Videogiochi > Dragon Age
Segui la storia  |       
Autore: Shainareth    26/03/2010    5 recensioni
*** Si ringraziano Atlantislux per l'impeccabile betaggio, Ike_ ed Erecose per l'indispensabile consulenza, e Milly Miu Miu per le bellissime illustrazioni. Nonché tutti voi lettori. ***
[Dragon Age: Origins] Ero viva per davvero? O quel disgraziato mi aveva seguita nel regno dei morti col solo intento di prendermi per i fondelli? Pensando a questa possibilità, valutai seriamente l’idea di dargli una testata sul naso. Se non lo feci, fu unicamente perché Duncan si avvicinò a noi e mi porse un boccale d’acqua. Ancora frastornata, mi misi a sedere e bevvi avidamente, come se avessi una sete insoddisfatta da giorni, cercando di mandare via l’orribile sapore che avevo ancora in bocca.
Unica precisazione: la protagonista NON è una Mary Sue. XD
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Nimue Surana'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A





CAPITOLO SETTIMO – IL CASTELLO




«Lo conoscete?», mi chiese Leliana, alle mie spalle. Non le risposi, non riuscii a farlo.

   «Nimue, tu… tu che ci fai qui?», mi domandò invece il prigioniero, soddisfando indirettamente la curiosità della mia compagna.

   «Cosa ci fai tu in carcere, piuttosto!» Ero frastornata. «Che hai combinato, stavolta?»

   Jowan si morse il labbro inferiore, indeciso sulle parole da usare. «Io… ho commesso un errore.»

   «Anche bello grosso, a giudicare dal posto in cui ti hanno sbattuto», convenne Morrigan, l’unica che sembrava assistere impassibile alla scena.

   Lui si avvicinò alla grata. «Nimue… Dov’è Lily?»

   «Dove vuoi che sia?», farfugliai, sconvolta dalla sua faccia tosta. «È stata punita per colpa tua.»

   A quelle parole, Jowan affondò le dita fra i folti capelli neri, il viso stravolto dal dolore. «La mia Lily», sussurrò con voce tremula, entrando quasi in una trance capace di intorpidirgli ogni facoltà. «La mia Lily…»

   «Avresti dovuto pensarci prima, a lei e a quel che sarebbe capitato a tutti e tre a causa delle tue azioni!», iniziai allora a rinfacciargli, riprendendomi a poco a poco dallo shock e, soprattutto, mostrandomi per nulla disposta a perdonarlo. Non che oggi voglia giustificare l’operato di Jowan, ma all’epoca non ero ancora stata rapita dalla follia dell’amore, per cui forse risultai più dura di quanto avrei dovuto. «E ora, dimmi, che hai combinato qui?»

   Lo vidi alzare gli occhi su di me in un’espressione di terrore. «Nimue… Mia buona Nimue», prese poi a farneticare, slanciandosi per prendermi le mani, ancora strette attorno alle sbarre. «Vogliono giustiziarmi», sussurrò, tremando. «Tu mi aiuterai di nuovo, vero? Lo farai?»

   Mi sottrassi a quel contatto con un gesto di stizza. «No, se prima non mi avrai raccontato ogni cosa.»

   Jowan prese tempo, avvilito dal muro che avevo eretto fra noi, dando prova di non fidarmi più di lui. E come potevo farlo? «Quando sono fuggito dalla Torre del Circolo», iniziò allora, prendendo coraggio, «non sapevo dove andare. Non senza Lily. Mi sentivo vuoto, capisci?» Non so cosa mi trattenne dallo scagliargli contro una fattura. «Mi sono rifugiato a Denerim. Grande com’è, ho pensato che sarebbe stato più difficile essere rintracciato. E invece lo fecero, ma non per punirmi.»

   «Ti hanno lasciato andare? Com’è possibile?» Se Greagoir avesse saputo, non avrebbe mai perdonato un seguace della Magia del Sangue, per cui ero restia a credere a quanto appena udito.

   «In cambio mi ordinarono di venire qui», mi rispose Jowan. «Per uccidere un uomo», confessò, abbassando lo sguardo intriso di vergogna. «Arle Eamon.»

   Fu a quel punto che, rimasto devotamente in silenzio ad ascoltare, Alistair cedette all’ira, scagliandosi contro di lui. Vinto dalla sorpresa, e vedendolo con ancora la spada in pugno, Jowan si allontanò subito verso il fondo della cella. «È colpa vostra se è in quelle condizioni?!», urlò il Custode fuori di sé, mentre io mi precipitavo a frappormi fra lui e la porta della prigione, finendo schiacciata contro il metallo gelido dell’inferriata. «Lo avete ucciso?!»

   «No! No!», ribatté Jowan, spaventato. «È vero, sono stato io ad avvelenarlo, ma non l’ho ucciso!»

   «Jowan, come diavolo hai potuto?», mi unii allora ad Alistair, che finalmente si accorse di avermi travolta e fece alcuni passi indietro per consentirmi respiro.

   «Se non avessi obbedito, mi avrebbero consegnato ai templari!», si giustificò il mio vecchio amico, quasi in lacrime.

   «E questo ti autorizzava forse ad invocare un demone? Ti rendi conto di quanti hanno perso la vita, per questo?»

   L’altro scosse la testa con decisione. «Non l’ho evocato io, quello. Posso giurarlo», disse, tornando ad avanzare verso di noi, come a dimostrazione che era pronto ad affrontare anche la spada di Alistair. Il suo volto, alla luce tremula delle torce, mi parve sincero. Eppure non volli correre il rischio di credergli senza aver saputo prima ogni cosa. «È stato Connor a farlo», affermò con sicurezza, stravolgendo tutti.

   «Il figlio dell’Arle?», chiese Morrigan, la sola abbastanza lucida per interrogarlo in proposito.

   «Come… No, non è possibile», stabilì allora Alistair, non potendo concepire una simile assurdità. «Come e perché avrebbe dovuto farlo? È un bambino», continuò, risoluto. «Le vostre accuse…»

   «È un mago», replicò Jowan, interrompendolo. «Sua madre si era accorta della cosa non appena Connor aveva manifestato i primi segni di magia; ma non voleva che si sapesse per paura che glielo portassero via e lo rinchiudessero alla Torre. Com’è successo a noi due, Nimue», aggiunse, rivolgendosi di nuovo a me.

   A questo potevamo credere. Primo, perché Lady Isolde era talmente devota alla Chiesa che non era da scartare l’ipotesi che potesse aborrire la magia. Secondo, perché quello non sarebbe stato certo il primo caso di un genitore che nasconde la verità sul proprio figlio per timore di perderlo – e questo genere di cose succede spesso, in particolar modo fra gli elfi che non vogliono far crescere i propri piccoli in una comunità di umani, ragion per cui alla Torre del Circolo i maghi appartenenti alla mia razza sono in larga minoranza.

   «L’Arlessa lo ha nascosto persino a suo marito», continuò Jowan, «per cui, quando, poco dopo il mio arrivo, lei ha scoperto che non ho più legami con il Circlo, mi ha assunto come precettore del bambino.»

   «E tu gli hai insegnato la Magia del Sangue?», volli sapere, cercando di soffocare la rabbia che, lo sapevo, stava divorando anche Alistair.

   «No, affatto», ci assicurò l’altro. «Gli ho insegnato solo pochi incantesimi, di quelli basilari e del tutto innocui. Per controllare la magia, capisci?»

   «E il demone?», domandai, intimandogli di arrivare al dunque.

   Jowan non si lasciò pregare oltre. «Quando ho avvelenato l’Arle, mi hanno rinchiuso qui sotto, quindi non so bene cosa sia accaduto», spiegò. «So però che Connor è l’unico mago presente al castello, perciò non escludo che possa aver trovato uno dei miei libri e lo abbia usato per invocare il demone. Involontariamente, è chiaro.»

   «Chi è stato ad ordinarvi di uccidere l’Arle di Redcliffe?», intervenne Leliana, anche lei, come Morrigan, più lucida perché più estranea ai fatti e alle persone coinvolte in quell’inganno di quanto non lo fossimo io ed Alistair. Jowan spostò su di lei la propria attenzione, rimanendo quasi indifferente, come se fosse stato preparato a quella domanda. «Avete detto che è successo a Denerim. Deve trattarsi di qualcuno abbastanza potente da riuscire a spaventare un mago.»

   Quell’osservazione fu come un lampo capace di illuminare una notte di novilunio, ed un campanello d’allarme suonò prepotente nelle nostre teste, rendendoci consapevoli dell’identità del mandante dell’omicidio prima ancora che il prigioniero aprisse bocca.

   «Teyrn Loghain», confermò difatti Jowan. Ora tutto aveva senso, e la sua storia si sposava spaventosamente bene con la nostra. «Però, ve lo giuro, se avessi saputo che sarebbe andata a finire in questo modo…»

   «Hai cercato di uccidere un uomo, Jowan!», lo misi a tacere io, cedendo alla collera. «E non per legittima difesa!»

   «Ero stato ricattato», si discolpò debolmente lui. Ebbe per lo meno la decenza di abbassare ancora lo sguardo e di ammettere anche il resto. «Confesso, però, di aver ricevuto del denaro in cambio. E vista la mia condizione di fuggiasco, non sapevo in che altro modo procurarmene tanto in una sola volta. Non potevo permettermi di fermarmi nello stesso luogo troppo a lungo.»

   Sospirai, aggrappandomi pesantemente alla grata che mi separava da lui e rendendomi maledettamente conto che se ci trovavamo in quella situazione era anche a causa mia, che lo avevo aiutato a distruggere il suo filatterio alla Torre del Circolo. Senza quello, e senza la ragione per cui era diventato un Maleficar – e cioè Lily –, Jowan non aveva più nulla da perdere, eccetto la vita. Sul piano razionale potevo anche capirlo. Condannavo ancora il rito della Calma, ma, alla luce delle ultime scoperte, fui assalita dal dubbio che forse sarebbe stato meglio per tutti che lui lo avesse affrontato.

   «Nimue», mi chiamò in un sussurro, chiudendo i pugni attorno alle sbarre, poco sopra le mie mani, che ora non osava sfiorare. Levai gli occhi su di lui, trovando i suoi che imploravano aiuto. «Fammi uscire da qui, per favore.»

   Avrei voluto tornare bambina per potermi permettere il lusso di piangere a volontà. «Jowan», rantolai, disperata, «come puoi chiedermelo, dopo tutto quello che è successo?»

   «Io non volevo che si arrivasse a questo punto», ribatté. Era pentito, lo sapevo, lo conoscevo. Era sempre stato impulsivo e poco riflessivo, ecco perché commetteva errori tanto clamorosi. «Non avrei mai immaginato che Connor avrebbe richiamato un demone.» Ero indecisa, indecisa, indecisa. Gli volevo bene, tanto. Tuttavia, ero ancora ferita dal suo tradimento e, peggio ancora, dal suo crimine. «Fammi uscire, te ne supplico. Farò qualunque cosa per porre rimedio ai miei sbagli.»

   Mi presi qualche istante per riflettere. Jowan non era fondamentalmente cattivo, altrimenti non avrei mai potuto stringere amicizia con lui. Non dubitavo neanche del fatto che adesso dicesse il vero, e cioè che volesse davvero rendersi utile. Lasciarlo andare, però, significava correre troppi rischi, e se dovevo decidere fra il salvare la sua vita e se mettere forse ancora una volta a repentaglio quella degli altri… Non volevo condannarlo a morte, tuttavia ci ritrovavamo entrambi invischiati in faccende più grandi di noi – su schieramenti opposti, oltretutto – che non ci concedevano la libertà di scegliere in base ad egoistici, seppur comprensibili, capricci.

   «Non ti prometto niente», dissi alla fine. «Per ora resterai qui. È più sicuro anche per te.» Sentii Alistair che, al mio fianco, si lasciava andare ad un sospiro di sollievo. Giusto, pensai. Dovevo tener conto anche della sua opinione, poiché le azioni sconsiderate di Jowan avevano finito per far del male anche a lui, colpendo i suoi affetti. Capii allora di aver fatto bene a temporeggiare, così che avessi modo di riflettere con calma.

   Jowan annuì, comprendendo la mia posizione. «Aspetterò.»

 

Pur con la sensazione di aver mancato in qualcosa, mi lasciai lui e le prigioni alle spalle, riprendendo il cammino insieme ai miei compagni. Nessuno mi pose domande riguardo a quell’incontro, ed io apprezzai la loro discrezione. Mi ripromisi comunque di raccontare la verità almeno ad Alistair quando saremmo usciti incolumi da tutta quella storia. Meritava di sapere ogni cosa, perché lui per primo aveva sempre riposto in me, facendomi partecipe dei segreti che lo riguardavano, soprattutto quelli più importanti. Era giusto che facessi altrettanto.

   «Gli staccherò la testa dal collo», minacciò fra sé. Temetti che pensasse di tornare indietro per giustiziare Jowan, e pur non potendo biasimarlo in alcun modo, mi preparai psicologicamente a mettermi un’altra volta fra loro. «Intendo Loghain», precisò dopo un attimo, regalandomi un fugace sguardo per tranquillizzarmi.

   «Almeno adesso abbiamo avuto un’ulteriore prova che mira più al trono che alla sicurezza del Ferelden», osservò pratica Leliana, analizzando ancora la questione meglio di noi. «E, se fossi in voi, terrei gli occhi aperti: gli assassini si aggirano per le corti molto più spesso di quanto possiate immaginare.»

   «Se quello è un mago», prese invece a dire Morrigan a voce alta, cambiando argomento di punto in bianco, «perché non è fuggito? Che ci vuole a fondere le sbarre con il fuoco?»

   Calò il silenzio. Quindi, schiarendomi la gola, fui costretta a confessare in un pigolio: «Jowan non ha mai brillato per intelligenza.»

   «Capisco», commentò la figlia di Flemeth, pensierosa. Si rivolse ad Alistair. «Hai visto? Ne abbiamo trovato uno più scemo di te.» Lui evitò di ribattere; nervoso com’era, era sconsigliabile che lo facesse. Morrigan tuttavia non era del suo stesso avviso. «Cos’è, il tuo?», continuò tornando a parlare con me. «Un metodo per sembrare più sveglia, quello di circondarti di gente stupida?»

   Alistair sbuffò e accelerò il passo. Io gli fui subito accanto. «Vi dirò ogni cosa su Jowan non appena potremo trovare un attimo di calma», gli assicurai, spaventata dall’eventualità di perdere la sua benevolenza.

   «Il fatto che voi conosciate quell’individuo non vi rende necessariamente sua complice.» Il suo tono era teso, ma non arrabbiato. Non con me, per lo meno. «Non temete, vi ho inquadrata meglio di quanto crediate, e so che non siete una criminale.»

   «Vi ringrazio», risposi, sinceramente commossa. «Ad ogni modo, a maggior ragione, vi racconterò tutto al riguardo.» Lo vidi annuire e piegare appena le labbra all’insù, segno che apprezzava la mia sincerità.

   «Ah, perdonatemi per prima», sospirò poi. «Vi ho fatto male?»

   Ci misi qualche istante per capire che si stesse riferendo al momento in cui, in preda, all’ira, mi aveva schiacciata fra sé e la grata della cella. «Oh, no, no. Non preoccupatevi. Sto bene.»

   Chiariti momentaneamente i malintesi almeno fra noi due, proseguimmo attraverso le segrete, fino a che non arrivammo ad una scalinata che, secondo Alistair, portava all’ala del castello destinata alle guardie e alla servitù. Salimmo lentamente al piano superiore, attenti ad ogni minimo rumore e, soprattutto, a non farne. Sul pianerottolo non c’era nessuno, ma da una delle porte che davano sul corridoio che si era aperto davanti a noi, mi parve di sentire qualcosa che nessun altro udì. Avrei voluto dare la colpa alla mia immaginazione, ma più avanzavamo, più quel suono, come un balbettio confuso, mi sembrava reale. Anche Morrigan disse di avvertire qualcosa, e alla fine decidemmo di dare un’occhiata. Alistair propose di sfondare la porta, ma fermammo la sua boria maschile per accertarci prima di una cosa: poggiai un orecchio contro la superficie di legno che ci separava da quella presenza a noi sconosciuta, e riconobbi una voce di donna, piuttosto giovane, intenta a sussurrare disperate preghiere.

   Schiudemmo l’uscio con delicatezza, e subito piombò il silenzio. Un urlo si alzò un attimo dopo, nel momento in cui due occhi atterriti si posarono su di noi. Una ragazza, poco più che adolescente, indietreggiò, fuggendo a nascondersi dietro una delle pile di sacchi custoditi nel piccolo magazzino in cui lei si era rifugiata, a quanto pareva, per sfuggire al pericolo che incombeva sul castello.

   «Non abbiate paura», provò a parlare Leliana, facendo pochi passi avanti. «Siamo qui per aiutarvi.»

   «Chi siete?», ci sentimmo domandare con tono incerto, mentre la fanciulla sbirciava nella nostra direzione, restia ad uscire allo scoperto.

   «Siamo qui su ordine di Bann Teagan», spiegò gentilmente Alistair, rimanendo sulla soglia per non spaventarla oltre. «Come vi chiamate?»

   «Valena», ci rispose lei dopo qualche istante. «Che ne è di Redcliffe?»

   «Il villaggio è salvo, per ora. State tranquilla», la rassicurò ancora Leliana.

   «Valena», riprese invece il nostro compagno con fare pensoso, «non era il nome della figlia di Owen?», mi chiese.

   La ragazza saltò in piedi. «Conoscete mio padre?», volle sapere, speranzosa.

   «Vi sta aspettando», le confermai, lieta di averla trovata viva e in salute.

   «Scappate da qui», le suggerì Alistair, facendole cenno di venir fuori.

   Lei scosse la testa, portandosi le mani davanti alla bocca e tornando a muoversi verso la parete alle proprie spalle. «No, no! Ci sono i mostri!»

   «Non da dove veniamo noi», replicò Leliana. «Di quelli che c’erano, ce ne siamo già occupati», aggiunse per farla calmare.

   «Non possiamo accompagnarla al villaggio, non ne abbiamo il tempo», ragionai sottovoce con Alistair. «Né possiamo lasciarla qui.»

   «L’unica sarebbe quella di farla scappare per il passaggio segreto», rispose lui.

   «La scala di legno che porta al mulino si è rotta», gli ricordai.

   Agitò una mano in aria con fare spiccio. «Le basterà chiudersi la porta delle prigioni alle spalle per essere al sicuro. Eventualmente, torneremo noi a prenderla dopo. O magari potrebbe provare a salire comunque, il gradino fra il tunnel e il mulino non è poi così alto.»

   «Non per voi, certo», bofonchiai, imbarazzata.

   Mi sorrise. «Siete carina anche perché siete in miniatura», affermò con tenerezza, come se fosse bastato un complimento per scusarsi.

   Morrigan sbuffò, seccata per tutta quella perdita di tempo. «Che si arrangi», disse senza troppo tatto. «Non possiamo curarci di salvare anche gli scarafaggi presenti nelle dispense del castello.»

   Le scoccammo un’occhiata poco gioiosa. «Valena», iniziai allora io, «se imboccate le scale che portano di sotto e poi correte oltre il portone che troverete in fondo ai sotterranei, vi ritroverete in un tunnel. Quel passaggio porta al mulino di Redcliffe.»

   Lei parve pensarci su, valutando la situazione e scrutando con sospetto Morrigan. «Devo andare da sola?»

   «Nessuno vi farà del male», le promise Alistair. «Nei sotterranei troverete un prigioniero, però», l’avvertì per non farla giungere lì impreparata. «Non è pericoloso. Beh, non per voi», si corresse a denti stretti. «Ad ogni modo, se dovesse rivolgervi la parola, non dategli retta e continuate per la vostra strada.»

   «Merlino», mi sovvenne in quel momento, acquattandomi accanto al mio mabari, «vai con lei.» Lui reclinò la grossa testa da un lato, fissandomi con gli intelligenti occhi neri. «Proteggila, mi raccomando.» Abbaiò in risposta, assordandomi come al solito. In realtà non avevo molta voglia di separarmi da un così valido membro della squadra, ma che altro potevamo fare?

   «Vi sentirete più sicura con Merlino», confermò Leliana, porgendo una mano alla fanciulla per aiutarla ad uscire dal suo nascondiglio. «I mabari sono molto forti. Conoscete questa razza?»

   Valena fece segno di sì. «Ce ne sono anche qui al castello», ci informò. «Poco più avanti, vicino all’armeria.» Quindi, vincendo ogni paura, accettò il nostro consiglio e, mormorata qualche confusa parola di ringraziamento, scappò verso le scale insieme al cane.

   «Non per farvi pesare la mia intelligenza», riprese Morrigan, non appena li vedemmo sparire, «ma visto che c’eravate, perché non le avete chiesto di confermare la storia del prigioniero?»

   Noialtri tre rimanemmo muti. Alistair fece per aprire bocca, ma poi ci ripensò e si limitò a schiarirsi la gola e a riprendere il cammino. «Valena era molto spaventata», tentò una blanda difesa Leliana, torturandosi le dita delle mani all’altezza del petto. «Probabilmente non avrebbe saputo risponderci.»

   «Flemeth mi ha costretta a viaggiare con un branco di cretini», concluse a quel punto Morrigan, scuotendo nervosamente il capo e battendo le mani sulle gambe in un moto di stizza. «Mi verrebbe voglia di chiudere in carcere anche voi. Tanto, furbi come siete, riuscireste a trovare il modo di rimanere intrappolati lì dentro anche con la porta della cella spalancata.»

   «Mi commuovo ogni secondo di più per la vostra simpatia», borbottò Alistair, procedendo con passo spedito. «Comunque, almeno una siamo riusciti a salvarla», affermò poi, recuperando parte dell’innato buonumore. «Magari fosse così anche col resto degli abitanti del castello», aggiunse con un sospiro.

   Immaginavo come dovesse sentirsi. Ad essere preso d’assalto era il posto in cui aveva passato l’infanzia, dopotutto, e le persone che erano state coinvolte le conosceva bene. Se fosse successa una cosa del genere alla Torre del Circolo, mi sarei sentita morire, perché quel luogo rimaneva il mio porto sicuro, a dispetto delle parole di Morrigan. In cuor mio, perciò, pregavo che, dopo la morte di Duncan e di suo fratello, Alistair non fosse costretto a dover piangere anche quella di Arle Eamon, al quale pure era molto affezionato. Strinsi la presa attorno al mio bastone e mi affrettai ad affiancarlo.

   Giunti alla fine del corridoio, svoltammo un angolo e penetrammo all’interno di quella che doveva essere l’armeria di cui ci aveva parlato Valena. Fu lì che ci trovammo davanti un altro gruppo di nemici, e noi, convinti di riuscire a cavarcela come al solito, commettemmo il grave errore di non ricordarci della presenza dei mabari. Ci fiutarono subito come intrusi, e in cinque ci furono immediatamente addosso. Sarebbe stata la fine se a Morrigan non fosse venuta in mente la geniale idea di usare una delle sue metamorfosi.

   A questo punto, tuttavia, dovrò scusarmi per non essere in grado di dare un resoconto dettagliato del combattimento che si svolse contro i mabari, poiché non appena un enorme aracnide nero, molto più alto di me, mi passò accanto, sfiorandomi una spalla con le massicce zampe nodose e pelose, un terrore mi annichilì, tanto che, credo, persi conoscenza.

   Fu solo dopo diversi minuti che, riprendendomi, mi ritrovai semidistesa sul pavimento, fra le braccia di Alistair, col fiato corto, il battito cardiaco accelerato ed il viso rigato dalle lacrime. «State bene? State bene?», mi stava chiedendo lui, spaventato, tenendomi con mani tremanti.

   «Non ne avevo idea!», discuteva invece Morrigan, più in là, insieme a Leliana. «Che ne sapevo, io, che ha la fobia dei ragni?»

   «State bene?» Il mio sguardo saettò da una parte all’altra della stanza: i mabari ed il resto dei nostri avversari si trovavano a terra, avvolti da grosse ragnatele e colpiti a morte, mentre i miei compagni parevano essere tutti interi. «Nimue?» Mi concentrai su Alistair, che mi fissava ancora con occhi spauriti. Mi feci forza e provai ad annuire con la testa, aggrappandomi a lui per issarmi a sedere e rassicurarlo. Avevo già avuto attacchi di panico, anni prima, ma mai di quella portata. Se non lo avessi già fatto nell’incoscienza, mi sarei abbandonata volentieri ad un altro pianto per la vergogna di essermi ritrovata in quella situazione: svenuta durante un combattimento, finendo per di più col pesare su chi invece volevo aiutare.

   «Come vi sentite?», mi domandò anche Leliana, avvicinandosi ed inginocchiandosi al mio fianco. Dietro di lei, Morrigan rimase in piedi, guardandomi con espressione a metà fra la preoccupazione ed il fastidio. Non osava muovere un passo nella mia direzione.

   Provai a regolare il respiro, rimanendo però ben salda al mio soccorritore. «Meglio», biascicai. «Io non volevo… Mi dispiace, mi dispiace», cominciai a gemere, mortificata, nascondendo poco coraggiosamente il viso contro il petto di Alistair.

   Il quale subito mi strinse a sé, protettivo. «Va bene, va tutto bene», sussurrò, cercando di farmi calmare. E di calmarsi a sua volta. «Non è successo niente.»

   «Volete bere un po’ d’acqua?»

   Leliana mi offrì la sua borraccia, ed io l’accettai. Quindi rialzai le iridi su Morrigan, che ancora se ne stava in disparte. Tentai di rimettermi in piedi e, quando ci riuscii con discreto successo, le dissi solo: «Grazie.» La vidi aggrottare le sopracciglia nere. «E, per favore», mi costrinsi a pregarla, «evita ancora quella mutazione, se possibile. Oppure avvisami prima, così ch’io mi prepari psicologicamente. O eviti di guardarti.» Mi sentivo una perfetta idiota.

   Lei strinse le labbra, dubbiosa, ma assentì. «Coi demoni, però, te la cavi, vero?», volle sapere. Giustamente.

   «Oh, sì, alla grande», le assicurai, passandomi le dita sul viso per asciugare le lacrime. «Uno di loro è anche mio amico», buttai lì, sperando che il ricordo di Topo mi aiutasse a star meglio. Lessi grande sconcerto sul volto degli altri, ma preferii non soffermarmi sulla questione e presi il bastone che Leliana mi stava allungando. «Possiamo proseguire.»

   «Sicura?»

   «Assolutamente.»

   «Ce la fate a camminare da sola?», si preoccupò Alistair, sostenendomi ancora per un gomito benché non ve ne fosse ormai più bisogno.

   Mi sforzai di sorridergli, imbarazzata. «Certo, state tranquillo», risposi. Provò a lasciarmi andare con una certa prudenza, e quando appurò che non stavo mentendo, raccolse da terra la spada e lo scudo, abbandonati probabilmente quando era corso da me. «Non volevo farvi spaventare», farfugliai fra le labbra, rendendomi di colpo conto di quanto iniziassimo a dipendere l’uno dall’altra. E non sapendo valutare se questo fosse un bene o un male.

 

Alla fine, comunque, giungemmo senza altri intoppi all’ultima porta, quella che ci separava dal cortile del castello. Fu con enorme cautela che Alistair spiò al di là del nostro nascondiglio, e quando tornò a rivolgersi a noi, scosse la testa. «Sono anche qui, e sono numerosi. C’è un tipo grosso, però, diverso dagli altri. Fa paura», ammise, seppur con la vergogna tipica dei bambini.

   «È un Revenant, accidenti», imprecò Morrigan, che nel frattempo si era messa a sbirciare anche lei verso il nemico.

   «Cos’è?»

   «Un cadavere posseduto da un Demone dell’Ira», spiegai io, lasciandomi andare ad un pesante sospiro. «Molti di loro sono capaci di lanciare incantesimi, ma di solito preferiscono lo scontro ravvicinato.»

   «Questo è armato di tutto punto», osservò Alistair con voce alquanto sofferente. «È pericoloso?»

   Alzai le spalle. «È la prima volta che me ne trovo davanti uno. Ma so che sono deboli contro gli attacchi fisici.»

   «Ottimo», si riebbe lui, contento.

   «Solo che si rigenerano velocemente», lo mise in guardia Morrigan. «Oltretutto hanno il potere di attirare a sé gli avversari che cercano di fuggire. Ah, e se vengono circondati possono colpire più persone contemporaneamente.»

   Alistair valutò la questione, trattenendo il fiato e restringendo lo sguardo. «Questo però sapete farlo anche voi due, giusto?», chiese conferma a lei e me. «Quindi mi basterà attaccarlo direttamente, no?»

   «E tutti gli altri?»

   «Ah, già», si ricordò, mordendosi l’interno della bocca.

   «Alistair, è quello il cancello?», domandò Leliana, affacciatasi sull’uscio. «Quello che dobbiamo aprire?»

   «Proprio quello», confermò l’altro, alzando un braccio quando, accorgendosi che volevo guardare anch’io, si decise a farmi spazio. «Dobbiamo aprirlo, ma…»

   «È impensabile farlo dopo aver battuto quella moltitudine di cadaveri. Bisogna aprirlo prima», considerai. Aguzzai la vista, cercando di scorgere Ser Perth al di là della grata di legno che delimitava il cortile del castello. «Mi pare che ci siano delle persone, lì dietro.»

   «Ci staranno aspettando», disse Leliana.

   Morrigan sbuffò. «Elfo, tu sei la più veloce», affermò. «Corri ad aprire il cancello agli altri. Noi tre intanto proveremo a coprirti le spalle, trattenendo il nemico.»

   Mi volsi a fissarla con occhi spalancati. «Sei matta? Non ce…»

   «Ce la faremo», mi interruppe lei, spazientita, «se tu ti sbrigherai. Abbiamo bisogno di aiuto.»

   Vista l’ultima mia dimostrazione di forza di carattere durante lo scontro con i mabari, non potevo affatto permettermi di stare a questionare sulla faccenda. Mi adattai perciò ad accettare il suo piano e, afferrando un lembo della lunga gonna per evitare di inciamparci durante la corsa, mi precipitai infine all’aria aperta, imponendo a me stessa di non lasciarmi distrarre da niente e di concentrarmi soltanto su quella leva che avrebbe consentito ai rinforzi di supportare l’azione d’attacco dei miei compagni.

   Fu col cuore in gola che mi gettai in una corsa disperata, imponendo alle mie orecchie di non far caso all’urlo di guerra lanciato da Alistair né al sibilo delle prime frecce che venivano scoccate alle mie spalle. Mi concentrai invece sugli uomini in armatura che, ora li vedevo nitidamente, aspettavano fiduciosi dietro l’inferriata che impediva ogni comunicazione fra Redcliffe ed il castello. Giunta a destinazione, agguantai la grossa barra di legno che si ergeva a circa un metro e mezzo d’altezza dalle mura interne, e, imprecando assai poco femminilmente a causa della fatica a cui fui costretta in quell’operazione, cercai di tramutare in forza l’incitamento che Ser Perth ed i suoi mi gridavano, entusiasti di essere ad un passo dal compiere la loro missione. Il cancello iniziò a smuoversi, ma la presa mi venne meno, ed io ricaddi all’indietro, a terra. Benché Morrigan mi reputasse – a ragione – la più veloce del gruppo, aveva senza dubbio sopravvalutato due cose: la mia statura, vista la posizione della leva, e la mia potenza muscolare. Non mi persi d’animo, comunque, e mi diedi aiuto col bastone, incrociandolo perpendicolarmente alla barra di legno che avrebbe azionato il meccanismo per alzare l’inferriata. Quindi, afferrando la mia arma alle due estremità, e piantando un piede contro il muro, ripresi a spingere verso di me; infine, con uno scatto secco, la leva venne giù, facendomi fare un bel capitombolo sulla schiena per la seconda volta. In un clangore di catene il passaggio fu aperto, ed i cavalieri di Redcliffe si precipitarono in mezzo alla battaglia, caricando il nemico con tutte le loro energie. Mi affannai a rimettermi dritta sulle gambe, e cercai con lo sguardo i miei compagni. Vidi il Revenant, anzitutto, che si ergeva imponente nel cortile e si scagliava contro Alistair. Quest’ultimo parò con lo scudo il suo colpo prima di sferrare un fendente che però non andò a segno. Aveva una freccia conficcata nell’avambraccio, eppure sembrava indifferente al dolore. Se avessi usato la magia del fuoco per aiutarlo, avrei corso il rischio di far del male anche a lui, per cui risolsi di concentrare il mio incantesimo sul solo Revenant anziché su più avversari. Accumulai una discreta quantità di elettricità all’interno del mio corpo e la lasciai fluire attraverso le mani, fino a che essa non si ammassò sulla cima del mio bastone che ne amplificò l’effetto. La riversai così verso il mio bersaglio, prendendolo in pieno senza tuttavia riuscire a metterlo fuori combattimento. Accortosi di me, il Revenant commise allora l’errore di dare le spalle ad Alistair, convinto com’era dell’efficacia del sortilegio che gli aveva appena scagliato contro; fu in quel momento, invece, che il mio amico mise a tacere ogni sospetto circa il suo valore di templare, poiché non lasciò passare che pochi attimi appena per dominare il proprio spirito interiore ed usare la propria ferrea volontà per annullare la magia di cui era stato vittima. Non contento, prima ancora che il Revenant potesse farmi qualcosa, lo trafisse energicamente all’altezza dei reni, costringendolo ad un urlo sordo e a ricadere al suolo, ormai del tutto innocuo. E mentre io tentavo ancora di riprendermi dalla meraviglia che mi aveva riempito gli occhi e la mente, Alistair non perse tempo e si affrettò a dare appoggio a Leliana, ora in difficoltà. Mi riebbi, e dopo aver finalmente scorto Morrigan impegnata a scagliare maledizioni ed incantesimi contro degli Scheletri Arcieri che scoccavano i loro dardi dalla cima delle scale che portavano all’ingresso principale del castello, risolsi di ricorrere alla magia curatrice, perché di forza d’attacco mi pareva ne avessimo a sufficienza.

   Quando lo scontro si concluse, il cortile era pieno di cadaveri, tutti inoffensivi ed appartenenti all’esercito del demone che si era impadronito della residenza dell’Arle – eccezion fatta per un cavaliere. Ser Perth si fece incontro ad Alistair e me, già intenta a cercare di curargli la ferita al braccio e a rimproverargli l’incoscienza che lo aveva portato ad estrarre la freccia con un gesto brusco, senza neanche pensare alle conseguenze.

   «Faremo irruzione all’interno non appena sarete pronti», ci disse Ser Perth, seguito diligentemente dai suoi uomini.

   «Anche subito, se occorre», rispose Alistair dopo aver fatto scorrere lo sguardo su me, Morrigan e Leliana, tutte in ottima salute.

   L’altro annuì. «Andiamo, allora», annunciò, aprendoci la strada lungo le scale su cui giacevano i mucchietti d’ossa ridotte a pezzi dalla figlia di Flemeth.

   Con la massima cautela, varcammo silenziosamente la soglia del castello, e sebbene ci aspettassimo un’accoglienza violenta da parte dei non-morti, nessuno si frappose fra noi e la sala principale, quella in cui Arle Eamon concedeva udienza. Fu tuttavia lì che fummo costretti ad assistere ad uno spettacolo piuttosto umiliante: in fondo alla sala, circondata dalle fedeli guardie, Lady Isolde se ne stava in piedi accanto ad un bambino, l’espressione avvilita; e ad allietare suo figlio Connor vi era quello che a tutta prima scambiammo per un giullare, ma che ben presto si rivelò alle nostre coscienze come Bann Teagan, evidentemente attirato lì con l’inganno – come avevamo ipotizzato – e ora obbligato a mortificare se stesso con quelle movenze che non facevano per nulla onore alla regale immagine che avevo imparato ad apprezzare il giorno addietro.

   Alistair aggrottò un sopracciglio. «Fossi in voi, mi troverei un altro spasimante», mi consigliò di cuore.

   «È sotto l’effetto di qualche incantesimo», spiegò Morrigan che, come me, ignorò stoicamente le parole del nostro compagno, evitando per una volta di rispondergli.

   Non potendo sopportare oltre quella scena aberrante, mi feci avanti affiancata da Ser Perth.













Oh-oh-oh. Non so voi, ma io odio Jowan. O per lo meno avrei voluto spaccargli le ossa. Ma il gioco prevedeva che lui fosse un graaande amico di Nimue, quindi mi era impossibile lasciarglielo uccidere (a meno che non caratterizzassi lei in maniera diversa). Ciò non toglie che lo considera un imbecille. Fatto e finito.
I ragni. Ecco una delle ragioni per cui la Morrigan della mia partita non è MAI ricorsa a tale metamorfosi: bastavano ed avanzavano i ragni che dovevano affrontare a Brecilian e nelle Vie Profonde. Ogni volta che spuntavano, iniziavo ad urlare e andavo in tilt. Ho idea che - pace all'anima di Alistair che si ritroverà sempre sotto il tiro dei suoi incantesimi - anche Nimue farà la stessa cosa. Se non mi muore prima per lo schifo. XD
Oh! Ieri ho comprato il secondo dei romanzi della saga! *_* (Il primo deve ancora arrivarmi, sigh!) A dire il vero ho spulciato solo un capitolo, quindi non posso certo dare un'opinione sulla storia. Mi piace però l'idea di leggere di Duncan da giovane. E non solo di lui, ovviamente.
Prima di salutarvi, rispondo velocemente alle ultime recensioni ricevute.
Lara - Come già detto in privato, Nimue NON è affatto coraggiosa. Ha solo paura di rimanere da sola ad affrontare il Flagello, tutto qui. XD E siccome Alistair è la cosa più simile ad una guida che si ritrova sotto il naso, non può certo lasciarlo morire, ti pare? In più, e mi pare di averlo scritto nel secondo capitolo, Nimue si smuove solo per aiutare gli amici e solo se è strettamente necessario. No, in realtà credo che alla condizione di Custode Grigio non si abituerà mai. Per lo meno, non così velocemente.
Atlantislux - Anzitutto grazie per il betaggio. Quanto a Jowan, come avrai letto più su, non sei l'unica a non amarlo. Riguardo a Nimue, invece, non sai quanto io sia felice di sentirmi dire che la sua caratterizzazione ti piaccia! <3 Anche perché ho sempre il maledetto terrore di renderla troppo Mary Sue o comunque un personaggio troppo scontato. Mi darò da fare per tenermi alla larga da disgrazie simili.
The Mad Hatter - Se riesco a strapparti qualche risata qua e là non posso che ritenermi più che soddisfatta. :D Anche se penso che sarà più avanti che mi darò alla pazza gioia con l'umorismo... Tutto sta a prendere la mano con i personaggi e l'ambientazione, e mi sa che già con l'Oblio sono a buon punto.
Curiosità: ma davvero vi sembra che io stia dando un tocco di umanità in più a Morrigan? Se sì, sono contenta, perché comunque è un personaggio ambiguo e contraddittorio, e la amo anche per queste ragioni. Mi piace davvero renderla affascinante come una creatura magica eppure continuare a sottolineare tutte le sfaccettature umane della sua personalità. Se però dovessi esagerare, per favore, fatemelo notare, eh!
Grazie a tutti i lettori. ^^
Shainareth





  
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Dragon Age / Vai alla pagina dell'autore: Shainareth