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Autore: StockholmSyndrome     21/03/2010    1 recensioni
Immaginatevi una piccola cittadina, piccola come ce ne sono moltissime, piccola come quella dove potreste abitare voi. Immaginatevi di essere Emma, che ama la solitudine, scrivere, correre con il suo cane e il suo cavallo. Immaginatevi che un giorno come tanti, al parco, quello stesso cane scappi e che voi lo inseguiate urlando il suo nome trovandolo poco dopo in compagnia di un ragazzo dall'aspetto eterno. Immaginatevi di restarci male. Il vostro cane è sempre stato schivo e allora perchè adesso si mette ad essere tanto affettuoso con uno sconosciuto? Ed ecco che la vita di Emma viene stravolta, lei che sciveva di vampiri, di sangue e di tenebre, si troverà ad essere il Principio di qualcosa più grande di tutti Loro.
Una favola dark non troppo impegnativa, adatta a chi apprezza le storie d'amore e i vampiri, a chi ama sognare e a chi la notte resta affascinato dal bagliore della luna.
Genere: Romantico, Dark, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Bloody Empire

 

Prologo

 

1

Soraya seguì con lo sguardo sua figlia fino a quando non la vide sparire dietro lo scivolo, nascosta dalla grande struttura e dagli atri bambini. Suo marito allungò il collo, apprensivo come sempre quando si trattava di Emma.

-Logan...- sussurrò prendendogli la mano, -... sta solo giocando-.

Lui annuì, senza però staccare gli occhi dalla massa dei piccoli che continuava ad agitarsi cercando invanamente di prendere posto nel gioco più ambito di tutti: l'altalena.

-Lo so, lo so. Ma...non la vedo, dov'è? Magari si è fatta male, andiamo a vedere-.

Soraya scosse la testa e gettò una veloce occhiata verso le scalette dello scivolo. Un vestitino azzurro con un fiocchetto dietro spuntò dalla massa distinguendosi per la gran quantità di terra accumulata sulla stoffa che solo quella mattina era candida. -Eccola, è lì, la vedi?-. Puntò il dito verso la macchia azzurro sporco e poi guardò il marito che aveva finalmente assunto un'espressione tranquilla e sembrava essersi rilassato.

Evitò di dirgli "Te l'avevo detto" e tornò a guardare Emma. Era una bambina normalissima per i suoi sette anni, ma stranamente precoce ed estremamente riflessiva. Anche ora, in piedi davanti alla fila per fare lo scivolo, sembrava in realtà estranea alla realtà dei suoi coetanei. Si guardava le scarpe, ogni tanto alzava lo sguardo e lo puntava verso l'alto per ammirare le prime foglie gialle di Ottobre e poi ritornava a guardare in terra. Intorno a lei tutti sembravano divertirsi, erano tutti dei timidi ma socievoli bambini e quei pochi che non lo erano se ne stavano nascosti fra le pieghe della gonna della mamma.

Ma Emma no, lei faceva tutto quello che anche gli altri bambini facevano, solo che se ne restava da sola, senza badare agli altri e intelligentemente senza dare troppo nell'occhio lei stessa.

-Guardala-, disse Logan sorridendo orgoglioso, -sembra un'adulta con quelle sue espressioni pensierose-.

Ed era proprio vero, dava l'impressione di stare pensando a come risolvere una grave problematica del genere umano.

Soraya scoppiò a ridere pensando che, nonostante tutte le mamme delle amiche di Emma le dicessere che sua figlia sembrava troppo chiusa, a lei non pareva proprio che la sua bambina avesse qualcosa di strano. Eccezzione fatta per i suoi meravigliosi occhi, il destro verde maculato di macchie nere e il sinistro nero, maculato di macchie verdi: due perfette gemme meravigliose, superficialmente ereditate da entrambi i genitori.

-Secondo te a cosa starà pensando?-.

Suo marito arricciò il labbro superiore, gesto che faceva quando stava pensando. -Non saprei, forse alla cosa che dice di aver visto ieri sera in macchina mentre andavamo a casa dei tuoi. Sembra che sia convinta di aver scorto una specie di ombra scivolarle accanto, ma con buone probabilità sarà stato semplicemente un gioco di luce provocata dalla luna-

-Sicuramente-.

2

Emma salì in macchina con un balzo aggrappandosi al seggiolino. La Jeap di papà le piaceva da morire, era grande e comoda come un'astronave, ma diventava decisamente impegnativa quando aveva da salirci, specialmente perchè voleva farlo da sola.

Sua madre le allacciò la cintura baciandola sulla fronte e sorvolando su tutta la terra che aveva accumulato giocando nell'erba.

Una volta che la macchina fu in moto puntò gli occhi verso il finestino e iniziò a Vedere. Vedeva cose che gli adulti non potevano capire e che neanche i bambini come lei immaginavano. Dentro di se, una lieve voce nascosta chissà dove nella sua testa le parlava e allora lei iniziava a scorgere delle figure, creature senza ancora un volto definito e magari un pò sfumate quà e là, ma poteva quasi toccarle e capirle. Se si concentrava abbastanza poteva anche scoprire più su di loro, quale fosse il loro nome, la città da dove venivano, quale gusto di gelato gli piacesse, e le cose le venivano dette dalla voce che era quasi sempre con lei. Ultimamente la sentiva anche di notte, fra la veglia e il sonno, quando non capisci bene se sei nella tua camera o nel regno dei sogni.

Sorrise. Ormai aveva sette anni e credeva di sapere cosa fossero quelle figure, ma non voleva pronunciare quella parola ad alta voce perchè temeva che se l'avesse fatto la magia si sarebbe rotta, così continuava a vedere senza però spingersi a dire che quella non era altro che la sua fantasia. Tutte quelle figure, i loro nomi, le loro città e i loro gusti erano semplicemente una sua invenzione, la sua immaginazione dettava e lei vedeva con gli occhi del cuore. Aveva creato una serie di personaggi, alcuni con il tempo non si erano più fatti vedere, altri invece erano sempre li con lei a guardarla pronti a proteggierla, come gli Angeli Custodi.

-Emma tutto bene?-

-Si-, rispose lei senza staccare gli occhi dal vuoto.

Sua madre la guardò perplessa, ma poi si disse che non aveva niente di cui preoccuparsi. Emma era ancora una bambina e di tempo per capire la realtà ne aveva ancora.

Di fatto lei non sapeva che sua figlia si stava già costruendo un proprio mondo e che sarebbe stato quello ad aiutarla ad affrontare la sua vita futura.

3

L'orologio sul cruscotto segnava le 22.10 e ancora di strada prima di raggiungere casa ne avevano da fare. Ora che però il danno è combinato, Logan pensò che la prossima volta sarebbe stato meglio partire prima dai genitori di Soraya ed evitare così qulla vecchia strada al buio senza neanche un lampione ad illuminare uno straccio di metro oscuro. Per giunta Emma era troppo piccola per farle fare tutte quelle ore in macchina senza neppure una breve sosta.

Lanciò una dolce occhiata alla moglie seduta nel posto del passeggiero con la fronte appoggiata sul finestrino e gli occhi chiusi nel disperato tentativo di riposare un pò: sembrava così serena quando dormiva che non gli sembrava vero che una tale creatura fosse semplicemente umana, con quei tratti così decisi, ma maledettamente belli.

Tornò a guardare la strada. Davanti a lui l'oscurità totale, se esclusi i fari che davano la possibiltà di vedere a massimo quattro-cinque mentri più in la. Dietro la jeap stessa cosa, ma senza fari.

Si chiese come diamine facessero gli abitanti di li a fare quel cavolo di tragitto per raggiungere la prima vera città nel raggio di chilometri: lui non sarebbe durato più di qualche mese.

Accese la radio tenendola alta quanto bastava per sentire lievemente la musica, ma quando rialzò lo sguardò gli venne istintivo urlare. Davanti a lui, appena ragginto dalla luce dei fari, steso a terra vi era il corpo di una donna apparentemente inerte.

Soraya vicino a lui sobbalzò, ma non fece in tempo a chiedere spiegazioni perchè non potè far finta di non vedere quello che anche suo marito aveva visto.

Fermarono la macchina, lentamente, ma prima di muoversi guardarono Emma. Dormiva beata e sembrava non aver sentito alcun chè. Meglio così. Logan aprì lo sportello titubante, incerto sul da farsi, ma poi pensò che non ci fosse niente di male ad avvicinarsi, perlomeno per controllare se fosse viva o morta. Sua moglie lo seguì e una volta fermatasi al suo fianco si accovacciò e allungò una mano verso il corpo.

Un attimo dopo accadde quello che Logan aveva immaginato succedesse solo nei film: vennero accerchiati da uomini e donne nascosti dai mantelli sgualciti e consumati che però sembravano non dare segno di muoversi. Soraya si rialzò e afferrò il braccio del marito, poi sbiancò: Emma era sola in macchina, stesa sui sedili posteriori addomentata e all'oscuro di tutto.

Le figure intorno a loro non davano segno di volersi muovere così Logan provò a fare un passo indietro, ma qualcosa l'afferro al polaccio strattonandolo e facendolo cadere a terra.

-Logan!-, Soraya si abbassò, ma qualcosa la fermò. Guardò bene: qualcuno, o meglio, qualcosa la stava costringendo all'immobilità.

-Soraya scappa! SCAPPA!-.

Ma nè Soraya nè Logan riuscirono a scappare quella sera e oramai era troppo tardi quando l'altro uomo, quello che sembrava improtante, giunse attirato dalle loro grida: le loro carcasse purtroppo giacevano già a terra, consumate dai denti di quelle inutili bestiacce.

  
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