Storie originali > Introspettivo
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Autore: Jo_    22/03/2010    3 recensioni
Un artista può creare solo se ha una Musa a cui ispirarsi.
Genere: Introspettivo, Erotico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L'altro giorno, leggendo il De Profundis, mi sono imbattuta in queste frasi:

"Non può esistere verità paragonabile al Dolore. A volte il Dolore mi pare essere l'unica verità. Altre cose possono essere illusioni dell'occhio o del desiderio, ma con il Dolore sono stati creati i mondi, e alla nascita d'una creatura umana come di una stella presiede il Dolore."

"...Il Piacere che vive per un attimo deve creare l'immagine del Dolore che dura per sempre."

Se questa fic deve nascere sotto al segno di Wilde, chi sono io per impedirlo?

Grazie a chi sta seguendo questa storia, spero di non deludervi.

 

 

 

8.

“Ripeto: tu, di domande, non sai proprio farne.”

Scosta la sedia dal tavolo e si alza in piedi.

I nostri volti sono alla stessa altezza.

Attira la mia testa verso la sua e si inclina leggermente a destra.

Ha le labbra sottili, come una ferita tagliente.

Mi apre le gambe per avvicinarsi di più.

Sa di alcool, ma non è sgradevole.

Ha la lingua ruvida, come se gliel’avessero raschiata con la carta vetrata.

Si avventa sulla mia gola, ancora segnata dalle sue dita, come a lenire le ombre violacee.

Quante labbra hanno già assaggiato, le nostre labbra?

Mi prende una mano, delicatamente, e la guida sotto al suo maglione a rombi.

Scivola dentro ai suoi pantaloni- mi stringe l’indice e attraverso un solco, lunghissimo, spesso, che si snoda lungo tutto l’inguine. La cicatrice è seminascosta, ma profonda.

“Che…che cos’è?”

“A sette anni ho provato ad auto-evirarmi.”

“Co-COSA?”

Tira un sospiro profondo.

“All’epoca io e i miei genitori condividevamo l’appartamento con mio zio e mia cuginetta. Io e lei avevamo un letto a castello, e mio zio dormiva in una brandina accanto a noi. Lui… era ubriaco, la maggior parte delle volte. Ma a volte accadeva anche quando era perfettamente lucido. I miei erano sempre fuori per lavoro, lavoravano come matti, anche di notte… Io…io mi sentivo disgustoso. Mi sentivo in colpa- non potevo dirlo a nessuno perché pensavo, non lo so, di essere una delusione. Ma a mia cugina non…lei non…lei no, a lei non accarezzava neppure i capelli, perché era una bambina, e io credevo che se fossi stato una bambina anche io forse…non lo so, era un gesto disperato, speravo di salvarmi in qualche modo. Io…tremavo come un filo elettrico, con quel coltello in mano. Ho trovato a…non lo so, estirparlo come si fa con un’erba cattiva, ma faceva troppo male, sono svenuto dal dolore. I miei mi hanno ritrovato immerso in un lago di sangue più morto che vivo. Sono stato in ospedale per tre settimane. A quanto pare le mie abilità di chirurgo mi avevano salvato la pelle- in tutti i sensi. È un miracolo che funzioni ancora tutto, là sotto.”

Continuo a percorrere la cicatrice col dito, incredulo.

“Al mio ritorno a casa mio zio e mia cugina erano scomparsi. Non ne abbiamo mai più parlato, con i miei. Spero solo che a mia cugina non sia accaduto nulla di brutto.”

Lo abbraccio e sento il suo volto bagnato sulla spalla.

“ ‘fanculo, dieci anni di terapia sprecati. Dovevo rimuoverlo per sempre.”

“Sono il primo a cui lo racconti?”

“A saperlo siete tu e Constance. Quindi si, sei il primo.”

“E agli altri cosa dici?”

“Operazione, qualcosa. Spesso non ci fanno neppure caso.”

“Perché lo hai detto proprio a me?”

“Perché ritieni interessante saperlo?”

“Perché è strano, che tu racconti il Fatto della tua vita ad un perfetto sconosciuto.”

“Forse è proprio per quello che te l’ho raccontato.”

“E Constance come l’ha notato?”

“Gliel’ho detto io. Faceva parte della cura.”

“Cura?”

“Constance è la mia analista.”

“…scusa, non mi tornano i conti.”

“Non farti ingannare dal suo aspetto, ha 42 anni.”

“EH?”

“Il freddo mantiene giovani. È come le sue calze.”

Questo posto è il regno del paradosso.

“Come ti è venuto in mente di sposare la tua analista?!?”

“Era una scommessa. All’epoca di La tua fine è il mio inizio, credevo che non avrebbe venduto neppure dieci copie. Lei invece era convinta che avrei superato qualsiasi cifra mai raggiunta nella storia della letteratura anglosassone. Così, le promisi che se avessi superato il milione di copie, l’avrei sposata. Insomma, m’è andata bene. Se le avessi promesso qualcosa per ogni milione, chissà come mi ritroverei ora.”

“Che storia assurda.”

“Lo so, è il mio lavoro.”

Nel frattempo gli accarezzo la pancia, buffa, gonfia.

“Che facciamo oggi, Chuck?”

“Che vuoi fare tu, Lucifero?”

“Beh, è la prima volta che vengo a Londra…avevo in programma di fare un giro per la città.”

“Giro panoramico, negozi o musei?”

“Cosa consiglia la Guida Britannica?”

“La Guida Britannica…beh, direi il British Museum. È una specie di tappa obbligatoria: è impossibile stare a Londra per più di 24 ore senza esser stati al British. C’è gente che c’è morta, per una cosa del genere.”

“Ah beh, e allora cosa aspettiamo?”
”Che tu ti metta addosso qualcosa, ad esempio.”

 

9.

“Non ci ho pensato prima ma…non hai paura di esser riconosciuto?”

“La gente ti riconosce solo quando hai il tuo nome scritto sotto alla faccia. E poi hai idea di quante persone visitino il British al giorno?”

Parcheggia l’automobile in un posticino striminzito lungo una strada secondaria.

“Non hai paura che la rubino?”
”Non me ne può fregar di meno, in tutta sincerità. È solo un’automobile, non ha valore in sé.”

Mentre lo dice chiude la vettura e si sistema gli occhiali da sole sul naso.

“E cos’ha valore?”

“Beh, l’amore ad esempio.”

“Ieri hai detto che l’amore non esiste.”
”Appunto.”

“Non riesco a capirti.”
”Qualità di voi continentali, non capire il nonsense.”

Attraversiamo la strada. Uno di quegli enormi autobus rossi rischia di tirarmi sotto.

“Ma sono sempre così spericolati gli autisti da queste parti?”

“E pensa che oggi è anche festa.”

“Quale festa?”
”Guy Fawkes Day.”

“Parlamene.”

“Per farla breve, qualche centinaio di anni fa dei tizi, tra cui tal Guy Fawkes, hanno provato a far saltare in aria il Parlamento. Ovviamente li hanno beccati e prontamente giustiziati. Così ogni anno, il 5 novembre, si fanno i fuochi d’artificio per festeggiare la congiura sventata.”

“Che cosa macabra.”

Remember, remember, the fifth of November!”

“Ho il timore che quest’aria umida vi dia alla testa. Forse vi fa crescere la muffa nel cervello.”

“Non è da escludersi, sai.”

Arriviamo davanti ad un edificio con la forma di un tempio greco, circondato da un’altra recinzione nera.

Davanti c’è un carretto con un omino che prepara hot dog.

Alle undici del mattino.

Et voilà, chèrie.”

“Tutto qui?”

“...cosa ti aspettavi ? ”

“Beh, non è il Louvre. È piccolo. ”

“Non è piccolo, è ben proporzionato.”

“…né i Musei Vaticani, né l’Hermitage…”

“E’ perfetto così. Nei musei troppo grandi va a finire che non si vede nulla. E poi al Louvre ci sono una marea di sezioni inutili. Qui, invece, c’è solo il meglio. Come si dice, all killer no filler.”

“Non è mica un CD.”

“Il principio è lo stesso.”

“Non ti facevo così nazionalista.”
”Non sono nazionalista, sono elitario. È diverso.”
”Non ti facevo così elitario.”
”Lo divento solo per le cose importanti.”
”Quindi esiste qualcosa di importante.”

“Dipende dall’ora in cui me lo chiedi.”

L’ingresso ha una copertura di vetro e acciaio e un’enorme costruzione di marmo al centro.

“Perché c’è ovunque il sigillo reale?”

“Perché zia Betta è così gentile da regalare a tutti i suoi sudditi- ed ospiti- la possibilità di visitare i suoi musei senza l’obbligo del biglietto. È una specie di pubblicità occulta.”

“Che donnina adorabile.”

Entriamo nella sezione greca ed egizia.

“E’ buffo.”

“Cosa?”

“Che ti chiami Forster.”

“Se sapessi il tuo cognome, potrei dire altrettanto.”

“No, no, per il cognome in sé.”

“Riesci ad esprimerti in inglese corrente o devo leggerti nella mente?”

“L’hai mai letto Maurice?”

Entriamo nella sezione persiana.

“Certo che l’ho letto.”

“Beh, c’è un capitolo che è ambientato proprio qui.”
”Sinceramente? Non me lo ricordo. Ero troppo occupato a detestare Maurice, durante la lettura.”

“Perché?”
”Perché è uno sciocco. Si lascia condizionare troppo dalla società e non sa gestire la sua omosessualità in maniera coerente. È una patetica donnetta.”

“A me piace, come personaggio.”

Nihil sub sole novum.”

“Perché sai il latino?”
”Perché l’ho studiato, che domande inutili fai.”

“Al liceo?”
”Macchè, da autodidatta. Non si studia mica il latino, qui. A scuola ti insegnano solo a rollare una canna con una sola mano e a scopare comodi in bagno. Adesso che ci penso, non è mica poco.”

“Ti sei messo a studiare il latino da solo.”
”Ho avuto un sacco di tempo libero, da qualche anno a questa parte.”

Ci ritroviamo nella sala dei marmi del Partenone.

È più fredda, rispetto alle altre.

Una bimbetta bionda con un ciuffetto in testa corre da un capo all’altro della sala canticchiando una filastrocca in tedesco.

“Guarda quel cavallo, sembra vivo.”

L’animale di marmo mi guarda con un occhio vuoto, colmo di terrore per la morte imminente.

“Non pensavo potesse essere così inquietante, da vicino.”
”Un sacco di cose sono inquietanti, viste da vicino.”

Busti di filosofi, mummie egizie, porcellane, marmi.

Due ragazze parlottano tra di loro e ci indicano di soppiatto.

“Le conosci?”
”No, ma temo loro conoscano me. Infatti.”

Le ragazze si avvicinano con una fotocamera in mano.

“Fa il disinvolto.”

“Cioè?”

Mi attira a sé per il bavero della giacca e mi soffoca la risposta con le sue labbra.

Avverto il flash della fotocamera sul volto.

Apro un occhio e le ragazze sono scomparse.

Una signora impellicciata si allontana indignata.

“Complimenti, Rosso, hai appena vinto la tua prima copertina del Sun.”

“EH?”
”Quanto tempo credi impiegheranno per rivendere la foto ai tabloid? Adoro il voyeurismo degli inglesi, mi fa sentire importante.”

“Ma…tu sei completamente svitato.”

“Potevi pensarci prima di farti rimorchiare in un pub da quattro soldi, Afrodite.”

La mummia decomposta dietro al vetro ci osserva perplessa.

Ho un brontolio allo stomaco.

“Complimenti, non è da tutti farsi venir fame in un frangente del genere.”

“Non ho mangiato un gran che, ieri.”

“Beh…” estrae il portafoglio “ …io ho venti sterline in tutto, riesci a trattenere gli appetiti più forti fino a stasera?”

“Mi sforzerò. Ma tu non eri quello fantamiliardario?”

“Certo. Il problema è che i soldi li gestisce la mia agente.”

“Chi è la tua agente?”

“Prova ad indovinare.”

“…no.”

“Si.”

“…no, non è possibile.”

“Si, invece.”

“No.”
”Si. Avanti, dillo.”

“…Constance.”

“Esatto.”

“Quella donna ti tiene per le palle.”
”Diciamo che glielo permetto. Ripongo più fiducia in lei che in me, ho grandissima stima di lei-“ “non si direbbe da come vi trattate” “-siamo come due orsi, ci dimostriamo affetto azzuffandoci. Comunque, oggi è giorno di paga.”

“A questo punto non so davvero cosa dire.”

“Io propongo una vasta gamma che spazia tra “Mi andrebbe tantissimo un hot-dog”, “Tutto quel che vorrei è un panino del Pret” e “Salto volentieri il pranzo in vista di una cena luculliana.” ”

“Fish’n’chips? Non si potrebbe avere?”

Stiamo già scendendo le scale bianche, alla ricerca dell’uscita.

“Turisti, siete tutti uguali. Pensate che qui ci si nutra solo di tea e fish’n’chips.”

“Non è così?”

“Dimenticate spesso il pudding. E il gin.”

Fuori è freddo, come c’era da aspettarsi.

Sembra quasi che la brina sia sospesa in aria; una nebbia solida che ti scuote quando la attraversi.

Mi tira per mano.

“Vieni, da questa parte. Conosco il posto perfetto.”



  
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