Il pranzo era stato particolarmente luculliano. Per primo
c'erano state tagliatelle alla bolognese con ragù, tortelloni
ricotta e spinaci, gramigna panna e salsiccia. Per non parlare dei
secondi. C'era qualcosa di carne e un po' di pesce, ed era stato tutto
buonissimo. Mantenendo fede ad una sua vecchia promessa, Andrea uscì sotto il
portico del ristorante. Per espressa volontà di Marco, il ricevimento era stato
celebrato in un paesino di montagna vicino a Sondrio, da dove si potevano
vedere chiaramente le montagne svizzere. Si accomodò su una delle poltroncine,
accavallò le gambe e si preparò a mantenere fede alla sua promessa...
Dal taschino della giacca tirò fuori una bustina trasparente, tipo quelle che
usano i detective per raccogliere le prove. Al suo interno... una sigaretta.
Con molta cura la tirò fuori dall'involucro, tenendola fra l'indice e il
pollice e squadrandola con gli occhi. Si leggeva chiaramente la scritta
"Marlboro" sul fianco della sigaretta, a formare un anello proprio
sopra il filtro.
Se la passò sotto il naso, aspirando l'odore di tabacco stagionato. Quella era
stata la sua ultima sigaretta, a vent'anni: si era ripromesso di smettere di
fumare e di fumarsela una volta laureato. Si aspettava che sarebbe passato un
bel po' di tempo, prima di allora, ma invece le cose erano andate meglio del
previsto. Ragion per cui, annuì compiaciuto di sé stesso e se la ficcò in
bocca. Quando si tastò le tasche per cercare l'accendino, bestemmiò tra sé e
sé.
"Porca putt... ho dimenticato l'accendino."
Fece per alzarsi e andarne a prendere uno, quando una mano con l'accendino si
avvicinò alla sua bocca. Era Emanuele.
-Credevo che avessi smesso di fumare.-
-Infatti è così.-
Emanuele gli accese la sigaretta, poi ne tirò fuori una a sua volta e se
l'accese. Andrea tirò avidamente una boccata di fumo, chiudendo gli occhi e
aspirando di piacere.
-Come vedi, anch'io ho fatto la stessa promessa. E chi
se l'aspettava che mi laureavo così in fretta?-
-Io no di certo.-
-Spiritoso...-
-Ahahah! Dai, scherzo. Congratulazioni,
comunque. Con quanto ti sei laureato?-
-Il minimo sindacale. Ti ho detto tutto.-
Altra risata di Andrea, che ridendo si portò la sigaretta alla bocca e fece un
altro tiro.
-Il voto universitario non conta, dicono... Conta di
più quanto riesci ad essere te stesso.-
-Forse in un altro paese. Qui in Italia i laureati non hanno tutta questa
considerazione.-
-Secondo me...-
Non fece in tempo a finire la frase che alle sue spalle comparve Marco, che lo
abbracciò da dietro e gli schioccò un bacio sulla guancia. Emanuele fece finta
di niente, ostentando sicurezza con la sigaretta in mano. Andrea sorrise.
-Ed ecco qui il nostro secchioncino.....
Ho sentito che hai preso centodieci e lode, non è vero?-
-Sì è vero! Che bello, che bello! è una sensazione
magnifica!!!-
-Dai testina, dimmi a chi hai dato il culetto e facciamo prima. Ahahah!-
Marco aprì la bocca di sorpresa, poi arrossì e tirò uno scapaccione all'amico
milanese, che ridendo lo tirò per il braccio e lo fece inciampare.
-Non ho dato il culo a nessuno, signor balengo! Ho
studiato come un mulo giapponese e questi sono i risultati!-
-Bravo, bravo... dai, adesso però facciamo una bella scommessa, vuoi? Chi trova
lavoro per primo vince un premio.-
-Che stronzata. Allora siamo tutti e tre squalificati.-
Sentenziò Ema, fumando e osservando la vista delle
montagne svizzere nel caldo di Giugno. Il pensiero di dover trovare un lavoro,
però, sembrava aver rabbuiato Marco. Senza parlare,
prese una poltroncina anche lui, mettendosi accanto ad Andrea.
-Che c'è?-
-N...Niente...-
-Dai, sputa il rospo.-
Si girò anche Ema. Capiva perfettamente quando il suo
Marcolino era preoccupato, anche se ora erano
soltanto amici... Per prima cosa, si aggiustava gli occhiali...
(Marco si aggiustò gli occhiali)
...poi si sistemava i capelli perennemente sparati
dappertutto..
(Marco si passò una mano tra i capelli)
..e poi sospirava.
Eh sì, c'era qualcosa che lo turbava.
-Cosa c'è, micetto?-
Interpellato da Andrea, Marco si mise a parlare.
-Ecco... io... ho un po' paura di trovare lavoro. E se poi... noi tre ci
separassimo?-
Come se avesse sparato una cannonata sulla folla, Ema
e Andy si girarono verso di lui a bocca aperta.
-Che stronzata!!!-
-Micè, ma che stai a dì? Viviamo insieme, abbiamo una
casa in tre... fra poco viè a vivere pure Stefano...
di che c'hai paura?-
Quando Emanuele era nervoso, si metteva a parlare in romanesco. Tipico. Marco
lo conosceva troppo bene. Il fatto che fosse un po' nervoso anche lui, lo
tranquillizzò un attimo, ma il semplice fatto che non si sarebbero più visti in
aula la mattina lo buttava giù di morale. Questo pensiero aveva fatto la sua
comparsa alla terzultima lezione di Aprile, quando ormai mancava poco al Grande
Giorno. Era arrivato come un pensiero innocente, quasi una domanda. Ma poi si
era fatto strada nella sua mente, acchiappandogli i neuroni e strizzandogli il
cervello tutte le volte che vedeva gli annunci di lavoro esposti nelle vetrine
delle agenzie interinali. "Coraggio venite qui e
troverete lavoro, qualcosa che vi darà denaro, che vi impegnerà otto ore al
giorno e mangerà i vostri pensieri e la vostra fantasia... Benvenuti nel mondo
degli adulti, ragazzi. Credevate di restare per sempre all'università? Vi
sbagliavate di grosso..."
Gli venne da piangere. Due lucciconi grossi come lanterne si formarono sotto i
suoi occhi, e poi sgorgarono in un pianto a dirotto.
-Sigh! Sob!!-
-Oddio.. Marco...-
-Marcolino...-
Ma lui niente, piangeva e si teneva il viso con le mani, inondando di lacrime
salate le lenti degli occhiali. Preso da un istinto di tenerezza, Ema si alzò dalla poltroncina e andò ad abbracciarlo
teneramente. Poco lontano, due signore erano uscite a fumarsi una sigaretta,
parlando di mariti... osservarono la scena. Siccome sapevano che erano tre
neolaureati (li avevano visti entrare con le corone d'alloro in testa), si
guardarono in faccia annuendo di compassione, come a dire "Poveri loro...
Da adesso in poi sapranno anche loro cos'è il precariato"...
Proprio come nel film "Tutta la vita davanti"... e forse quel film
era stato uno dei fattori che aveva scatenato il germe della malinconia in
Marco.
Contrariamente alle aspettative, Andy gli tirò uno scapaccione.
-Ma che cazzo piangi, smidollato! Hai preso centodieci e lode, hai scritto
trecento pagine di tesi, hai fatto una discussione impeccabile.... DOPO ESSERTI FATTO UN MAZZO COSì,
HAI ANCORA IL CORAGGIO DI PIANGERE?? MA SII FELICE,
IDIOTA!-
Ema trovò che Andy avesse
esagerato leggermente, ma non gli disse niente... perché in fondo aveva
ragione. Allo stesso tempo però riprovava ancora quella sensazione di
protezione verso il suo ex ragazzo, stringendolo dolcemente. Represse l'impulso
di baciarlo, con la scusa che c'era troppa gente... Allora toccò ad Ema consolarlo.
-Anche se Andy ha esagerato un po'...-
(E guardò male Andrea)
-...quello che dice è vero. Non piangere, vedrai che
con la laurea che hai, troverai un bel posto di lavoro e tanti colleghi
simpatici. E poi... la sera tornerai a casa, ci saremo io, Andrea... Stefano...
Ti piace tanto stare con Stefo! Dai
coraggio, sorridi!-
Marco fece uno sforzo. Sulle sue labbra si schiuse un sorriso molto debole,
come una fiammella... Poi, Emanuele lo guardò intensamente....molto
intensamente.....così intensamente che per un attimo sembrò volesse
ipnotizzarlo.... poi....... Gli fece una linguaccia e incrociò gli occhi. Marco
prima sorrise, poi si mise a ridere come uno scemo. E Andrea con lui.
Per un momento soltanto, le loro risate sembrarono riportarli indietro... più
indietro dell'università, precisamente al liceo dove studiarono insieme, quando
ancora Ema e Marco litigavano contendendosi una
ragazza... Solo che adesso era cambiato tutto. Erano diventati amici, e insieme loro tre erano semplicemente una cosa sola.
Andrea... con i suoi ciuffi biondi e gli occhi bellissimi...
Emanuele, con i suoi capelli lunghi e la risata cristallina...
e Marco, con la sua statura bassa ma pieno di tanta gioia e dolcezza.
Amici per sempre.