II: I diabolici fratelli Van Pelt
“Non capisco il perché di questo
pessimismo.”
“Credi sia esagerato, Marcie?”
La ragazza si sistema gli occhiali sul naso, pensosa.
“In realtà sono un po’ offesa che non
abbiate invitato a cena anche me, Charles,”
commenta distratta.
“Non è colpa mia, nemmeno io ero invitato,” si difende lui, alzando lo sguardo al cielo.
Marcie annuisce lievemente, giocherellando
colle dita delle mani giunte.
Sul tetto della scuola, a quell’ora del pomeriggio,
non c’è nessuno tranne loro due e qualche ragazzetta intenta a
confabulare nell’angolo opposto della terrazza. Il sole non è
molto forte, ma il cielo è del tutto libero e non c’è quasi
vento, perciò si sta bene.
“Ma sei sicuro che a tua sorella piaccia ancora
Linus?” domanda Marcie, concentrandosi
scientificamente sul problema.
“Certo che sì!” esclama Charlie Brown gesticolando. “Da sempre!
Fin da bambina!”
“Questo non vuol dire nulla, Charles,” osserva lei, moderata. “Anche a me quando era
bambina piacevi tu, e ora nemmeno per idea,”
aggiunge didattica, con la sua brutale e candida sincerità.
Charlie Brown china tristemente
la testa, sconfortato.
“Grazie per l’illuminante esempio, Marcie,” mormora sbuffando.
“Forse per tua sorella è lo stesso. Forse da
bambina Linus le piaceva, e ora…”
“No. Credimi, le piace ancora. L’unico che
sembra convinto di no è lui.”
“Probabilmente gli fa comodo così,
Charles. Linus non è mai stato temerario nell’affrontare le
complicazioni, sai,” commenta Marcie, ancora seria ed assorta nella contemplazione
rigorosa del dilemma.
“E quindi?”
“E quindi non so. Pensi che ci sia la
possibilità che lui prima o poi si rassegni a ricambiarla?”
Il ragazzo sbatte gli occhi un paio di volte,
l’espressione sconcertata.
“Penso la veda come una
cuginetta un po’ strana.”
Marcie annuisce, inspirando a fondo.
“Forse dovresti intervenire,
Charles.
Dopotutto sei il suo fratello maggiore,”
ipotizza, grave.
“Intervenire? Io?” ripete
lui, gli occhi spalancati e la voce più acuta del solito.
“Sei matta!” aggiunge enfatico, prima di sospirare a grattarsi la
testa. “Se intervenissi io, probabilmente le cose non potrebbero che
peggiorare. Uno di loro due perderebbe la vita oppure le nostre case
prenderebbero fuoco e…”
“Mi sembri un filino catastrofista, Charles,” commenta Marcie senza
scomporsi.
Lui scrolla piano la testa.
“Nel mio caso, è semplice realismo,” la corregge, sicuro.
“Capisco.” Marcie fa
una pausa, sistemando di nuovo gli occhiali. “Perciò cosa pensi di
fare?”
Charlie allarga le braccia, senza sapere cosa rispondere.
“Scappare il più lontano possibile, prima di
ritrovarmi in mezzo a una guerra aperta tra mia sorella e il mio migliore amico,” afferma, rassegnato.
“Forse la cosa potrebbe
risolversi pacificamente. Forse non ci sarà nessuna guerra, o tragedia,” cerca di minimizzare Marcie,
per risollevarlo.
Lui scuote la testa, funereo.
“Ci sarà, credimi,”
ribatte. “Mio nonno dice che riesce a sentire l’approssimarsi dei
temporali dal modo in cui gli cigolano le ginocchia. A me
succede con le disgrazie.”
“Talento affascinante,”
commenta Marcie, ignara del fatto che quanto
sostenuto da Charlie Brown sia davvero profetico.
Lui sospira stancamente.
“Piuttosto di cosa volevi parlarmi,
Marcie?” domanda, voltando lo sguardo su di
lei.
Marcie sembra arrossire, poi infastidirsi
e poi essere sollevata dalla domanda: di sicuro si tratta di un argomento
spinoso e Charlie sente già i sudori freddi. Spera tanto di non doverle
dare un consiglio: lui è tremendo, per i consigli.
“Beh, ecco…” azzarda lei, smarrita.
“Salve, gente!” esplode dalla porta del tetto
la voce squillante di Patty. “Mi aspettavate da molto?”
I due interlocutori si voltano di scatto, scorgendo il suo
ampio sorriso e la sua camminata brusca.
“Ne parleremo poi,
Charles,” mormora rapidamente Marcie.
“Ciao, capo,” prosegue a voce alta.
Il soprannome dell’infanzia è rimasto
intatto, anche se ora è sempre velato da una leggera ironia. Charlie
pensa che a volte quelle due siano proprio strane, e che la loro sia
un’amicizia davvero assurda.
Ma non più di quella tra Snoopy e Woodstock, in
effetti.
“Siamo qui da una
mezz’ora, Patty. Bene, che vogliamo fare?” domanda, placido.
Patty sogghigna, allegra.
“Due tiri al campo?”
“Oh, capo, è necessario che ci prendi a mazzate?” protesta Marcie,
non troppo entusiasta.
“Giusto, devi obbligatoriamente umiliarmi?”
rincara Charlie Brown, per cui il divario col talento
nel baseball dell’amica è schiacciante. Patty, d’altra
parte, si allena con la sua squadra tre volte alla settimana, e a mesi
comincerà a ricevere richieste da grosse squadre femminili. È
solo questione di tempo.
“Beh, altrimenti che volete fare?” ribatte
lei, un po’ delusa. “Non è colpa mia se sei scarso, Ciccio,” puntualizza secca.
“Non so, potremmo andare a mangiare un gelato e
ciondolare, capo,” propone Marcie
facendo spallucce.
“Sì, ciondolare fa per me,”
aggiunge Charlie Brown, approvando.
Patty sbuffa, scontenta.
“E va beh. Vada per il gelato, mezze cartucce,” cede, vinta.
“Sabato sera ci sarà il ballo di primavera,” annuncia Lucy a se stessa, osservandosi nello
specchio a mezzo busto del salone.
Linus solleva lo sguardo dal libro, senza particolare
interesse.
“Lo so da me,”
commenta cauto.
“Infatti non parlavo con te,
coso,” lo castiga la sorella, senza degnarlo d’uno sguardo.
“Lo dicevo al mondo intero, per annunciare la presenza della mia divina
persona all’evento,” aggiunge, gongolando
nell’osservare la sua bella silhouette riflessa.
Linus sembra esitare per qualche istante, consapevole del
rischio in cui sta per incorrere, ma non riesce proprio a trattenersi.
“Ma tu hai finito l’high school millenni
fa. Non sei un po’ attempata, per questo?” osserva,
angelico.
Lucy volta verso di lui un fiammeggiante
sguardo omicida, poi marcia nella sua direzione come un sicario
all’attacco, e si ferma, mentre già il fratello sprofonda nel
divano fagiolo sperando di sparire, chinata su di lui con fare minaccioso.
“Questo ballo non è solo per voi
mocciosi… INUTILE ESSERE!” sbraita, dritto nel suo orecchio.
Linus ha come uno spasmo, quasi si accartoccia su se
stesso.
“M-mi pareva,” esala, mentre già lei gli dà le
spalle e torna a guardarsi allo specchio.
“Devo trovare un vestito
adatto, e un cavaliere all’altezza di me. Sai se
Schroeder tornerà a Saint Paul anche questa settimana?” continua,
come se nulla fosse.
Linus si rimette in una posizione più rilassata,
restando però guardingo.
“Non credo, visto che è stato qui per sette
giorni di fila.”
Lucy sospira indispettita.
“Non ci voleva.”
Ma Schroeder non ti
avrebbe comunque portata al ballo, pensa di dire Linus, ma si tappa la bocca: un urlo
belluino e spaccatimpani è sufficiente, per
questo pomeriggio.
“Scommetto che troverai qualcun altro,” commenta invece, mite.
“Questo è certo,”
ribatte Lucy altezzoso. “Tu inviterai quella povera francese
sfortunata?” aggiunge, velenosa.
Linus sbuffa, voltando la pagina del libro.
“Non credo, sai. Mi odia
per il fatto che venerdì ho annullato la cena all’ultimo minuto, e
forse va bene così.”
Lucy si volta a guardarlo con fastidio, le mani puntate
sui fianchi.
“Ma se soltanto al pomeriggio studiavi fiori e te ne
stavi a sorridere come il tonto che sei!” osserva. Linus è certo
che ce l’ha con la sua mancanza di carattere, al momento.
“Sì,” conferma,
senza infiammarsi. “Ma poi ho passato il resto della giornata con Sally e
Patty, e ho pensato una cosa.”
“Che non mi interessa minimamente, di sicuro,” precisa Lucy, afferrando la sciarpa in seta della
madre per avvolgersela al collo.
“… Marlène
è molto bella, ma non è affatto una persona interessante. Ero lì seduto con Patty e
Sally a parlare di cose normali, e stavamo ridendo, e io non avevo affatto
voglia di andarmene per raggiungere una che avrebbe passato almeno un quarto
d’ora a descrivere minuziosamente il suo nuovo cappotto. Sally non lo
farebbe mai… Beh, ovviamente nemmeno Patty. Non credo possieda un
cappotto, oltre a quelle sue giacche a vento. Non è
questo il punto, insomma, capisci?” conclude Linus, voltando gli occhi
sulla sorella che, ancora davanti allo specchio, si rimira criticamente
continuando a cambiar posizione alla sciarpa.
Nel percepire la fissità dello sguardo fraterno
s’interrompe, girandosi appena indietro.
“Scusami, hai detto qualche cosa? Non
ti stavo ascoltando.”
Linus sospira profondamente, sollevando il libro verso il
viso.
“Assolutamente no. Leggevo a voce alta,” risponde, laconico.
Lucy sorride, occhi allo specchio.
“Non spreco mai più di tre secondi ad ascoltare
un perdente,” enuncia tra sé.
Linus sbuffa, esasperato, appena prima che lei lasci la
stanza di carriera. La sente infilarsi la giacca e chiudersi la porta di casa
alle spalle, poi vede la sua sagoma attraversare il giardino, diretta verso il
mondo esterno. L’ipotesi più probabile, ne deduce, è che
stia andando in qualche boutique a cercare un vestito da ballo.
Linus non si sbaglia: Lucy è precisamente diretta
in centro per darsi allo shopping, e marcia di carriera verso la fermata
dell’autobus passando accanto al campo da baseball giusto in tempo per
vedere una sagoma familiare che armeggia con il tagliaerba.
“Ciao, Charlie Brown,” inizia, rallentando il passo.
Lui si raddrizza sulle gambe, spostando indietro il
cappello da baseball per liberarsi la visuale.
“Ciao, Lucy. Dove vai di
bello?” risponde gentilmente.
“A fare spese. Sabato ci sarà il ballo,” ribatte lei altera.
Charlie Brown annuisce,
guardandola avvicinarsi con vaga malizia e un principio di perfido sorriso.
“Inviterai una ragazza, Charlie Brown?”
domanda candidamente Lucy.
Colpito e affondato. Charlie Brown
sospira, cercando di non sembrare afflitto. Non gli viene in mente una sola
ragazza che potrebbe mai accettare di presentarsi a quel ballo con lui.
“Non credo. In verità, penso che ci
andrò con Linus.”
“Diamine, che meravigliosa accoppiata,” osserva Lucy, tagliente. “T’invidio davvero, la sua conversazione è sempre più
interessante. Poco fa blaterava qualcosa sui cappotti di Patty e tua sorella.”
“…Quali cappotti?” fa Charlie Brown, perplesso.
Lucy scrolla la testa.
“Non ne ho idea. Ma sembra che la francese sia
noiosa perché parla troppo di cappotti,”
taglia corto, noncurante.
Charlie Brown si gratta la nuca
sotto il berretto, sempre più smarrito.
Infine prende un respiro e fa mente locale.
“Si direbbe che sia una ragazza troppo superficiale
per lui, mh?”
Lucy produce un sorriso come una smorfia sprezzante,
espirando forte.
“Figuriamoci,”
commenta, poggiandosi allo steccato. “Gli do una settimana prima di
invaghirsi perdutamente di un’altra oca per stufarsi dieci giorni dopo,” osserva, sarcastica.
Charlie Brown annuisce,
avvicinandosi.
“Già. E’ proprio da
lui, vero ?”
“Mh,”
conferma Lucy laconica. “Questo perché è quasi più tira-e-molla di te,” precisa
asciutta.
Charlie Brown si chiana avanti,
sospira.
“Grazie per avermelo ricordato.”
“Figurati, Charlie Brown. Buon pomeriggio,” replica Lucy,
rimettendosi in marcia.
“Ciao, Sally.”
“Buon pomeriggio, Linus.”
“Ho visto Snoopy provarsi il farfallino.”
“Oh, sì,”
conferma Sally, ben felice di poter entrare in argomento. “Credo sia per
il ballo di sabato,” aggiunge, trepidante.
Linus tace per un paio di secondi, lo sguardo fisso al
tetto della cuccia del cane.
“Lo sospettavo,”
commenta, annuendo.
Lei lo scruta spasmodicamente per qualche istante, ma il
ragazzo sembra estremamente avvinto dall’osservazione ossessiva della
propria scarpa sinistra.
“Tu hai già invitato Marlène?”
si rassegna a chiedere infine Sally, abbacchiata.
“No. In realtà non penso uscirò ancora
con lei.”
Nonostante si sia preparata a quell’evenienza
cercando di imporre a se stessa una lucida calma, Sally non può fare a
meno di esultare interiormente, e il sorriso spunta da sé ad adornarle
le labbra. Non ha dimenticato la cena di venerdì e il rientro a casa con
Linus e suo fratello, ed era quasi certa che non avrebbe continuato a vedere la
francese. Questo non significa certo che ora uscirà con le, ma la speranza è l’ultima a morire.
“Chi inviterai, allora?” indaga, cauta.
Linus fa spallucce, alza lo sguardo a guardare una
nuvoletta bianca in mezzo al cielo azzurro come se fosse qualcosa di estremamente
importante.
“Non lo so ancora,”
ammette, nervosamente. “Forse nessuna.”
“Oh” sussulta Sally, confusa.
Inaspettato.
Fa’ qualcosa, Sally, fa’ qualcosa, parla, santo cielo!
“I-io…
Potresti… Cioè, nemmeno io ho ancora un cavaliere, Linus, e
perciò…” farfuglia agitata.
“Sally,” la
interrompe lui, bonario, a dispetto del passo indietro fatto dal suo piede.
“No.”
Lei deglutisce l’amarezza, gli occhi le pizzicano di
delusione. Nemmeno l’ha lasciata finire di parlare, nemmeno si è
schermito con garbo. Persino se si fosse imbizzarrito come quando lo
corteggiava da bambino, sarebbe stato più significativo. Invece è
solo no, semplicemente, tutto
lì.
“Sarebbe stupido. Ora siamo amici. Va molto meglio
di quando ti eri messa in testa di fidanzarti con me, da piccola. Sarebbe
sciocco ricascarci,” continua lui, quasi
leggendole nel pensiero.
Ricascarci?
Perché, quand’è che ho smesso?
“Ha… Hai ragione. Solo che ho
paura che nessuno mi inviti e perciò…” imbastisce lei con
fare svagato, senza dar peso alla cosa ma, suo malgrado, con un principio di
collera che balena negli occhi.
“Non dire sciocchezze. Sei una ragazza carina e
qualcuno ti inviterà di sicuro,” osserva
Linus, le mani in tasca che non stanno ferme. Lo ha messo a disagio, e si vede.
“Adesso devo andare, Sally. Mi… aspettano, sai.”
Lei lo guarda andar via in silenzio, osserva quel passo di
solito lento e vagabondo che si fa spedito, rapido nella fretta di scappar via
dalle sue profferte non desiderate. Pesta un piede a terra prima di entrare in
casa con furia e sbattersi alle spalle la porta.
“Non lo sopporto!” strilla, facendo sobbalzare
Charlie Brown davanti al televisore. “Non lo sopporto! Loodioloodioloodio!”
“Che succede, Sally?” domanda il fratello,
quasi ribaltato nel fagiolo, troppo piccolo per il suo metro e ottantacinque.
“Oooh, tu! Sei il peggior fratello grande del mondo!” sbotta lei,
indicandolo. “E i tuoi amici sono esseri malvagi,
malvagissimi!”
Charlie Brown la guarda salire
le scale come una furia per andare a chiudersi in camera, poi sospira profondamente.
“Io lo sapevo,”
mormora abbattuto. “L’avevo anche detto.”
Si alza in piedi e si affaccia alla finestra, incupito.
Proprio davanti alla sua cuccia, col farfallino rosso in bella mostra, Snoopy
sta ballando la sua sfrenata danza dell’estate, certo intenzionato a
provare tutti i balli possibili per non sfigurare tra gli umani sabato sera.
Charlie Brown lo vede scalpitare come un coniglio al
galoppo e poggia il mento nel palmo della mano, inspirando profondamente.
“Che gabbia di matti,”
commenta, atono.
“Pronto?”
“Ciao, Schroeder! Suppongo che ti mancassi e che
sentire la mia voce sia la cosa più bella che…”
“Perché, perché? Perché mi
stai telefonando? Cosa vuoi da me?” sgorga, nitida, la risposta irritata del pianista.
Lucy sbatte innocentemente le lunghe ciglia,
giocherellando col filo arrotolato del telefono.
“Per farti un grande onore, ecco, io…”
“L’unico
onore che potresti farmi è trovarti di nuovo un ragazzo.”
“Ma appunto…” osserva lei, ragionevole.
“…Uno
che non sia io, voglio dire.”
“Oh.”
C’è qualche istante di silenzio, e
dall’etere, dal luogo in cui si trova Schroeder, si sente provenire un
sottofondo di musica che, con un istante di ascolto, si riconosce essere il
suono preciso e melodioso di un violino.
“Chi è che suona?” chiede Lucy, prendendo
tempo.
“Una mia
compagna. Mi sta aspettando.”
Il tono di voce di lui non è nemmeno ostile, o
sgarbato; solo infinitamente lontano, del tutto incurante. Lucy stringe
automaticamente la presa sulla cornetta, con un balzo al cuore.
Una violinista.
“E’ più o meno carina di me?”
C’è un istante di silenzio, poi Schroeder
sospira.
“Lei è
simpatica.”
“Io sono adorabile!” protesta Lucy
scandalizzata.
Un altro sospiro.
“Che cosa vuoi, Lucy?”
“Beh, ecco, ho pensato di essere gentile, vedi,” esordisce lei, con tono amorevole. “Forse ti
è sfuggito di mente, ma sabato c’è
questo ballo di primavera e tu ti sei dimenticato di invitarmi…”
“Non me ne
sono affatto dimenticato,” la corregge
Schroeder, asciutto.
Certe volte, forse, potrebbe essere meno brutale.
Perché sì, lei ha un carapace resistente come pochi altri, ma
certe volte persino per lei è dura continuare a incassare, colpo su
colpo, quella freddezza.
“Ma non mi hai invitata,”
osserva lei, caparbia.
“Esattamente,” conferma Schroeder, deciso. Prende un respiro lungo.
“Senti, ma quel ragazzo con cui
uscivi, quel Clayton…
Non potrebbe portarti lui?”
“Sei ancora geloso?”
gongola Lucy, sogghignando.
“Non sono mai
stato geloso. Ma non capisco perché debba essere tormentato solo io e
non lui.”
“Lui non mi piaceva come mi piaci tu,” replica Lucy, con fare d’ovvietà.
“Strano,
sembrava proprio di sì,” sbotta
Schroeder seccato.
“Lo vedi che sei
geloso!” esclama Lucy trionfalmente, facendo un balzello.
Schroeder fa un respiro come un ringhio.
“Non lo
sopporto,” brontola. “Sto per mettere giù il telefono, non
sono geloso, non verrò a Saint Paul per il ballo, e se anche ci fossi
venuto avrei piuttosto invitato Snoopy che te,”
conclude.
E poi la linea è interrotta, prima ancora che Lucy
abbia potuto provare a replicare qualche cosa. Per qualche secondo fissa il
vuoto, e poi la cornetta, con gli occhi buffamente spalancati e la bocca
semiaperta. Quindi la scaraventa giù con tanta violenza che
probabilmente la spacca, poi tira una pedata al bracciolo della poltrona di suo
padre e infine emette uno strillo acuto, quasi disperato, stringendo forte le
mani a pugno. Stupido, stupido Schroeder.
La porta di casa si apre proprio in quel momento, e
sfortunatamente per lui è Linus a fare il suo ingresso. Gli basta
gettare un’occhiata alla sorella per sapere che avrebbe fatto tanto,
tanto meglio a rimanere fuori, ed esita sulla soglia gettando al giardino
un’occhiata speranzosa: può darsi che sia ancora in tempo per
fuggire.
“Beh?” strilla lei, furibonda. “Che fai lì in mezzo, specie di mezza cartuccia?
O dentro o fuori, non sai proprio decidere niente?”
ulula, aggressiva.
“Fuori,” afferma
Linus, voltandole le spalle.
“NON CI PROVARE
NEMMENO!” abbaia Lucy, agitando un pugno nella sua direzione.
“…Perché non dovrei?”
s’informa Linus, scettico.
“…Perché io ti devo maltrattare!”
sentenzia lei, come se fosse evidente.
“Non sono mica stupido,”
replica Linus, facendo per chiudere la porta tra sé e lei.
E’ a questo punto che Lucy Van Pelt
fa una cosa che al suo fratello mezzano non capitava di vedere da molto tempo,
forse da anni. Lì, ferma dov’è in mezzo alla sala, con la
gonna che scopre le belle gambe lunghe e i capelli corvini, lucidi, un
po’ arruffati sul viso per lo scoppio di rabbia, stringe fortissimo le
labbra finché non diventano quasi invisibili, china la testa di scatto
verso terra, poi emette un sibilo spezzato, intanto che le sue spalle prendono
a sussultare. Quindi, nel panico più totale di Linus, quel suono sottile
diventa un riconoscibile susseguirsi di singhiozzi sempre più squassanti
ed ecco, lì, di punto in bianco, Linus si trova davanti Lucy che piange
come una persona normalissima.
Per qualche istante restano così, ai due lati
opposti della sala, tutt’e due impalati, Lucy che singhiozza forte e
Linus che la guarda con gli occhi un po’ spalancati, increduli e quasi
guardinghi. Poi socchiude la bocca e fa per parlare, ma non sa che cosa dire.
Lui e Lucy non hanno mai avuto un vero rapporto, non si sono mai scambiati
grandi confidenze intime, raramente si raccontano la propria giornata o
condividono segreti anche minimi. Si conoscono bene perché sì,
nemmeno loro lo saprebbero spiegare, così come conoscono il folle amore
di Rerun per il baseball, ma non sono mai stati
uniti.
“O… Okay,”
mormora Linus, riuscendo finalmente a muovere avanti le gambe. Le si avvicina
e, goffamente, perché non ha l’abitudine di toccarla, allarga le
braccia e le stringe appena intorno alle sue spalle, gentilmente: come se lei
fosse un grosso leone pronto a rivoltarglisi contro,
o una cosa delicatissima e molto fragile, o forse tutt’e due. “Okay,
Lucy, sono qui.”
“Questo dovreb-be rassicur…armi?”
stride lei contro la stoffa della sua giacca. Però poi fa un’altra
cosa, muove le braccia e le stringe intorno alla sua vita, affonda tutto il
viso contro il suo collo e continua a piangere liberamente, lasciandogli
addosso tutto il proprio peso.
Linus nemmeno si ricorda quand’è stata,
l’ultima volta che sua sorella l’ha abbracciato. Forse non è
mai successo. Resta lì immobile per un po’, poi si azzarda a
carezzarle la testa poco a poco, e siccome lei non gli stacca la mano a morsi
si convince che la cosa non le dispiaccia.
Il pianto di Lucy si calma poco a poco, finché non
diventa leggerissimo e irregolare, quasi un susseguirsi incostante di sospiri.
“Che cosa è successo?”
“Schroeder non mi inviterà al ballo,” afferma Lucy, la voce attutita e un po’
soffocata dalla sua giacca. “Non verrà a Saint Paul e ha una
ragazza. Una che suona il violino.”
Linus sgrana gli occhi, sorpreso da quella notizia
inedita.
“Te l’ha detto lui?”
“No. Ma lo so. Lo sento.”
Linus, sbalordito, socchiude le labbra sul punto di
chiedere se davvero stia piangendo per un’idea che ha inventato lei, cosa
che la renderebbe irrimediabilmente stupita, ma il pianto di sua sorella sale
di nuovo un pochino d’intensità.
Questo è il momento di vendicarsi di diciotto anni
di tirannia, maltrattamenti e cattiverie gratuite, l’attimo della rivalsa
per una vita di critiche distruttive e manifestazioni di disistima: Lucy non
è mai stata così vulnerabile e sarebbe semplicissimo, adesso,
ferirla.
E Linus sospira.
“Ti va un gelato, sorella?” propone affabile.
“Sììì,” frigna Lucy annuendogli forte addosso.
Sì stacca da lui, senza guardarlo, certo
vergognandosi della debolezza, e si chiude nel bagno per qualche minuto, col costante
sciabordio dell’acqua corrente. Quando ne riemerge – e Linus
è ancora lì dove l’aveva lasciato, stordito e bisognoso del
conforto di una coperta dopo tanto sconvolgimento – ha ancora gli occhi
leggermente arrossati, ma quasi non si nota.
Linus le apre la porta senza fare commenti, lasciando che
lo preceda con movenze altezzose.
“Vorrei che evitassi per sempre di fare riferimenti
a questo episodio, se tieni alla vita,” gli
intima, secca.
“Dovresti abbassare un po’ i toni… Vedi,
adesso ho del materiale scottante di cui servirmi,”
ribatte lui con un sorriso.
“Linus!”
Lui scrolla le spalle, caccia le mani in tasca e sorride
distrattamente, senza troppa allegria.
“ On n'aime que ce en quoi on poursuit quelque chose
d'inaccessible, on
n’aime que ce qu’on ne possède pas,” recita, contemplativo.
“Eh?”
“Si ama solamente ciò in cui si persegue
qualcosa d'inaccessibile, quel che non si possiede,”
ribadisce Linus. “E’ Marcel Proust.”
“In che cosa questa scemenza dovrebbe
rallegrarmi?” ringhia lei, imboccando l’uscita dal giardino.
Lui si stringe nelle spalle.
“Ci stavo pensando poco fa,”
afferma vago. E poi, come una bomba a mano: “Penso che inviterò
Sally al ballo di primavera.”
Lucy solleva lo sguardo su di lui di scatto, gli occhi
sgranati.
Quando Sally Brown è
rientrata in casa furibonda, subito dopo il rifiuto di Linus di accompagnarla
al ballo, lui se n’è andato alla veloce, più in fretta che
poteva. Ha camminato quasi senza guardare dove andare, per mettere più
distanza possibile tra sé e lei. Così in fretta che non si
è accorto di stare raggiungendo il campo da baseball, così di
corsa che non ha nemmeno visto suo fratello Rerun
finché non gli è andato a sbattere addosso.
“Linus!” ha esclamato lui, sorpreso, col
cappuccio della felpa mezzo alzato e il fiato mozzo di chi ha fatto o sta
facendo un bel po’ di fatica. “Che hai da correre?”
La domanda era legittima e Linus Van Pelt
ha aggrottato la fronte, ripetendosela.
Non aveva molto senso continuare a scappare da qualcuno
che non lo stava minimamente seguendo, specialmente considerando che si tratta
di una ragazzina bionda e smilza, pesante quanto una spiga di grano. Sì,
Sally può essere spaventosa quand’era arrabbiata – sebbene
mai quanto Lucy – ma complessivamente non genera
davvero terrore.
“Sally…” ha farfugliato poi, senza
sapere come andare a avanti.
“Già, venerdì sei uscito con lei
anziché con la francese, mh,
fratellone?” ha scherzato Rerun con goffa
complicità, da quel gigantesco bambino che è. Poi ha gettato lo
sguardo indietro, ansioso. “Devo tornare ad allenarmi, Linus, ci vediamo
dopo.”
Lui l’ha guardato correre via leggero con ancor
più confusione di prima, la bocca semiaperta, lo sguardo un po’
vitreo. Desiderava moltissimo mettersi nel fagiolo, stretto a una coperta,
magari succhiandosi il dito. Non è proprio giusto che a diciotto anni
sia fuori luogo fare cose simili. Chi lo ha deciso, e adducendo quali
motivazioni? Di certo non sono né credibili né assennate.
Non è affatto uscito con Sally, venerdì
scorso. E’ andato a fare un favore a Patty ed è accaduto che Sally
fosse lì, e lui ha annullato il suo impegno a cena perché
preferiva stare tra amici piuttosto che con una ragazza che non gli piaceva
abbastanza. Tutto lì.
Può essere che anche Sally abbia interpretato le
cose come il più piccolo – ma acuto - Rerun?
Forse anche lei ha creduto che ci fosse un interesse da parte sua. Linus lo ha
trovato buffo, per qualche istante, e si è chiesto come sia possibile
che ancora, dopo tanti anni, Sally riesca a farsi venire in mente sciocche
illusioni su loro due soltanto perché hanno cenato insieme da
un’amica.
Ha proseguito domandandosi che cosa Sally, pur
conoscendolo così bene e da tanto tempo, riesca ancora a vedere in lui
di tanto straordinario. In Sally, per esempio, lui vede cose scontate,
normalissime: la sua buffa maniera di ragionare per assiomi inventati da lei e
i suoi strani temi surrealisti, che col passare degli anni non si sono
riadattati agli schemi ma sono diventati più elaborati e fantasiosi,
così come tutti i suoi pensieri. Il modo che Sally ha di stare a
guardarlo quando parla, con gli occhi azzurri limpidi e puliti, privi di
preconcetti, e la sua spassosa maniera di sbuffare andando a scuola, con la
schiena piegata in avanti e i suoi rantoli da ubriaca. La semplicità con
cui le può dire qualunque cosa sapendo che verrà compreso, o
almeno ascoltato. La facilità sconcertante con cui intuisce lo
stato d’animo di lei soltanto guardandola. E tanto altro. Le immagini gli
arrivano in mente tutte insieme, così nitide,
così lampanti: Sally ad ogni passo della sua vita, la sua figura in ogni
snodo, la sua presenza durante tutte le prove, come durante i momento meno
importanti. Sally c’è sempre stata, l’orecchio testone e
prepotente che gli si è sempre prestato senza cerimonie. L’amica
dell’orto per Halloween, la compagna di gite sul torpedone, Sally e lui
sotto un diluvio feroce, zuppi d’acqua e infreddoliti, al ritorno dal
campo estivo e mezzi morti di freddo, a lamentarsi di come senz’altro il
clima era migliore cinquant’anni fa senza saperne un ciufolo.
In effetti, se c’è una ragazza con cui
andrebbe a questo ballo di primavera, realizza Linus con il cuore in gola,
quella ragazza è Sally Brown.
Ha pensato di tornare indietro a dirglielo, ma prima ha
ritenuto migliore andare a lavarsi la faccia, sedersi un attimo nel fagiolo per
calmarsi e bere un bel bicchiere d’acqua, ed è allora che si
è imbattuto in Lucy, sconvolta.
E’ quello che le racconta brevemente davanti al
gelato, senza sprecarsi in dettagli prima che l’attenzione di lei si
sposti altrove. Lucy lo osserva ancora sbigottita, poi scuote piano la testa.
“Starai mica diventando
meno pusillanime e insignificante?” commenta, assorta.
Linus fa spallucce, senza cogliere la provocazione.
È un momento raro tra lui e Lucy, sarebbe stupido permetterle di
rovinarlo così facilmente.
“Comunque sia, le chiederò di venire al ballo
con me domani dopo la scuola.”
“Sono ancora senza parole,”
osserva Lucy. “Non credevo ci saresti mai riuscito.”
“A zittirti?” aggiunge lui, canzonatorio.
“In effetti, sorprende anche me,” conferma,
sorridendo nel farle strada verso casa.
Linus Van Pelt non ha quasi
chiuso occhio per tutta la notte. Si è rotolato nel letto facendosi
domande – Sally è molto arrabbiata con lui? Abbastanza da
rifiutare il suo invito solo per ripicca? Può succedere
d’innamorarsi di una persona che avevi accanto da un sacco di tempo, in
un momento qualunque? Cosa dirà Charlie Brown?
– e ha passato tutto il tempo ad inspirare ed espirare profondamente,
tentando di calmarsi senza alcun risultato positivo.
A scuola, durante le lezioni, il calmo, studioso e posato
Linus Van Pelt ha dato un insolito spettacolo,
ché ha continuato a dimenarsi sulla sedia ininterrottamente come fosse
stato vittima del Ballo di San Vito. Quando lui e Charlie Brown,
come sempre, si sono allontanati insieme all’uscita da scuola, è
rimasto sfuggente e silenzioso per tutto il tempo che hanno impiegato a
dirigersi verso il campo di baseball cittadino, dove oggi Patty gioca
un’amichevole cui hanno promesso di assistere.
Arrivano con largo anticipo, trovando già sul posto
Marcie, fedele spettatrice delle
partire dell’amica. Non riuscendo assolutamente a star fermo, per non
insospettirli, Linus accampa la scusa di aver bisogno del bagno.
“Torno subito,”
afferma, dileguandosi per restare ancora qualche minuto da solo.
Poteva non dir nulla, restare seduto a sobbollire in
silenzio e cercare di respirare, attendendo l’arrivo di Lucy e Sally.
Invece s’incammina tra gli spalti, poi s’infila negli spogliatoi e
ne esce dall’uscita secondaria, prendendo un lungo, profondo respiro per
calmarsi.
Patty è lì, accoccolata sull’erba. Di
spalle, Linus vede il suo busto piegato tristemente in avanti e,
automaticamente, le va accanto.
“E’ tutto a posto, Patty?”
Lei sussulta, affrettandosi a voltare il viso.
“Ciao, Linus,”
mormora. “Sicuro, ehi, solo un poì di
stress per la partita!” afferma goliardica.
Lui si siede di fianco a lei, premuroso.
“Sicura?”
C’è un istante di silenzio, seguito da una
sorta di rantolo di femminile disperazione che, ancora una volta, lo
terrorizza.
“Oh, certo che sì!” sbotta Patty
rabbiosa. “Un maschiaccio come me non può certo essere triste,
no?”
“Patty…”
“E’ sempre la solita
storia. Sono
brutta e ho il naso grosso, sono sgraziata e nessuno si sognerà mai di
invitarmi al ballo. Non m’importa dei ragazzi, non mi
piace nessuno, ma per una volta vorrei essere uguale a tutte le altre!”
geme lei energicamente, tirando su di naso. “Vorrei
che qualcuno mi dicesse che non c’è nessun’altra che
preferirebbe invitare a me, ecco, e invece non può succedere.
Perché io devo essere Piperita Patty?” si lamenta,
afflitta.
Linus scorge lo scintillio della lacrima sulla sua guancia
e, inquieto, le appoggia una mano sull’avambraccio.
“Te l’ho già
detto, credo, Patty: la bellezza è
nell’occhio di chi guarda. C’è sicuramente qualcuno che ha visto, o
che vedrà, la bellezza che hai dentro,”
commenta, filosofico.
“Come no. Sei bravo a parlare, tu,” borbotta lei, sarcastica.
Lui prende un profondo respiro, di nuovo. Esita per
qualche secondo, indeciso sul da farsi, e alla fine, scrollando appena le
spalle, riprende a parlare.
“Non credo di poter dire che
non ci sia nessuna ragazza che preferirei a te, Patty, perché non so chi
sia la ragazza che preferisco. Però ci conosciamo da tanto, e ti considero una
bella persona. Se vuoi venire al ballo con me, sono sicuro che insieme ci
divertiremo come i buoni amici che siamo.”
La ragazza volta di scatto il viso arrossato verso di lui,
attonita.
“Sul serio?” esclama a voce alta.
Linus trattiene un sospiro, ingoiando l’ultimo
soffio di rimpianto. In fondo, Sally aspetta un suo invito da tutta la vita:
non cambierà molto attendere una settimana in più, per il bene di
un’amica.
“Certo, Patty. Mi concedi di farti da cavaliere al
ballo di primavera?”
Lei lo osserva per qualche secondo a bocca aperta, prima
di sfregarsi la mano sugli occhi.
“Non ti vergognerai di me?” chiede, incerta.
“Perché dovrei? Sei una ragazza in gamba,
altruista e di carattere. Sarò onorato di arrivare al ballo con te,” risponde lui, dal signore di belle parole che
è. C’è qualche altro momento di silenzio greve, incredulo.
“Ti verrò a prendere alle sei alla casa nuova, d’accordo? E
adesso smettila di essere triste e vai a stracciare la squadra avversaria.”
Patty si rischiara d’improvviso, emette un risolino
sempre più scrosciante e poi le tremano le labbra di commozione.
“Tu sei un vero amico, Linus. Quello che stai facendo per me
è molto bello,” mormora nasale, col
groppo in gola.
“E’ un piacere, Patty,”
si schermisce lui, galante e un po’ spavento all’idea che si
rimetta a piangere anche lei.
“Grazie, grazie, grazie!” sbraita lei,
gettandogli le braccia al collo. “Sarò più carina che posso per non farti troppo sfigurare! Oh,
grazie Linus, grazie davvero!” Ripete, prima di balzare in piedi con
entusiasmo. “Ci vediamo dopo, amico mio, ti dedicherò la
vittoria!” promette col naso colante, prima di lanciarsi verso
l’interno, diretta al campo da gioco.
Linus la guarda sparire con un sorriso vagamente ebete, il
petto riempito da una straordinaria leggerezza.
In quel momento Snoopy gli trotterella accanto come un
gentiluomo in villeggiatura, rallentando di fianco a lui con l’aria di
domandarsi che ci faccia lì con quell’espressione.
“Inutile, non posso vedere una donna che si dispera
senza far nulla,” annuncia Linus, stringendosi
nelle spalle. “E’ più forte di me.”
Snoopy sembra annuire con approvazione, posando il sedere
bianco di fianco al suo.
Niente di più
giusto, ragazzo della coperta, pare sorridere, con un educato scodinzolio.
“Scommetto che anche tu la
pensi come me.
Devi avere le tue belle storie da raccontare, in merito,”
aggiunge Linus, comprensivo.
Snoopy leva a testona verso l’alto, maestoso.
Ci puoi giurare, amico. Se solo potessi parlare, ti racconterei di
quella graziosa ed infelice cameriera francese, quand’ero pilota sul
fronte…
Per una volta, Lucy è animata davvero dalle
migliori intenzioni nei confronti del fratello, quando prende da parte Sally
appena la vede arrivare al campo da baseball.
“Che ti piglia?” le chiede l’amica,
sorpresa.
“Ho pensato che sia meglio se te lo dico io in
anteprima per evitare che tu abbia reazioni inconsulte al momento del dunque,
è bene che tu sia preparata,” le annuncia
d’un fiato, con quel fare un po’ adulto che ha con lei.
“Di che stai parlando?” chiede Sally sempre
più confusa.
“Prometti di non metterti a urlare. Non dovrei
parlartene e non voglio che mi scoprano.”
“Ma parlarmi di cosa, Lucy?” insiste lei,
cominciando a pensare che si tratti di uno dei suoi perfidi scherzi.
L’altra sospira.
“Non mi spiego davvero perché mai una
dovrebbe essere felice di una notizia del genere, ma so che tu lo sarai,” esordisce con vago ribrezzo. “Mio fratello ha
intenzione di portarti al ballo, sabato,”
annuncia magniloquente.
L’idea che si tratti di un perfido scherzo si
rafforza, nella mente di Sally.
“Sì, come no. L’ho già invitato io
e ha rifiutato, perciò non perdere tempo,”
risponde a denti stretti, facendo per scartarla.
“Nonono,”
ripete Lucy convinta. “Ha cambiato idea. Me l’ha detto ieri
pomeriggio, e mi ha detto anche che intende chiedertelo oggi. Giuro,” aggiunge, notandola ancora molto scettica,”
che è la verità, sul mio matrimonio con Schroeder!”
Sally sgrana gli occhi con nuova attenzione, colpita. Al
di là del fatto che con ogni probabilità quel matrimonio non
avrà mai luogo, Lucy non giurerebbe mai su una cosa simile a cuor
leggero.
Il pensiero che quel che le ha detto Lucy sia vero, e che Linus stia realmente per invitarla al ballo,
attraversa la mente di Sally come una girandola colorata, splendente.
“Dici sul serio?” mormora col poco fiato che
ha.
“T’ho appena giurato…”
“YOOO-HOOO!”
L’urlo sfrenato di Sally le attira parecchi sguardi,
appena prima che Lucy le tappi la bocca con la mano e l’afferri per le
spalle con l’altro braccio, per farla smettere subito di scalmanarsi. Per
poco non rovinano entrambe giù dai gradoni, e la piccola Brown non smette del tutto di agitarsi ed emettere gemiti
di euforia attraverso le dita dell’amica.
“Ma che cosa…?” borbotta Charlie Brown, all’erta.
“Shhhh!” tuona
– solo lei può riuscirci – Lucy imperiosa, intravedendo la
figura del fratello che, riemersa dai bagni, si inerpica verso di loro.
“Contegno, Sally, datti un contegno!” intima, sedendola
di peso.
L’altra non fiata oltre, restando lì
accovacciata col più rimbambito, smagliante dei sorrisi. E quando Linus,
raggiunta la piccola comitiva, le rivolge un cenno di saluto e la scopre con
quella faccia, la sua fronte s’aggrotta leggermente.
“Ti senti bene, Sally?” domanda, incerto sul
da farsi.
Lei annuisce freneticamente, il cuore che scoppia di
gioia. I capelli le vanno su e giù a quel movimento esagerato, le punte
sfiorano le spalle come fili di lana.
“Certo!” trilla. “Siediti pure qui,” aggiunge estasiata, battendo la mano accanto a
sé.
Linus la studia per un istante con vago sospetto, poi
annuisce e si accomoda accanto a lei. Lucy si sposta leggermente, con un
sorriso che sta tra la tenerezza e l’odio e che il fratello preferisce
non analizzare. Si limita a mettersi un po’ più comodo accanto a
Sally, senza nemmeno guardarla per non tradire nemmeno lui sa cosa.
Farà finta di niente ancora per qualche giorno, visto
che non la può invitare al ballo. Si comporterà come se niente
fosse e poi, magari la settimana prossima, la inviterà fuori. Non al
cinema o a mangiare il gelato, come farebbe di solito con qualche ragazza
casuale, ma a fare qualcosa di diverso, di riservato a
lui e lei. Si farà venire un’idea, o forse lascerà che sia
Sally, assurda com’è, a decidere dell’appuntamento.
Così guarda la partita senza troppo interesse,
ignaro del turbinio di emozioni che scuotono la testolina bionda accanto alla
sua. Sally se ne sta lì con cuore stretto, il fiato mozzo e una specie
di sorriso lacrimoso a metà nella gola, le ginocchia che tremano e lo
sguardo appannato. Vorrebbe allungare un braccio e toccargli la mano, oppure
scostargli i capelli sempre un po’ disordinati dalla fronte. Vorrebbe
appoggiare la testa alla sua spalla e annusargli il collo, e tutte quelle altre
cose da film che ha sempre immaginato con Linus.
Ma non riesce a far nulla, nemmeno a muoversi. Quasi le
è impossibile persino prendere fiato, durante tutta la partita. Una
serie che le pare infinita di lanci, di strike e di
ribattute, di corse da una base all’altra tra le incitazioni di una
tifoseria di cui non riesce a far parte, troppo impegnata a sentire Linus
respirare.
Quando la partita finisce, Sally nemmeno se ne accorge.
Né si accorge dei vincitori che portano in trionfo il loro capitano,
finché Patty non è lì a bordo campo, a pochi metri da
loro, tra le ovazioni dei compagni.
“Grazie!” esclama gioiosa, con la voce alta e
squillante, roca per le urla di tutta la partita. “Grazie
a tutti, e grazie soprattutto al mio cavaliere per il ballo di primavera!
La vittoria è tua!” sbraita euforica,
gesticolando verso di loro con un sorriso stratosferico.
Molto verso di loro.
Sally aggrotta la fronte, stupita. Sembra praticamente
guardare lei, o proprio accanto, sembra…
“Linus.” E Lucy troneggia sopra le loro
schiene, con le braccia puntate sui fianchi. “Potresti
venire un istante con me? Dovrei chiederti qualcosa di molto importante,” sibila con un sorriso.
“S-se è
strettamente indisp…”
“SI’.”
Lui sorride a Sally, alzandosi, e sorride ancor di
più a Patty giù nel campo, che certo non immagina di essere la
causa di una probabile faida in casa Van Pelt, e
forse di un massacro Brown – Van Pelt. Poi segue la sorella maggiore in disparte, e Lucy si
allontana sempre di più con un passo da killer, e lui dietro con un gran
desiderio di sparire.
“Linus,” attacca
Lucy, fermandosi tanto bruscamente che per poco non le cade addosso. Poi si
volta indietro in un sventolio dei capelli corvini,
l’ira che balena negli occhi. “Perché quando Piperita Patty
ha parlato del suo cavaliere al ballo sembrava proprio che guardasse te, Linus?” abbaia, minacciosa.
Lui deglutisce faticosamente, passa due dita nel colletto
come se non riuscisse a respirare e il suo sguardo fugge di lato.
“Forse perché… sarò io il suo
cavaliere al ballo?” ipotizza innocentemente.
“Questo è ridicolo, Linus,”
ringhia Lucy con fare costernato e un po’ ilare, come se si trattasse di
uno scherzo mal riuscito. “Perché tu devi già andarci con
Sally, al ballo. La inviterai proprio ora, ricordi,
BRUTTO IDIOTA?”
Lo strillo gli fa serrare gli occhi e incassare la testa
nelle spalle, ritraendosi appena.
“I-impossibile. Ho già invitato Patty,
proprio prima della partita,” ammette,
già pronto a ricevere un colpo violento.
“Raaahgh!” ruggisce
Lucy, mimando un calcio nel vuoto. “Ma perché a
me, perché, razza di cretino? Io ho detto a Sally che
l’avresti invitata proprio poco fa! Tu
ora…”
Ed è Linus a spalancare gli occhi e raddrizzarsi di
scatto, i capelli particolarmente svirgolati, l’espressione atterrita.
“Auuugh! Tu cosa? Perché, perché, perché
lo hai fatto?” esclama istericamente.
Lucy spalanca le braccia.
“Pensavo sarebbe stato utile! Avevo il timore che svenisse ai
tuoi piedi per la sorpresa o facesse qualcosa di strano che ti avrebbe
traumatizzato visto che sei stupido, ma mi sono sbagliata perché tu sei troppo stupido per essere soltanto
stupido! Tu sei la quintessenza della
stupidità!” inveisce inviperita.
“Ma tu non dovevi dirglielo! Cosa farò
adesso? Mi ucciderà! Non mi perdonerà mai! Proprio
ora che poteva cambiare tutto TU sei intervenuta! Non lo sopporto, non
lo sopporto proprio!”
“Non dare la colpa a me se sei un tonto!” si
difende Lucy, sostenuta. “Ora dovrai andare da Patty e dirle che non se
ne fa nulla e…”
“Ma non posso! Lei stava
piangendo perché nessuno la inviterà mai al ballo dato che
è brutta e…” sibila Linus, prima di scrollare
drammaticamente la testa.
“Beh, non è che sia uno schianto, eh!”
sbotta Lucy esasperata. “Perché devi sempre essere
nobile, eh? Non
lo sopporto!”
“Sempre meglio una come lei
che una come te, tanto belloccia quanto meschina! Non mi
stupisce affatto che Schroeder…”
“LINUS!”
Rimangono a guardarsi come cani in lotta, solo ieri
incredibilmente vicini, adesso più lontani e più ostili di quanto
siano mai stati nella vita. Nessuna scaramuccia, niente dispetti, questa
è proprio collera vera, di entrambi, ed è strano vedere Linus
arrabbiato quanto lo è stato veder Lucy piangere. Ma lei è troppo
offesa dalle sue ultime parole, per pensarci.
“Spero che Sally ti odi per sempre.”
Lei volta i tacchi e se ne va e Linus la lascia fare,
perché è così arrabbiato e allarmato adesso che non sa
quel che potrebbe farle, ma forse sarebbe più cattivo di quanto possa
sopportare di essere. E resta
lì a respirare forte e aspettare che tutto il suo corpo si calmi, anche
se non ha coperte e servirebbe qualcosa, qualcosa qualunque.
“Ti senti bene?”
E’ la voce quieta di Charlie Brown,
sinceramente preoccupata e vicina al suo orecchio. Socchiude le labbra per
rispondere e poi resta lì in silenzio, nauseato. Prende fiato.
“Mi dispiace, Charlie Brown,
credo sia successo un pasticcio,” annuncia cupo.
“Mmh… Non credo che
mi stupirò, tutto sommato,” replica
l’altro, sconsolato. “E’ quello che mi capita di
continuo.”
Linus annuisce debolmente.
“Me ne vado a casa. A domani,
Charlie Brown.”
C’è una cosa, però, cui Linus non ha
pensato: adesso resteranno tutti lì insieme, Sally compresa. E qualcun
altro che non è lui la informerà del fatto che il suo cavaliere
ideale ha cambiato piano, e che non sarà lei quella che porterà
al ballo.
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Molte grazie a Solly per le gentili parole e l’apprezzamento. Sono
molto contenta che ti sembri coerente col fumetto, e ovviamente che lqa mia interpretazione abbia reso giustizia all’amatissimo
Snoopy. Spero che questo capitolo e i successivi continuino a sembrarti adeguati,
e a presto!