Helter Skelter
When I get to the bottom
I go back to the top of the slide
Where I stop and turn
and I go for a ride
‘Till I get to the bottom and I see you again
Yeah, yeah, yeah
Do you don't you want me to love you
I'm coming down fast but I'm miles above you
Tell me tell me come on tell me the answer
and you may be a lover but you ain't
no dancer!
Go helter skelter
helter skelter
helter skelter
Yeah, hu, hu
I will you won't you want me to make you
I'm coming down fast but don't let me break you
Tell me tell me tell me the answer
You may be a lover but you ain't
no dancer!
Look out
Helter skelter
helter skelter
helter skelter
Yeah, hu, hu
Look out cause here she
comes
Helter Skelter
She's coming down fast,
Yes she is
Yes she is
coming down fast!
The
Beatles - Helter Skelter
Prologo.
“Sei irriconoscibile.”
“Lo so. Tu non poi così tanto, alla fin fine.”
Non rispose, rimase a guardarmi. Eravamo pericolosamente vicini.
“Spegni quella sigaretta, maledizione.”
“Lo farò solo per un ottimo motivo.”
“Un bacio?”
Ci avvicinammo, come se fossimo due poli opposti che si attraevano, in maniera
ormai indivisibile.
Capitolo uno.
Era una sera calda ed afosa. Non ricordo, che giorno era? E
il mese? Non era quello l'importante.
Era estate, e tutto il resto era superfluo.
Era una di quelle sere abbastanza normali, tipicamente estive. L'aria odorava
di Lucky Strike e pizzicava il naso, ma dopo tutto
quel tempo, mi ero abituata all'odore delle sigarette. Qualche nota
vagava nell'aria, uscendo da casse armoniche di chitarre perfettamente accordate.
Risate spensierate, giovanili.
Le giovani bocche delle ragazze erano incorniciate in maniera minuziosa da
lucidi trasparenti, fruttati, o colorati. Esse si alzavano e passeggiavano,
lasciando dietro di loro una scia di profumo.
Vestiti leggeri che venivano indossati, magliette
scollate, a maniche corte, fantasie simpatiche, colori sgargianti, infradito ai
piedi.
Le lucciole notturne cantavano nell'aria, come se facessero parte di una
piccola orchestra.
Mani che si rincorrevano, corpi stretti in abbracci, bocche
che si cercavano.
Era tutto perfetto, di una perfezione inimmaginabile.
Era così, quella estate, ed io la stavo passando
insieme a lui. Lui, il mio migliore amico, il mio
ragazzo. Faceva un certo effetto pronunciare quella frase, per me, nonostante
fosse già passato parecchio tempo, da quando c'eravamo
messi assieme. Forse non avrei mai saputo abituarmi, nonostante tutto.
Eravamo ad una festa, in un grazioso villino di campagna. C'erano tanti nostri
amici, e c'era odore di libertà, di divertimento; persino le risate sembravano
avere un odore. Ero felice. Erano stati mesi di una felicità pura, intensa...
Eravamo fidanzati, e ci baciavamo. Bevevamo
dallo stesso bicchiere, e ridevamo assieme per qualche battuta di un ragazzo lì
vicino, un nostro amico. Lui teneva un braccio attorno alla mia vita, e io ero
appoggiata alla sua spalla. Respiravo il profumo che proveniva dalla sua
maglietta blu a maniche corte, e mi nascondevo fra l'incavo del suo collo e
della sua spalla. Ridevo, gli facevo il solletico con
i miei capelli, e rideva anche lui. Cercavo i suoi occhi e li trovavo sempre
lì, a restituirmi lo sguardo, come avevano fatto ogni giorno in tutti quei
mesi. Guardando quegli occhi, avevo la convinzione che tutto quello sarebbe
durato per sempre.
Che stupida.
Era quasi mezzanotte, il che significava che presto sarebbe scattato il mio
coprifuoco. Era incredibile come il tempo passasse velocemente
quando ero con lui; era incredibile come mi sentissi bene con lui al mio
fianco.
“Facciamo una passeggiata. Devo parlarti, ti va?” mi
sussurrò lui all’improvviso all’orecchio.
“Okay.” Non era un buon inizio.
Ci alzammo. Allungai un braccio verso di lui, per indicargli di prendermi la
mano, ma non lo fece. Ci rimasi male, mentre sentivo il cuore che tamburellava
impazzito. Conoscevo quel modo di fare. Non poteva essere...
No.
Ci allontanammo dagli altri. Lui camminava davanti a me con le mani
sprofondate nelle tasche, e io potevo vedergli solamente le spalle. Calciò
sulla terra più volte, e poi parlò, non voltandosi.
“Dobbiamo lasciarci.”
Quella frase suonò come una fucilata dentro la mia testa. Rimasi in silenzio e
me la ripetei più volte in testa, molto lentamente, come se volessi
convincermene, per metabolizzare il significato di quelle due parole assieme. Come se volessi assicurarmi che non stavo sognando, ma che era
tutto terribilmente vero.
Dobbiamo lasciarci, dobbiamo lasciarci...
“E' uno scherzo.” mormorai.
Non rispose, soltanto abbassò lo sguardo.
Gli andai incontro, e mi misi di fronte a lui, cercando di guardarlo negli
occhi. Almeno questo, me lo doveva; ma anch’io avevo paura di guardarlo negli
occhi e non ritrovare più quella sicurezza, quella
convinzione. Sarebbe stato sicuramente così, e allora avrebbe significato che
era davvero la fine.
“Ti prego, dimmi che è uno scherzo!” esclamai.
Continuò a non rispondere. Si morse le labbra, i capelli gli coprivano gli
occhi, quindi mi era impossibile intercettare il suo sguardo.
“Perché... perché? Perché vuoi farmi sempre così male?
Non ti è già bastato? Dio, Alex...” cominciai a dire.
“Lo sai anche tu, Adrienne. Presto, e
inevitabilmente, ci saremmo divisi comunque. Lo sai.. prenderemo strade diverse, fra un po' di tempo. Mi pareva
che ne avessimo già parlato.”
“Ma... Come? Non dovevamo rimanere insieme? E anche se ci fosse stata della lontananza, questo non poteva tenerci
ancora più uniti? Non avevi detto questo, o l'ho solamente
immaginato?”
“L'ho detto credendoci, Adrienne, ma... Ho capito
che... No, non è così. Per questo è meglio finirla qui.”
Io e Alex avevamo parlato
del futuro, sempre. Lui voleva diventare un musicista, io scrittrice.
Chiaramente, il luogo dove abitavamo non offriva alcun tipo di possibilità:
dovevamo necessariamente cambiare e trasferirci. Ne avevamo
sempre parlato, però, immaginandoci assieme. Rare volte avevamo pensato di
dividerci alla ricerca di un futuro migliore; ma avevamo sempre scartato la
possibilità, perché nessuno poteva vivere senza l'altro. E dicevamo
che se mai il corso delle cose ci avrebbe costretti, saremmo stati più uniti che
mai.
Adesso invece sembrava che Alex avesse scelto una
strada diversa dalla mia.
“Io.. Io..”
Non sapevo cosa dire. Rimasi senza parole, fissandolo, con un groppo in gola.
“Non so se riuscirei a stare lontano da te, e a non
vederti per molto tempo. Per questo è meglio separarci ora: forse... sarà meno
doloroso. Sarai pur sempre la mia migliore amica.” disse lentamente.
Feci una lunga pausa, e stringendo gli occhi, scossi lentamente la testa. “Ma che cosa dici? Ma che discorsi mi fai?
Come se non lo sapessi... Io ti amo, Alex, ti amo da morire, cazzo, e... credi che la tua
amicizia mi basti?”
“Lo so, maledizione, lo so!”
“E allora?”
“E allora, se mi ami quanto dici... ti supplico, credimi. Non
mi fare sentire più in colpa di quanto non mi senta già. Perché non vuoi accettare quel che ti dico? Ti chiedo solo
questo. Di accettarlo... Non di capire. ”
Ci fu una lunga pausa.
“Non finisce mai bene, con te. Cos'è, una maledizione?” dissi
ancora, ignorandolo.
Rimase in silenzio.
”Eh, Alex? Guardami, accidenti!”
esclamai a voce stridula, perdendo la pazienza.
Rialzò lo sguardo su di me, di scatto. La vista improvvisa dei suoi occhi mi
spaventò. Non c'era più niente, lì dentro.
“Noi ci rivedremo. E potremmo stare ancora
assieme.” disse lui.
“Non ci credo. Non posso crederci. Come faccio a crederti ancora?”
“Vuoi dire che non ti fidi più di me, Adrienne?”
“Non è questo, ma... Mi fai troppo male... Ogni volta.”
Strinse gli occhi, e sospirò.
“Non mi vedrai per un po'. Ho bisogno di partire... Di
staccare la spina. Sono stanco di stare qui, di tutto questo, di questa città,
di vivere con i miei...”
“Sei stanco anche di me?” chiesi a bruciapelo.
Alex non rispose. “E’ tutto troppo confuso. Quando ci rivedremo, sarà diverso. Proverò...
proverò a spiegarti. Quando ci rivedremo, sarà
tutto come prima. Anzi, no... Sarà migliore.”
“Promettimelo.”
Non gli credevo, per niente. Aveva detto “quando” invece di
“se”, ma ero troppo debole e delusa per credergli davvero. Non riuscivo
neanche a sforzarmi.
Ma lo amavo, e questo bastava per annullare
tutto.
Si avvicinò, e mi parlò all'orecchio. “Te lo prometto.”
Non era più mio. Era una pausa di riflessione? Una pausa-e-basta? Boh.
Lo abbracciai e lo baciai, stringendolo forte a me. Ricacciai indietro le
lacrime. Non potevo crederci, non poteva essere, non
avrei sopportato un altro addio.
Mi lasciò andare e scostandomi i capelli dal viso, mi sussurrò ancora
all'orecchio. “Io ti amo, Adrienne. Ti amo. Fa
qualsiasi cosa, odiami pure, pensa che io sia uno stronzo
fallito – e forse è così. Ma ti prego, ti prego, aspettami.”
Ti aspetterò, lo prometto, non me ne andrò. Dai Alex, ti prego, ancora un
abbraccio, ancora un bacio, prima che tu vada via.
Buonasera.
Due anni fa pubblicai "Ovunque", e non avrei mai pensato, due anni dopo, di pubblicare il tanto acclamato seguito.
Beh che dire gente... Enjoy it, spero di ritrovare le vecchie persone che hanno seguito la mia storia. Dovreste essere curiose.
Please, leggete anche le mie altre storie originali:
- "But I'll be with you 'til the end" con AllegraRagazzaMorta
- "Quello che non c'è" con Aika_chan
Grazie a tutti =)