annuì, e disse: << Devi metterti qualcosa
sopra… Siamo a novembre, non ad agosto >>.
Jenny sbuffò, poi
tornò a guardarsi nello specchio. << Ok, questo lo prendo, però >>
disse, << Troverò qualcosa di più pesante da mettere… Che hai? Sei distratta… >>.
Irina si voltò
verso l’amica e scosse il capo stancamente. << Non ho niente… Stavo solo
pensando a una cosa. Non è nulla d’importante >>.
Jenny chiaramente
non bevve la sua bugia ma non fece commenti, e tornò nel camerino per togliersi
il vestito. Lei rimase fuori, inquieta, ad aspettare e a cercare di scacciare i
pensieri dalla testa. Quando l’amico uscì si avviarono
alla cassa, Irina più silenziosa che mai.
Era inutile
mentire: la proposta di McDonall l’aveva sconvolta.
Se il Vicepresidente pensava che lei prendesse la cosa con leggerezza, si
sbagliava di grosso. Non poterne parlare con Jenny o con qualcun’altro
era ancora peggio, soprattutto quando vedeva Xander
frustrato quanto lei. Nessuno dei due aveva parlato dell’argomento, eppure
erano entrambi nervosi e pensierosi. Era una gara a chi avrebbe ceduto per
primo rompendo il silenzio e ogni promessa di segretezza.
Ci aveva pensato e
continuava a pensarci, ma non aveva mai trovato il
coraggio per dire sì o dire no. Continuava a rimanere nel dubbio, senza
riuscire a capire quale fosse la cosa migliore da fare; non poteva nemmeno contare
su Xander: era davvero una decisione che doveva
prendere da sola, perché era lei a perderci o guadagnarci qualcosa.
Chiuse la cerniera
del giubbotto e uscì dal centro commerciale, l’amica che camminava al suo
fianco carica di sacchetti e particolarmente allegra per le due ore di
shopping.
<< Sei
nervosa per domenica? >> chiese all’improvviso, riscuotendola dai suoi
pensieri, << Guarda che si deve sposare Sally, non tu >>.
Irina sorrise.
<< Sì, lo so >> disse, aprendo il baule della TT, << Non è per
quello… Xander dovrà andare via di nuovo, fra qualche
settimana, e non mi va di stare ancora da sola >>.
Jenny diventò
seria. << Ti capisco >> disse, << Non deve essere facile.
Magari questa volta andrà anche Jess: ci consoleremo
a vicenda, dai >>.
“E se dovesse essere il contrario? E
se fosse Xander, quello da consolare?”.
Fece una smorfia
senza farsi vedere e salì sulla TT, e solo il quel
momento si accorse di una cosa: continuava a impugnare il volante in modo aggressivo,
come se dovesse fare una gara, come se dovesse intimidire il suo avversario….
Inconsciamente, non aveva mai smesso di farlo. Continuava a comportarsi come
una pilota clandestina.
“Forse è veramente quello che sono… O che quello che
voglio essere”.
Accese il motore,
mentre Jenny di fianco a lei si allacciava la cintura. Glielo diceva sempre,
che a volte correva troppo, che a volte guidava come
una pazza…
Scoprire di non
essere cambiata significava pur qualcosa…
Ma non era
abbastanza per decidere di accettare. Non ancora. Non
bastava rendersi conto di comportarsi sempre come Fenice: serviva un motivo in
più, e qualche paura in meno. Era qualcosa di serio, che non avrebbe potuto
cambiare idea se ci avesse ripensato…
<< Jenny…
Come ti comporteresti se ti trovassi nella situazione di dover fare qualcosa
che risulterebbe utile agli altri, ma hai un po’ di
paura? >> chiese tutto d’un fiato, rimanendo con
lo sguardo concentrato sulla strada, per non dare modo all’amica di vedere la
preoccupazione nei suoi occhi. .
Jenny tacque un
momento, poi rispose lentamente: << Credo… Credo che certe volte le paure
bisogna affrontarle, se è qualcosa di davvero utile agli altri. Anche perché
penso che poi ci si sentirebbe in colpa >>.
Irina strinse il
volante.
“Uno a zero per lei, McDonall”.
Ore 15.00 –
Officina
<< Ciao
Irina! >>.
Max, uno dei suoi
più vecchi amici, e anche il suo ex meccanico personale, si alzò dal pavimento e
le venne incontro, un bel sorriso sul volto simpatico e dagli occhi scuri. La
tuta da lavoro era sporca di olio per motori, così evitò di abbracciarla.
<< Ciao Max
>> disse lei, << Sono venuta a fare un giro. Avevo un pomeriggio
vuoto >>.
Sorrise e si guardò
intorno. L’officina di Max, in cui lavorava con Antony,
un messicano dalla battuta sempre pronta, era in disordine come al solito, e sul carrello elevatore c’era una grossa berlina
scura che sembrava aver bisogno di qualche riparazione. Il banco degli
attrezzi, stipato in fondo al locale, era cosparso di tubi e cacciaviti, e
sembrava non vedere uno straccio da diverse settimane.
<< Hai fatto
bene, oggi sono da solo >> rispose Max, facendo cenno verso l’officina,
<< Antony è andato a fare rifornimenti di
pezzi. E’ un po’ che non ci vediamo, o sbaglio? >>.
Irina annuì e si
andò a sedere sullo sgabello che era sempre stato riservato a lei, soprattutto
quando faceva la pilota, e guardò il meccanico, riportando immediatamente alla
mente i giorni in cui lui era il suo confidente principale, e di quando passava
il tempo a metterla in guardia dai suoi possibili errori.
Anche se all’inizio
aveva provato per Max una leggera antipatia, Xander
aveva messo una buona parola per lui con il giudice ed era stato assolto
dall’accusa di favoreggiamento. In fondo, era stato il meccanico di Irina, che
aveva contribuito a far arrestare Challagher, quindi
non aveva commesso poi chissà quale reato. Era un modo per ringraziarlo per
quello che aveva fatto in quegli anni per lei, contribuendo a evitarle qualche
errore, o almeno a tentare di farlo.
<< In
effetti, siamo stati tutti e due abbastanza impegnati,
in queste settimane >> disse Irina, stendendo le gambe e guardandolo
tornare al lavoro, << Patt sta bene? >>.
<< Sì, benissimo
>> rispose Max, la testa infilata sotto l’utilitaria scura, <<
Voleva invitarti al suo compleanno, a proposito… Non ti conviene rifiutare, sai
quanto è permalosa >>. La sua risata finì soffocata sotto la macchina.
Alla fine le cose
con Angie non erano andate gran che bene: si erano
piaciuti, e per un po’ di tempo si erano frequentati assiduamente, ma poi
avevano anche scoperto che erano davvero troppo
diversi l’uno dall’altro. Angie era la secchiona del gruppo, che di sicuro sarebbe diventata “qualcuno”,
e Max era solo un normale meccanico con un passato non proprio limpidissimo.
Per fortuna si erano accorti non essere fatti l’uno per l’altro prima di
rovinare i rapporti, così riuscivano a trattarsi ancora come amici, anche se si
vedevano poco.
Patt era la nuova
ragazza di Max, una tipa un po’ particolare, permalosissima e modaiola, ma in
fondo molto buona. Irina l’aveva conosciuta appena si erano messi insieme,
perché il meccanico aveva provveduto subito a presentargliela, e ne era nata
un’assurda discussione: Patt era gelosissima, e
all’inizio l’aveva quasi aggredita a sentirla definire “la migliore amica di
Max”. Quando però aveva capito che Irina era davvero solo un’amica ( e dopo aver visto Xander… ),
l’aveva presa in simpatia e molte volte le aveva chiesto di uscire tutti
insieme.
<< D’accordo,
fammi sapere quand’è >> disse Irina, << Però potrei
avere un impegno, forse… >>.
<< Cioè?
>> disse Max, gettando una chiave inglese da una parte, che rimbalzò sul
pavimento con un rumore metallico.
<< Sto
valutando una proposta >> disse Irina, evasiva, fissandosi i piedi.
Max tirò fuori la
testa da sotto l’auto e la guardò. La macchia scura che si era appena fatta sul
naso contribuiva a renderlo più buffo del solito.
<< Non puoi
dire così e poi fare l’evasiva… >> disse, << Lo sai che ti chiederò
di cosa si tratta >>. Sorrise.
Irina valutò l’idea
di dirgli tutto, ma si trattenne. Finché non avesse preso una decisione, non
avrebbe detto nulla a nessuno.
<< No, forse
parto… Magari mi prendo una vacanza >> rispose,
sorridendo.
<< Una
vacanza? >> ripeté Max, perplesso, << Che vuol dire? >>.
<< Niente…
>>. Irina continuò a fissarsi i piedi, ma si accorse che il meccanico la
stava guardando, sdraiato sul pavimento e con un cacciavite in mano, mezzo
infilato sotto l’auto.
<< Tu non me
la conti giusta >> disse lui. << Cosa vuoi
combinare? >>.
<< Nulla…
>>.
<< Giuro che
non parlo >> la incalzò Max, << Dai, se è una sorpresa
voglio partecipare >>.
Irina ghignò per
l’ironia della situazione. “Sorpresa? Non so se la definirei esattamente sorpresa…”.
<< Se ti
chiedessi di dare uno sguardo alla Punto, lo faresti? >> chiese Irina,
assumendo un’aria divertita per non fargli capire quanto in realtà fosse
spaventata dalle sue stesse parole.
<< Conosco
quell’auto meglio di me >> rispose Max, <<
Ci ho messo le mani tante di quelle volte che saprei capire se ha un problema
solo con uno sguardo. Ma con questo cosa vuoi dire?
>>.
<< Vorrei
farle fare qualche corsetta >> spiegò Irina,
sempre mantenendo il tono divertito, << Magari portarla in un circuito e
togliermi un piccolo desiderio… >>.
Era quanto di più
fosse disposta a dire. Max non avrebbe mai immaginato cosa si celasse dietro le
sue parole, ma avrebbe sicuramente capito che l’oggetto della discussione erano
le corse, e quindi la sua auto, che era indispensabile. Con quell’aria
falsamente divertita voleva fargli intendere che considerava la cosa solo una
possibilità, niente di serio né pericoloso…
<< Non dirmi
che vuoi partecipare a qualche gara privata? >> disse Max, più divertito
che preoccupato, << Ti sei fatta organizzare una
corsa solo per te e Xander? Vi conosco, sareste
capaci di una cosa del genere… >>.
<< Più o meno… >> rispose Irina.
<< Ti è
tornato il vizio di fare la teppista? >> chiese Max, sorridendo, <<
Stufa di fare la brava ragazza? >>.
<< No… Ma mi
dispiace lasciare la Punto inutilizzata >> disse Irina, abbassando
impercettibilmente lo sguardo, << Sono passati mesi dall’ultima volta che
l’ho usata… >>.
L’espressione
divertita di Max si incrinò leggermente. <<
Spero non ti torni veramente il vizio, altrimenti ti caccerai nei guai… Meno
male che c’è Xander che ti tiene d’occhio >>.
<< Già…
>> mormorò Irina, << Meno male che c’è lui… >>.
Già, Xander… Era stato chiaro, con McDonall:
lei non si sarebbe mossa di lì, e il fatto che non le avesse detto nulla di
quella storia significava che non valutava proprio l’idea. Non le aveva nemmeno
dato la possibilità di scegliere, però… Non voleva nemmeno pensare di vederla
tornare una pilota clandestina…
<< Nessuno di
noi ti vorrebbe di nuovo nei guai >> proseguì Max, tornando ad assumere
il tono divertito e canzonatorio, << Anche perché non sei la persona che
fa parte di quel genere di gente. E sei molto più simpatica adesso >>.
Irina sorrise.
<< Perché? Prima ero antipatica? >> chiese.
<< No, ma eri
molto più scontrosa… >> rispose Max ridacchiando, << Non ti ricordi
che nell’ultimo periodo litigavamo sempre? A volte eri insopportabile…
>>.
La ragazza lo guardò,
ricordando tutte le volte che avevano discusso su ciò che lei faceva o voleva fare, e soprattutto di quando stava perdendo lui e tutti i
suoi pochi amici per come si comportava. Aveva rischiato davvero di rimanere
sola, per continuare a tenerli al sicuro e non far sapere veramente chi era.
Eccolo,
un motivo per continuare a essere Irina e basta: gli amici. Non poteva
deluderli, né abbandonarli, perché aveva comunque bisogno di loro. E non voleva
perderli, magari metterli in pericolo per la sua avventatezza, e solo per il
desiderio di tornare a gareggiare ancora. Tornare a essere Fenice poteva
comportare anche quello, non ci aveva pensato prima… No, non voleva.
<<
Insopportabile? >> ripeté, alzandosi e raggiungendolo, << A chi hai
detto insopportabile, scusa? >>. Sorrise e assunse una finta espressione
arrabbiata.
<< Ma se stavi sempre lì a dire a tutti di non impicciarti nei
tuoi affari! >> disse Max, trattenendosi dallo scoppiare a ridere,
<< Non ti ricordi quando ce l’avevi con Xander? Gli hai persino detto di non mettere più piede
nella tua vita! >>.
Irina rise, ma
dentro si rabbuiò: quello era un grande errore che aveva rischiato di fare
quando era Fenice, e che non si sarebbe mai perdonata. Non voleva ripeterlo.
<< D’accordo,
hai ragione, ero insopportabile >> convenne Irina, alzando le mani,
<< Allora lasciamo perdere, con la Punto… Non
voglio davvero riprendere il vizio. Meglio evitare le tentazioni >>.
<< Ecco,
brava >> disse Max, dandole una leggera pacca sulla spalla, <<
Allora dimmi se vuoi venire al compleanno di Patt, se
no poi mi mangia vivo perché non te l’ho chiesto >>.
<< Ok…
>>. Irina si avviò verso l’uscita dell’officina e sorrise al meccanico.
<< Ci vediamo, allora. Non lavorare troppo e saluta Antony
>>.
Uscì in strada e si
diresse verso il posto in cui aveva lasciato parcheggiata la TT. Mentre camminava si rese conto che quella visita a Max le aveva
fatto bene: si era ricordata quanto valevano gli amici, e quando avesse
rischiato di perderli. Era una ragione per non tornare a essere Fenice, quella;
una ragione molto, molto convincente.
Sorrise e aprì la
porta dell’Audi, infilandosi dentro.
“Uno a uno, McDonall”.
Spazio Autrice
Ed ecco come ha
fatto Irina a scoprire cosa tramava Xander. Qualcuno di
voi si aspettava fosse il caro vecchio e fido McDonall
quello che avrebbe catapultato Irina nella “cosa”? Il suo ragionamento però è
corretto… E lei non sa cosa rispondere. Perché in fondo le piace ancora
correre, ma le piace anche la vita tranquilla che fa;
ma ha anche paura di ciò che potrebbe succedere. Alla fine cosa deciderà? Non
date tutto troppo per scontato, però. Per Irina non è
facile.
Per il resto, c’è
poco da dire. Questi capitoli non saranno particolarmente movimentati, quindi
l’inizio sarà un po’ lungo. Nel frattempo abbiamo rivisto Max: è sempre lo
stesso, forse anche lui più sereno. Nel prossimo cap
tocca a Tommy.
Ho notato che il “fedelissimo”
di William ha destato la vostra curiosità: non lo avrei mai immaginato… O forse
sono io che so già di chi si tratta. Comunque, nessun indizio, se no vi rovino
la sorpresa (che sorpresa, poi… ).
Supermimmina: ehila! Hai visto, il tanto
promesso seguito c’è, l’ho finalmente fatto. Sono una di parola. Anche io vorrei fosse sempre venerdì, perché dopo c’è il
finesettimana! Attendi il ritorno di Dimitri? Vedrai,
il russo saprà stupirci tutti, compresa Irina. Gli dedicherò un bel po’ di
spazio, per raccontare del suo passato e anche del suo “presente”… Svelerò lati
del suo carattere che non sono passati nel Gioco dello Scorpione. Ti piacerà,
ne sono sicura. Un bacione!
Sheba94: che dire, noi ci
sentiamo su MSN. Bacio enormemente enorme!
CriCri88: pentito? William non conosce la parola pentimento, non per il momento. Di sicuro non potevamo
trovarlo seduto tranquillo a sperare di poter chiedere perdono. Però ha
riflettuto, questo posso garantirtelo… Si vedrà molto
più avanti, ma si vedrà. Per il resto… Grazie della recensione! Baci!
Smemo92: prima di tutto devo dire che sono contentissima
che tu segua anche questa storia, ormai sei una mia lettrice di “vecchia” data,
e ti ringrazio! Purtroppo il “ritorno” di Goryalef
era necessario, per così dire, quindi lo dovrai sopportare… Insieme con molta
della vecchia combriccola. Mi chiedi perché Xander
possa andare a San Pietroburgo? Più avanti sarà spiegato, come sempre in ogni
mia storia. E cerca di capirlo, poverino: ha paura che Irina gli venga portata via, o che le succeda qualcosa. Dopo tutto quello che hanno passato, credo sia normale. Il
discorso vale anche per Tommy: Xander è un po’ geloso,
ma a me fa molta tenerezza. Gli sviluppi di tutto questo si vedranno più
avanti, anche quelli. E William teniamolo d’occhio, perché questa volta è
davvero impazzito… Bacioni!
Marty_odg: aaaah, finalmente qualcuno
che mi capisce! Vita dura, quella degli universitari… Sono contenta che i miei
capitoli ti rallegrino il venerdì: fanno lo stesso per me le vostre recensioni!
Quanto alla storia, anche tu capisci Xander,
esattamente come me: lo fa per Irina, e un po’ anche per lui. Grazie per la
recensione! Baci!
Pinkgirl: sono felice che il mio “genere” ti
piaccia: è un po’ particolare, come il mio cervello fuso… E sono ancora più
contenta che tu abbia deciso di seguire anche il seguito! William è sempre
il solito Scorpione, Xander sempre il solito gelosone, ma in fondo è davvero innamorato di Irina, e non
può che comportarsi diversamente, visto anche quello che hanno passato… Continua
a recensire, ma soprattutto a leggere! Baci!