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Autore: Aching4perfection    20/03/2010    5 recensioni
Edward credeva, Edward sapeva che Bella è e sarebbe stata l'unica donna che avrebbe amato per l'eternità; invece, prima di lei c'era stata un'altra donna.
Una donna che aveva cancellato le proprie tracce a Forks, portando via con sè i ricordi dei Cullen e qualcosa di ancora più prezioso.
Dopo cinque anni, ella fa la sua ricomparsa, accompagnata dall'unica persona che sarà mai in grado di amare.
Ma perché voler tornare a Forks così all'improvviso se aveva giurato a sè stessa che non avrebbe mai cambiato idea?
Perché questa volta, c'era in gioco molto più del suo orgoglio e tornare era l'unica soluzione esistente.
Genere: Generale, Commedia, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Edward Cullen, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Prima di tutto strega, prima di tutto madre

La festa della mamma cade sempre la seconda domenica di maggio, i figli comprano raffinati bouquet, firmano teneri biglietti e i più piccoli creano gioielli fatti a mano. Tutto, nel tentativo di festeggiare quella donna chiamata semplicemente “mamma”. Purtroppo a me era andata diversamente; chi avrebbe mai detto che da quel giorno non avrei mai più potuto festeggiare la mia, di mamma. Ora ero io ad essere festeggiata, in un modo piuttosto inusuale. Perseguitata dal mio ex.
Il lampadario di cristallo dondolò minacciosamente sopra alle nostre teste, alcuni quadri caddero dalle pareti e i bicchieri posati sul tavolo si rovesciarono riversando tutto il loro contenuto sulla tovaglia candida e sul pavimento. La scossa ci fece scattare tutti. Mai, nella storia di Forks, erano stati registrati degli eventi sismici e la sola presenza di Daniel in città aveva messo tutti in allarme. Bella e Jasper ringhiarono d'istinto e Bella raccolse subito la figlia dalla sua sedia per proteggerla tra le sue braccia mentre gli altri erano immobilizzati come delle statue di marmo.
-Alex, vieni qui!- mi corse incontro dall'altra parte del tavolo e in un attimo fu anche lui al sicuro tra le mie braccia, finché fosse stato con me non gli sarebbe successo niente. Sollevando lo sguardo, potei vedere i volti di tutti; era alquanto raro vedere in un vampiro il terrore. Solo Edward pareva tutto sommato tranquillo, perché lui sapeva, lo aveva letto nella mia mente. Carlisle stringeva forte la moglie e guardava il soffitto come se si aspettasse un attacco dall'alto e lo stesso facevano Esme ed Emmett.
-Che cosa succede, nh? Che vi prende? Edward che sta succedendo in questa casa... sta succedendo qualcosa, lo sento.- mormorava Alice, anche lei piuttosto irritata per non riuscire a vedere il nostro futuro imminente, camminava da un punto all'altro della casa senza uno scopo preciso, iperattiva. Lei non poteva vedere la magia e ciò la mandava fuori di testa, era sempre stato così, era fatta così.
-Sì, si sente un odore particolare. È l'odore delle stronzate pesanti!- esclamò Rosalie incrociando le braccia al petto, era furibonda ma non per lo stesso motivo di Alice, no... ma perché aveva notato l'espressione mia e del fratello ed ora aveva capito che c'era qualcosa che noi sapevamo e che non abbiamo detto a nessuno.
-Rose, calmati. Non ce lo aspettavamo nemmeno noi.- disse Edward con tono fermo, almeno lui cercava di mantenere la calma.
-Cosa non vi aspettavate?- domandò Carlisle.
-Che Daniel decidesse di venire direttamente qui.- mormorai io ansimando, solo lo stress del momento era in grado di rubarmi molta energia. Dovevo cercare di calmarmi se volevo pretendere di essere in grado di difenderli tutti. Non potevo ribaltarmi da ferma per un calo di pressione, dovevo resistere il più possibile.
Poi comparve in cielo la nuova sigla di Daniel, nubi nere come la pece ricoprirono il cielo in pochissimi secondi; niente pioggia, solo oscurità. Finché il primo fulmine non cadde accanto alla casa frantumando la finestra. I frammenti di vetro volarono per tutta la stanza, io e Alex ci buttammo a terra per non essere colpiti, i Cullen invece potevano tranquillamente permettersi di rimanere in piedi senza correre il rischio di ferirsi con le schegge.
-NORA!- la sua voce echeggiò per decine di metri prima di arrivare a noi. Lui voleva me, soltanto me, avrei risparmiato ulteriori noie a tutti gli altri se mi fossi alzata e fossi andata da lui senza lamentarmi od oppormi.
-Nora, non ti muovere.- sibilò Edward in piedi dall'altro lato della stanza.
-NORA! Avanti dolcezza, vieni fuori.
Le mie ginocchia si tesero da sole, sollevandomi in posizione eretta. Se avessi avuto ancora un briciolo d'istinto di sopravvivenza me ne sarei rimasta rannicchiata con mio figlio, però non avevo più neanche una stilla e, comunque quella sopravvivenza sarebbe sopravvissuta per poco più di cinque mesi, indi. Alex mi afferrò un gomito, costringendomi ad abbassarmi per guardarlo negli occhi.
-Mamma, non lo fare.
Poi la sua presa svanì, anzi, svanì del tutto. Al suo posto, sul pavimento c'era una sagoma circolare contornata da schegge di vetro, ma al centro più nulla, Alex non era più con noi.
-L'HAI VOLUTO TU CARA.
Mi sembrò di perdere l'udito, era tutto otturato. Non c'era più niente da udire, solo il mio respiro farsi più pesante, più ampio, come se fossi in uno stato di ansia. Uguale. Qualcosa di pericoloso mi stava crescendo dentro e cercavo di respingerlo rallentando i respiri, ma non ci riuscivo. La marea che mi trascinava in balia dei miei poteri che prendevano il sopravvento nel mio corpo, svegliati dall'istinto materno che era stato seriamente turbato. Da quel momento, non avrei più risposto delle mie azioni, non ne sarei stata più in grado.
Come si suol dire, mai svegliare il can che dorme? Mai far incazzare una strega, soprattutto questa in particolare.

*

-Mamma, che cosa faccio?- domandai non appena Edward fu di nuovo fuori casa.
Gli avevo chiesto di andarmi a comprare non mi ricordo più che cosa, mi serviva una scusa per farlo uscire di nuovo di casa nonostante fosse arrivato da meno di due minuti. Gillian se ne stava seduta sulla sua poltrona preferita, sorseggiando tè ai fiori, come se la cosa non la toccasse nemmeno un po'. Io invece stavo seduta sul divano e tentavo di soffocarmi con uno dei cuscini, peccato che non funzionasse per niente.
-Se me lo avessi chiesto qualche mese fa avrei potuto fare qualcosa, per esempio dicendoti di non fare sesso con un vampiro!- esclamò reclinando lievemente la testa di lato e tenendo gli occhi fissi su me e la mia vergogna.
-Lo so, lo so. Sono una figlia irresponsabile e una strega incompetente, vuoi aggiungere qualcos'altro alla lista delle delusioni che ti procuro?- domandai togliendomi il cuscino dalla faccia e poggiandomelo sulle ginocchia. In effetti, il mio compito era solo quello di stare zitta e subire ogni meritatissimo cazziatone che mi avrebbe fatto.
-Beh, non sarai strega ancora per molto. Quindi potremmo piuttosto depennarne una.- mormorò avvicinandosi la tazza alle labbra sottili e prendendone un altro sorso. Credetti di aver capito male, scossi un paio di volte la testa di lato per farmi uscire dell'acqua immaginaria dalle orecchie e compensai un paio di volte. Non stava dicendo sul serio, stava scherzando. Voleva prendermi in giro per farmi sentire una merda per i guai in cui mi ero cacciata, ecco tutto.
-Che mi sono persa?
-Tesoro, se avessi consultato i diari della nostra famiglia almeno una volta sapresti che i figli ibridi dei vampiri nascono uccidendo la madre.- disse lei col tono più pacato di questo mondo. Lei, che queste cose le sapeva da prima della mia nascita, non mi aveva detto niente finché non sarebbe stato troppo tardi. Ed ora è troppo tardi. Io ebbi la reazione opposta, sgranai gli occhi in perfetto stile gufo e spalancai la bocca come se la mandibola non fosse neanche la mia. In una serie di istantanei viaggi mentali mi immaginai completamente squarciata da un neonato che si nutriva del mio sangue... che immagine raccappricciante, un po' come vedere il silenzio degli innocenti subito dopo aver mangiato pesante.
-Minchia, molto bene! Allora ho i mesi contati.- sospirai poggiandomi una mano sulla fronte, speravo che fosse tutto un sogno. Gillian ripose la tazza vuota sul tavolino di vetro al centro della sala, poi intrecciò le dita delle mani tenendole sul grembo. Mia madre è sempre stata una donna molto posata... tranne quando cominciava a parlare come uno scaricatore di porto.
-Certo, a meno che Edward non decida di farti diventare una di loro prima che sia troppo tardi.- la sua affermazione mi lasciò in parte delusa e in parte scioccata. Credeva veramente che mi avrebbero lasciata morire?
-Sicuro che lo farà, Edward non mi lascerebbe mai morire.
-E nel momento in cui non ci saranno più cellule vive nel tuo corpo, cesserai di essere quello che sei.
-Vuoi dire che... che perderò i miei poteri?
-Di più Eleonora, perderai le tue radici. Essere una Bennett non esclude la magia; perdendo quella, perderesti ciò che ti rende parte della nostra famiglia.- mia madre non mi chiama quasi mai Eleonora, solo quando mi deve sgridare o fare delle raccomandazioni. Il fatto che mi abbia chiamata per intero appesantiva ancora di più l'importanza delle sue parole.
-Non posso semplicemente scegliere?- sono una persona terribilmente egoista, non volevo scegliere. Non volevo perdere i miei poteri e non volevo perdere nemmeno la possibilità di stare accanto ad Edward. Gillian abbassò lo sguardo sul mio ventre, non ne sono sicura ma mi è sembrato di vedere una microespressione di tristezza sul suo volto, proprio accanto alla linea delle labbra. Era già una cosa strana di per sé, lei non si faceva vedere MAI triste, nemmeno per sbaglio e di sicuro non in pubblico. Gillian era il classico tipo che preferiva scolarsi un'intera bottiglia di scotch maltato e passare la giornata successiva sull'orlo del coma etilico piuttosto che lasciarsi sfuggire una lacrima.
Forse, la prospettiva di poter perdere sua figlia l'aveva portata a guardare le cose da un'altra prospettiva. Se non avessi visto quel luccichio, non avrei esitato a voler diventare una Cullen; ma il fatto che l'avessi visto mi portava a fare ben altri ragionamenti, ben altri viaggi mentali, e mia madre era assente in molti di essi, presto non sarebbe più esistita. Ora che ero riuscita a vedere per la prima volta il suo lato umano e materno, non lo volevo più lasciar andare. In fondo ero ancora una ragazzina, diciassette anni sono troppo pochi. Sono troppo pochi.
-Oh Ellie, tu hai già scelto.
-No, nono no no NO NO!- non riuscii nemmeno ad alzarmi in piedi, strisciai sul pavimento inginocchiandomi davanti a mia madre e prendendole le mani con le mie. Era accaduto tutto troppo in fretta, se lo avessi saputo sarei stata attenta ed avrei avuto tempo per pensarci.
-Non voglio morire, mamma ti prego aiutami! Non voglio.
-Non ho mai approvato la tua strana relazione mistica con un essere della notte. Gli ibridi sono praticamente invincibili durante la gestazione, quello che posso fare io è far nascere questo bambino senza che lui uccida te.
-Dimmi quello che devo fare e lo farò.
­-Sarebbe più sicuro per tutti che questo bambino nasca lontano da questo posto, ci sono già abbastanza vampiri. Lo cresceremo come uno stregone e soffocheremo il suo lato pericoloso.
-Vuoi andare via da Forks? Ma mamma...
-Partiremo oggi stesso. Hai qualche minuto per pensarci, poi Edward sarà di nuovo qui.
Qual'era la prospettiva che più mi terrorizzava: perdere i miei poteri o perdere l'amore della mia vita? Eppure, prima di tutto, volevo questo bambino prima di ogni altra cosa. Come dicevo, sono una persona molto egoista.

*

Edward mi precedette lanciandosi fuori dalla stanza, ma quando aprì la porta d'ingresso sentii un tonfo assordante e un istante dopo lo vidi a terra, sparato di cinque metri all'indietro; sotto di lui, le assi del parquet si erano incrinate. Alice corse verso l'ingresso a sua volta ma, a differenza del fratello, si fermò sulla soglia e tese una mano davanti a sé, accarezzando l'aria.
Il suo giudizio fu istantaneo e senza dubbi.
-Siamo imprigionati dentro.- decretò continuando a sfiorare il nulla. Certo, figurati se quel vigliacco avrebbe corso il rischio di doversi battere con un'intera famiglia di vampiri. La magia fa tante cose, ma la prevedibilità era un dono esclusivo di Alice, non mio, non di Alexander e tanto meno di Daniel.
-No, non tutti.- disse Edward dopo qualche secondo di silenzio, se Daniel era dentro il suo raggio d'azione, significa che non era affatto lontano.
-Vigliacco figlio di puttana.- mormorai tendendo le labbra in un sorriso beffardo. Mi avvicinai a mia volta alla soglia dell'ingresso, constatando che su di me non aveva alcun effetto, ero già con un piede fuori dalla casa quando mi dovetti bloccare sul posto.
-Nora!- mi voltai e vidi Rosalie riempire in pochi passi la distanza che ci separava, circondandomi le spalle con le sue braccia di ghiaccio e sfiorandomi una guancia con la sua, io cercai di stringerla più che potevo.
-Mi raccomando, uccidilo e torna qui.- mi sussurrò all'orecchio.
-Morirà tra le mie mani, ci puoi scommettere.- risposi separandomi da lei. Guardai un ultima volta il resto della famiglia, fotografando nella memoria le loro espressioni: i loro sguardi preoccupati, i loro sorrisi d'incoraggiamento, le mani intrecciate dal nervoso dell'impedimento.
Chissà che cosa non darebbero Emmett e Jasper per poter uscire e tirare qualche sano pugno.
La famiglia di cui, anche se per poco, ho fatto parte, era lì che contava su di me per riportare da loro il nipote mai conosciuto. Il mio bambino.
-Allora vado.- non ebbi più il coraggio di voltarmi una seconda volta. Non ce l'avrei fatta. Mi sarebbe salita la voglia di provare a liberarli e ci avrei messo troppo tempo, non me lo potevo assolutamente permettere. Decisi quindi di allontanarmi dalla casa il più in fretta possibile, quanto più veloce le mie gambe mi consentissero di andare. La pioggia, il vento, il rumore dei tuoni e dei lampi non li sentivo nemmeno; semplicemente, continuavo a correre. Giunta alla radura, riuscii a distinguere la sagoma scura di Daniel e del suo braccio che circondava il collo di mio figlio.
Mi avvicinai ancora, ma non riuscii a superare gli ultimi venti metri che ci separavano.
-Il richiamo materno... non trovi che sia una delle cose più affascinanti di questo mondo?
-Se non lo lasci andare immediatamente, ti giuro che...
-No no, Eleonora. Qui non sei tu a dettare le regole, perché come puoi ben notare... ho io il coltello dalla parte del manico, e tuo figlio ha il collo dalla parte della lama.
-…
-Come la mettiamo?
-...che cosa vuoi?
-Voglio te, ecco cosa voglio. Tu ora vieni qui da me, senza usare la magia, e io lascerò andare questo bastardo di tuo figlio da quel morto vivente del padre.- fece una smorfia di disgusto e mi offrì una mano col palmo rivolto verso l'alto affinché la afferrassi. Gliela presi senza indugiare un secondo di più.
-Va bene, lascialo andare.- l'altro braccio liberò il collo di mio figlio dalla presa e lui cadde a terra, non avevo il coraggio di guardarlo. Mi vennero le lacrime agli occhi e cominciai a puntare lo sguardo verso l'alto per cercare in qualche modo di scacciarle. Era difficile.
-Mamma...
-Alex, va a casa.- dissi cercando di trattenermi. Tra le altre cose, Alex aveva ereditato la mia testardaggine.
-Non ti lascio da sola...
-HO DETTO VAI!- una raffica di vento ci attraversò e lo colpì spingendolo indietro di quasi venti metri lontano da noi. Era terrorizzato, lo vidi voltarsi e prendere la rincorsa per tornare alla casa, sollevando zolle di terra con le sue falcate. Era l'unica cosa che potevo fare per salvargli la vita, non avrebbe avuto speranza di sopravvivere contro Daniel, non più.
-E adesso torniamo a noi...- con due dita mi afferrò il mento, voltandomi verso di lui e costringendomi a guardarlo dritto negli occhi. In quei magnifici occhi scuri e lucenti come la notte ai quali io non ero mai stata in grado di resistere.
-Daniel ti prego smettila... lo sai che ti amo tantissimo.- mormorai ancora col fiatone per lo sforzo. Lui fece un'altra smorfia, questa era perfida.
-Scusami tanto amore mio.- disse con un tono di voce rauco e stanco, come se fosse ubriaco. Era ubriaco della magia di mia madre.
-Lo sai che farei qualsiasi cosa per te...
-Non ti credo, non ti credo, NON TI CREDO!- mi sentii una morsa stretta attorno al collo, manco mi ero accorta delle sue mani che lentamente mi circondavano il collo, troppo occupata a supplicarlo di lasciarmi andare. Che stupida.
Annaspavo alla ricerca d'aria mentre lui mi aveva stesa a terra per finire l'opera, gli afferrai i polsi ma non riuscivo a fargli mollare la presa, la vista cominciava a farsi sfuocata... non sentivo più alcun rumore che non fosse il battito già affaticato del mio cuore che rallentava ancora. Sfinita, cercai di lanciargli delle sberle come ultimo ricordo della mia personalità irascibile e mi ritrovai ad afferrargli la faccia. Entrambi i palmi erano appiccicati alla sua pelle, sopra agli zigomi. Un'ondata di calore mi attraversò il corpo fino a raggiungere i palmi delle mani che divennero incandescenti, ma non sentivo alcun dolore.
-AARGH!- sentii invece l'urlo di Daniel, che finalmente mollò la presa e potei ricominciare a respirare. Quando potei riaprire gli occhi, vidi le sagome bruciate delle mie dita sul suo viso sfigurato. L'onda non si placò, circolava in tutto il mio corpo, potente, infinita. Mi venne da sorridere.
-Sei un uomo morto.- dissi digrignando i denti, e lo attaccai.

*

Avevo perso il conto dei secondi. Camminavo avanti e indietro davanti alla porta d'ingresso in attesa, troppo agitata per fare qualunque altra cosa. Gillian era già partita e mi attendeva nel nostro appartamento di Manhattan, lì saremmo stati al sicuro e non avremmo corso rischi. C'era così tanto da fare, dovevamo trovare un incantesimo che mi aiutasse a sopravvivere e avremmo dovuto coinvolgere tutta la famiglia, il che implicava il dover spiegare un sacco di dettagli della mia vita intima. E poi cominciavo ad avere fame, cosa che non mi aiuta affatto a concentrarmi.
Il bambino che portavo in grembo già cominciava a presentare un carattere piuttosto vorace.
Chissà come sarebbe crescere un bambino per metà vampiro... beh, lo avrei scoperto molto presto e, detto sinceramente, non vedevo l'ora.
Il suono del campanello mi risvegliò dai miei pensieri.
Non avevo neanche voglia di provare a sorridere, non c'era niente per cui valesse la pena sorridere. Lentamente, afferrai la maniglia d'ottone e l'abbassai, aprendo uno spiraglio che fece entrare la calda luce del sole pomeridiano. Edward mi sorrideva, in piedi sulla soglia.
-Ciao amore, come ti senti ora?- fece per chinarsi nel tentativo di baciarmi, io indietreggiai di un passo aprendo completamente la porta di casa. Qualsiasi contatto con lui mi avrebbe reso le cose impossibili e non sarei riuscita a fare nulla.
-Ed, fermati un attimo, non entrare in casa.- lui mi guardò confuso.
-Amore, che succede?
-Ho fatto un incantesimo di protezione alla casa. Non puoi sentire i miei pensieri, né dove sei adesso, né qui dentro. Per cui, se entri, non saprai nulla.- cercai di spiegargli gesticolando con le mani, in realtà non sapevo nemmeno io che cosa cavolo gli avessi detto. Il mio cervello se n'era andato in stand by. Lui allungò la gamba, deciso, ed entrò in casa. Sinceramente fiducioso, sinceramente ingenuo.
-Ok... ora sono dentro, che succede?
-Edward, vieni qui.- gli presi le mani nelle mie e lo attirai a me.
Non ero riuscita a trattenermi, volevo un ultimo ricordo da tenermi stretta. Per ricordarmi quanto mi amasse e quanto io amassi lui, non sono stata in grado di resistere.
-Mi dispiace, ma non ce la faccio.
-Per cosa?- domandò con un mezzo sorriso.
-È tutta questa storia del matrimonio, è avvenuto tutto troppo in fretta e non riesco a gestirlo.
-E va bene, aspetteremo qualche anno.
-Edward, non è solo questo. - mi separai da lui, indietreggiando e dandogli le spalle.
-E che cos'è allora? Perché io sul serio non riesco a capirti oggi.- non potevo essere così stronza da non guardarlo nemmeno in faccia mentre gli dicevo quanto mi spaventasse la sua vita. Così mi voltai di nuovo verso di lui, decisa ad affrontarlo com'era giusto che fosse.
-Non riesco a stare con te, non posso stare con te. Anche se aspettassimo cinque, dieci o quindici anni, prima o poi arriverà il momento in cui mi dovrò trasformare e non voglio. Voglio avere una vita normale, quello che mi offre una vita immortale non vale ciò che sarei costretta a sacrificare ottenendola.
-Ora sei egoista.
-È vero, sono tremendamente egoista. Sono talmente egoista da essere disposta a lasciare l'amore della mia vita per non perdere la mia famiglia e i miei poteri. Lo sai che diventando una vampira li perderei?- lui si passò una mano nei capelli, agitandoli leggermente. Cercava di darsi da solo una risposta alle domande che avevano cominciato a turbinare nella sua testa, anche se l'unica domanda che gli uscì fu questa.
-Cosa?
-Già, non lo sapevo nemmeno io. Gillian mi ha informata giusto un minuto dopo che te n'eri andato. Yuppi!
-E ti spaventa dover perdere i tuoi poteri? Nora...- con una sola falcata colmò la distanza che avevo posto tra di noi e mi circondò i fianchi con le braccia nonostante io avessi tentato di allontanarlo.
-Nora, se non vuoi trasformarti lo capisco e faremo come vuoi tu. Però non mi dire queste cose. Stai ingigantendo tutto, per un attimo ho pensato che volessi lasciarmi.- non avevo il coraggio di rispondergli. Cosa c'era da dire?
-…- le sue pupille si dilatarono, restringendo le iridi dorate. Adesso era spaventato, angosciato, deluso. Tutto insieme.
-Nora...
Con l'indice e il pollice afferrai il delicato anello che ancora portavo all'anulare, sfilandolo. Lo guardai ancora per un secondo, ammirandone il valore affettivo che per poco tempo mi aveva etichettata come fidanzata e lo appoggiai sul palmo aperto di Edward.
-Tieni.
-Preferirei che lo conservassi tu.- lo fermai piegandogli delicatamente le dita di marmo sopra di esso, racchiudendolo nella sua stretta.
-Edward, voglio che tu lo dia a qualcuno che se lo meriti.
-E adesso? Faremo finta di non conoscerci o rimarremo semplici amici?
-Nessuna delle due. Lascio la città.- mi allontanai di nuovo da lui per prendere la giacca dall'appendiabiti ma la sua presa gelida mi stringeva il gomito.
-Cosa... Nora. Non posso lasciarti andare via così!- se avesse potuto, avrebbe pianto.
-Lo so.- sussurrai di più a me stessa che a lui.
-Certo che lo sai, ti raggiungerò ovunque andrai e ti supplicherò in ginocchio di tornare da me.
-Lo so. È per questo che non ricorderai nulla.- risposi infilandomi la giacca e chiudendo la zip della cerniera. In un attimo fui per l'ultima volta a due centimetri da lui, le mie dita gli sfioravano le guance e le tempie.
-Cosa vuoi fare ora?- La verità, è che Edward non era diverso dagli altri esseri umani che avevo conosciuto, telepatia a parte. Gli esseri umani sono stati creati per molte cose, ma la solitudine non è una di queste. È per questo che il giorno dopo la mia partenza avrebbe trovato qualcun'altra con cui stare, qualcun'altra da amare che non lo avrebbe abbandonato come stavo facendo io. L'eternità diventa piuttosto lunga se la si passa da soli. Questo era il mio volere e questo sarebbe successo.
-Ti amo, Edward. - per l'ultima volta, raccolsi il sapore delle sue labbra sulle mie mentre l'incantesimo gli cancellava tutti i ricordi di noi. Come se non fossi mai esistita.

*

Sfere infuocate si formavano nei palmi delle mani, sospese nell'aria, roventi per chiunque tranne per la sottoscritta. Gli lanciavo contro una sfera dopo l'altra, cercando di mirare al viso e al cuore, ma gli incantesimi di protezione che ergeva contro di me deviavano le sfere rovesciandole a terra e provocando dei buchi bruciati nel terreno. Appena ne aveva l'occasione mi scatenava contro una folgore che schivavo lanciandomi di lato e all'indietro, troppo debole per produrre anche gli scudi per difendermi. Attorno a noi un vortice circolare di vento avrebbe impedito a chiunque di avvicinarsi, la raffica lo avrebbe sollevato in aria e lanciato all'indietro per decine di metri, isolandoci.
L'argento nei miei occhi non solo mi rendeva meno cosciente di ciò che mi accadeva intorno, offuscandomi la razionalità, ma alimentava anche la mia magia rendendo pericolosa anche la più piccola delle fatture, il più piccolo dei pensieri. Ero una strega allo stato primordiale, una viziata madre natura. Tutto quello che volevo si avverava.
Purtroppo cominciai ben presto a sentire gli effetti degli sforzi che stavo facendo, i polmoni faticavano a prendere l'aria, il cuore pompava con difficoltà il sangue e avevo la fronte imperlata di sudore. Una scarica elettrica mi sfiorò il braccio ma bastò per farmi accasciare a terra su un fianco.
-Stanca, Nora? Ma come, di già!
-Zitto, stai zitto!- gridai. La sua voce mi impediva di concentrarmi, mi rimbombava nel cervello come una pessima canzone house. Cercando di rialzarmi, riuscendo a malapena a mettermi carponi. Tenevo salde le mani sull'erba per paura di crollare di nuovo.
E la terra cominciò a tremare sotto ai piedi di Daniel.
Una lunga falda si allargò in mezzo a noi, separandoci. Ai limiti della radura alcuni alberi crollarono e le rocce si spaccarono a metà lanciando schegge ovunque. Ponendo un limite avrei preso tempo per recuperare qualche briciolo di energia. Mentre la terra continuava a tremare, mi sdraiai supina e lasciai che le gocce di pioggia mi sfiorassero il viso e mi bagnassero le labbra, mi passai una mano tra i capelli fradici scostandomi le ciocche dalla faccia che mi ostacolavano la vista. Il respiro si placò un poco e potei riprovare ad alzarmi. Daniel era ancora in piedi, le gambe leggermente divaricate e piegate in avanti per mantenere l'equilibrio, ma era ancora in piedi.
-Allora! È tutto qui quello che sai fare?!- sbruffone, detto da uno che sapeva soltanto maneggiare una tempesta mi sembrava alquanto ironico. Lui se la cavava con la pioggia e i fulmini, io maneggiavo tutto il resto.
Approfittando del momento, tesi una mano aperta in avanti afferrando un cumulo d'aria, e cominciai a chiudere le dita lentamente. Sotto Daniel divamparono le stesse fiamme ardenti che plasmavo come sfere, imprigionandolo in un rogo da cui difficilmente avrebbe potuto fuggire. Man mano che stringevo le dita, le fiamme si alzavano di svariati centimetri, fino a raggiungere la sua altezza. Le sue urla strazianti mi sfioravano come dolci carezze, ero ormai sorda alla sua voce. Le fiamme che gli bruciavano la carne produssero un fumo nero e denso che divampò in alto, oscurando ulteriormente il cielo.
Ad un certo punto lo vidi accasciarsi a terra, completamente carbonizzato.
Appena mi fermai un attimo, la vista si fece di nuovo offuscata, il respiro tornò pesante come se avessi appena corso la maratona e mi sentii tutte le membra di piombo. Ero troppo stanca.
-Mamma, mamma!- la voce di mio figlio era colma di preoccupazione, ma mi sentivo sollevata. Poter sentire la sua voce stava a significare che non ero morta. Alex tranquillo, si sta svegliando.- il timbro di Alice proveniva dalla stessa direzione, era accanto a lui.
-Nora, mi senti?- Rosalie invece era proprio accanto a me, in attesa che riaprissi gli occhi. Mi teneva una mano e l'altra la teneva poggiata sulla mia fronte per tentare di abbassarmi la febbre. Mi sentivo anche io come se fossi passata in mezzo ai carboni ardenti, la febbre mi stava friggendo tutte le membra. La pioggia batteva ancora forte sopra alle nostre teste.
-Rosalie, porta Eleonora a casa e coprila con la coperta refrigerante. Noi pensiamo a sbarazzarci del corpo.- ordinò Carlisle in lontananza.
Venni sollevata a mezz'aria come se pesassi meno di un fiore e ci incamminammo sulla strada per abbandonare la radura, non penso che ci sarei più tornata.
Non avevamo fatto neanche cento metri che dei ringhi furiosi giunsero alle nostre orecchie.
-Rose, che succede?- cercai di domandare, riuscivo a malapena a parlare.
-È ancora vivo...- Rose era terrorizzata. Immobile, non sapeva se tornare indietro o proseguire verso la casa.
-Cosa...non è possibile... mettimi giù.- la sua presa ferrea mi immobilizzava tra le sue braccia, non potevo muovermi di un millimetro.
-No, dobbiamo farti scendere la febbre.
-Chissenefrega, mettimi giù o me ne vado da sola!- esclamai decisa. Lei sospirò, sapeva che non avrei cambiato idea per nulla al mondo.
-Non ce n'è bisogno, ti porto io.
In un lampo, fummo di nuovo in mezzo alla radura, ormai sfigurata dal sisma. In mezzo, l'inferno.
Daniel, nero come il carbone in cui lo avevo ridotto, stava combattendo contro il resto dei Cullen lanciando incantesimi e folgori a casaccio. Aveva già steso Emmett ed Esme, ora cercava di sopraffare Jasper ed Edward insieme, stava anche facendo levitare le schegge di pietra sparandole come fossero dei proiettili. Bella ed Alice stavano in disparte, non potendo fare nulla per aiutare i compagni che almeno avevano un po' più di esperienza nel campo del combattimento. Alex cercava di aiutare il padre e lo zio plasmando delle piccole sfere di fuoco e scagliandole contro Daniel.
-ALLONTANATEVI!
Rosalie mi aiutò a rimettermi in piedi, non appena fui sicura di riuscire a reggermi da sola tesi entrambe le braccia in avanti e le allargai di colpo, scagliando Edward e Jasper in direzioni opposte e allontanandoli finalmente da lui e dal suo raggio d'azione. Sentii i tonfi dei loro corpi di marmo contro il terreno duro, ma immagino che non abbiano sentito niente. Lo avrei attaccato di nuovo, e poi ancora una volta, a costo di seppellirlo vivo in una tomba di roccia che avrei poi maledetto e cosparso di sale. Qualsiasi cosa pur di sbarazzarmi per sempre di lui.
E mi vide.
-NORA, NO!
Sembrava che il tempo avesse rallentato la sua corsa, permettendomi di fissare nella memoria a lungo termine ogni fotogramma che mi veniva posto davanti, magari potessi dimenticare quei secondi. Perché fu una questione di secondi, appunto.
Non mi ero accorta che quel misero stregone si era creato un cerchio d'attacco a 360 gradi, perché prima avevo i corpi indistruttibili di Jasper ed Edward che fungevano da barriera, perché loro lo sapevano. Avevano deciso di attaccarlo insieme per impedirgli di colpire l'unico elemento vulnerabile della famiglia, io. Che stupida sono stata a pensare che fossero in pericolo. Perché pensando di salvare loro, avevo condannato me stessa quando non ce n'era affatto bisogno.
Il dolore più acuto che avessi mai provato, il più straziante. Nel frattempo, Jasper attaccò Daniel da dietro le spalle per immobilizzarlo mentre Edward si avventava sul suo collo per staccargli la testa che rotolò via nel buio degli alberi e degli arbusti. Non avrebbe più fatto danni.
Mi portai entrambe le mani al petto, pungendomi il dito con qualcosa di appuntito e tremendamente affilato. La pelle e i vestiti erano imbrattati di sangue e il dolore non si placava, anzi, diventava più forte ogni secondo di più.
In un attimo fui di nuovo a terra per l'ennesima volta e circondata dai vampiri, la metà dei quali che si tappava il naso con le dita. Carlisle si chinò su di me, strappando la scheggia di pietra conficcata nel mio petto e coprendomi subito dopo con la sua giacca. Inarcai un poco la schiena, strillando con tutta la voce che avevo in corpo, per poi accasciarmi di nuovo in preda al dolore.
-Devo fare pressione per fermare l'emorragia... non abbiamo tempo.
-Dobbiamo trasformarla.- suggerì Edward chino dall'altra parte, non mi ero accorta che ci fosse anche lui. Mi teneva la mano.
-...no!...non voglio... va bene...- cercai di urlare di nuovo, ma dovevo risparmiare gli ultimi respiri concessi. Edward mi si avvicinò di più, girandomi il viso in modo che lo guardassi dritto negli occhi. Cercai di stringere le dita attorno alla sua mano. Un'ultima volta.
-Stai tranquilla, riuscirai a salvarti, vedrai... adesso ti portiamo subito in ospedale.
-Edward, Bella... per Alex...- Bella si inginocchiò di fianco al marito. Gli occhi sbarrati da una sensazione che non sapevo descrivere... paura, rimorso? Non lo so.
-Non pensarci...non pensarci, poi ne parleremo più tardi!
-Ahh, non... ci sarà un più tardi stupida ingenua, ok?...quindi ascolta...- sentii la sua gola soffocare quello che poteva essere o un singhiozzo o un ringhio, voglio sperare per il singhiozzo.
-Va bene, ti ascolto...
-Alexander è stato l'unica cosa buona... che io abbia mai fatto... in tutta la mia vita...
-…- vedevo il suo viso annuire più che convinto, grazie tante.
-...e adesso voglio che tu ti prenda.... veramente cura di lui, va bene? Promettilo...
-…- annuiva ancora, come se si stesse muovendo per inerzia. Chiusi gli occhi esasperata.
-Non ho tutto il giorno, muoviti.
-Sì, lo farò, lo farò. Lo amerò come se fosse mio figlio... oh Nora! NORA! NORA!... Oddio...- e fu allora che accadde. Feci in modo che mio ultimo gesto fosse di creare un eco di pensieri, e che giungessero all'unica persona che, in fondo, volevo che mi ascoltasse.
“Spero che tu possa amare nostro figlio, come io ho amato te” e da come lo vidi sorridere, ebbi la forza di andarmene in pace.

*

Alexander si richiuse nella nostra casa e ci rimase per una settimana, fino al giorno in cui mi cremarono. Come si suol dire, cenere alla cenere. Dalla cenere cosparsa sulla terra nasce nuova vita.
Mi piaceva come immagine, la preferisco di gran lunga alla tristissima e alquanto macabra tomba con lapide in marmo. Passare l'eternità sottoterra, che schifo.
Era un pomeriggio di sole, con qualche soffio di vento ogni tanto. Alex, affiancato dal padre e da Rosalie, portò la mia urna nella radura. Quest'ultima aveva assunto un nuovo volto. Mio figlio aveva ricollocato al suo posto la faglia e aveva fatto fiorire tutta l'area, che ora era un vortice di colori.
Ed eccomi lì unica mortale in una famiglia di immortali. Posso dire con fierezza che il mio funerale fu più bello di quanto avessi mai immaginato. I miei parenti si mostravano in tutta la loro brillantezza alla luce del sole, la pelle diamantina che rifletteva ogni sottile raggio luminoso faceva da contrasto ai loro volti. Alex tirava su col naso ogni due secondi, le guance rigate dalle lacrime. Aveva cinque anni in un corpo e una mente da tredicenne, ma in fondo era ancora il mio bambino. Il gruppo si fermò al centro del prato, formando un piccolo semicerchio. Alex era immobile, una statua.
Edward fece un passo avanti e gli circondò le spalle col braccio.
-Se lo faccio, se ne andrà via per sempre.- mormorò piano, reggendo l'urna bianca con entrambe le mani.
-No Alex, in realtà resterà qui. Rimarrà sempre qui.
-Voglio che questo posto abbia qualcosa di suo.- rispose lui deciso.
Con mano tremante aprì il coperchio e disegnò un cerchio orizzontale nell'aria. La polvere grigia al suo interno uscì dal contenitore volteggiando e formando una spirale che andava via via allargandosi su volere di Alex fino a cospargere l'intero prato, trasformandolo nel mio luogo di riposo eterno.
Quando anche l'ultimo granello del mio corpo si fu posato a terra batté le mani una volta. La terra tremò leggermente davanti a loro, e dall'erba uscì fuori una nuova roccia bianca, liscia e sagomata. Sulla superficie esibiva una cornice d'oro, al cui interno erano poste due foto. Una mia e una di mia madre. “Eleonora e Gillian Bennett” così recitava la scritta dorata sotto alla cornice.
Alex si sedette davanti alla roccia con le gambe incrociate, immobile mentre gli altri tornavano indietro per concedergli un po' di privacy. Solo Edward rimase.
-Vuoi che resti un po' qui con te?- domandò a voce bassa. Lui all'inizio non rispose, per poi sussurrare un timido.
-Sì, per favore.
Edward si sedette accanto al figlio e rimanemmo così, a guardarci l'un l'altro, vicini. Alex sarebbe stato bene, sapeva che suo padre non lo avrebbe mai abbandonato. Ed io ero felice. Rimasi per un po' seduta di fronte a loro, finché non si alzò il vento che portò con sé i miei resti, anche se non superarono mai la radura. Io invece continuai a seguire il vento, libera di andare.
Cade sempre la seconda domenica di Maggio, festeggiamo le donne che ci danno la vita... e molto di più. Quelle che ci proteggono a tutti i costi, che hanno il coraggio di combattere chi vuole farci del male, che mettono la nostra felicità davanti alla loro. Ma soprattutto, festeggiamo l'amore di una madre che è costante, eterno, e presente... fin dal primo istante.

*******Spazio Autrice********
Finitaaaaaaaaa!!!!
Sono felicissima di aver concluso la fic, anche se la settimana scorsa ho avuto un piccolo blocco di scrittura; in pratica, non volevo che la fic finisse, eppure il blocco è passato è ho scritto circa dieci pagine di finale!

Spero che vi sia piaciuto leggere la fic almeno la metà di quanto a me è piaciuto scriverla, finalmente sono riuscita a liberare la fantasia e spero che sia uscito un lavoro quantomeno apprezzabile.

Come promesso adesso risponderò a tutte le recensioni dello scorso capitolo.

lovecoffee= ehhh jaaa, il San Culo l'avrei scopiazzata da te... la usi così spesso che mi è rimasta in mente per un'ora intera, non potevo non inserirla! bacio

Hinata_S_I_TT 4EVER= tesooo, lo so che ci ho mess un casino a postare, volevo che fosse perfetto! Spero che ti sia piaciuto!

titti92= eccomi, immagino di aver stupito un pò tutti con questo capitolo, anche se si sapeva come andava a finire... fammi sapere se ti è piaciuto!

Sara90= ciao! Ecco il finale, spero di aver soddisfatto le tue aspettative! Grazie mille per avermi seguita dagli albori! Fammi sapere se ti è piaciuto! BAcio

Saretta__Trilly__= mi dispiace, ti ho delusa? La morte di Nora l'avevo già decisa dal primo capitolo, volevo che ci fosse un colpo di scena vero e proprio! Spero che ti sia piaciuta! Bacio

cliffy= grazie mille! Mi fa davvero piacere che ti sia piaciuta la fic, spero altrettanto per il finale! baci

Poi rigrazio tantissimo anche coloro che hanno appena aggiunto la storia tra i preferiti e tra le seguite, numero che vedo crescere di giorno in giorno!

Ringrazio anche coloro che l'hanno appena letta e coloro che vorranno lasciare una recensione.

Qui in basso troverete un link con una piccola sequenza di immagini di come ho immaginato che fosse l'addio di Nora ed Edward e la rappresentazione dello spirito di Nora, è solo una cosuccia fatta alla svelta ma spero che vi piaccia.

Sempre dentro al link, raggiungendo il mio account, troverete l'anteprima della prossima fic che pubblicherò nella sezione "attori". Tra qualche settimana verrà postato il primo capitolo.

Grazie ancora per avermi seguita. Ci vediamo, spero, nella sezione attori!

Kiss by Achin4perfection!

Nora & Edward, sequenza

Anteprima di Satisfaction, prossimamente

   
 
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