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Autore: MaryKei_Hishi    14/03/2010    1 recensioni
Lui, era un ragazzo strano, un ragazzo di una grande città, trasferito in una cittadina piccola come quella in cui sono nato per qualche motivo sconosciuto a chiunque. Era arrivato nella nostra scuola a semestre iniziato, non dava confidenza a nessuno ne era propenso ad instaurare rapporti d'amicizia con alcuno. Lui era.. come avvolto da un alone di mistero affascinante e seducente.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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scusatemi per l'enorme ritardo ._. comprendo perfettamente che posso sembrare una persona orribile, e in effetti lo sono anche se non si misura dalla puntualità nel postare una storia XD spero che in futuro questa pausa di mesi non si verifichi più *-*
buona lettura!
grazie a tutte le ragazze che commentano, apprezzo veramente tanto *-*


Nuova pagina 1

Capitolo XIII:

 

erano passati giorni di silenzi nei quali Vincent non si era fatto vedere ne sentire, io mi ero sentito inutile in una maniera così opprimente da stare male: possibile che non potessi essergli d'aiuto nemmeno un minimo?

-tesoro me lo fai un favore mentre vado dalla signora Wendy?-

mi alzai dal divano raggiungendo la mamma -dipende- le risposi e lei ne rimase stupita, non le aveva mai risposto con qualcosa di differente da un “sì”; -mentre sono via puoi togliere le erbacce dal giardino? Sono così brutte a vedersi, danno un senso di non curatezza.- le sorrisi annuendo, lo facevo sempre, perché non avrei dovuto sta volta?

 

Proprio mentre ero inginocchiato a terra a chiedermi che razza di erbacce resistenti erano quelle che così rapidamente infestavano i giardino con la loro presenza, mi sentii chiamare. Era lui, era la sua voce.

-buon giorno- mi disse pacato e io lo guardai; mi sorrise e io mi alzai sormontandolo con la mia altezza. -perché ti sei messo il cerchietto?- lo notai immediatamente -non li ho piastrati erano osceni come natura li ha creati- non potei non ridere, era tornato, era veramente tornato!

-vieni dentro su, mi lavo le mani-gliele mostrai- sono tutte sporche di terra- ridacchiò osservandole -ti fanno ancora fare i lavori forzati?-

non so bene come spiegarlo ma da come parlava, dai sorrisi che faceva, mi sembrava più... come dire, sereno; e calmo per certi versi, non sembrava più teso in ogni istante, sempre allerta in attesa di qualcosa. Entrammo in casa e ci accampammo in cucina, mi sciacquai le mani mentre lui prendeva posto al tavolo.

-come mai qui?- mi voltai vagamente incuriosito dalla sua visita -mi andava di vederti- ammise mentre si toglieva il cerchietto e passava le mani tra i capelli districandoli e portandoli indietro. -sai sono successe un po' di cose inaspettate dopo l'ultima volta che ci siamo visti.- mi confidò senza che io gli chiedessi nulla, mi fece veramente molto piacere. -ma la signora mamma non c'è?- la cercò con lo sguardo -no, non c'è, è andata dalla signora Wendy, in fondo al viale, ci va ogni settimana con le altre loro amiche, credo giochino a carte- Vincent arricciò il naso negando -mai sentita nominare no-  lo raggiunsi al tavolo -il marito le è morto una decina di anni fa, era un medico, vive sola da quando i figli sono entrati nella scuola privata della città a sud, credo che sia una sorta di collegio perché non tornano molto spesso, molto di rado, a dire il vero.-  mi alzai -ehi andiamo in camera mia?- Vincent si alzò dal tavolo seguendomi fino in camera; -vuoi scopare?- mi chiese abbracciandomi da dietro -cosa?- mi precedette andandosi a sedere sul letto, accavallò le gambe -beh mi pare naturale scusa, mi hai invitato in camera tua e tua madre non è in casa, cosa dovrei pensare?- mi sorpresi di quel che aveva pensato -no. Non erano le mie intenzioni- mi affrettai a rispondergli -peccato, vabbeh- peccato? Si stese sul letto guardando il soffitto e io mi sedetti sul mio letto a mia volta. -allora che mi racconti?- mi guardò e compresi subito che doveva essere un racconto lungo e probabilmente dettagliato su non osavo immaginare cosa; mi stesi con lui contento che fosse venuto lui a dirmi qualche verità.

-ti ricordi l'ultima volta che ci siamo visti? Eravamo a casa mia e non stavo propriamente bene. - annuì me lo ricordavo ed ero stato in ansia tutti i giorni non vedendolo – poi ho discusso pesantemente con lo zio.-

-oddio mi dispiace.- lui negò con la testa girandosi dalla mia parte, mi sfiorò il petto con un dito -avevo preso le sue medicine per far abbassare la febbre e poi lui quando le ha viste stappate ha pensato che volessi usarle per sballarmi un po'...-

 

-ehi ragazzino!- l'uomo avanzò con il tubetto di compresse nella mano, l'aveva trovato stappato sul ripiano del lavandino del bagno, fuori posto, era ovvio le avesse prese il nipote.

Vincent l'aveva guardato a lungo, cercando di capire per quale insano motivo ce l'avesse con lui quella volta. Non fece caso a quel che stringeva nella mano fin quando in uno scatto di rabbia non gliele scagliò contro; fu mentre gli urlava che in casa sua non c'erano altri tipi di medicine. Sentì amplificato il rumore delle compresse medicinali che rimbalzavano sul pavimento dopo averlo colpito.

-inutile che frughi tra le mie cose, non ci sono anti depressivi, come quelli che prende tua madre.-

volle rispondergli ma quel gesto lo ruppe in pezzi, era un gesto di assoluto disprezzo.

 

Come ad una prostituta alla quale vengono tirati in faccia i soldi per saldare conto.

 

Vincent sentì improvvisamente la rabbia montargli, strinse i pugni respirando a fondo, pesantemente. -che c'è non ti ritrovi in una vita pulita?- gli chiese con strafottenza.

-sta zitto.- i pensieri gli si accavallarono nella mente come in una roulette e quando cercava di dar retta ad uno di questi parevano scomparire lasciandolo solo con la sua rabbia.

-perché dovrei? Che c'è, la verità fa male?-

 

parlava di verità, si faceva grande con parole di cui non conosceva nemmeno l'origine nei fatti della sua vita.

 

-pensi che non mi abbiano informato di tutto? Mi pensi così ingenuo? Chi caccerebbe di casa proprio figlio assicurandosi di non farlo tornare grazie ad una cospicua somma di denaro mensile?-

 

il ragazzo gli intimò più volte di stare in silenzio -nemmeno i tuoi genitori ti vogliono-

 

quella frase ruppe qualcosa dentro l'altro. Con pochi passi raggiunse lo zio facendolo arretrare fino alla parete. Lo colpì sul petto con i pugni chiusi -sta zitto!- gli urlò con tutta la sua rabbia continuando a colpirlo.

-tu non sai niente! Niente! Non parlare di cose che non sai!-

lo colpì nuovamente perdendo gradualmente la sua forza. -nessuno chiede mai a me...-

sussurrò; strinse la maglia tra le dita -perché nessuno mai si ferma quando dico basta...?- lo zio non fu sicuro a cosa si riferisse con quell'ultima domanda.

-nessuno domanda mai “perché” ma si ferma a giudicare le azioni- sussurrò perdendosi con lo sguardo dentro di se, cercando inutilmente una luce che non c'era.

-questa è una vita insostenibile...- confidò in ultimo stringendo si più la maglia dello zio che si ritrovò a stringerlo a sua volta in un abbraccio.

 

Vincenti si lasciò andare nelle braccia dell'altro -piangi vin- gli disse mentre continuava a tenerlo tra le braccia, ma lui aveva ancora voglia di piangere?

Lo prese in braccio portandolo nella propria stanza, lo poggiò delicatamente sul letto stendendosi poi con lui, tenendolo stretto fra le braccia.

Capendo che quello che aveva tra le braccia non era il mostro che gli avevano descritto, ma un bambino cresciuto in fretta che nessuno mai aveva ascoltato.

 

Vincent mi si accostò di più addosso sospirando appena -è stato strano- mi confidò -cioè immagino che rientri nella normalità, ma io non ci sono abituato.- era la prima volta che lo sentivo dire una cosa del genere, era la prima volta che la sua concezione di vita non era presa come fonte assoluta di realtà, anche quello fu strano ma non glielo dissi, lo tenni per me.

-poi la sera dopo mi ha preparato la cena.-

-davvero? E hai mangiato?- lui annuì -che altro potevo fare?-

 

L'uomo era appena rientrato a casa, era pomeriggio inoltrato e aveva finito i suoi lavori di manutenzione. Aveva poggiato silenziosamente le sue cose del divano e si era diretto in bagno per darsi una ripulita; si era fatto una rapida doccia per togliersi da dosso un po’ della sua stanchezza. Si diresse verso la propria camera e sul letto, acciambellato come un gatto c’era Vincent che sonnecchiava tra le coperte.

Si avvicinò silenziosamente per non svegliarlo, gli posò delicatamente una mano sulla fronte per sentire se avesse ancora la febbre, fortunatamente era fresco.

Si chiese se fosse almeno sceso dal letto quel giorno mentre si dirigeva al proprio armadio per mettersi addosso qualcosa di pulito.

Si voltò nuovamente verso Vincent e vide che lo stava osservando –oh sei sveglio- si sentì vagamente imbarazzato per essersi spogliato dell’accappatoio in sua presenza.

-sì, ero sveglio anche prima- si mise seduto sul letto strofinandosi un occhio con il dorso della mano –la febbre non ce l’ho, l’ho misurata poco fa- scese con le gambe dal letto poggiandole sul pavimento. Si alzò del tutto dirigendosi verso la porta –mettiti qualcosa di più pesante addosso e vieni giù in cucina- gli disse lo zio prima che questi potesse sparire dalla camera.

Poco convinto che il nipote l’avrebbe raggiunto scese lui stesso in cucina guardando nelle credenze cosa avrebbe potuto preparare per cena.

Lo vide far capolino dalla porta e lo richiamò a sé proprio mentre stava scolando la pasta, la saltò con il condimento nella padella e poi la versò nei loro piatti. Vincent li guardò, da cosa gli nascevano tutte quelle premure nei suoi confronti? Da quando era lì non l’aveva mani nemmeno guardato; figurarsi cucinare per lui.

-non mi va di mangiare.- era ancora sulla porta, appoggiato allo stipite con le braccia incrociate al petto che guardava lo zio –oh su andiamo un po’ di pasta non ha mai fatto male a nessuno.- Vincent fece qualche passo entrando in cucina e percepì fin troppo forte l’odore di cucinato che solitamente quando lo zio mangiava in solitaria non inondava la casa ne era così buono. –come mai ora fai tutto questo? È una punizione auto imposta, forse?- le persone non cambiano in maniera radicale da un giorno all’altro, era pena quella che provava nei suoi confronti lo zio?

-non voglio gentilezze elemosinate con le lacrime.- li riferì duro accostando la sedia che avrebbe dovuto ospitarlo.

-no non si tratta di elemosina; si tratta di qualcosa che meriti di cui non mi ero reso conto. Ho sbagliato e ho intenzione di rimediare; che tu lo voglia o no. Ora seduto che si cena.-

Vincent avanzò di qualche passo ridendo di sarcasmo -qualcosa che merito- ripeté cinico. Lo zio lo guardò -è quando fai così che mi fai capire quanto hai bisogno di attaccare gli altri per sentirti meglio.-

il ragazzo si mise seduto al tavolo davanti al suo posto -io non ho bisogno di sentirmi meglio, io già sono migliore.-

guardò l'altro che gli indicò il piatto -mangia.- dopo di che si voltò posando la padella nel lavandino e si diresse al frigo prendendo due birre che portò a tavola.

-buon appetito.-

si mise a mangiare osservando il nipote che circospetto rigirava la pasta nel piatto; la guardava e la studiava, storse la bocca quando inforchettò un filo di quella pietanza.

Lentamente la portò alla bocca guardando di sfuggita lo zio per vedere se lo stesse osservando. Lui aveva già distolto lo sguardo riportandolo sul proprio piatto e Vincent  assaporò la prima forchettata della sua cena. La masticò appena ingoiandola subito.

Sentì il sapore del condimento nella bocca più forte che mai, fu qualcosa di inaspettato; si morse le labbra quando si rese conto di volerne ancora.

Inforchettò ancora nel piatto e rapido lo mangiò colpevole.

 

Nell'immediato dopo cena Vincent non si mosse dal tavolo mentre lo zio gli toglieva il piatto vuoto da sotto il naso trasportandolo nel lavandino; -vieni, guardiamo un po' di TV.- gli disse categorico l'uomo e Vincent obbedì all'ordine.

Lo raggiunse sul divano percependo un vago senso di ebbrezza, la testa gli girava appena, gli sembrò di essere vagamente brillo, come quando imboccava la strada giusta dei liquori preferiti.

Si mise seduto sul divano vicino allo zio e lo guardò con circospezione mentre cambiando canale cercava qualcosa di interessante da vedere.

-odio lo sport- gli fece notare quando questo si fermò su un canale sportivo -preferisci per caso un canale sull'economia domestica?- fece dell'ironia l'uomo guardandolo mentre inarcava un sopracciglio. -no, assolutamente, potrei tagliarmi le vene per una cosa del genere- rise lui sentendosi leggero; -allora che vuoi vedere?- gli chiese dandogli il telecomando -dubito che abbiamo gli stessi gusti in fatto musicale – si ritrovò a ridere nuovamente -opterei per un film.-

 

nel mezzo del film giallo che avevano trovato casualmente girando tra le miriadi di canali della TV by cavo Vincent ipotizzò chi potesse essere l'assassino.

-è stato lui- indicò lo schermo non appena si vide in primo piano quello che per la scientifica di Las Vvegas era al di fuori di ogni sospetto.

-ma no, quello è un santo.- il ragazzo accanto a lui negò. -è un modo per espiare.- ammise -espiare?- Vincent annuì -sì non so tu come la intendi questa cosa, è un modo egoistico di fare del bene, lo fa solo per lavarsi la coscienza.- spiegò continuando a guardare lo schermo dove ormai, la pubblicità aveva preso il sopravvento.

-credo di comprendere quel che dici.- alla fine del film Vincent si era addormentato appoggiato allo zio così da non poter avere conferma della sua teoria.

L'uomo lo prese delicatamente tra le braccia portandolo al piano superiore, fino alla propria stanza, lo posò sul letto coprendolo con la coperta; si mise seduto accanto a lui accarezzandogli i capelli -hai ragione espiare è solo un modo egoistico di fare del bene per lavarsi la coscienza.- sospirò guardandolo dormire -e gli esseri umani, nella loro imperfetta esistenza ne hanno bisogno, anche io.- gli confidò conscio che l'altro non avrebbe mai udito quelle parole.

Si stese con lui nel proprio letto per espiare.

 

Lui aveva sentito tutto, la prova era che me lo stava raccontando. -almeno lui ne è cosciente.- mi disse mentre si stiracchiava venendomi addosso.

-già, però è lodevole il fatto che cerchi di capirti, no?- lui annuì avvicinandosi per baciarmi -Will, sai che quasi ho sonno?- gli sorrisi, era proprio un bambino, bastavano due coccole per stenderlo. -allora dormi, tanto con te non esistono orari, ormai nemmeno con me- quando glielo riferii mi resi conto che stavo diventando il suo nuovo Victor, sia per modo di stare con lui che per modo di rapportarmi a lui e la cosa mi piacque molto.

Mi usò come cuscino impedendomi, così facendo, di lasciarlo solo nel mio letto. Gli accarezzai i capelli allungo, gli tolsi il cerchietto per sentirli scorrere tra le dita, quando non ci metteva tutti i prodotti che era solito usare erano morbidi, tanto morbidi.

Averlo lì, tra le braccia mi fece rendere conto di una cosa; quando l'avevo incontrato per la prima volta, quando ancora lui non sapeva nemmeno che io esistessi, l'avevo visto come una persona fiera e forte, una colonna indissolubile, mi sono reso conto conoscendolo che Vincent aveva, al contrario, moltissimi punti deboli mantenendo la propria fierezza intatta. Su una cosa avevo ragione fin dall'inizio: Vincent era speciale.

 

Tanto imperfetto da essere vero aveva un ego smisurato che lo rendeva fottutamente lui, possessore di un carisma che sapeva di avere ma che non ostentava semplicemente sopravviveva nella sua realtà.

 

-ehi vin?- mugolò in risposta -buona notte- gli risposi con un sorriso che lui non avrebbe visto. Le cose sembravano star migliorando un po' per tutti, e io avevo sperato che continuassero con quella tendenza. Purtroppo la settimana dopo la tendenza si arrestò. Il bambino era nato e il battesimo era prossimo.

 

 

 

 

 

   
 
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