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Autore: trullitrulli    15/03/2010    1 recensioni
Jacob si trasforma in un altro momento, Bella è presente ( Farà differenza? Ebbene, lasciatevi rispondere di si!).
Edward torna troppo tardi, dopo che i Vulturi hanno finito di rastrellare la penisola di olimpia dai Neonati, e dopo che hanno scoperto i Lupi della tribù Quilute (che battezzeranno Bastardi: mezzo Umani mezzo Figli della Luna). Aro rimane affascinato dalla loro specie e li deporta crudelmente verso Volterra. Leggete.
[Capitolo 9]
Il corpo umano di Embry si fermò per resistere a una vertigine, poi cadde di peso a terra, stremato, stentando a respirare, aveva la schiena lucida e rossa.
-Ricordati di non ucciderlo, Jane- sbuffò Felix, fissandosi le unghie -Aro non può mettersi in contatto con gli altri Bastardi con un lupo morto-

-Mi costringerà!- ruggì all'indirizzo di Embry, che si trascinava verso un albero, guaendo come un cagnolino. Quando ti trattano per troppo tempo come un’animale finisci per perdere il tuo valore umano e comportarti per quel che ti ritengono.
-Non si vuole trasformare, non funziona niente! L'ho fatto soffrire come una bestia!- -Si farebbe ammazzare piuttosto che permetterci di trovare i suoi fratelli-
-Può darsi che lo accontento-
-Non si tradirà mai-
-Oh, ma io gli farò vomitare il sangue a quello là. Hai capito, Bastardo! Il sangue-
(Paring: Bella/Jacob, Edward/Bella)
Genere: Romantico, Triste, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan, Jacob Black, Volturi
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Sento che in questo mio triste stato, in questo stato di impotenza, vado incontro presto o tardi al momento che la vita e la ragione mi abbandoneranno allo stesso tempo, nel mentre si dibattono contro il sinistro spettro, la PAURA!

 

(Edgar Alan Poe, La rovina della casa degli Usher, Racconti)

Prima che Jake andasse con Sam e con gli altri aveva promesso di accompagnarmi a scuola.
Appena lo vidi dalla finestra scendere dalla moto sentii l’ansia serrarmi la gola.
Mi metteva in agitazione il pensiero che forse stava per avvicinarsi l’ultima volta che Jake avrebbe salito i gradini di casa mia, avrebbe bussato sperando di non trovare Charlie a spiare da una finestra, e avrebbe sorriso vedendomi aprire entusiasta la porta e venirgli incontro.
“Stupida suggestione” mi ripetevo cercando di convincermi sempre di più “te l’ha già detto Jake è solo stupida suggestione” e la sicurezza cercava di prevalere sulla tensione.
Quando aprii la porta a Jacob non ero la sola ad avere una faccia da funerale.
-Ciao-
–Ciao- sospirai
-Andiamo-
Per tutto il tempo rimanemmo in un silenzio glaciale, come due perfetti estranei.
Mi avvinghiai a lui sulla moto, terrorizzata dalla velocità della corsa.
Arrivammo in anticipo, come al solito.
Da quando mi accompagnava Jake e viaggiavo a più di cento chilometri orari arrivavo sempre in anticipo.
Rimanemmo in silenzio anche aspettando appoggiati alla moto, chi ci vedeva forse pensava che avessimo litigato.
Jacob aveva l’espressione di chi vuole dire qualcosa, ma non si risolve a dirla.
Alla fine –Ma tu perché lo ami?- tirò fuori tutto d’un fiato.
Mi aspettavo una domanda di questo tipo, perciò il pensiero di Edward non mi mandò in crisi.
Mi presi qualche secondo per pensarci su.
-Lo amo perché è la persona più gentile, e generosa e brillante del mondo, credo-
-Credi?- disse tra i denti, senza guardarmi in faccia –io non sono gentile? e generoso e…-
-Certo! Certo! Sei una persona splendida! Sei…sei…-
-Ma non sono un vampiro- sbuffò irritato.
-Ma non centra nulla!-
-E invece centra, non far finta di fare tanto la pura innamorata solo delle belle qualità del suo succhia-sangue, ti piacciono tante altre cose di lui-
-Ma…certo!…Ma non è solo per questo che lo amo!-
-Cerca solo di non confonderti- borbottò scorbutico.
-Scusami, stai insinuando che preferisca Edward solo perché è…-
-Un tizio che sembra uscito dall’immaginazione di una ragazzina in piena crisi ormonale-
-Questo non è vero! E poi sei tu qui quello che ha sedici anni! Preoccupati della tua crisi ormonale-
Jake mi lanciò un occhiata significativa, arrabbiata.
-Ricordati solo che la mia età fisica è di venticinque anni. Io non sarò brillante, non avrò vissuto cent’anni, ma in certe cose sono più sveglio di te e del tuo schifoso succhia-vene -
-E su cosa saresti più sveglio?- chiesi irritata.
-Sulle persone- e sentii il suo sguardo ficcante dritto negli occhi.
Non dovevo sottovalutare l’empatia di Jake, dimenticavo che mi conosceva meglio di chiunque, che aveva il dono di leggermi in faccia ciò che pensavo.
Chissà che non capisse qualcosa anche del resto del mondo.
Avrei voluto proporli un test ma in quel momento suonò la campanella.
-Un giorno dovrei metterti alla prova?-
-Pensi che la cosa mi spaventi? Quando vuoi…E se vincessi?- mi rivolse un sorriso furbo.
-Ne riparliamo- borbottai raccogliendo la borsa ai piedi della moto -Ci vediamo…- esitai, non sapevo neanche io quando ci saremo rivisti.
-Ti chiamo io-
Mentre mi stavo per allontanare però mi diede una voce.
-E se io morissi? Cosa penseresti?- disse a braccia conserte.
Mi voltai bruscamente.
L’ansia che mi sentivo nel petto mi piombò in fondo al ventre, era sempre stato il primo a rassicurarmi che sarebbe ritornato, ritenendo che lo sottovalutassi e che la mia apprensione fosse stupida.
Rimasi immobile, paralizzata dalla paura.
Si avvicinò al mio viso e mi baciò sulla fronte.
-Tranquilla, scherzavo, tornerò con tutti i pezzi a posto-
Mi rilassai un po’ tra le sue lunghe braccia, così tirai un sospiro.
-Non devi scherzare sulla morte. Farai morire me di paura. Solo tu sei convinto che tornerai intero-
-E perché non scherzare sulla morte se so che un giorno morirò?-
-Tu non morirai mai, tu resterai per sempre giovane- dissi con un po’ di malinconia nella voce.
-Finché vorrò, Bella. Mi sono ripromesso di tornare a invecchiare il prima possibile-
-Sei davvero convinto che tornerai? Mi prometti di non fare il cretino e di non comportarti come se fosse un gioco?- bisbigliai cercando di non farmi sentire dagli ultimi ritardatari che ci passavano vicino correndo.
-Non farò cazzate. Lo prometto. Sono convintissimo di tornare sano e salvo. Dovresti fidarti di più- mi accarezzò i capelli -Cavoli, se basta uno scherzo sulla morte per farti andare in crisi per me chissà come staresti se io…ok va bene, non dico più niente. Va pure-
Non riuscivo a capire se si fingesse tranquillo per rassicurarmi o se fosse davvero così sicuro di sé. Ma conoscendolo, vedendolo così rilassato e sapendo quanto disprezzava i vampiri e quanto aveva fiducia nella forza del branco unito, non fingeva.
-Allora mi chiami tu quando torni?-
-Ti chiamo io-
 

 

 
Quando credevo di aver perso Jacob per sempre avevo un Ipod nelle orecchie, e me le tartassava di musica rock, quella che mi aveva regalato Phil, quella talmente alta che non ti fa pensare, mi ero ripetuta con sollievo quando mi ero infilata gli auricolari.
La musica faceva irruzione dalle orecchie e nella testa agitava tutto come un uragano.
Niente più riflettere per un ora, il tempo di ascoltare le tracce di un cd.
Ora, come molto tempo fa, mi ritrovavo nella stessa situazione, e mi mordeva la stessa ansia.
Ogni volta che mio padre passava davanti alla porta chiusa della mia stanza e sentiva la musica ronzare nelle cuffie mi dava una voce e diceva –Abbassa il volume! Ti riduci in pappa il cervello!-
Certe volte sarebbe stato bello.
Stavo cercando di sopprimere in tutti i modi la sensazione che avevo in testa. D’altronde, nel silenzio, la paura sarebbe stata ancora più insopportabile.
Angela mi aveva chiamata. Voleva assicurarsi che stessi bene: non avevo una bella faccia quando ero entrata a scuola, ed ero uscita da scuola prima con la scusa che stavo poco bene.
Poi mi aveva chiamato anche Jessica, sicuramente convinta da Angela a preoccuparsi per me e ad essere più gentile.
Non mi piaceva più, Jessica, ora la comare di Lauren: era pettegolante, viveva attaccata al cellulare come se fosse un organo, come se anche cederlo a qualcuno significasse donare un rene.
Ma apprezzai il suo tentativo di sembrare interessata a me.
Anche Mike si era fatto sentire…
Quando mi tolsi le cuffie ero diventata mezza sorda e mi fischiavano le orecchie.
Decisi, per forza d’abitudine, che sarei andata a La Push, ad aspettare il ritorno dei lupi.
Ero agitatissima per il loro incontro con Aro.
Quel giorno anche mio padre sentiva che nascondevo qualcosa: ogni volta che tentavo di nascondere qualcosa sembrava così evidente!
Diventavo più taciturna di Charlie, tenevo gli occhi bassi come se stessi pensando profondamente, e mi riscuotevo all’improvviso quando qualcuno mi dava una voce.
Era chiaro come il sole che la mia testa era da un'altra parte, che Bella aveva lasciato Bella seduta nel banco di scuola, o dovunque fosse (con un aspetto orribile e i capelli scarmigliati) e che la sua mente andava per i fatti suoi, angosciata.
Mentre stavo ficcando nella borsa il cellulare, il campanello suonò.
Charlie andò ad aprire.
Billy?!
Cosa ci faceva Billy? Qui? Chi l’aveva accompagnato?
Ebbi un tuffo al cuore.
Jacob era tornato, mi aveva preceduto ed era venuto a trovarmi.
Rimasi in ascolto, con le orecchie tese.
No. L’aveva accompagnato la madre di Seth e Leah, Sue. Che sapeva. Che soffriva come e più di me.
Qualunque umano che si mischi con creature pericolose come licantropi e vampiri deve aspettarsi di stare in pena, di soffrire, di perderle o di morire lui stesso.
-È già passato Jacob per caso?- chiese Billy, ansioso anche lui.
-No, perché? Cosa è successo?-
-Nulla, è in ritardo di un paio d’ore, non so dov’è, tutto a posto, sarà con Sam, e Bella?-
Rizzai ancora di più le orecchie.
-È in camera sua-
-Jacob mi ha avvertito di lasciarle un messaggio nel caso avesse fatto tardi: ha lasciato detto per lei che sarebbe venuto a trovarla nel pomeriggio e se non ce la fa dice di venire a La Push, domani dopo scuola, ci saranno delle novità-
-La sta un po’ monopolizzando-
Un sospiro e il cigolio di una manovra con la sedia a rotelle.
-Mi sembri un po’ ansioso solo per un ritardo, pensi che sia scappato, magari per raggiungere Embry?-
Sentii un silenzio di disagio in cui forse Billy guardò Charlie a lungo.
-O che si sia perso, come Seth- replicò Billy.
-Nessuna novità?- parlava di Seth e Leah, fortunatamente Charlie aveva avuto tatto.
Ci fu un sospiro più lieve e angosciato e poi una voce matura e femminile mormorò –No-.
-Ma non potrebbero essere scappati insieme a Embry?- borbottò Billy, cercando di reggere la recita.
-No, le fughe sarebbero troppo distanti l’una dall’altra, non si possono essere messi d’accordo, e da quello che mi hai detto tu stesso non si sono mai frequentati quei tre-
Il terzo sospiro.
Anche se avrei guastato tutta la messa in scena con la mia espressione terrorizzata mi precipitai giù dalle scale infilando al volo la giacca ed imbracciando la borsa.
-Billy, ciao- avevo una voce! Così preoccupata non andava bene, riprovai –come va?- balbettai ancora peggio.
-Bene Isabella, Jake ti…-
-Scusa, ho sentito tutto da sopra-
Mi voltai verso Sue, ma mi bloccai: dirle quanto mi dispiaceva sarebbe stato educato, ma l’avrei fatto in maniera un po’ ingessata, e quindi non sarei sembrata sincera. D’altronde ignorare la sua faccia afflitta, che evidentemente aveva fissato il pavimento per tutto il colloquio, era impossibile e mi rimordeva il cuore fingere di voler parlare d’altro quando anche per me dall’esito della missione dei lupi dipendeva tutto.
Mi sembrò che il gesto più sincero fosse di guardarla con l’espressione che avrei avuto se non stessi fingendo con Charlie, per farle sentire che sapevo come ci si sentiva, che nel dolore ero sua sorella.
-Su, non preoccuparti per Jacob- mi disse mio padre -se tutti penserete che non tornerà mai- tentò un sorriso -sarà proprio così-.
Charlie si trovava con un gruppo di gente angosciata come se si stesse svolgendo la battaglia per la vita e la morte di qualcuno, e si trovava a fare la parte di quello che risolleva l’umore generale: e non era esattamente il suo ruolo ideale. Stava meglio nella divisa del poliziotto che fa le domande con espressione seria e determinata.
Si voltò verso di me.
-Stavi uscendo? Non ti sentivi troppo male?-
-Sto meglio, era solo una vertigine-
-Dove vai?-
-In spiaggia, a La Push. Precederò Jake- dissi storpiando un sorriso e la voce, tanta era la voglia che avevo di piangere.
 

 

Passeggiare per la spiaggia era di solito un passatempo che dividevo con Jake.
Li potevamo parlare di tutte le sciocchezze che volevamo, di cose che interessavano solo a noi, e anche delle cose segrete di cui Charlie non doveva sapere.
Ma quando io e Jake ridevamo era come se quelle cose non esistessero.
Quel giorno, per non pensare troppo a Jake, decisi di sviare dal percorso che facevamo di solito, di andare più avanti sulla costa.
Camminavo con le scarpe in mano e i piedi nudi nell’acqua.
Tra poco sarebbe finita la scuola. Avevo fatto tutti gli esami con il gesso alla gamba e avrei ricevuto a breve il diploma.
Sarebbe stato bello sguazzare in quell’umore di esaltazione generale da fine-scuola in cui i miei compagni si trovavano così a proprio agio in quei giorni.
Era un’atmosfera di libertà generale, e la libertà portava leggerezza, e la leggerezza spensieratezza, e la spensieratezza era una gioia che io non provavo più da quando Edward se ne era andato e quando Jacob non era con me.
Riuscivo a pensare, ora, alla storia con Edward come a una parentesi di felicità ormai chiusa della mia vita, del cui ritorno, però, non avevo mai smesso di sperare.
Quando fui sul punto di tornare indietro sentii qualcuno che cantava una specie messale, e la voce sembrava salire da una caverna.
Cercai con gli occhi chi cantava così bene, ma non vidi nessuno.
Quella voce non poteva echeggiare nell’aria senza sorgente!
Ad un tratto mi accorsi di un pozzo al limitare del bosco, delle antiche tribù Quilute, e quando lo vidi ebbi una folgorante intuizione.
Correndo, turbata, risalii la spiaggia per arrivare al pozzo, sempre con le scarpe in mano.
Mi sporsi sul buio ed urlai – Ehi, chi è là!-
-Eeeeehi, chi è là!- miagolò una voce scimmiottando la mia.
-Cosa è successo?- feci più forte.
-Cosa è successo?-
-Ma..che.. qualcuno risponde, eh? Io chiamo aiuto- frugai freneticamente nella borsa.
-Che vuoi?- chiese cupa la voce del pozzo.
- Ti-ti sto chiamando i soccorsi- urlai terrorizzata per lui.
-Sciocca, non stavo urlando aiuto-
-Io da un pozzo vorrei essere salvata- dissi con frenetica agitazione, diretta al pozzo, mentre cercavo il cellulare.
-Non tutti sono te. Mi salverò da solo, quando vorrò-
-Devi risalire da un pozzo!-
-Questo lo so da solo, deficiente-
Ero quasi isterica e stavo litigando con una persona che invece volevo salvare.
-E come ti salvi da solo?- chiesi provando a controllare la collera nella voce.
-Zitta, le domande devono essere poste solo sotto forma di risposta-
Strabuzzai gli occhi fissando il fondo del pozzo e, dopo aver tentato di spremere una risposta dal mio cervello, ciò che produssi fu un poco brillante –eh!? E cosa vorrebbe dire?-
-Va a pensare ai cazzi tuoi e fammi continuare le mie preghiere-
Rimasi un istante umiliata a fissare davanti a me, mi salivano lacrime isteriche agli occhi per tante ragioni, ma in quel momento il primo motivo era di non riuscire a ribattere ad un cretino in fondo a un pozzo. Alla fine presi la risoluzione di chiamare al più presto i soccorsi, e un ambulanza.
Trovai il cellulare. Iniziai a chiamare il 911, piuttosto febbrilmente, ma l’uomo, che era in ascolto, sentii il suono dei tasti del telefono e urlò –Pazza! Non chiamare!-
Sentii il rumore di qualche sassolino che si staccava dalla parete e che cadeva in fondo al pozzo e poi dal tunnel sbucò fuori un uomo e, tra i miei strilli, mi saltò addosso rovesciandomi sull’erba.
Con una mano mi bloccò un polso a terra e con l’altra mi strappò il cellulare scagliandolo nella foresta.
-Eh eh eh- rise in quella maniera oscena che avrei sentito tante altre volte –Fortuna che ce ne siamo liberati. Si, meno male, ce ne siamo liberati..eh eh… Che oggetto spaventoso! – e, mentre guardava il punto in cui il cellulare era stato buttato via, vidi il rosso degli occhi e i denti canini acuminati.
Le viscere mi si liquefecero a quella vista.
Il vampiro si voltò di scatto perché aveva sentito il mio strido e il respiro terrorizzato. Mi agitavo di qua e di là, senza poter rotolare né a destra né a sinistra ed il peggio era che la situazione era ideale per un morso. Allora il vampiro si sistemò meglio su di me premendo le ginocchia contro il mio stomaco.
-Allora almeno tu non sei stupida! Non ci caschi come le altre ragazze eh? Lo vedi che sono pericoloso! Ti faccio paura dunque!- ringhiò a voce piuttosto alta, quasi per l’eccitazione -Sai cosa mi è preso da alcuni giorni? Sai cosa ti posso fare? Mh? Non parli? Fa di si o di no con la testa-
Diedi una scossa alla testa per dire di si.
-Ma tu…volevi chiamare gente per aiutarmi, degli idioti che poi avrei ucciso! Eh? Guarda che occhi che ho! Guarda che occhi che ho!! Sono rossi! Rossi! Lo sai che cazzo vuol dire!? Dimmelo! Perché io non lo so che cazzo significa!- insistette con la presa sui miei polsi fino a farmi piagnucolare -Lo sai di che cosa ho un desiderio disperato da giorni?-
Digrignava i denti per la voglia che aveva di mordermi, ma all’improvviso sembrò riprendere una scintilla di coscienza. Si scostò da me bruscamente, arricciando il naso e tappandoselo come se avessi un odore terribile.
Mi rovesciai su un fianco in lacrime dallo spavento, massaggiandomi i polsi.
Dopo aver ripreso a respirare, essermi sollevata ed aver ritrovato il coraggio della situazione, cercai il vampiro con gli occhi. Lo vidi in piedi sul bordo di pietra, con entrambe le mani nei capelli, che tentava di rigettarsi nel pozzo: aveva un aria esaltata, su di giri, e digrignava continuamente i denti. Come se avesse preso degli eccitanti.
-N-no!-
Si voltò di rimando alla mia esclamazione spaventata.
-Perché eri in quel pozzo?-
Ebbe un ringhio esasperato -Fatti i ca..-
-No, davvero, ti prego! Dimmelo… seriamente! Sei un vampiro, n-ne conosco degli altri, hanno il tuo stesso problema.. e..e conosco licantropi, conosco una tribù molto numerosa, molto pericolosa, la conosco, te lo giuro.. ti sei gettato là perché avevi paura?, forse…-
-Ma che cosa stai dicendo, farnetichi!- si lamentò, stava per avere una crisi di isteria, perché chiaramente non riusciva a capire di cosa stessi parlando.
Feci uno sforzo su me stessa per continuare -..t-tendevi un agguato?… che ragione avresti avuto di..?- farfugliai alzandomi a sedere, ma gattonando velocemente a ritroso.
Ora che avevo finito mi fissò per un lungo attimo, poi sorridendo scosse la testa come per capacitarsi di qualcosa. Sghignazzò follemente, senza allegria, quasi con folle terrore.
-Cosa sarei io?- disse con gli occhi ancora più grandi e terrorizzati -ripetimi tutto- saltò giù dal bordo del pozzo con aria tormentata, procedendo lentamente verso di me – Licantropi! Vampiri! Dio ha tolto certe maledizioni dal mondo! Non esistono più ormai! Ma… io ho ucciso, come un vampiro!- sembrava sull’orlo delle lacrime-…e…non lo vorrei proprio: uccidere. Non avevo capito…di essere diventato… dimmi un po’ come è successo…- mi fisso e il mio silenzio terrorizzato dovette innervosirlo – Dillo visto che sei tanto saputella! eh!! Parla!- gridò all’improvviso.
Man mano che si avvicinava mi montava dentro il terrore, il pianto mi faceva un groppo, ma le lacrime si fermavano lì.
Quella frase “anzi…non lo vorrei proprio:uccidere” mi aveva ridato un po’ di coraggio, ma non abbastanza da chiedergli se avesse sete oppure no, perciò mi morsi la lingua e stetti zitta.
Aveva occhi talmente grandi e sgranati da mettere a disagio. Di certo la pazzia era il motivo del suo sguardo così agghiacciante.
-Perché eri nel pozzo?- dissi tutto in un fiato, con una vocina tremante che stava per trasformarsi in pianto.
-Perché nessuno doveva trovarmi- disse tra i denti.
-Perché non volevi che nessuno ti trovasse?-
-Per non ucciderlo-
-Se hai sete perché non hai ucciso me?-
-Perché Dio lo proibisce-
-Dio..?-
-Dio mi ha proibito di farlo, Dio non è stato contento quando ho ucciso quell’uomo: come creatura con la ragione non posso uccidere un uomo- si volse al cielo -dopo molti giorni gli chiedo ancora scusa! Ho provato a sacrificargli la mia vita, perché sono un indegno, ma non riesco a morire…ogni cosa che provo non funziona. Sembra che neanche la sete e la fame mi faranno morire-
Rimasi esterrefatta.
-Non sapevi di essere un vampiro? Nessuno te l’aveva spiegato?- dissi con una vocina ancora più tremante. Non avrei voluto fare domande con un tono che avrebbe potuto innervosirlo.
-Mi sono svegliato sul marciapiede, gettato ad un angolo della strada, ed avevo sete e fame.  L’odore del cibo era disgustoso e l’acqua sarebbe stata più dissetante se fosse stata bollente. Sentii l’odore irresistibile della carne viva e sanguinante quando un operaio si tagliò la mano con un ferro. Allora mi gettai su di lui e mi attaccai a quella ferita, mi misi a succhiare- ad un tratto si accorse del tono amorevole che aveva verso quel ricordo e si abbandonò in ginocchio, con il viso tra le mani, disperato.
-Non sai quanta voglia che ho…di…di tagliarti la gola e bere tutto il sangue che hai...e bere finché non rimarrai secca e morta ai miei piedi… e io sazio…e…e soddisfatto…- la sua era la fame mordente di chi non mangia da giorni e giorni.
-Per queste azioni turpi Dio mi destinerà alla parte più crudele di tutto l’inferno..- e si perse in vagheggiamenti sulla sua futura punizione, mentre io aspettavo il momento buono per fuggire.
Mi alzai con cautela e mossi alcuni passi indietro: forse per il senso di colpa non avrebbe tentato di inseguirmi e di uccidermi…
-No! Non te ne andare! Resta! O ti costringerò a restare!- urlò.

  
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