Ricordo e Sofferenza
Il
paio di mani che mi corrono sulla pelle sono scurissime, sembrano quasi
fredde
al confronto con la mia pelle bollente. Mi abbandono al loro sfiorare
ed
esplorare, chiudendo gli occhi mentre l’aria mi esce dalle
labbra in lievi
sospiri.
È
tutto calcolato. Fra poco il Kiyan tornerà qui, nelle mie
stanze. E non mi
troverà da solo; l’uomo che ho scelto non
è bello, né alto. Non ha nulla di
interessante in quei capelli grigi che cominciano a sparire sulle
tempie. Ma
non importa. È un uomo e tanto basta.
Appoggio
ginocchia e palmi sulla stuoia, non voglio guardarlo in faccia. La
lieve
eccitazione che sento scorrere calma sotto la pelle potrebbe sparire, e
a me
serve. Mi serve per fare del male a me stesso e al sovrano di Persia. E
io
desidero disperatamente entrambe le cose.
È
dentro di me e lo sento gemere e invocare il mio nome, che appena
l’ho adescato
l’ha fatto sorridere. Parsa: casto, puro. Mi viene quasi da
ridere. Al momento
non esiste nessuno al mondo più corrotto e sporco di me.
Nessuno tanto disposto
a mandare alle ortiche una vita che potrebbe essere meravigliosa per lo
sciocco
dolore di un amico perduto. Adel. Che non era soltanto quello. Era
molto più di
un amico, un amante e un fratello. Era l’altra parte di me. E
adesso è morto. E
con lui quel lato del mio essere è scomparso, come se non
fosse mai esistito. E
mi ha lasciato vuoto, e finto, e svuotato, e inutile.
Inarco
un poco la schiena, gemendo. Mi sembra quasi di sentire i passi del
Kiyan, un
attimo prima che la porta della stanza si apra e mi volti giusto in
tempo per
osservare quell’espressione che per molte notti e molti
giorni è stata l’unica
cosa che mi ha fatto andare avanti e mi ha impedito di aprirmi le vene
con uno
di quei coltelli gemmati nella sala d’ingresso.
È
addolorato. Sconvolto. Sorpreso, anche. Ma, soprattutto, è
furioso. L’uomo ha
cominciato ad implorare perdono già da diversi istanti, mi
porto a sedere per
osservarlo allungare le braccia in direzione del re, piangendo
disperato.
Guardo il suo corpo nudo e prostrato, e non posso fare a meno di
compararlo ad
un grosso e viscido verme. Non c’è ansia
né paura dentro di me. Solo quiete.
Il
Kiyan ha mosso qualche passo e si è portato alle sue spalle.
Tremano le sue braccia
e trema la mano che ha appena sfoderato un pugnale. Le gemme sul manico
sembrano quasi brillare alla luce del sole che penetra nella stanza. La
mano
libera si dirige fra i radi capelli dell’uomo inginocchiato e
tira.
Lo
sguardo terrorizzato di quel cortigiano non mi causa nulla.
Non
c’è rumore. La lama recide la tenera carne della
gola senza emettere un suono.
Mi scanso perché il sangue non mi sporchi. Il corpo cade sul
pavimento con un
tonfo. Sorrido, alzando lo sguardo verso il sovrano. Trema
un’ultima volta, poi
scappa, sbattendosi la porta alle spalle.
La
macchia si allarga sul pavimento, e mi scopro osservarla affascinato.
Raggiunge
la stuoia, ma non me. E questo è quello che conta. So che
sono stato io la
causa della morte di quest’uomo inutile e disgustoso, ma non
voglio essere
toccato dal suo maledetto sangue. Non era mia la mano che reggeva il
coltello.
Io
sono innocente.
Pensavo
che stanotte non sarebbe venuto da me.
E
invece è qui, e le sue spinte sono rapide, forti, feroci e
incredibilmente
dolorose. Non riesco ad escluderlo, come ho fatto da parecchie lune. Fa
male.
Non
è mai stato così.
Ma
sento che ogni fremito nelle sue mani lo uccide, esattamente come sta
uccidendo
me. Ogni spinta è un insulto sputato sulla pelle scoperta e
sudata. Ogni
ringhio e ogni ansito sono minacce di infiniti tormenti.
Finché
il dolore e la rabbia gli pervadono i sensi, sopporterò.
È
una bella giornata.
Il
sole splende nei giardini del palazzo e gli alberi sono carichi di
frutti.
L’erba sotto i piedi nudi è tiepida e umida. Un
paio di ragazzini mi sfrecciano
accanto, ridendo. Sorrido, almeno fino a che non li sento urlare e non
vedo i
loro piccoli corpi cadere a terra e le loro risate ansanti non mi
giungono alle
orecchie.
Chino
la testa e riprendo a camminare.
«PERCHE’
LO FAI?!».
«Ne ho voglia».
Lo
vedo tremare da capo a piedi per sopprimere l’ennesimo urlo
che minaccia di
spaccargli il petto in due. Sorrido, quasi dolcemente.
«Tu vuoi punirmi! Tu vuoi uccidermi!»
esclama, stringendo con forza quel pugnale ormai macchiato del sangue
di
innumerevoli uomini.
«Sì».
Ammutolisce. «Vuoi uccidermi...» mormora,
lo sguardo perso e immobile.
«Sì» ripeto in tono soave.
Spero
che quella mano tremante mi diriga contro la lama e metta fine ad ogni
cosa.
Sono praticamente certo che mi ucciderà, quando si avvicina.
Ma
il pugnale cade a terra con un suono attutito dalle mani e dalle labbra
del
Kiyan che mi invadono il viso e la bocca. Non faccio nulla.
Mi
prende per le spalle e mi scuote con forza. Mi limito a sorridergli.
«Non puoi farmi questo! Non puoi...».
La sua voce si affievolisce fino a non permettergli di emettere anche
il minimo
suono.
Rimango
in silenzio.
«Tu sei mio... sei mio! Mi hai capito?! SEI
MIO!» urla. «Non permetterò
che qualcun altro ti tocchi!» aggiunge. Lo vedo cercare
qualcosa nei
miei occhi, ma non trova nulla. Tutta l’ammirazione,
l’amore, l’affetto, la
venerazione che provavo per lui. Sono sparite. Si sono accartocciate su
loro
stesse fino a crepitare, come immerse nel fuoco, e sono scomparse. La
loro
cenere è il suo dolore. E la mia forza.
Perché
l’ho amato. In un modo completamente diverso da Adel, ma
l’ho amato. Fin da
quando mi ha salvato, ancora bambino, anni fa, dall’invidia
del suo protetto di
allora. Era il mio dio. Era il mio signore. I miei occhi di fanciullo e
poi di
ragazzo in lui non vedevano altro che bontà, giustizia,
gentilezza. Ed ero suo,
solo suo.
Fra
le sue braccia bollenti e scure, non c’era nulla che potesse
farmi del male.
Una
lama di sottile e crudele sofferenza sembra lacerarmi il petto.
Conosceva
la mia pelle meglio di quanto la conoscessi io. Sapeva farmi tremare da
capo a
piedi con un sospiro che andava ad infrangersi nel punto giusto. Le sue
mani
sul mio corpo erano l’unica cosa vera e fisicamente presente
che riuscissi a
concepire. Le sue labbra e la sua lingua lasciavano scie gentili e
bramose fino
a farmi gemere. E lo amavo. Perdutamente. Terribilmente.
Ma
se serve fingere di averlo sempre odiato, ebbene, lo farò.
Riporterò alla mente
ogni istante in cui mi ha fatto sentire un oggetto, ogni secondo di
ogni notte
che passava con la regina, lontano dalla mia stuoia e dalle mie labbra.
Ricorderò i sorrisi complici a accondiscendenti che mi
lanciavano gli altri a
corte. Rammenterò le ore passate a piangere e a dormire,
devastato nell’anima e
nel corpo.
Le
volte in cui mi faceva sentire al centro del mondo non sono mai
esistite. Mai.
Grazie come sempre a Nemuchan per la sua recensione. ^^ Sai, il Kyian è un personaggio, a mio parere, piuttosto affascinante. *ride* Quindi capisco la tua indecisione sul cosa pensare di lui. ^^
Grazie anche a coloro che leggono restando in virtuale silenzio. *si inchina*
Alla prossima!
P.S. Vi avviso da ora, comunque. Il prossimo capitolo sarà molto breve, e non posso fare a meno di postarlo così com'è. ^^ Comunque come potete vedere aggiorno molto spesso e, perciò, non vi farò penare molto. ^^