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Autore: Akemichan    01/08/2005    3 recensioni
Un triangolo a tre fra una famosa regina, il suo più fedele servitore e una pittrice... Ai tempi dell'antico Egitto!
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Antichità
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Hathor e Horus. Una coppia destinata a rimanere unita per sempre, come ve ne erano tante altre, nel misterioso e lontano mondo degli dei. Iside e Osiride, tanto per citarne una, la più famosa. Non certo l’unica, poiché ogni dio aveva la propria compagna, dall’inizio del mondo fino all’eternità. Mentre fissava il soffitto dorato della camera reale, Senmut pensava che anche agli umani venivano assegnate delle compagne, solo che era difficile trovare la propria.

Girandosi leggermente per osservare gli occhi morbidi di Hatshepsut, che lo osservava appoggiata al suo petto, chiusa nell’abbraccio caldo delle lenzuola bianche, lui si sentì molto fortunato, per aver avuto l’onore di trovare e riconoscere la donna che gli era stata assegnata dal destino. Nonostante fossero ormai passate tredici inondazioni dal giorno in cui aveva per la prima volta posato i suoi occhi azzurro cielo su di lei, e una di meno rispetto al giorno in cui l’aveva avuta, non vi era stata un’occasione in cui non si fossero amati come la prima volta. Hatshepsut era un’amante straordinariamente fantasiosa, oltre che una regina straordinaria. Non vi era noia nel loro rapporto, a partire dalla sua pericolosità e dai loro incontri clandestini. Con Teti non avrebbe potuto avere una vita migliore.

Hatshepsut si stiracchiò leggermente, avvicinandosi ancora di più. «Qual è il giorno più bello della tua vita?»

«Quello che verrà, perché tu sarai ancora con me» rispose Senmut chinandosi a baciare i suoi capelli neri e profumati come i fiori di loto.

La porta scricchiolò vagamente e Senmut si alzò col busto dal letto, facendo scivolare le lenzuola lungo il suo corpo ancora muscoloso. Era probabilmente la coppiera della regina, unica testimone del loro amore, venuta ad avvisarli che il corridoio era libero. Hatshepsut sbuffò vagamente, mentre seguiva con gli occhi i movimenti di lui, rimanendo sdraiata. La barca di Khonshu1 era sempre troppo veloce. Chiuse gli occhi, perchè non voleva vederlo andarsene. La porta si aprì. Non accadde nulla. Senmut rimase fermo, immobile nella posizione che aveva assunto, sebbene lei potesse sentire le sue gambe indurirsi e diventare gelide.

«Senmut… Tu…» La rivelazione di ciò che era accaduto arrivò improvvisa come un coccodrillo che attacca la sua preda, affacciandosi rapido dalle scure acque del Nilo.

Hatshepsut balzò subito in piedi, volgendo lo sguardo nella direzione degli occhi di lui. Il Faraone Tuthmosis II, vestito da camera, era fermo sulla soglia, la mano sottile ancora appoggiata alla porta semiaperta. Lo stupore sul suo viso era probabilmente paragonabile a quello di Horus quando sua madre Iside risparmiò Seth, l’omicida del padre.2 Lei sentì Senmut, al suo fianco, deglutire, mentre una leggera goccia di sudore gli attraversava la fronte, fino a colare lungo i delicati lineamenti del naso. Allora pose una mano sul suo braccio per trattenerlo, sebbene non ce ne fosse alcun bisogno. Come pietrificato, non riusciva a muoversi, né a staccare gli occhi da quelli del suo signore.

«Adesso entri senza permesso nella camera della Grande Sposa Reale?»

A sentire questa dura frase di Hatshepsut, Senmut riuscì finalmente a distogliere lo sguardo per spostarlo su di lei. Gli occhi le ardevano come i fuochi delle fiamme di Sekhmet. Lui conosceva quello sguardo: lo riservava di solito ai negligenti, alle persone che non contavano nulla e a coloro che non rispettavano il loro lavoro. Quello stesso sguardo, lo sguardo di una regina d’Egitto, lo stava usando per difendere il loro amore. E questo, Senmut non riusciva a farselo piacere. Non in quel momento, anche se avrebbe dovuto sentirsi lusingato da questo fatto. Pensò che Hatshepsut sarebbe stata capace di qualunque cosa, ed ebbe paura.

«Stai dando la colpa a me?» Se fosse stato possibile, l’incredulità sul viso di Tuthmosis divenne ancora maggiore. «Mi sento male…» Arretrò di qualche passo, appoggiandosi una mano sulla gola, come se stesse soffocando. Infine si voltò, sbattendo la porta con la poca forza che possedeva, e li lasciò nuovamente soli.

Senmut, ancora incapace di parlare, si limitò ad osservare i movimenti di Hatshepsut, la quale scese velocemente dal letto e si infilò una leggera vestaglia in lino. «E’ meglio se te ne vai» Ormai la notte volgeva al declino, ma lui capì che non era solo quello il motivo per cui lei lo stava cacciando in malo modo. Era arrabbiata, ma non con Tuthmosis.

«Io… Non potevo dirgli niente…» cercò di giustificarsi. «Sono solo un essere umano…»

«Probabilmente si» replicò acida Hatshepsut, mentre usciva dalla stanza sbattendo la porta dietro di sé. In realtà, non era veramente arrabbiata. Non troppo, almeno. Avrebbe dovuto sapere che Senmut non avrebbe avuto giustificazioni davanti al Faraone, perché non era un dio incarnato. Ciò che faceva comparire i demoni di Sekhmet nel suo cuore era la paura. Lei, l’aveva sentita. Aveva sentito attraverso il corpo di Senmut il battere accelerato del terrore. Temeva che non fosse la paura di non poterla vedere mai più, ma la paura di perdere la propria vita. Non riusciva a tollerarlo. Lei non sarebbe arretrata davanti ad Ammit3 pur di dimostrare la sincerità di ciò che provava nei suoi confronti. Cercò debolmente di calmarsi. Forse si era sbagliata, dopotutto. Forse, in quel momento, non aveva pensato col cuore, ma si era soffermata alle apparenza. Hathor volesse che fosse proprio così.

«Maestà, devo parlarti!» Aprì piano ma con decisione la porta della camera reale del Faraone, stranamente non controllata dalle guardie di palazzo.

«Cos’hai fatto a mio padre?»

Hatshepsut si fermò, scoccando uno sguardo bieco al ragazzino che l’aveva fermata sulla porta. Si trattava di Tuthmosis, suo figliastro, figlio di quella sgualdrina di Isis, la “seconda consorte” del Faraone, che lo aveva avuto anche prima del matrimonio e dell’incoronazione. Lei non riusciva a sopportarlo, quel ragazzino impertinente che si credeva più forte di chiunque solamente perché era figlio di un dio incarnato ed era maschio. Per questo motivo si riteneva persino più potente delle due figlie di Hatshepsut, che possedevano, al contrario di lui, il sangue di Amosis. I demoni che le divoravano il cuore crescevano al solo pensiero che quel ragazzo avrebbe sposato la sua primogenita.

«Spostati, stupido principe, e lascia passare la Grande Sposa Reale» ordinò, osservandolo come se avesse davanti un verme, o un altro animale altrettanto disgustoso, che avrebbe volentieri schiacciato sotto i suoi sandali dorati.

«No!» Come detestava quello sguardo di sfida, odioso e presuntuoso! Parola sua, quel ragazzino avrebbe dovuto passare sulla sua mummia, prima di salire sul trono di Amon, avesse anche il nome di suo padre!

Hatshepsut avrebbe finito per perdere la pazienza e bastonarlo sullo stipite della porta, se non fosse intervenuto il Faraone stesso. «Tuth… E’ pur sempre la tua regina…» disse debolmente, senza alzarsi dal letto su cui si era coricato. «Esci, adesso»

«Non è prudente lasciarti da solo con quella!» replicò Tuthmosis preoccupato, indicandola come se fosse una qualunque donna da mercato. Hatshepsut afferrò quel dito arrogante e gettò il suo proprietario fuori dalla porta non troppo gentilmente, quindi gli sbattè la porta in faccia. «Isis non insegna l’educazione a suo figlio?» domandò poi, seccata.

«Devi placare la tua collera verso di lui» mormorò Tuthmosis. «E’ solo un ragazzo che non ha ancora compreso cosa significhi veramente il comando»

«Allora che Isis glielo insegni, o la prossima volta gli darò le bastonate che merita» Hatshepsut sospirò. Come potevano suo marito e il suo figliastro avere entrambi il nome di suo padre, il Faraone Tuthmosis I, che era stato un così grande sovrano? I sacerdoti potevano dire ciò che volevano, ma un nome raramente componeva una persona. Teti stessa lo diceva. «Non sembri arrabbiato… Per quello che hai visto prima, intendo» Non aveva il tempo di parlare del mostriciattolo di Isis, in quel momento.

«Dovrei esserlo con me stesso…» Tuthmosis si voltò dall’altra parte, per non guadare le splendide forme di lei, per nulla rovinate dalle due gravidanze. Quella donna aveva passato già ventisette inondazioni ed era bella come a quattordici, quando l’avevano costretta a sposarsi. «Non sono mai riuscito a farmi amare da te… Come aspetto, devo ammettere che non sono certo all’altezza di Senmut, pur essendo un dio incarnato»

«Sei un re davvero buono come tutti dicono…» Hatshepsut si ritrovò a sorridere, poiché l’autocritica era una dote davvero rara, specialmente in un membro della famiglia reale.

«Tuttavia» continuò il Faraone. «E’ obbligo dei sovrani mantenersi coerenti con la legge di Maat, per assicurare il collegamento con il mondo degli dei» Ebbe il coraggio di alzarsi verso di lei. «Non intendo far scoppiare un simile scandalo, ma pretendo che allontani subito Senmut da palazzo e da Waseb»

«Questo è inaccettabile!» esclamò Hatshepsut. Meglio sarebbe stato vederlo morire impalato piuttosto che saperlo lontano.

«Vorresti forse continuare a tradirmi?» chiese Tuthmosis. «Così finiresti per perdere il contatto con gli dei e ciò segnerebbe la fine dell’Egitto! È questo che vuoi? Un tuo capriccio in cambio della nostra terra?»

«Non è così!» replicò Hatshepsut, che amava le dune della sua terra più del suo amante. «E non si tratta di un capriccio!»

«Non importa» Lui riacquistò la sua solita calma indifferenza. «Per una volta, prenderò una decisione senza il tuo consenso. Manda via Senmut, o lo farò personalmente» Lei non rispose, ma serrò le labbra e i pugni. Quindi, con passo regale, lo lasciò. «Dove vai?»

«A Per-Maat» rispose Hatshepsut agitando le lunghe chiome. «E poi ne riparleremo. Si, ne riparleremo»

 

1.       Konshu: dio della luna, attraversava anche lui il cielo con una barca

2.       Leggenda che fa parte del ciclo delle 600 battaglie di Horus e Seth. Iside, madre di Horus, dopo averlo addestrato a sconfiggere Seth, aveva poi deciso di risparmiarlo, poiché era sempre suo fratello, quando il figlio l’aveva condotto in catene al suo cospetto.

3.       Ammit: mostro con la testa di leone e il corpo di coccodrillo, divorava le anime che non avevano superato la prova della bilancia

 Tiger Eyes: Oh, mio Dio... Mi inchino di fronte a una mente così tanto superiore alla mia... Ma stiamo scherzando?! Una futura egittologa che si abbassa a leggere la mia storia?! Oddio, mi sento male... Scherzi a parte... Già ero onorata e felice prima, figurati adesso che mi hai dato questa notizia! Grazie, davvero ^///^!! Comunque, sii il più severa possibile! Magari non sulla storia, che dopotutto è romanzata, ma sulla ricostruzione storica, che si basa solo sulle mie modeste conoscenze nate dall'aver letto uno o più libri sull'argomento e diversi romanzi, cosa che sicuramente non può competere con la tua preparazione universitaria... Ammetto che un poco ti invidio, piacerebbe anche a me ç_ç Mi prenda come allieva, sensei! ^^
Per quanto riguarda gli errori, grazie per avermeli fatti notare. Io leggo sempre più volte ma scappano sempre ù_ù Sto invecchiando, evidentemente! Comunque quello "domanda stupida mia" l'articolo non l'avevo messo apposta, mi sembrava stesse male, l'altro era proprio una svista che non avevo notato. Io ho trovato in tutti i libi scritto "Ahotep", probabilmente perché tra un’acca e due, per la nostra pronuncria non faceva poi molta differenza… ^^’’ Ammetto anche che ho proprio completamente scordato il tempio funerario di Hatshepsut, quando ho scritto la storia ^^'' Sono la solita sbadata ^^ Comunque, io non so se davvero, nella realtà, questi due si amassero, però così è più "pittoresco", almeno credo ^^ Però è chiaro che non se ne potrà mai trovare un riscontro a livello storico, di certo la regina non metteva in giro i manifesti "ehi, sto andando con Tizio, Caio e Sempronio!" ^^'' Mica era scema ^_^
Ti ringrazio per i complimenti, sono contenta che la scena d’amore ti sia piaciuta, anche perché a me sarebbe dispiaciuto descrivere "sul serio" una scena di sesso, mi sembrava troppo… dura, mentre i volevo dare dei toni più delicati, ecco perché l’ho "naturalizzata"… Fa piacere che tu, come me, l’abbia preferita così ^^
Pubblico questo capitolo e poi parto anche io per le vacanze, quindi il prossimo lo pubblicherò al mio ritorno, non so ancora bene quando... Forse il 20 o giù di lì... Bè, spero che le tue vacanze siano state eccellenti ^_^ Grazie ancora per la recensione. Bye ^^

 

   
 
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