“Sento che in questo mio triste stato, in
questo stato di impotenza, vado incontro presto o tardi al momento che
la vita
e la ragione mi abbandoneranno allo stesso tempo, nel mentre si
dibattono
contro il sinistro spettro, la PAURA!”
(Edgar
Alan Poe, La rovina della casa degli Usher, Racconti)
Prima che
Jake andasse con Sam e con gli altri aveva promesso di accompagnarmi a
scuola.
Appena lo
vidi dalla finestra scendere dalla moto sentii l’ansia
serrarmi la gola.
Mi
metteva in agitazione il pensiero che forse stava per avvicinarsi
l’ultima
volta che Jake avrebbe salito i gradini di casa mia, avrebbe bussato
sperando
di non trovare Charlie a spiare da una finestra, e avrebbe sorriso
vedendomi
aprire entusiasta la porta e venirgli incontro.
“Stupida
suggestione” mi ripetevo cercando di convincermi sempre di
più “te l’ha già
detto Jake è solo stupida suggestione” e la
sicurezza cercava di prevalere sulla tensione.
Quando
aprii la porta a Jacob non ero la sola ad avere una faccia da funerale.
-Ciao-
–Ciao- sospirai
-Andiamo-
Per tutto
il tempo rimanemmo in un silenzio glaciale, come due perfetti estranei.
Mi
avvinghiai a lui sulla moto, terrorizzata dalla velocità
della corsa.
Arrivammo
in anticipo, come al solito.
Da quando
mi accompagnava Jake e viaggiavo a più di cento chilometri
orari arrivavo
sempre in anticipo.
Rimanemmo
in silenzio anche aspettando appoggiati alla moto, chi ci vedeva forse
pensava
che avessimo litigato.
Jacob aveva l’espressione di chi vuole dire qualcosa, ma non
si risolve a
dirla.
Alla fine
–Ma tu perché lo ami?- tirò fuori tutto
d’un fiato.
Mi
aspettavo una domanda di questo tipo, perciò il pensiero di
Edward non mi mandò
in crisi.
Mi presi
qualche secondo per pensarci su.
-Lo amo
perché è la persona più gentile, e
generosa e brillante del mondo, credo-
-Credi?-
disse tra i denti, senza guardarmi in faccia –io non sono
gentile? e generoso
e…-
-Certo!
Certo! Sei una persona splendida! Sei…sei…-
-Ma non sono un vampiro-
sbuffò irritato.
-Ma non
centra nulla!-
-E invece
centra, non far finta di fare tanto la pura innamorata solo delle belle
qualità
del suo succhia-sangue, ti piacciono tante altre
cose di lui-
-Ma…certo!…Ma
non è solo per questo che lo amo!-
-Cerca
solo di non confonderti- borbottò scorbutico.
-Scusami,
stai insinuando che preferisca Edward solo perché
è…-
-Un tizio
che sembra uscito dall’immaginazione di una ragazzina in
piena crisi ormonale-
-Questo
non è vero! E poi sei tu qui quello che ha sedici anni!
Preoccupati della tua crisi
ormonale-
Jake mi
lanciò un occhiata significativa, arrabbiata.
-Ricordati
solo che la mia età fisica è di venticinque anni.
Io non sarò brillante,
non avrò vissuto cent’anni,
ma in certe cose sono più sveglio di te e del tuo schifoso
succhia-vene -
-E su
cosa saresti più sveglio?- chiesi irritata.
-Sulle
persone- e sentii il suo sguardo ficcante dritto negli occhi.
Non
dovevo sottovalutare l’empatia di Jake, dimenticavo che mi
conosceva meglio di
chiunque, che aveva il dono di leggermi in faccia ciò che
pensavo.
Chissà
che non capisse qualcosa anche del resto del mondo.
Avrei
voluto proporli un test ma in quel momento suonò la
campanella.
-Un
giorno dovrei metterti alla prova?-
-Pensi
che la cosa mi spaventi? Quando vuoi…E se vincessi?- mi
rivolse un sorriso
furbo.
-Ne
riparliamo- borbottai raccogliendo la borsa ai piedi della moto -Ci
vediamo…-
esitai, non sapevo neanche io quando ci saremo rivisti.
-Ti
chiamo io-
Mentre mi
stavo per allontanare però mi diede una voce.
-E se io
morissi? Cosa penseresti?- disse a braccia conserte.
Mi voltai
bruscamente.
L’ansia
che mi sentivo nel petto mi piombò in fondo al ventre, era
sempre stato il
primo a rassicurarmi che sarebbe ritornato, ritenendo che lo
sottovalutassi e
che la mia apprensione fosse stupida.
Rimasi
immobile, paralizzata dalla paura.
Si
avvicinò al mio viso e mi baciò sulla fronte.
-Tranquilla,
scherzavo, tornerò con tutti i pezzi a posto-
Mi
rilassai un po’ tra le sue lunghe braccia, così
tirai un sospiro.
-Non devi
scherzare sulla morte. Farai morire me
di paura. Solo tu sei convinto che tornerai intero-
-E perché
non scherzare sulla morte se so che un giorno morirò?-
-Tu non
morirai mai, tu resterai per sempre giovane- dissi con un po’
di malinconia
nella voce.
-Finché
vorrò, Bella. Mi sono ripromesso di tornare a invecchiare il
prima possibile-
-Sei
davvero convinto che tornerai? Mi
prometti di non fare il cretino e di non comportarti come se fosse un
gioco?-
bisbigliai cercando di non farmi sentire dagli ultimi ritardatari che
ci
passavano vicino correndo.
-Non farò
cazzate. Lo prometto. Sono convintissimo
di tornare sano e salvo. Dovresti fidarti di più- mi
accarezzò i capelli
-Cavoli, se basta uno scherzo sulla morte per farti andare in crisi per
me
chissà come staresti se io…ok va bene, non dico
più niente. Va pure-
Non
riuscivo a capire se si fingesse tranquillo per rassicurarmi o se fosse
davvero così sicuro di
sé. Ma
conoscendolo, vedendolo così rilassato e sapendo quanto
disprezzava i vampiri e
quanto aveva fiducia nella forza del branco unito, non fingeva.
-Allora mi
chiami tu quando torni?-
-Ti
chiamo io-
Quando
credevo di aver perso Jacob per sempre avevo un Ipod nelle orecchie, e
me le
tartassava di musica rock, quella che mi aveva regalato Phil, quella talmente alta che non ti fa pensare,
mi ero ripetuta con sollievo quando mi ero infilata gli auricolari.
La musica
faceva irruzione dalle orecchie e nella testa agitava tutto come un
uragano.
Niente
più riflettere per un ora, il tempo di ascoltare le tracce
di un cd.
Ora, come
molto tempo fa, mi ritrovavo nella stessa situazione, e mi mordeva la
stessa
ansia.
Ogni
volta che mio padre passava davanti alla porta chiusa della mia stanza
e
sentiva la musica ronzare nelle cuffie mi dava una voce e diceva
–Abbassa il
volume! Ti riduci in pappa il cervello!-
Certe
volte sarebbe stato bello.
Stavo
cercando di sopprimere in tutti i modi la sensazione che avevo in
testa. D’altronde,
nel silenzio, la paura sarebbe stata ancora più
insopportabile.
Angela mi
aveva chiamata. Voleva assicurarsi che stessi bene: non avevo una bella
faccia
quando ero entrata a scuola, ed ero uscita da scuola prima con la scusa
che
stavo poco bene.
Poi mi
aveva chiamato anche Jessica, sicuramente convinta da Angela a
preoccuparsi per
me e ad essere più gentile.
Non mi
piaceva più, Jessica, ora la comare di Lauren: era
pettegolante, viveva
attaccata al cellulare come se fosse un organo, come se anche cederlo a
qualcuno significasse donare un rene.
Ma
apprezzai il suo tentativo di sembrare interessata a me.
Anche
Mike si era fatto sentire…
Quando mi
tolsi le cuffie ero diventata mezza sorda e mi fischiavano le orecchie.
Decisi,
per forza d’abitudine, che sarei andata a La Push, ad
aspettare il ritorno dei
lupi.
Ero
agitatissima per il loro incontro con Aro.
Quel
giorno anche mio padre sentiva che nascondevo qualcosa: ogni volta che
tentavo
di nascondere qualcosa sembrava così
evidente!
Diventavo
più taciturna di Charlie, tenevo gli occhi bassi come se
stessi pensando
profondamente, e mi riscuotevo all’improvviso quando qualcuno
mi dava una voce.
Era
chiaro come il sole che la mia testa era da un'altra parte, che Bella
aveva
lasciato Bella seduta nel banco di scuola, o dovunque fosse (con un
aspetto orribile
e i capelli scarmigliati) e che la sua mente andava per i fatti suoi,
angosciata.
Mentre
stavo ficcando nella borsa il cellulare, il campanello suonò.
Charlie
andò ad aprire.
Billy?!
Cosa ci
faceva Billy? Qui? Chi l’aveva accompagnato?
Ebbi un
tuffo al cuore.
Jacob era
tornato, mi aveva preceduto ed era venuto a trovarmi.
Rimasi in
ascolto, con le orecchie tese.
No.
L’aveva accompagnato la madre di Seth e Leah, Sue. Che
sapeva. Che soffriva
come e più di me.
Qualunque
umano che si mischi con creature pericolose come licantropi e vampiri
deve aspettarsi di stare in pena, di soffrire, di perderle o di morire
lui stesso.
-È già
passato Jacob per caso?- chiese Billy, ansioso anche lui.
-No,
perché? Cosa è successo?-
-Nulla, è
in ritardo di un paio d’ore, non so
dov’è, tutto a posto, sarà con Sam, e
Bella?-
Rizzai ancora
di più le orecchie.
-È in
camera sua-
-Jacob mi
ha avvertito di lasciarle un messaggio nel caso avesse fatto tardi: ha
lasciato
detto per lei che sarebbe venuto a trovarla nel pomeriggio e se non ce
la fa
dice di venire a La Push, domani dopo scuola, ci saranno delle
novità-
-La sta un
po’ monopolizzando-
Un
sospiro e il cigolio di una manovra con la sedia a rotelle.
-Mi
sembri un po’ ansioso solo per un ritardo, pensi che sia
scappato, magari per
raggiungere Embry?-
Sentii un
silenzio di disagio in cui forse Billy guardò Charlie a
lungo.
-O che si
sia perso, come Seth- replicò Billy.
-Nessuna
novità?- parlava di Seth e Leah, fortunatamente Charlie
aveva avuto tatto.
Ci fu un
sospiro più lieve e angosciato e poi una voce matura e
femminile mormorò –No-.
-Ma non potrebbero
essere scappati insieme a Embry?- borbottò Billy, cercando
di reggere la
recita.
-No, le
fughe sarebbero troppo distanti l’una dall’altra,
non si possono essere messi
d’accordo, e da quello che mi hai detto tu stesso non si sono
mai frequentati
quei tre-
Il terzo
sospiro.
Anche se
avrei guastato tutta la messa in scena con la mia espressione
terrorizzata mi
precipitai giù dalle scale infilando al volo la giacca ed
imbracciando la
borsa.
-Billy,
ciao- avevo una voce! Così preoccupata non andava bene,
riprovai –come va?-
balbettai ancora peggio.
-Bene
Isabella, Jake ti…-
-Scusa,
ho sentito tutto da sopra-
Mi voltai
verso Sue, ma mi bloccai: dirle quanto mi dispiaceva sarebbe stato
educato, ma
l’avrei fatto in maniera un po’ ingessata, e quindi
non sarei sembrata sincera.
D’altronde ignorare la sua faccia afflitta, che evidentemente
aveva fissato il
pavimento per tutto il colloquio, era impossibile e mi rimordeva il
cuore
fingere di voler parlare d’altro quando anche per me
dall’esito della missione
dei lupi dipendeva tutto.
Mi sembrò
che il gesto più sincero fosse di guardarla con
l’espressione che avrei avuto
se non stessi fingendo con Charlie, per farle sentire che sapevo come
ci si
sentiva, che nel dolore ero sua sorella.
-Su, non
preoccuparti per Jacob- mi disse mio padre -se tutti penserete che non
tornerà
mai- tentò un sorriso -sarà proprio
così-.
Charlie
si trovava con un gruppo di gente angosciata come se si stesse
svolgendo la
battaglia per la vita e la morte di qualcuno, e si trovava a fare la
parte di
quello che risolleva l’umore generale: e non era esattamente
il suo ruolo
ideale. Stava meglio nella divisa del poliziotto che fa le domande con
espressione seria e determinata.
Si voltò
verso di me.
-Stavi
uscendo? Non ti sentivi troppo male?-
-Sto
meglio, era solo una vertigine-
-Dove vai?-
-In
spiaggia, a La Push. Precederò Jake- dissi storpiando un
sorriso e la voce,
tanta era la voglia che avevo di piangere.
Passeggiare
per la spiaggia era di solito un passatempo che dividevo con Jake.
Li
potevamo parlare di tutte le sciocchezze che volevamo, di cose che
interessavano solo a noi, e anche delle cose segrete di cui Charlie non
doveva
sapere.
Ma quando
io e Jake ridevamo era come se quelle cose non esistessero.
Quel
giorno, per non pensare troppo a Jake, decisi di sviare dal percorso
che
facevamo di solito, di andare più avanti sulla costa.
Camminavo
con le scarpe in mano e i piedi nudi nell’acqua.
Tra poco
sarebbe finita la scuola. Avevo fatto tutti gli esami con il gesso alla
gamba e
avrei ricevuto a breve il diploma.
Sarebbe
stato bello sguazzare in quell’umore di esaltazione generale
da fine-scuola in
cui i miei compagni si trovavano così a proprio agio in quei
giorni.
Era
un’atmosfera di libertà generale, e la
libertà portava leggerezza, e la
leggerezza spensieratezza, e la spensieratezza era una gioia che io non
provavo
più da quando Edward se ne era andato e quando Jacob non era
con me.
Riuscivo
a pensare, ora, alla storia con Edward come a una parentesi di
felicità ormai
chiusa della mia vita, del cui ritorno, però, non avevo mai
smesso di sperare.
Quando
fui sul punto di tornare indietro sentii qualcuno che cantava una
specie
messale, e la voce sembrava salire da una caverna.
Cercai
con gli occhi chi cantava così bene, ma non vidi nessuno.
Quella
voce non poteva echeggiare nell’aria senza sorgente!
Ad un
tratto mi accorsi di un pozzo al limitare del bosco, delle antiche
tribù
Quilute, e quando lo vidi ebbi una folgorante intuizione.
Correndo,
turbata, risalii la spiaggia per arrivare al pozzo, sempre con le
scarpe in
mano.
Mi sporsi
sul buio ed urlai – Ehi, chi è là!-
-Eeeeehi,
chi è là!- miagolò una voce
scimmiottando la mia.
-Cosa è
successo?- feci più forte.
-Cosa è
successo?-
-Ma..che..
qualcuno risponde, eh? Io chiamo aiuto- frugai freneticamente nella
borsa.
-Che
vuoi?- chiese cupa la voce del pozzo.
- Ti-ti sto
chiamando i soccorsi- urlai terrorizzata per lui.
-Sciocca,
non stavo urlando aiuto-
-Io da un
pozzo vorrei essere salvata- dissi con frenetica agitazione, diretta al
pozzo,
mentre cercavo il cellulare.
-Non
tutti sono te. Mi salverò da solo, quando vorrò-
-Devi
risalire da un pozzo!-
-Questo
lo so da solo, deficiente-
Ero quasi
isterica e stavo litigando con una persona che invece volevo salvare.
-E come ti
salvi da solo?- chiesi provando a controllare la collera nella voce.
-Zitta,
le domande devono essere poste solo sotto forma di risposta-
Strabuzzai
gli occhi fissando il fondo del pozzo e, dopo aver tentato di spremere
una
risposta dal mio cervello, ciò che produssi fu un poco
brillante –eh!? E cosa
vorrebbe dire?-
-Va a
pensare ai cazzi tuoi e fammi continuare le mie preghiere-
Rimasi un
istante umiliata a fissare davanti a me, mi salivano lacrime isteriche
agli
occhi per tante ragioni, ma in quel momento il primo motivo era di non
riuscire
a ribattere ad un cretino in fondo a un pozzo. Alla fine presi la
risoluzione
di chiamare al più presto i soccorsi, e un ambulanza.
Trovai il
cellulare. Iniziai a chiamare il 911, piuttosto febbrilmente, ma
l’uomo, che
era in ascolto, sentii il suono dei tasti del telefono e
urlò –Pazza! Non
chiamare!-
Sentii il
rumore di qualche sassolino che si staccava dalla parete e che cadeva
in fondo
al pozzo e poi dal tunnel sbucò fuori un uomo e, tra i miei
strilli, mi saltò
addosso rovesciandomi sull’erba.
Con una
mano mi bloccò un polso a terra e con l’altra mi
strappò il cellulare
scagliandolo nella foresta.
-Eh eh
eh- rise in quella maniera oscena che avrei sentito tante altre volte
–Fortuna
che ce ne siamo liberati. Si, meno male, ce ne siamo liberati..eh
eh… Che
oggetto spaventoso! – e, mentre guardava il punto in cui il
cellulare era stato
buttato via, vidi il rosso degli occhi e i denti canini acuminati.
Le viscere mi si liquefecero a quella vista.
Il
vampiro si voltò di scatto perché aveva sentito
il mio strido e il respiro
terrorizzato. Mi agitavo di qua e di là, senza poter
rotolare né a destra né a
sinistra ed il peggio era che la situazione era ideale per un morso.
Allora il
vampiro si sistemò meglio su di me premendo le ginocchia
contro il mio stomaco.
-Allora
almeno tu non sei stupida! Non ci caschi come le altre ragazze eh? Lo
vedi che sono
pericoloso! Ti faccio paura dunque!- ringhiò a voce
piuttosto alta, quasi per
l’eccitazione -Sai cosa mi è preso da alcuni
giorni? Sai cosa ti posso fare?
Mh? Non parli? Fa di si o di no con la testa-
Diedi una
scossa alla testa per dire di si.
-Ma tu…volevi chiamare
gente per aiutarmi,
degli idioti che poi avrei ucciso! Eh? Guarda che occhi che ho! Guarda
che
occhi che ho!! Sono rossi! Rossi!
Lo
sai che cazzo vuol dire!? Dimmelo! Perché io non lo so che
cazzo significa!-
insistette con la presa sui miei polsi fino a farmi piagnucolare -Lo
sai di che
cosa ho un desiderio disperato da giorni?-
Digrignava
i denti per la voglia che aveva di mordermi, ma
all’improvviso sembrò
riprendere una scintilla di coscienza. Si scostò da me
bruscamente, arricciando
il naso e tappandoselo come se avessi un odore terribile.
Mi
rovesciai su un fianco in lacrime dallo spavento, massaggiandomi i
polsi.
Dopo aver
ripreso a respirare, essermi sollevata ed aver ritrovato il coraggio
della
situazione, cercai il vampiro con gli occhi. Lo vidi in piedi sul bordo
di
pietra, con entrambe le mani nei capelli, che tentava di rigettarsi nel
pozzo:
aveva un aria esaltata, su di giri, e digrignava continuamente i denti.
Come se
avesse preso degli eccitanti.
-N-no!-
Si voltò
di rimando alla mia esclamazione spaventata.
-Perché
eri in quel pozzo?-
Ebbe un
ringhio esasperato -Fatti i ca..-
-No,
davvero, ti prego! Dimmelo… seriamente! Sei un vampiro, n-ne
conosco degli
altri, hanno il tuo stesso problema.. e..e conosco licantropi, conosco
una
tribù molto numerosa, molto pericolosa, la conosco, te lo
giuro.. ti sei
gettato là perché avevi paura?, forse…-
-Ma che
cosa stai dicendo, farnetichi!- si lamentò, stava per avere
una crisi di
isteria, perché chiaramente non riusciva a capire di cosa
stessi parlando.
Feci uno
sforzo su me stessa per continuare -..t-tendevi un agguato?…
che ragione
avresti avuto di..?- farfugliai alzandomi a sedere, ma gattonando
velocemente a
ritroso.
Ora che
avevo finito mi fissò per un lungo attimo, poi sorridendo
scosse la testa come
per capacitarsi di qualcosa. Sghignazzò follemente, senza
allegria, quasi con
folle terrore.
-Cosa
sarei io?- disse con gli occhi ancora più grandi e
terrorizzati -ripetimi
tutto- saltò giù dal bordo del pozzo con aria
tormentata, procedendo lentamente
verso di me – Licantropi! Vampiri! Dio ha tolto certe
maledizioni dal mondo!
Non esistono più ormai! Ma… io ho ucciso, come un
vampiro!- sembrava sull’orlo
delle lacrime-…e…non lo vorrei proprio: uccidere.
Non avevo capito…di essere
diventato… dimmi un po’ come è
successo…- mi fisso e il mio silenzio terrorizzato
dovette innervosirlo – Dillo visto che sei tanto saputella!
eh!! Parla!- gridò
all’improvviso.
Man mano
che si avvicinava mi montava dentro il terrore, il pianto mi faceva un
groppo,
ma le lacrime si fermavano lì.
Quella
frase “anzi…non lo vorrei
proprio:uccidere” mi aveva ridato un po’ di
coraggio,
ma non abbastanza da chiedergli se avesse sete oppure no,
perciò mi morsi la
lingua e stetti zitta.
Aveva
occhi talmente grandi e sgranati da mettere a disagio. Di certo la
pazzia era
il motivo del suo sguardo così agghiacciante.
-Perché
eri nel pozzo?- dissi tutto in un fiato, con una vocina tremante che
stava per
trasformarsi in pianto.
-Perché
nessuno doveva trovarmi- disse tra i denti.
-Perché
non volevi che nessuno ti trovasse?-
-Per non
ucciderlo-
-Se hai sete
perché non hai ucciso me?-
-Perché
Dio lo proibisce-
-Dio..?-
-Dio mi
ha proibito di farlo, Dio non è stato contento quando ho
ucciso quell’uomo: come
creatura con la ragione non posso uccidere un uomo- si volse al cielo
-dopo
molti giorni gli chiedo ancora scusa! Ho provato a sacrificargli la mia
vita, perché
sono un indegno, ma non riesco a morire…ogni cosa che provo
non funziona. Sembra
che neanche la sete e la fame mi faranno morire-
Rimasi
esterrefatta.
-Non sapevi
di essere un vampiro? Nessuno te l’aveva spiegato?- dissi con
una vocina ancora
più tremante. Non avrei voluto fare domande con un tono che
avrebbe potuto
innervosirlo.
-Mi sono
svegliato sul marciapiede, gettato ad un angolo della strada, ed avevo
sete e
fame. L’odore
del cibo era disgustoso e
l’acqua sarebbe stata più dissetante se fosse
stata bollente. Sentii l’odore
irresistibile della carne viva e sanguinante quando un operaio si
tagliò la
mano con un ferro. Allora mi gettai su di lui e mi attaccai a quella
ferita, mi
misi a succhiare- ad un tratto si accorse del tono amorevole che aveva
verso
quel ricordo e si abbandonò in ginocchio, con il viso tra le
mani, disperato.
-Non sai
quanta voglia che ho…di…di tagliarti la gola e
bere tutto il sangue che hai...e
bere finché non rimarrai secca e morta ai miei
piedi… e io sazio…e…e
soddisfatto…- la sua era la fame mordente di chi non mangia
da giorni e giorni.
-Per
queste azioni turpi Dio mi destinerà alla parte
più crudele di tutto
l’inferno..- e si perse in vagheggiamenti sulla sua futura
punizione, mentre io
aspettavo il momento buono per fuggire.
Mi alzai
con cautela e mossi alcuni passi indietro: forse per il senso di colpa
non
avrebbe tentato di inseguirmi e di uccidermi…
-No! Non
te ne andare! Resta! O ti costringerò a restare!-
urlò.