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Autore: Iryael    17/03/2010    1 recensioni
“Hayen” è un nome musicale, suadente, che invita i più ingenui a chiedere cosa sia.
Ebbene, hayen è una droga. Una delle più raffinate. Uno zucchero rosa e amaranto dal quale non c'è scampo. Alastor Gazelle lo sa perfettamente, per questo sta bene attento a spacciarla senza farne uso.
Ma Gazelle non è solo il maggior produttore di hayen di tutta Rilgar, è anche il finanziatore di Zenas Dehyper, una stella nascente dell'hoverboard.
E chi meglio di Skid McMarxx, il Signore degli Hoverboard, può destreggiarsi nel mondo di Gazelle?
Giugno 5405.
Per avvicinarsi a Gazelle Skid dovrà rimettere piede in un mondo cui credeva di aver voltato le spalle. E, per portare a termine la missione, avrà a disposizione solo due armi: Nirmun, giovane soldata dalla lingua sciolta, e la sua esperienza.
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[Galassie Unite | Arco I | Schieramento] Rieditata nel gennaio 2014
[Personaggi: Clank, Nuovo Personaggio (Huramun Tetraciel, Nirmun Tetraciel), Skid McMarxx, Ratchet]
Genere: Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Ratchet & Clank - Avventure nelle Galassie Unite'
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[ 08 ]
Un asso nella manica
2 Luglio 5405-PF, ore 22:45
Blackwater City, quinto settore
 
Clank era fuori dal perimetro della villa del Sindaco. Aveva già localizzato le telecamere della sorveglianza sul perimetro delle mura stando attento a non comparire nelle inquadrature, ed in quel momento era esattamente nel punto cieco della telecamera nord-ovest.
Nel database non aveva alcuna planimetria relativa alla villa, ma dubitava che anche scaricandone una sarebbe stata valida. Gazelle non poteva essere così stupido da lasciare a potenziali malviventi la planimetria di casa propria: sarebbe equivalso a mettere nelle loro mani le chiavi del portone. Però il robottino confidò di ricavare una planimetria approssimativa dell’edificio dalla disposizione delle telecamere. Non era un mistero che Gazelle fosse un maniaco della sicurezza, quindi valeva la pena tentare. Collegò i suoi circuiti a quelli della telecamera, e cercò di ricostruire i collegamenti con le altre all’interno della villa.
Sorprendente... fu l’unico commento che gli balzò tra i circuiti, una volta completato l’insieme. La villa era quasi una riproduzione in miniatura del Palazzo della Galassia di Metropolis. Un po’ troppo alta per le proporzioni del Palazzo, come se il progettista avesse aggiunto un piano di troppo, ma in sostanza molto simile.
«Molto bene… Ratchet, dove ti hanno messo?»
Interfacciò la pseudo-mappa con il segnale che riceveva dal comunicatore ed ottenne un’idea abbastanza precisa del punto dove fosse.
Ultimo seminterrato: se fosse una trappola sarei senza scampo, ragionò. Forse mi conviene presentarmi nella veste dell’agente segreto. Dovrei avere ancora qualche gadget.
Controllò al suo interno e scovò l’olomonocolo e la penna blackout. Quando disperò di trovare altro, spuntò fuori il papirang: avrebbe voluto qualche altra arma, ma avrebbe dovuto accontentarsi di quello che aveva. Ad ogni buon conto, si sentì pronto per entrare in azione.
* * * * * *
3 Luglio 5405-PF, ore 2:15
Periferia sud, casa di Huramun
 
Tornare al mondo fu una tortura pazzesca, decise Nirmun.
Sentiva il fuoco correre nelle vene, una sinfonia di percussioni appena dietro gli occhi e la sensazione che tutti i muscoli si fossero presi contemporaneamente il peggior crampo della loro breve esistenza.
Aprì gli occhi. Il mondo era coperto da un velo opaco e sfocante. Le parole dell’istruttore all’Accademia le tornarono alla mente: se la pelle brucia dall’interno e gli occhi non stanno aperti per il dolore, probabilmente si tratta di veleno. Quale sia, però, è difficile da definire. A Nirmun interessò relativamente definire con cosa fosse stata avvelenata; ciò che contava più di tutto era che ad avvelenarla era stato suo fratello.
Huramun, pensò. Il pensiero non giovò alla sua emicrania. Si mosse con l’intenzione di massaggiarsi le tempie, ma rinunciò quando sentì la fitta terribile dei muscoli alle braccia e si rese conto che qualcuno le aveva legato le mani sul davanti. Di nuovo l’istruttore dell’Accademia fece capolino nella sua mente: se catturate un nemico, disarmatelo e legatelo in modo che non vi possa nuocere in alcuna maniera. Evitate di commettere la cazzata di lasciargli le mani legate sul davanti, perché gli lascereste una possibilità di impugnare un’arma o nuocervi comunque. E soprattutto: tappategli la bocca.
Quindi aveva a che fare con novellini.
«Da quando una volpe come Gazelle assume novellini?» si chiese. Sentì la sua voce arrochita e distante.
«Potrei offendermi, sai?»
Una figura apparve ai margini del suo campo visivo. Alta, sfocata e nera. Una chiazza di biondo dove c’era la testa, ma soprattutto la voce, glielo fecero riconoscere all’istante.
«Huramun! Traditore pezzo di merda, che cazzo ci fai con Gazelle?!» gridò. Quello che le uscì assomigliava vagamente ad un ringhio, e la testa quasi esplose per il dolore. Trattenne un gemito: non poteva mostrarsi debole quanto fosse realmente.
«Lavoro.» rispose semplicemente lo xarthar. «Il mio vero lavoro.» aggiunse.
«Mi prendi anche per il culo?!»
«Non gridare. Non sono certo dell’insonorizzazione di questo bunker, e la tua testa non dovrebbe passarsela troppo bene.»
«Oh, certo…da quando ti preoccupi dei nemici?» sbottò ironicamente Nirmun nel tentativo di essere graffiante, ma una nuova fitta la prese alle tempie e la costrinse a chiudere gli occhi con forza. Non vide Huramun scuotere la testa con lo sguardo basso. Quando riaprì gli occhi lo trovò seduto sull’unica sedia della stanza, una figura sfuocata nera e bionda.
«Adesso mi starai a sentire.» disse semplicemente.
«Come no.» borbottò Nirmun. «Dove sono gli altri?»
«Alla villa di Gazelle. Tu sei al sicuro, qui.»
«Sarei più al sicuro in un reattore sul punto di esplodere.» replicò acidamente la xarthar.
«Tsk! Non ci giurerei troppo, sorellina. Ad ogni modo ho da proporti un accordo.»
«Perché, sei ancora capace di stringere accordi che non prevedano doppigiochi?»
«Sarò anche un doppiogiochista ed un bastardo come dici tu, Nirmun, ma sono pur sempre tuo fratello maggiore. Quindi ora taci ed ascolta bene, perché la situazione è degenerata.» replicò, mantenendo comunque la sua pazienza. Nirmun chiuse la bocca in attesa delle novità.
«Gazelle sa della tua identità e di quella di Skid, ma non sa quasi nulla di quella del vostro amico umano.» Nirmun fu tentata di rispondergli ironicamente che non se n’era accorta, ma lo lasciò proseguire. «A dirla tutta, tu e l’umano sareste dovuti morire ieri sera. Io avrei dovuto portare un computer a Falcon perché scovasse notizie sull’umano ed andarmene, ma mentre ero nella mia vettura ho sentito Gazelle dare l’ordine di attacco e non sono riuscito a trattenermi: sono entrato e vi ho attaccato prima che lo facessero gli squadroni allestiti appositamente. Il mio nome conta qualcosa agli occhi del Sindaco, quindi ha chiuso un occhio sul mio colpo di testa e voi siete vivi.»
«Quindi non hai ucciso Skid?»
«No, assolutamente: lui era l’unico che sarebbe dovuto rimanere in vita...in fondo è uno dei cittadini di spicco di Blackwater, nonché il favorito delle gare. L’ho semplicemente addormentato, mentre quell’altro è svenuto quando ho fatto il mio ingresso nell’ascensore e tu...mi vergogno, ma ho dovuto avvelenarti per rendere più credibile il fatto che fossi morta. Dovevo portarti lontano dai tuoi colleghi, o se si fossero accorti che respiravi ancora e che io avevo mentito...» spiegò Huramun.
«Lo hai fatto per mettermi fuori pericolo?»
Lo xarthar annuì. Nirmun si richiuse un momento in se stessa, decidendo di accordare nuovamente fiducia al fratello: dopotutto, sembrava avesse commesso quegli errori madornali apposta per fargli capire le sue intenzioni senza perdere la faccia.
«Che ne è stato degli altri? E poi, cosa intendi per vero lavoro?»
«I tuoi colleghi sono alla villa del Sindaco, rinchiusi nei sotterranei. Probabilmente Gazelle li farà uccidere dopo le gare...quanto a me, sono un poliziotto di Xartha, l’hai dimenticato?»
«Quello che so è che quel posto lo hai lasciato due anni fa e sei sparito nel nulla...»
«Tutta una copertura.» la interruppe Huramun. «Il mio scopo è raggranellare abbastanza prove da spedire Gazelle al fresco per almeno quindici anni.»
«Noi eravamo venuti per arrestarlo direttamente per il suo traffico di hayen, contando sul fatto che approfittasse delle gare per concludere qualche affare.» rispose Nirmun come se stesse parlando del tempo. «Ma non so perché diavolo ci abbia smascherato così presto.»
«La causa si chiama Falcon.» asserì Huramun. «Se pagato abbastanza, quello scoprirebbe anche quanti peli ha addosso il suo obiettivo. Ad ogni modo, quello che volevo proporti è di lavorare con me.»
«Fammi capire: mi hai tirato fuori dai guai per rinfilarmici poco dopo? Mi hai fatto fare un pit-stop?» chiese ironicamente lei.
«Inizialmente volevo che te ne andassi, ma a tutti gli effetti ti ho fatto diventare un asso nella manica: nessuno si aspetta che tu sia ancora viva...»
«Okay, okay, posso fare altro forse? Ti aiuterò, ma tu dovrai aiutarmi a tirare fuori Ratchet e Skid...e Clank, se fosse là dentro.»
«Chi? È il quarto componente? Ma quanti siete?»
«Quattro.» rispose Nirmun, sentendo il pulsare alla testa attenuarsi un poco. «Dai, liberami e ti aggiorno.»
«Sul serio non mi prenderai a legnate in testa?»
«Ma sei scemo??? Quando mai sono riuscita a prenderti a legnate in testa? E poi sono troppo rintronata dal veleno per riuscire a sopraffarti, se anche avessi un’arma...E poi, se ciò che hai detto è vero, sono il tuo prezioso asso nella manica...che asso sarei se rimanessi legata in uno scantinato?»
«Quindi accetti la cooperazione?» chiese nuovamente lo xarthar.
«Certo: non ho alternative.» rispose in modo asciutto lei. Senza dire nient’altro, Huramun afferrò un cutter sul tavolino e tagliò il nastro con cui le aveva legato polsi e caviglie «Allora: come ti ho detto siamo venuti qui per arrestare Gazelle. Inizialmente eravamo solo io e Skid, ma l’altro giorno sono arrivati Ratchet e Clank.» cominciò a dire, massaggiandosi bene i polsi.
«Chi?»
«Hai presente quei due che hanno salvato Solana da Nefarious e la Bogon dalla minaccia Protopet...» spiegò Nirmun, gesticolando ampiamente.
«Ma quei due non sono un lombax e un robot?» chiese Huramun, perplesso. Lui aveva steso un umano e non aveva trovato alcun robot, sebbene il misterioso quarto elemento avesse lo stesso nome.
«Sì, sono loro...credo che Ratchet abbia usato un nuovo gadget per diventare umano, ma comunque è lui, fidati. Non credo avrà bisogno di più di un tot di protezione, una volta liberato.» rispose lei con energia. Troppa energia, visto che una fitta le trapassò le tempie e si trovò a gemere.
Huramun guardò l’orologio sopra la porta: le tre meno un quarto. Nessuno si aspettava che andasse alla villa del Sindaco, quindi avrebbe potuto rimanere a casa sua e finire di consumare quel po’ di ore di sonno che avrebbe potuto dormire per quella notte.
«Domattina raccoglierò notizie sulla sorte dei tuoi colleghi.» decise, alzandosi per avviarsi all’uscita. «Dubito che Gazelle ucciderà il favorito prima delle gare, quindi dovremmo avere un paio di giorni. Tu cerca di riposare e di rimetterti: la characha non scherza con gli strascichi.»
«Qui sul cemento? Stragalassia, sono già abbastanza anchilosata anche senza stare a dormire per terra!» si lamentò la xarthar.
«Spiacente, ma non ho altri materassi oltre al mio, e che tu esca da qui è fuori discussione. Per questa volta dovrai adattarti, Nir.»
«Bah! Spero che tua moglie ti riservi lo stesso trattamento, un giorno!» borbottò lei in risposta, un momento prima che lui uscisse.

 

   
 
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