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Autore: Lhea    12/03/2010    6 recensioni
[Seguito de “Il gioco dello Scorpione”]
Sono passati due anni da quando lo Scorpione è finito dietro le sbarre, due anni da quando Irina è tornata a essere una ragazza normale e due anni da quando tutto nella sua vita ha iniziato a prendere la giusta piega… Ma si sa che il passato è sempre difficile da dimenticare, e lei lo sa meglio di tutti.
Il passato si può nascondere, si può rinnegare, si può anche cercare di dimenticarlo, ma non si può cancellare. Perché rimane lì, a ricordarti ciò che sei stata e ciò che sei diventata; rimane lì a farti capire cosa hai perso e cosa hai guadagnato… Il passato torna. E quando torna, un motivo c’è sempre.
E se all’improvviso Fenice tornasse? E se all’improvviso se le venisse offerta la possibilità di correre ancora per una giusta causa, di passare dalla parte “giusta” e coniugare due cose che non aveva mai pensato di poter riunire? E se all’improvviso si rendesse conto che alla fine il suo passato non lo hai mai dimenticato, che ha sempre vissuto all’ombra di ciò che era stata?
Questa volta Irina deve fare una scelta che può cambiare definitivamente il suo mondo, il suo modo di vedere e di vivere… Una scelta che la dividerà da tutto e da tutti, e che sarà la sua unica possibilità per lasciarsi veramente il suo passato alle spalle. Per poi scoprire che in due anni molte cose cambiano, comprese le persone che hanno fatto parte della sua vita.
Questa volta, il passato torna per sconvolgere tutti, per dimostrare che si cade e ci si rialza; per dimostrare che si perde e si vince; per dimostrare che il bene e il male sono solo due visioni relative… Per dimostrare che alle volte le parti si invertono, e ti mostrano quello che veramente c’è da vedere.
[Nota dell’autrice: lasciatemelo dire: questo non sarà il solito seguito. Se torno, torno per stupirvi… E’ una promessa]
POSTATO ULTIMO CAP + EPILOGO
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il Gioco dello Scorpione'
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Capitolo III

Capitolo III

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 11.00 – San Francisco, Sede F.B.I.

 

Xander gettò malamente il fascicolo che teneva in mano sulla scrivania, innervosito. Attese che l’agente che aveva appena incontrato, un certo Owen Dowson, arrivato dal dipartimento antidroga, si richiudesse alle spalle la porta e poi gettò un’imprecazione.

 

I suoi occhi vagarono sui mobili lucidi dell’ufficio, la persiana di metallo abbassata che lasciava passare la luce autunnale, la pianta abbandonata in un angolo, sola e mezza rinsecchita… Odiava stare in quella stanza, perché era tutto tropo statico e formale e gli dava il nervoso. La leggera trascuratezza del luogo lo confermava.

 

Possibile che non esistesse nessuno che avesse un po’ di esperienza nel settore delle corse clandestine, e che sapesse destreggiarsi tra un gruppo di russi? Che fosse in grado di infiltrarsi tra loro senza destare troppi sospetti e soprattutto senza fare troppo “rumore”?

 

No, forse qualcuno c’era, ma era lui a non volerlo vedere… Non avrebbe mai accettato nessuno come compagno, di tutti quelli che aveva incontrato: o erano troppo incoscienti, o troppo poco preparati… Aveva bisogno di qualcuno di cui fidarsi, di qualcuno che avrebbe seguito i suoi ordini quando era ora, e che al momento opportuno sarebbe stato capace di agire anche da solo…

 

Afferrò il bicchiere del caffè, e appoggiò i piedi sul ripiano della scrivania. Odiava stare seduto lì, soprattutto quando le cose non andavano come voleva lui… Il fatto di essere ancora al punto di partenza lo innervosiva ancora di più… Chi altri poteva chiamare?

 

Tirò fuori dal cassetto l’agenda in cui teneva tutti i contatti che conosceva, e iniziò a sfogliarla, sperando in qualche idea. C’erano un sacco di nomi di persone che aveva incontrato al massimo un paio di volte nella sua carriera, ma che potevano tornagli utili quando era in missione per avere subito informazioni in campi di azione diversi dal suo. Forse tra loro poteva nascondersi il candidato perfetto per quella missione…

 

Jacob Reston?

 

No, si occupava di clandestini e prostituzione, e di sicuro non aveva esperienza nelle corse…

 

Pitt Mastor?

 

No, nemmeno lui. Troppo vecchio…

 

Ad un certo punto arrivò alla C, e un nome gli saltò subito all’occhio, scritto frettolosamente con la penna rossa. Simon Cohen. Perché non ci aveva pensato prima?

 

Simon era un agente dell’F.B.I., aveva svolto un incarico simile in Messico diversi anni prima, e sapeva muoversi tra i piloti clandestini. Per un certo periodo aveva vissuto proprio come loro, per poi tornare a collaborare con la polizia… Forse non era più giovanissimo, ma lo conosceva e poteva fidarsi di lui…

 

Afferrò il telefono e compose il numero del suo cellulare. Poco dopo una voce profonda rispose.

 

<< Pronto? >>.

 

<< Simon, sono Alexander >> disse Xander, << Tutto bene? >>.

 

<< Certo, certo! >> rispose il gigante nero, << Dimmi, hai bisogno di qualcosa? >>.

 

Xander gli spiegò brevemente della missione in Russia, di quello che si doveva fare e di chi serviva, e soprattutto chi era il miglior candidato secondo McDonall.

 

<< Irina? >> sbottò Simon, << Sarà anche indicata, ma equivale a mandarla nella tana del lupo… E’ vero che da quelle parti non sanno che c’entra anche lei con l’arresto di Challagher, ma potrebbero sospettarlo, se la vedono arrivare lì… Mi sembra un po’ troppo avventato >>.

 

<< Tu saresti disposto ad andare? >> chiese Xander, << In fondo non è poi così difficile, non hai bisogno di chissà quale preparazione… >>.

 

<< Io? >> fece Simon, dubbioso, << Non saprei… Ho perso un po’ la mano, e non so se sarei in grado di non farmi beccare. Oltretutto, comincio a essere un po’ anzianotto anche io… >>. Lo disse ridendo, ma nel suo tono c’era una punta di amarezza.

 

Anziano era una parolona: Simon doveva avere più o meno cinquant’anni, e godeva ancora della sua notevole prestanza fisica. Di sicuro non si trattava di un problema legato al corpo, ma alla testa: forse il nero non aveva più voglia di vivere qualche avventura, come un ragazzino incosciente, non dopo tutte quelle che aveva passato.

 

<< Ho bisogno di qualcuno di cui posso fidarmi >> continuò Xander, << Tu sapresti come muoverti… Devi solo cercare di infiltrarti tra di loro e scoprire chi è che sta tradendo persino il Governo… >>.

 

<< Ci penserò, Xander >> disse Simon, << Ma davvero, non me la sento… L’ultima volta che ho preso parte a una missione del genere, non è finita bene. Il mio unico obiettivo era George Challagher, e quando è stato catturato ho deciso di darmi alla vita tranquilla… Non avrei particolari motivi, per accettare >>.

 

Xander ricordò all’improvviso a cosa si riferiva: Magdalena, la donna di cui si era innamorato e che era finita ammazzata mentre lui cercava di arrestare George Challagher… Quando aveva incontrato Irina, per un momento aveva creduto che la loro storia andasse a finire nello stesso modo, ed era stato orribile… No, forse non poteva chiedergli una cosa del genere.

 

<< Va bene, non importa >> disse, << Grazie comunque per averci pensato. Cercherò qualcun’altro >>.

 

Posò il telefono sulla scrivania, e si lasciò andare a un sospiro esasperato. In una settimana non aveva risolto nulla, ma poteva comunque ancora contare su altri sette giorni: qualcuno avrebbe trovato, altrimenti era pronto ad andare di persona, anche se sapeva quanto rischiava. Tutto, pur di non mandare Irina laggiù.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 11.30 – Università

 

Il cellulare nella tasca di Irina iniziò a vibrare, e lei sussultò, seduta al suo solito posto a metà aula. Jenny le rivolse un’occhiata mentre tirava fuori il telefono e guardava di chi si trattava, con il professore che continuava imperterrito a spiegare la sua lezione.

 

Quando vide che il nome che brillava sul display non era quello di Xander, rimase contrariata. Poi però venne attirata dal fatto che il numero lo conosceva, nonostante non fosse memorizzato nella sua rubrica: era Howard McDonall, il Vicepresidente dell’F.B.I.

 

<< Ma che… >> borbottò, alzandosi in piedi. In un attimo, l’ansia le montò addosso: che fosse accaduto qualcosa a Xander? Di solito non le telefonava mai…

 

<< Che succede? >> chiese Katy, alla sua sinistra, posando la penna sul banco.

 

<< Devo rispondere… >> disse Irina, allarmata, trafficando con le giacche e le borse per liberarsi il passaggio, << Fammi passare, per favore >>.

 

Scavalcò Katy e raggiunse rapidamente la porta, sotto lo sguardo di mezza aula, incuriosita dalla sua rapida e silenziosa fuga. Appena fu fuori, nel lungo e deserto corridoio dell’università, rispose, preoccupata, il cuore che batteva un po’ più forte del solito.

 

<< Pronto? >>.

 

<< Irina Dwight? >> chiese la voce dall’altra parte.

 

<< Sì, sono io >> rispose lei, raggiungendo un angolino tranquillo dove poter parlare senza essere ascoltata da nessuno che magari fosse uscito dalle altre aule.

 

<< Sono McDonall >> disse il Vicepresidente, << La disturbo? >>.

 

<< No, ero a lezione… >> rispose Irina, << E’ successo qualcosa? >>.

 

<< No, no >> si affrettò a dire McDonall, << Volevo solo parlare con lei un momento, se ha tempo. Anche adesso, se non le è di troppo disturbo… >>.

 

Era chiaro che a una richiesta del Vicepresidente dell’F.B.I. non si poteva certo dire di no, ma si chiese come mai volesse vederla, se non era successo niente… Le uniche poche volte che si vedevano era in occasione delle cene con i colleghi di Xander, che oltretutto lui amava pochissimo…

 

<< Va-Va bene… >> mormorò, ancora più preoccupata, << Come mai? Xander non mi aveva detto niente, a riguardo… >>.

 

<< Non si preoccupi, non è niente di grave >> disse McDonall, << Vorrei solo parlare con lei circa una questione che ritengo importante… Senza il suo fidanzato, se è possibile >>.

 

Cosa? Senza Xander? Che significava?

 

Perplessa, Irina rimase immobile di fronte alla parete, gli occhi puntati davanti a sé. C’era qualcosa che non le tornava: cosa voleva da lei McDonall, oltretutto senza Xander in mezzo? Quando mai gli nascondeva qualcosa, e soprattutto cosa mai poteva volere da lei?

 

<< D’accordo >> disse lentamente, fissando senza vederlo lo zaino di uno studente che passava di lì, i suoi passi che risuonavano nel corridoio vuoto, << Dove ci dobbiamo incontrare? >>.

 

<< Sul lungomare, all’Ocean Cafè >> rispose il Vicepresidente, << La aspetto lì, fra mezz’ora >>.

 

<< Bene >>.

 

Irina chiuse la telefonata e rimise il cellulare in tasca. Se McDonall poteva arrivare a Los Angeles in solo mezz’ora, significava che era già lì, e che doveva aver programmato quella cosa, il che era ancora più strano. Soprattutto se non voleva Xander tra i piedi.

 

Rientrò in aula ignorando gli sguardi di qualche studente interessato al suo ritorno, e si diresse verso il suo posto. Per fortuna il professore era di spalle e non fece caso a lei, che rapidamente raccolse il quaderno e la borsa. Jenny, Katy ed Angie la guardavano in apprensione. << Vado via, ci vediamo domani >> sussurrò.

 

<< Cosa è successo? >> chiese Angie, preoccupata a tal punto da distogliere l’attenzione dai suoi appunti.

 

<< Niente, devo solo vedere una persona… >> rispose Irina, poi scappò fuori dall’aula e uscì dall’Università.

 

Tutta quella storia era strana, e la preoccupava. Mentre attraversava i corridoi che l’avrebbero portata fuori dall’edificio, schivando gli studenti che cambiavano l’aula, si chiese se fosse il caso di telefonare a Xander e dirgli di McDonall… Alla fine decise di attendere di scoprire di cosa si trattava: magari non era davvero nulla di importante, e rischiava di disturbarlo per niente, oltre che farlo preoccupare inutilmente.

 

Le ci vollero solo dieci minuti per raggiungere casa sua e prendere le chiavi dell’Audi TT, sua compagna di vita come la Punto da più di tre anni. Senza nemmeno posare la borsa dei libri salì in auto e raggiunse il lungomare, tentando inutilmente di tenere a bada la sua preoccupazione: picchiettava sul pomello del cambio come tutte le volte in cui era nervosa.

 

L’Ocean Cafè era un locale molto conosciuto e considerato “d’èlite”, frequentato da gente abbastanza facoltosa e di un certo spessore: di sicuro non era un luogo adatto a piloti clandestini o persone di quello stesso calibro. L’arredamento lucido e sobrio dava l’impressione di un posto frequentato da manager, dottori e ingegneri durante le loro pause pranzo.

 

Al momento però era quasi vuoto, perché era ancora presto per mangiare, e l’unica persona che spiccava tra i tavolini affacciati sulla spiaggia era un uomo dai capelli brizzolati e vestito in un impeccabile completo nero. Sfogliava un fascicolo scuro, una tazza vuota di caffè davanti. 

 

Incerta, Irina entrò nel locale e si diresse lentamente verso McDonall, rivolgendo un cenno di saluto al barista, impegnato a sistemare le bottiglie nello scaffale dietro di lui. Un cameriere stava ripulendo i tavolini vicino all’ingresso.

 

<< Buongiorno… >>. Irina scostò la sedia e guardò il Vicepresidente dell’F.B.I., in soggezione: era pur sempre un alto esponente del governo americano.

 

<< Buongiorno >> disse McDonall, guardandola sedere di fronte a lui, educato come al solito, << La ringrazio profondamente per essere venuta subito. So che questa mattina aveva lezione, ma avevo bisogno di parlarle… >>.

 

<< Non capisco >> disse Irina, ordinando un caffè senza nemmeno pensare a quello che stava facendo, << Perché mi voleva vedere? >>.

 

McDonall spostò la tazzina vuota e appoggiò il fascicolo nero sul tavolino. Divenne improvvisamente serio, il volto segnato quasi inespressivo.

 

<< Ho parlato di questa cosa anche con l’agente Went >> disse, << Ed è per questo motivo che non volevo che ci fosse anche lui: non è d’accordo su quello che sto per proporle >>.

 

<< Di cosa si tratta? >> domandò Irina, insospettita. La faccenda era davvero strana, se non preoccupante. Proposta? Quale proposta?

 

<< I servizi segreti russi ci hanno chiesto aiuto per far arrestare un gruppo di piloti clandestini che ormai ha il controllo di tutti i traffici delle principali città della Russia >> spiegò McDonall, poggiando una mano sul fascicolo scuro.

 

<< Xander me ne ha parlato… >> disse Irina. Cosa centrava con lei?

 

<< E cos’altro le ha detto? >> chiese il Vicepresidente. La guardò con una strana espressione, quasi speranzosa.

 

<< Che doveva trovare qualcuno di adatto ad accompagnarlo… E che sarebbe partito tra qualche settimana >> rispose Irina, fissando l’uomo, senza capire bene dove volesse arrivare. Xander non aveva mica il divieto di parlarle delle sue missioni… O no?

 

McDonall fece una smorfia, quasi si aspettasse una risposta del genere. Lentamente aprì il fascicolo, lo sfoglio e tirò fuori una foto; gli gettò un’occhiata e poi la mostrò a lei.

 

Irina rimase di sasso di fronte all’immagine che si ritrovò davanti. La barba scura, il dente d’oro, il tipico abbigliamento da magnate russo… La prima cosa che le venne in mente fu una Ferrari gialla e una gara a Las Vegas… E dolorose schegge di vetro conficcate nel suo braccio, oltre che una pacca poco simpatica sul suo fondoschiena. Come dimenticarsi di Boris Goryalef?

 

<< Cosa significa? >> chiese, alzando lo sguardo su McDonall.

 

<< Lo riconosce, immagino >> ribatté lui, lasciando la foto sotto i suoi occhi.

 

<< Sì, era uno degli amici di Challagher… >> rispose Irina, e un leggero brivido le percorse la schiena nel pronunciare quel nome.

 

<< Vi conoscevate, quindi >> incalzò il Vicepresidente.

 

<< Sì, ci conoscevamo >>. Irina ignorò la tazzina di caffè che le venne posata davanti, << Non capisco… Cosa sta cercando di dirmi? >>.

 

<< Andrò subito al punto >> disse McDonall, assumendo un’aria professionale, << Dobbiamo mandare qualcuno in Russia per dare una mano ai servizi segreti per fare arrestare Goryalef e la sua gente. Purtroppo però è difficilissimo infiltrarsi tra di loro, perché fanno avvicinare solo chi conoscono… Ci serve qualcuno che sappia muoversi tra di loro senza destare troppi sospetti, qualcuno che sia bravo con le auto >>.

 

Irina fissò il Vicepresidente, mentre nella testa prendeva forma un’idea. Lo sapeva dove voleva andare a parare, adesso. Di sicuro era stato più che chiaro.

 

<< Deve essere qualcuno che sia insospettabile, e tuttavia abbia una certa conoscenza della gente di quelle parti per potersi infiltrare fino ai piani alti >> continuò McDonall, << Sono coinvolti anche membri del Governo, ciò significa che sono molto diffidenti nei confronti degli stranieri… Ci vuole qualcuno che loro conoscono già, almeno di fama >>.

 

Per un momento Irina pensò di aver capito male, di non aver colto il significato di quelle parole. Si mosse sulla sedia, allontanandosi dal tavolino di metallo.

 

<< Lei sta scherzando, vero? >> boccheggiò, gli occhi spalancati. << E’ uno scherzo… Non può dirmi che vuole mandare me! >>.

 

Il barista, dietro al bancone, occupato a servire un paio di caffè, sussultò e guardò verso di loro. Non doveva aver sentito ciò che si erano detti, perché il tono di voce di McDonall era stato abbastanza basso, ma quello di Irina era appena stato isterico.

 

<< Credo sia la candidata più adatta >> disse il Vicepresidente, mantenendo la sua calma. << Goryalef la conosce, non si preoccuperà troppo quando la vedrà arrivare. Sanno che lavorava per Challagher e che era anche la numero tre della Black List. Riuscirebbe a infiltrarsi tra di loro con facilità… >>.

 

<< Un momento >> lo interruppe Irina, confusa e sorpresa dalla cosa, << Xander mi ha detto che ci sarebbe andato lui… Io non sono nemmeno dell’F.B.I.: perché volete me? >>.

 

<< L’agente Went non può andare a Mosca >> spiegò McDonall, << Sanno che è stato lui a far arrestare Challagher. Se avrà un ruolo in questa storia, sarà di minore rilevanza. Gli ho proposto io di mandare lei, o perlomeno di chiederle se era disposta ad accettare, ma mi ha detto che non l’avrebbe mai lasciata andare… >>.

 

Era tipico di Xander sostituirsi a lei nelle decisioni più delicate, come in quel caso. Rimase un attimo in silenzio, gli occhi puntati alle spalle di McDonall, sul mare che si intravedeva attraverso la vetrata, valutando tutte le conseguenze di quello che le era stato detto…

 

<< Allora perché me lo ha chiesto comunque? >> domandò lei, a bassa voce. Si accorse che Xander le aveva mentito, perché le aveva detto che stava cercando un compagno con cui partire, e non che in realtà non ci potesse andare…

 

McDonall divenne serissimo. Teneva le mani sul fascicolo scuro, come se parlare gli fosse quasi difficile.  << So che le posso sembrare insensibile o cattivo >> disse, << Ma ci sono cose che purtroppo prescindono da quello che vorremmo o non vorremo, e questa è proprio una di quelle. Come persona non mi sarei mai sognato di cercarla all’insaputa dell’agente Went per chiederle se vuole prendere parte a questa missione, ma come Vicepresidente dell’F.B.I. sono tenuto a farlo. Il nostro lavoro ci impone di dover rinunciare alla nostra “umanità”, per così dire, e ci costringe a fare scelte che non vorremmo fare… Si tratta di far arrestare della gente che uccide, che spaccia droga, che compie tutti i possibili atti criminali che esistono, e non posso rinunciare a proporle questa cosa solo perché so che uno dei miei sottoposti non la accetterà perché è la sua fidanzata… >>.

 

Irina rimase in silenzio, colpita da quelle parole, mentre si rendeva conto che aveva ragione. Quello che stava dicendo non era sbagliato, anzi: McDonall stava solo facendo il suo lavoro, e non poteva biasimarlo…

 

<< Cosa… Cosa dovrei fare? >> chiese abbassando la voce, più che altro curiosa di sapere di cosa si trattava di preciso.

 

<< Finché non accetta, non posso spiegarle nei dettagli il nostro piano > rispose McDonall, << Si tratta comunque di andare a Mosca e scoprire chi è il capo di tutta quella organizzazione, farci una soffiata e permetterci di arrestarlo. Lo stesso lavoro che ha svolto Went con Challagher quando è venuto a Los Angeles >>.

 

Irina abbassò lo sguardo, senza sapere cosa dire.

 

Mai aveva immaginato che un giorno si trovasse a dover dare una risposta a quella domanda che diverse volte si era posta da sola: voleva tornare a essere una pilota clandestina?

 

Se quando Xander l’aveva salvata e l’aveva fatta tornare a vivere una vita normale aveva creduto di essere stata miracolata, quando si era accorta che le mancava correre si era data della pazza. Era stata prigioniera per due anni di un mondo violento e al limite, aveva pregato notti intere di riuscire a uscirne, eppure ora qualcosa di quella vita le mancava… L’adrenalina che scorreva nelle vene quando correva a duecento all’ora sulla strada… L’odore delle gomme sull’asfalto, il suono dei motori…

 

Non l’aveva mai confessato a nessuno, nemmeno a Xander, ma poter tornare a gareggiare ogni tanto le sarebbe piaciuto davvero, e si vergognava a morte di quella cosa. Ne era uscita viva per miracolo, da quel gioco perverso e pericoloso, eppure rimpiangeva le corse, come una bambina che ancora non sa quello che vuole. Come una stupida che si accorge troppo tardi che quello che voleva lo aveva già…

 

Però sapeva che non poteva correre ancora, perché sarebbe tornata a essere una criminale, e lei non voleva certo esserlo. Non voleva essere la padrona della città, spaventare la gente, come faceva lo Scorpione. Voleva solo gareggiare e basta, senza sentirsi obbligata né prigioniera, senza avere paura delle persone con cui aveva a che fare… Era un’utopia, se ne rendeva conto, e per ciò sapeva di dover rinunciare per sempre alle auto e a tutto il loro mondo.

 

E poi…

 

E poi, essere una ragazza normale non era sempre quello che aveva desiderato? Non aveva sempre voluto vivere una vita tranquilla, con i suoi amici e i suoi affetti, i problemi comuni di una persona comune, le occupazioni normali di una persona normale? Fin da piccola aveva agognato tutto quello, e alla fine era riuscita ad ottenere più di quanto sperasse… Perché rinunciare a ciò che aveva?

 

Quello che però le stava chiedendo McDonall era diverso: si trattava di tornare a fare la pilota clandestina per arrestare dei criminali, e insieme di tornare a rischiare… Le dava uno scopo onorevole, ma anche un pericolo enorme. Le offriva la possibilità di gareggiare ancora, ma le chiedeva di avere di nuovo paura… Paura per sé, per gli altri, per tutto.

 

<< Come fa a credere che ce la possa fare? >> chiese, la voce impastata, << Conosco Goryalef, è vero, ma chi le dice che io sia capace di fare una cosa del genere? Non credo di avere la stoffa per fare l’agente dell’F.B.I. >>.

 

McDonall sorrise. << Ha resistito due anni nella banda di Challagher, ed era la numero tre della Black List: questo già dice molto >> rispose, << E’ sicuramente più preparata di molti nostri agenti. Non vedo perché non dovrei darle fiducia >>.

 

Irina sorrise davanti a quel complimento, ma non si montò la testa. Sapeva cosa significava far parte di quelle bande di matti, e aveva sempre sperato di non doverci tornare… L’unica cosa che rimpiangeva erano le gare, non la gente con cui aveva a che fare.

 

<< Xander che ruolo avrà? >> domandò.

 

<< Lui si muoverà a San Pietroburgo, per raccogliere informazioni da quelle parti >> rispose McDonall, << Le sarà per certi versi vicino, se è questo che le preme sapere >>.

 

Vicino… San Pietroburgo e Mosca non erano proprio vicini, anche se si trovavano entrambe in Russia. Ciò che intendeva il Vicepresidente era che entrambi avrebbero lavorato alla stessa cosa, solo su fronti diversi.

 

Irina abbassò di nuovo il capo, e sul volto le si disegnò una smorfia a metà tra il divertito e l’amareggiato. Tornare a correre significava far tornare a vivere quella parte di sé che aveva voluto lasciare morire quel giorno in cui Xander l’aveva salvata dalle grinfie di Challagher… Fenice sarebbe tornata a vivere, sarebbe rinata come faceva ogni volta. E con lei sarebbe tornata quella sensazione di euforia, l’adrenalina di sentirsi superiore almeno in qualcosa, ma sarebbero tornati anche i suoi incubi, le sue paure, i suoi demoni. I suoi ricordi.

 

Chiudere con le corse l’aveva aiutata anche a dimenticare lui, William, la persona che le aveva completamente cambiato l’esistenza, che l’aveva prima fatta innamorare e che poi l’aveva resa schiava… E che l’aveva anche piegata, in qualche modo, rendendola prigioniera delle sue paure e infliggendole una ferita che aveva lasciato una cicatrice indelebile dentro di lei.

 

<< Non so se me la sento >> disse lentamente, << Credevo di aver chiuso, e Xander la pensava come me… Non so se voglio far parte di questa cosa. Sto bene, sono felice, ho tutto quello che posso desiderare. Non voglio tornare a essere una criminale, anche se per finta >>.

 

<< So cosa comporta per lei, ma non posso fare a meno di chiederle almeno di pensarci >> disse McDonall, chiaro ma non insistente, << Purtroppo il nostro lavoro ci impone scelte che molto spesso non ci piacciono… La prego di pensarci, per favore. Ci occuperemo della sua formazione, non sarà mandata allo sbaraglio >>.

 

Irina tacque, fissando la tazzina ancora piena di caffè, confusa e spaventata. Aveva sempre pensato di aver chiuso, con quel mondo… Perché ora che iniziava a sentirsi veramente normale, le cose dovevano cambiare ancora?

 

“Perché tu non sei capace di essere normale…”.

 

No, non voleva tornare a essere Fenice. Aveva troppa paura di tornare quella di una volta, di sentirsi di nuovo sola e spaventata…

 

L’unica cosa che voleva in quel momento era dire no, non accettare. Rifiutare la proposta di McDonall e dimenticare quell’incontro in fretta, per tornare alla sua vita spensierata e tranquilla… Esattamente come voleva anche Xander. Eppure non ci riusciva.

 

“Non è per te, che lo faresti… Potrebbe esserci qualcun altro in Russia che si trova nella situazione in cui ti trovavi tu. Salveresti delle vite, contribuiresti a mettere dietro le sbarre altra gente come William…”.

 

<< Quanto tempo ho, per pensarci? >> chiese alla fine.

 

<< Una settimana >> rispose McDonall, << Dopodiché dovrà darmi una risposta. Non posso darle più tempo, perché altrimenti non me ne avanzerebbe per cercare qualcun altro… Oppure per preparare lei >>.

 

Lo sguardo di McDonall si soffermò sul suo volto, come a farle intendere che contava molto sulla sua risposta.

 

<< D’accordo… >> sussurrò Irina, << Ci penserò. Immagino di non doverne parlare con Xander, vero? >> chiese, una smorfia sul volto.

 

<< No >> rispose il Vicepresidente, << E’ meglio che l’agente Went non sappia nulla. E’ una decisione che deve prendere da sola. Se accetterà, sarò io a comunicarlo al suo fidanzato. L’unica cosa che deve fare, è valutare attentamente la mia proposta >>. Mise il fascicolo nella valigetta, poi sembrò ripensarci e glielo porse. << Dimenticavo di dirle che naturalmente sarà ben pagata. I dettagli sono tutti qui dentro. Trovi il tempo di dargli un’occhiata, per favore >>.

 

Irina lo guardò alzarsi e sorriderle. << Ci vediamo di nuovo qui, stessa ora, fra una settimana >> continuò, << Le auguro una buona giornata, signorina. Mi dispiace averla turbata in questo modo, ma credo davvero che sia la soluzione migliore >>.

 

Si allontanò, dopo aver pagato le consumazioni di entrambi, e uscì dal locale, sparendo dietro un angolo come un fantasma in un brutto sogno.

 

Irina rimase a fissare il punto dove fino a poco prima McDonall era seduto nel suo completo nero, e si sentì strana. Per una volta, le cose sembravano essersi invertite: era lei a dover fare “l’agente segreto”, e non Xander… Era lei a dover essere l’infiltrata della situazione…

 

Era assurdo. Con quale coraggio McDonall si presentava da lei, proponendole di andare in Russia a sgominare una banda di piloti clandestini, quando sapeva benissimo cosa aveva patito e quanto aveva sofferto prima di riuscire a uscirne? Ci aveva impiegato due lunghi anni a tornare quella di una volta, a ritrovare prima la sua libertà, poi la sua sicurezza, e poi la sua felicità. Non poteva chiederle una cosa del genere… Tornare a essere Fenice.

 

Sapeva cosa avrebbe significato rientrare nel giro, vivere la vita di una volta: tutto sarebbe tornato a essere come due anni prima, quando i suoi ritmi erano scanditi da notti brave, corse in autostrada, il dolore e la paura di essere la ragazza dello Scorpione, il disperato tentativo di non diventare per davvero una criminale come loro…

 

Ma forse non era quello a spaventarla di più. Ciò di cui aveva il terrore era che una volta tornata a essere Fenice, i ricordi sarebbero riaffiorati nella sua mente, gli incubi a tormentare le sue notti, a farla di nuovo sentire nient’altro che un corpo vuoto e stupido.

 

E se le cose sarebbero finite male? E se fosse rimasta di nuovo prigioniera di quel mondo? Era già successo una volta, perché non poteva accadere di nuovo?

 

All’improvviso però si diede della sciocca, e soprattutto della bambina.

 

McDonall non la stava costringendo: le aveva solo proposto la cosa e chiesto di pensarci, anche se aveva cercato di essere il più convincente possibile. Non l’aveva certo minacciata, ed era sembrato anche abbastanza dispiaciuto di domandarle una cosa del genere. Le aveva lasciato la possibilità di scegliere, ma aveva anche fatto leva sul suo senso del dovere…

 

Conosceva poco McDonall, perché Xander non era il tipo da continuare ad avere rapporti con i suoi colleghi fuori dal lavoro, a parte Jess, ma sapeva che era una persona seria, di cui persino Xander si era sempre fidato ciecamente. Vederlo agire di nascosto in quel modo, però, non glielo rendeva diverso. Anche in quella situazione era stato corretto, per certi versi.

 

Non aveva voluto coinvolgere Xander perché sapeva che non le avrebbe lasciato nemmeno il tempo di ribattere, di ascoltare tutto: lui non le avrebbe mai permesso di tornare a fare la pilota clandestina. Infatti, come si era aspettata, aveva già dato anche per lei la risposta: no. Se fosse stato per lui, non si sarebbe mossa da Los Angeles. Ma non dipendeva tutto da Xander, questa volta.

 

Il Vicepresidente, però, aveva anche parlato bene: era vero, nel loro lavoro bisognava fare scelte che spesso possono non piacere, esattamente come quella. McDonall non le avrebbe proposto una cosa del genere, se non fosse stata l’alternativa migliore. C’erano delle vite in gioco, era un lavoro pericoloso, e le scelte che bisognava mettere in atto erano quelle che avrebbero minimizzato i rischi. Evidentemente mandare lei in Russia, anche se esterna all’F.B.I., rappresentava l’alternativa migliore.

 

Comprese subito perché McDonall aveva preso quella decisione: c’erano interessi più grandi, più importanti, rispetto al benessere di una sola persona. Se coinvolgere una ragazza serviva a sbattere dietro le sbarre un gruppo di criminali che ammazzava gente, allora bisognava farlo, anche se qualcuno non sarebbe stato d’accordo.

 

Si alzò lentamente e uscì dal locale, rendendosi conto di quanto le cose fossero cambiate in pochi secondi. Ironia della sorte, lei portava persino un nome russo…

 

Raggiunse la TT parcheggiata vicino alla spiaggia, ma non salì. Rimase appoggiata alla staccionata che la separava dalla battigia, il rumore del mare a cullare i suoi pensieri.

 

Aveva una settimana per pensare, per trovare una motivazione abbastanza convincente per tornare a essere Fenice. Una settimana per decidere se valeva davvero la pena immergersi di nuovo in quel mondo che per due anni era stata la sua gabbia. Se alla fine il gioco valeva la candela.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

<< Irina… Secondo te questo può andare bene? >> chiese Jenny, fissandosi nello specchio del negozio con aria critica, avvolta in un vestitino azzurro chiaro dalle spalline sottili, << Soffrirò il freddo? >>.

 

Irina si riscosse e guardò l’amica, mettendola veramente a fuoco solo in quel momento. Aveva continuato a fissare gli espositori dei vestiti senza vederli per davvero, soprappensiero ormai da ore. Annuì, e disse: << Devi metterti qualcosa sopra… Siamo a novembre, non ad agosto >>.

 

Jenny sbuffò, poi tornò a guardarsi nello specchio. << Ok, questo lo prendo, però >> disse, << Troverò qualcosa di più pesante da mettere… Che hai? Sei distratta… >>.

 

Irina si voltò verso l’amica e scosse il capo stancamente. << Non ho niente… Stavo solo pensando a una cosa. Non è nulla d’importante >>.

 

Jenny chiaramente non bevve la sua bugia ma non fece commenti, e tornò nel camerino per togliersi il vestito. Lei rimase fuori, inquieta, ad aspettare e a cercare di scacciare i pensieri dalla testa. Quando l’amico uscì si avviarono alla cassa, Irina più silenziosa che mai.

 

Era inutile mentire: la proposta di McDonall l’aveva sconvolta. Se il Vicepresidente pensava che lei prendesse la cosa con leggerezza, si sbagliava di grosso. Non poterne parlare con Jenny o con qualcun’altro era ancora peggio, soprattutto quando vedeva Xander frustrato quanto lei. Nessuno dei due aveva parlato dell’argomento, eppure erano entrambi nervosi e pensierosi. Era una gara a chi avrebbe ceduto per primo rompendo il silenzio e ogni promessa di segretezza.

 

Ci aveva pensato e continuava a pensarci, ma non aveva mai trovato il coraggio per dire sì o dire no. Continuava a rimanere nel dubbio, senza riuscire a capire quale fosse la cosa migliore da fare; non poteva nemmeno contare su Xander: era davvero una decisione che doveva prendere da sola, perché era lei a perderci o guadagnarci qualcosa.

 

Chiuse la cerniera del giubbotto e uscì dal centro commerciale, l’amica che camminava al suo fianco carica di sacchetti e particolarmente allegra per le due ore di shopping.

 

<< Sei nervosa per domenica? >> chiese all’improvviso, riscuotendola dai suoi pensieri, << Guarda che si deve sposare Sally, non tu >>.

 

Irina sorrise. << Sì, lo so >> disse, aprendo il baule della TT, << Non è per quello… Xander dovrà andare via di nuovo, fra qualche settimana, e non mi va di stare ancora da sola >>.

 

Jenny diventò seria. << Ti capisco >> disse, << Non deve essere facile. Magari questa volta andrà anche Jess: ci consoleremo a vicenda, dai >>.

 

“E se dovesse essere il contrario? E se fosse Xander, quello da consolare?”.

 

Fece una smorfia senza farsi vedere e salì sulla TT, e solo il quel momento si accorse di una cosa: continuava a impugnare il volante in modo aggressivo, come se dovesse fare una gara, come se dovesse intimidire il suo avversario…. Inconsciamente, non aveva mai smesso di farlo. Continuava a comportarsi come una pilota clandestina.

 

“Forse è veramente quello che sono… O che quello che voglio essere”.

 

Accese il motore, mentre Jenny di fianco a lei si allacciava la cintura. Glielo diceva sempre, che a volte correva troppo, che a volte guidava come una pazza…

 

Scoprire di non essere cambiata significava pur qualcosa…

 

Ma non era abbastanza per decidere di accettare. Non ancora. Non bastava rendersi conto di comportarsi sempre come Fenice: serviva un motivo in più, e qualche paura in meno. Era qualcosa di serio, che non avrebbe potuto cambiare idea se ci avesse ripensato…

 

<< Jenny… Come ti comporteresti se ti trovassi nella situazione di dover fare qualcosa che risulterebbe utile agli altri, ma hai un po’ di paura? >> chiese tutto d’un fiato, rimanendo con lo sguardo concentrato sulla strada, per non dare modo all’amica di vedere la preoccupazione nei suoi occhi. .

 

Jenny tacque un momento, poi rispose lentamente: << Credo… Credo che certe volte le paure bisogna affrontarle, se è qualcosa di davvero utile agli altri. Anche perché penso che poi ci si sentirebbe in colpa >>.

 

Irina strinse il volante.

 

“Uno a zero per lei, McDonall”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 15.00 – Officina

 

<< Ciao Irina! >>.

 

Max, uno dei suoi più vecchi amici, e anche il suo ex meccanico personale, si alzò dal pavimento e le venne incontro, un bel sorriso sul volto simpatico e dagli occhi scuri. La tuta da lavoro era sporca di olio per motori, così evitò di abbracciarla.

 

<< Ciao Max >> disse lei, << Sono venuta a fare un giro. Avevo un pomeriggio vuoto >>.

 

Sorrise e si guardò intorno. L’officina di Max, in cui lavorava con Antony, un messicano dalla battuta sempre pronta, era in disordine come al solito, e sul carrello elevatore c’era una grossa berlina scura che sembrava aver bisogno di qualche riparazione. Il banco degli attrezzi, stipato in fondo al locale, era cosparso di tubi e cacciaviti, e sembrava non vedere uno straccio da diverse settimane.

 

<< Hai fatto bene, oggi sono da solo >> rispose Max, facendo cenno verso l’officina, << Antony è andato a fare rifornimenti di pezzi. E’ un po’ che non ci vediamo, o sbaglio? >>.

 

Irina annuì e si andò a sedere sullo sgabello che era sempre stato riservato a lei, soprattutto quando faceva la pilota, e guardò il meccanico, riportando immediatamente alla mente i giorni in cui lui era il suo confidente principale, e di quando passava il tempo a metterla in guardia dai suoi possibili errori.

 

Anche se all’inizio aveva provato per Max una leggera antipatia, Xander aveva messo una buona parola per lui con il giudice ed era stato assolto dall’accusa di favoreggiamento. In fondo, era stato il meccanico di Irina, che aveva contribuito a far arrestare Challagher, quindi non aveva commesso poi chissà quale reato. Era un modo per ringraziarlo per quello che aveva fatto in quegli anni per lei, contribuendo a evitarle qualche errore, o almeno a tentare di farlo.

 

<< In effetti, siamo stati tutti e due abbastanza impegnati, in queste settimane >> disse Irina, stendendo le gambe e guardandolo tornare al lavoro, << Patt sta bene? >>.

 

<< Sì, benissimo >> rispose Max, la testa infilata sotto l’utilitaria scura, << Voleva invitarti al suo compleanno, a proposito… Non ti conviene rifiutare, sai quanto è permalosa >>. La sua risata finì soffocata sotto la macchina.

 

Alla fine le cose con Angie non erano andate gran che bene: si erano piaciuti, e per un po’ di tempo si erano frequentati assiduamente, ma poi avevano anche scoperto che erano davvero troppo diversi l’uno dall’altro. Angie era la secchiona del gruppo, che di sicuro sarebbe diventata “qualcuno”, e Max era solo un normale meccanico con un passato non proprio limpidissimo. Per fortuna si erano accorti non essere fatti l’uno per l’altro prima di rovinare i rapporti, così riuscivano a trattarsi ancora come amici, anche se si vedevano poco.

 

Patt era la nuova ragazza di Max, una tipa un po’ particolare, permalosissima e modaiola, ma in fondo molto buona. Irina l’aveva conosciuta appena si erano messi insieme, perché il meccanico aveva provveduto subito a presentargliela, e ne era nata un’assurda discussione: Patt era gelosissima, e all’inizio l’aveva quasi aggredita a sentirla definire “la migliore amica di Max”. Quando però aveva capito che Irina era davvero solo un’amica ( e dopo aver visto Xander… ), l’aveva presa in simpatia e molte volte le aveva chiesto di uscire tutti insieme.

 

<< D’accordo, fammi sapere quand’è >> disse Irina, << Però potrei avere un impegno, forse… >>.

 

<< Cioè? >> disse Max, gettando una chiave inglese da una parte, che rimbalzò sul pavimento con un rumore metallico.

 

<< Sto valutando una proposta >> disse Irina, evasiva, fissandosi i piedi.

 

Max tirò fuori la testa da sotto l’auto e la guardò. La macchia scura che si era appena fatta sul naso contribuiva a renderlo più buffo del solito.

 

<< Non puoi dire così e poi fare l’evasiva… >> disse, << Lo sai che ti chiederò di cosa si tratta >>. Sorrise.

 

Irina valutò l’idea di dirgli tutto, ma si trattenne. Finché non avesse preso una decisione, non avrebbe detto nulla a nessuno.

 

<< No, forse parto… Magari mi prendo una vacanza >> rispose, sorridendo.

 

<< Una vacanza? >> ripeté Max, perplesso, << Che vuol dire? >>.

 

<< Niente… >>. Irina continuò a fissarsi i piedi, ma si accorse che il meccanico la stava guardando, sdraiato sul pavimento e con un cacciavite in mano, mezzo infilato sotto l’auto.

 

<< Tu non me la conti giusta >> disse lui. << Cosa vuoi combinare? >>.

 

<< Nulla… >>.

 

<< Giuro che non parlo >> la incalzò Max, << Dai, se è una sorpresa voglio partecipare >>.

 

Irina ghignò per l’ironia della situazione. “Sorpresa? Non so se la definirei esattamente sorpresa…”.

 

<< Se ti chiedessi di dare uno sguardo alla Punto, lo faresti? >> chiese Irina, assumendo un’aria divertita per non fargli capire quanto in realtà fosse spaventata dalle sue stesse parole.

 

<< Conosco quell’auto meglio di me >> rispose Max, << Ci ho messo le mani tante di quelle volte che saprei capire se ha un problema solo con uno sguardo. Ma con questo cosa vuoi dire? >>.

 

<< Vorrei farle fare qualche corsetta >> spiegò Irina, sempre mantenendo il tono divertito, << Magari portarla in un circuito e togliermi un piccolo desiderio… >>.

 

Era quanto di più fosse disposta a dire. Max non avrebbe mai immaginato cosa si celasse dietro le sue parole, ma avrebbe sicuramente capito che l’oggetto della discussione erano le corse, e quindi la sua auto, che era indispensabile. Con quell’aria falsamente divertita voleva fargli intendere che considerava la cosa solo una possibilità, niente di serio né pericoloso…

 

<< Non dirmi che vuoi partecipare a qualche gara privata? >> disse Max, più divertito che preoccupato, << Ti sei fatta organizzare una corsa solo per te e Xander? Vi conosco, sareste capaci di una cosa del genere… >>.

 

<< Più o meno… >> rispose Irina.

 

<< Ti è tornato il vizio di fare la teppista? >> chiese Max, sorridendo, << Stufa di fare la brava ragazza? >>.

 

<< No… Ma mi dispiace lasciare la Punto inutilizzata >> disse Irina, abbassando impercettibilmente lo sguardo, << Sono passati mesi dall’ultima volta che l’ho usata… >>.

 

L’espressione divertita di Max si incrinò leggermente. << Spero non ti torni veramente il vizio, altrimenti ti caccerai nei guai… Meno male che c’è Xander che ti tiene d’occhio >>.

 

<< Già… >> mormorò Irina, << Meno male che c’è lui… >>.

 

Già, Xander… Era stato chiaro, con McDonall: lei non si sarebbe mossa di lì, e il fatto che non le avesse detto nulla di quella storia significava che non valutava proprio l’idea. Non le aveva nemmeno dato la possibilità di scegliere, però… Non voleva nemmeno pensare di vederla tornare una pilota clandestina…

 

<< Nessuno di noi ti vorrebbe di nuovo nei guai >> proseguì Max, tornando ad assumere il tono divertito e canzonatorio, << Anche perché non sei la persona che fa parte di quel genere di gente. E sei molto più simpatica adesso >>.

 

Irina sorrise. << Perché? Prima ero antipatica? >> chiese.

 

<< No, ma eri molto più scontrosa… >> rispose Max ridacchiando, << Non ti ricordi che nell’ultimo periodo litigavamo sempre? A volte eri insopportabile… >>.

 

La ragazza lo guardò, ricordando tutte le volte che avevano discusso su ciò che lei faceva o voleva fare, e soprattutto di quando stava perdendo lui e tutti i suoi pochi amici per come si comportava. Aveva rischiato davvero di rimanere sola, per continuare a tenerli al sicuro e non far sapere veramente chi era.

 

Eccolo, un motivo per continuare a essere Irina e basta: gli amici. Non poteva deluderli, né abbandonarli, perché aveva comunque bisogno di loro. E non voleva perderli, magari metterli in pericolo per la sua avventatezza, e solo per il desiderio di tornare a gareggiare ancora. Tornare a essere Fenice poteva comportare anche quello, non ci aveva pensato prima… No, non voleva.

 

<< Insopportabile? >> ripeté, alzandosi e raggiungendolo, << A chi hai detto insopportabile, scusa? >>. Sorrise e assunse una finta espressione arrabbiata.

 

<< Ma se stavi sempre lì a dire a tutti di non impicciarti nei tuoi affari! >> disse Max, trattenendosi dallo scoppiare a ridere, << Non ti ricordi quando ce l’avevi con Xander? Gli hai persino detto di non mettere più piede nella tua vita! >>.

 

Irina rise, ma dentro si rabbuiò: quello era un grande errore che aveva rischiato di fare quando era Fenice, e che non si sarebbe mai perdonata. Non voleva ripeterlo.

 

<< D’accordo, hai ragione, ero insopportabile >> convenne Irina, alzando le mani, << Allora lasciamo perdere, con la Punto… Non voglio davvero riprendere il vizio. Meglio evitare le tentazioni >>.

 

<< Ecco, brava >> disse Max, dandole una leggera pacca sulla spalla, << Allora dimmi se vuoi venire al compleanno di Patt, se no poi mi mangia vivo perché non te l’ho chiesto >>.

 

<< Ok… >>. Irina si avviò verso l’uscita dell’officina e sorrise al meccanico. << Ci vediamo, allora. Non lavorare troppo e saluta Antony >>.

 

Uscì in strada e si diresse verso il posto in cui aveva lasciato parcheggiata la TT. Mentre camminava si rese conto che quella visita a Max le aveva fatto bene: si era ricordata quanto valevano gli amici, e quando avesse rischiato di perderli. Era una ragione per non tornare a essere Fenice, quella; una ragione molto, molto convincente.

 

Sorrise e aprì la porta dell’Audi, infilandosi dentro.

 

“Uno a uno, McDonall”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

Ed ecco come ha fatto Irina a scoprire cosa tramava Xander. Qualcuno di voi si aspettava fosse il caro vecchio e fido McDonall quello che avrebbe catapultato Irina nella “cosa”? Il suo ragionamento però è corretto… E lei non sa cosa rispondere. Perché in fondo le piace ancora correre, ma le piace anche la vita tranquilla che fa; ma ha anche paura di ciò che potrebbe succedere. Alla fine cosa deciderà? Non date tutto troppo per scontato, però. Per Irina non è facile.

Per il resto, c’è poco da dire. Questi capitoli non saranno particolarmente movimentati, quindi l’inizio sarà un po’ lungo. Nel frattempo abbiamo rivisto Max: è sempre lo stesso, forse anche lui più sereno. Nel prossimo cap tocca a Tommy.

Ho notato che il “fedelissimo” di William ha destato la vostra curiosità: non lo avrei mai immaginato… O forse sono io che so già di chi si tratta. Comunque, nessun indizio, se no vi rovino la sorpresa (che sorpresa, poi… ).

 

Supermimmina: ehila! Hai visto, il tanto promesso seguito c’è, l’ho finalmente fatto. Sono una di parola. Anche io vorrei fosse sempre venerdì, perché dopo c’è il finesettimana! Attendi il ritorno di Dimitri? Vedrai, il russo saprà stupirci tutti, compresa Irina. Gli dedicherò un bel po’ di spazio, per raccontare del suo passato e anche del suo “presente”… Svelerò lati del suo carattere che non sono passati nel Gioco dello Scorpione. Ti piacerà, ne sono sicura. Un bacione!

 

Sheba94: che dire, noi ci sentiamo su MSN. Bacio enormemente enorme!

 

CriCri88: pentito? William non conosce la parola pentimento, non per il momento. Di sicuro non potevamo trovarlo seduto tranquillo a sperare di poter chiedere perdono. Però ha riflettuto, questo posso garantirtelo… Si vedrà molto più avanti, ma si vedrà. Per il resto… Grazie della recensione! Baci!

 

Smemo92: prima di tutto devo dire che sono contentissima che tu segua anche questa storia, ormai sei una mia lettrice di “vecchia” data, e ti ringrazio! Purtroppo il “ritorno” di Goryalef era necessario, per così dire, quindi lo dovrai sopportare… Insieme con molta della vecchia combriccola. Mi chiedi perché Xander possa andare a San Pietroburgo? Più avanti sarà spiegato, come sempre in ogni mia storia. E cerca di capirlo, poverino: ha paura che Irina gli venga portata via, o che le succeda qualcosa. Dopo tutto quello che hanno passato, credo sia normale. Il discorso vale anche per Tommy: Xander è un po’ geloso, ma a me fa molta tenerezza. Gli sviluppi di tutto questo si vedranno più avanti, anche quelli. E William teniamolo d’occhio, perché questa volta è davvero impazzito… Bacioni!

 

Marty_odg: aaaah, finalmente qualcuno che mi capisce! Vita dura, quella degli universitari… Sono contenta che i miei capitoli ti rallegrino il venerdì: fanno lo stesso per me le vostre recensioni! Quanto alla storia, anche tu capisci Xander, esattamente come me: lo fa per Irina, e un po’ anche per lui. Grazie per la recensione! Baci!

 

Pinkgirl: sono felice che il mio “genere” ti piaccia: è un po’ particolare, come il mio cervello fuso… E sono ancora più contenta che tu abbia deciso di seguire anche il seguito! William è sempre il solito Scorpione, Xander sempre il solito gelosone, ma in fondo è davvero innamorato di Irina, e non può che comportarsi diversamente, visto anche quello che hanno passato… Continua a recensire, ma soprattutto a leggere! Baci!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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