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Autore: Lhea    26/03/2010    5 recensioni
[Seguito de “Il gioco dello Scorpione”]
Sono passati due anni da quando lo Scorpione è finito dietro le sbarre, due anni da quando Irina è tornata a essere una ragazza normale e due anni da quando tutto nella sua vita ha iniziato a prendere la giusta piega… Ma si sa che il passato è sempre difficile da dimenticare, e lei lo sa meglio di tutti.
Il passato si può nascondere, si può rinnegare, si può anche cercare di dimenticarlo, ma non si può cancellare. Perché rimane lì, a ricordarti ciò che sei stata e ciò che sei diventata; rimane lì a farti capire cosa hai perso e cosa hai guadagnato… Il passato torna. E quando torna, un motivo c’è sempre.
E se all’improvviso Fenice tornasse? E se all’improvviso se le venisse offerta la possibilità di correre ancora per una giusta causa, di passare dalla parte “giusta” e coniugare due cose che non aveva mai pensato di poter riunire? E se all’improvviso si rendesse conto che alla fine il suo passato non lo hai mai dimenticato, che ha sempre vissuto all’ombra di ciò che era stata?
Questa volta Irina deve fare una scelta che può cambiare definitivamente il suo mondo, il suo modo di vedere e di vivere… Una scelta che la dividerà da tutto e da tutti, e che sarà la sua unica possibilità per lasciarsi veramente il suo passato alle spalle. Per poi scoprire che in due anni molte cose cambiano, comprese le persone che hanno fatto parte della sua vita.
Questa volta, il passato torna per sconvolgere tutti, per dimostrare che si cade e ci si rialza; per dimostrare che si perde e si vince; per dimostrare che il bene e il male sono solo due visioni relative… Per dimostrare che alle volte le parti si invertono, e ti mostrano quello che veramente c’è da vedere.
[Nota dell’autrice: lasciatemelo dire: questo non sarà il solito seguito. Se torno, torno per stupirvi… E’ una promessa]
POSTATO ULTIMO CAP + EPILOGO
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il Gioco dello Scorpione'
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Capitolo V

Capitolo V

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 10.50 – San Francisco

 

Irina varcò lentamente l’entrata del parcheggio interrato del quartier generale dell’F.B.I., sentendosi come una bambina che entra in un luogo che sa essere proibito. Le luci al neon illuminavano le pareti di cemento grigio, il soffitto basso e lettere che indicavano i settori appesi al muro. Come le aveva detto la guardia all’entrata, seguì la striscia rossa dipinta per terra che portava a una determinata area del garage sotterraneo.

 

Raggiunse un parcheggio più sgombro rispetto agli altri, e individuò subito la Ferrari di Xander. Rossa, spiccava in mezzo a tutte le altre auto scure, ma non osò parcheggiarsi vicino. Si fermò a una decina di metri di distanza e scese dall’auto.

 

Guardandosi intorno con aria leggermente spaesata, cercò con gli occhi la persona che doveva essere stata mandata per accoglierla. L’unica cosa che vedeva, però, era un luogo piuttosto inospitale e quasi freddo.

 

<< Eccola >> disse una voce di donna alle sue spalle.

 

Si voltò di scatto, per vedere correre a piccoli passi verso di lei una signora vestita con un tailleur azzurro, dai capelli tirati in uno chignon e gli occhi cerchiati dagli occhiali dalla montatura argentata. Le porse la mano con un sorriso sbrigativo, quasi avesse di meglio da fare che venire a cercare lei.

 

<< Benvenuta. Sono Colette Duruois, lei deve essere la signorina Dwight >> disse, << Prego, mi segua >>.

 

Senza nemmeno lasciarle il tempo di salutare, indicò la porta dell’ascensore e la precedette, premendo il tasto di chiamata in modo abbastanza violento.

 

<< McDonall la aspetta nel suo ufficio >> disse la segretaria, visionando alcuni fogli che teneva in  mano, << Mi ha detto di riferirle che la prossima volta le darà un badge per l’entrata… >>.

 

<< Oh, grazie mille >> disse Irina, mettendo piede nell’ascensore, un po’ spaesata.

 

Stava pensando che era arrivata a San Francisco in due ore… Velocità media duecento chilometri all’ora. Decisamente ricordava ancora come si guidava.

 

L’ascensore salì di diversi piani, poi si fermò con un sibilo. Le porte si aprirono su un corridoio lungo e dalle pareti bianche, molto simile a quello di un ospedale.

 

La segretaria indicò la porta in fondo. << Deve andare laggiù >> disse, << Mi dispiace non accompagnarla, ma devo sbrigare alcune faccende di sotto… Buona giornata >>.

 

Ci mancò poco che la spingesse fuori dall’ascensore, e Irina si affrettò a lasciarla andare. Si guardò un momento intorno, poi iniziò ad avvicinarsi alla porta chiusa, incrociando un signore in maniche di camicia a metà strada, che non la calcolò e continuò a sfogliare il suo plico con aria annoiata.

 

Arrivata davanti all’ufficio di McDonall, fissò per un istante il cartellino appeso alla porta, rendendosi improvvisamente conto che quello era il mondo di Xander

 

Lo aveva immaginato tante volte, chiedendosi come fosse il posto in cui Xander passava metà della sua vita e che in qualche modo li aveva anche fatti incontrare… Le sembrava tutto molto strano, quasi si trovasse lì solamente in sogno: si muoveva piano, come se da un momento all’altro tutto potesse crollare o scomparire. Appariva come un sacrilegio, farsi vedere lì dentro.

 

Fissò il battente della porta, incerta; poi si schiarì la voce e bussò.

 

<< Avanti >>.

 

Titubante, aprì la porta ed entrò nell’ufficio, ritrovandosi in una grande stanza illuminata a giorno, con le vetrate che davano sul parcheggio interno del quartier generale. Diversi scaffali di legno pregiato occupavano le pareti, pieni di archivi e libri, e al centro c’era una scrivania di mogano, dall’aria costosissima. Dietro, seduto e con l’espressione amichevole, c’era il Vicepresidente McDonall, una riproduzione della bandiera americana alle sue spalle.

 

<< Benvenuta >> disse alzandosi, << Prego, si sieda… Non abbia paura, nessuno la mangerà, in questo posto >>. Sorrise e le porse la mano.

 

Irina si avvicinò alla scrivania e prese posto, sentendosi stranamente in soggezione. In quella situazione, ricordò che McDonall era il Vicepresidente dell’F.B.I., e dopo di lui c’era solo il Presidente degli Stati Uniti… Sentiva la gola più asciutta del solito, e aveva le mani sudate.

 

<< Ha fatto buon viaggio? >> chiese l’uomo, cercando qualcosa nel cassetto della scrivania.

 

<< Sì, abbastanza >> sorrise Irina, ricordando la puntatina a duecentocinquanta che aveva fatto in un rettilineo piuttosto lungo, e quella sensazione indescrivibile che aveva provato dopo due lunghi anni di digiuno dalle gare…

 

Anche McDonall sorrise. << In effetti, gli autovelox l’hanno rilevata… Niente di problematico, in ogni caso. E’ un vizio anche dell’agente Went, avere il piede pesante >> disse, << Gradisce un caffè? >>.

 

Irina fece segno di no con la testa. McDonall iniziò ad aprire un paio di fascicoli, riordinando una dozzina di fogli. Ne mise da parte alcuni, tutti con il simbolo dell’F.B.I. sul frontespizio, e cercò una penna.

 

<< Bene, allora credo che dovremmo chiarire gli ultimi aspetti >> disse, << Ma per questo ci servirà anche White e l’agente Went… >> Le rivolse un’occhiata, << Dovrà firmare alcuni documenti, per entrare operativamente nel nostro reparto… Vuole farlo ora, che la situazione è tranquilla, oppure preferisce aspettare di conoscere i dettagli? >>.

 

Irina capì a cosa si riferiva. Se dopo ci fosse stato Xander, avrebbe fatto di tutto per impedirle di partecipare, e quindi se non l’avesse fatta firmare lei non avrebbe potuto fare proprio nulla. A “patto” avvenuto, doveva per forza limitarsi ad accettare la cosa.

 

“Questo è proprio un colpo basso. Non mi perdonerà mai. Però ormai ho deciso…”.

 

<< Ehm, credo sia meglio che firmi subito >> disse.

 

<< Lo penso anche io >> disse McDonall, porgendole il primo foglio, << Prego, qui c’è la penna… Si prenda tutto il tempo che vuole >>.

 

Irina prese il foglio e gli gettò un’occhiata: erano tutti i suoi dati, che lei sapeva di non aver mai dato a nessuno… Il potere dell’F.B.I. arrivava anche a quello. Un altro assomigliava molto a un contratto di assunzione, mentre il seguente era riservato a una sorta di regolamento interno.

 

<< Quello è un contratto di assicurazione >> disse McDonall, indicando l’ultimo foglio, << Un’assicurazione sulla vita. Non si spaventi: è una prassi per tutti, da noi >>.

 

Irina guardò il foglio: sotto, c’erano scritti gli importi che sarebbero stati versati in caso di infortunio, danno permanente e morte. Deglutì, più che altro al pensiero che Xander aveva sempre corso tutti quei pericoli… Sapeva cosa rischiava ogni volta, ma vederselo sbattuto freddamente davanti agli occhi, e per di più “convertito” in freddi importi di denaro faceva venire i brividi. Firmò e riconsegnò tutto al Vicepresidente.

 

“E fatta… Adesso non si torna veramente indietro”.

 

McDonall ripose lentamente i fogli in un plico. << Bene. Da questo momento in poi lei è un’agente dell’F.B.I. a tutti gli effetti, e lo sarà fino al termine di questa missione >> disse, << Le verrà pagato uno stipendio in tutto e per tutto uguale a quello dei suoi colleghi, e se porterà a termine la missione sarà ricompensata con un assegno extra. Avrà accesso a tutti i database che possono risultarle utili nel compimento dei suoi incarichi. Sarà tenuta a rispondere a me dei suoi comportamenti, così come sarà tenuta a seguire i miei ordini. E naturalmente non è autorizzata a parlare con nessuno di questa missione finché non saremo noi a deciderlo. Domande? >>.

 

Spiazzata, Irina fece cenno di no con la testa. McDonall sorrise davanti alla sua espressione sempre più confusa.

 

<< Avrà modo di studiare il nostro regolamento più avanti >> continuò, << Per il momento, l’importante è che sappia che sono io il suo referente. Se ha qualche problema, si rivolga pure a me >>.

 

<< Va bene >> mormorò Irina.

 

<< Perfetto. Ora, passiamo ai tanto sospirati dettagli >> disse McDonall, << Ha dato uno sguardo al fascicolo che le avevo lasciato? >>.

 

Irina si diede dell’idiota. Lo aveva nascosto nel bagagliaio della Punto in modo che Xander non lo trovasse, e poi se n’era completamente dimenticata… Il nervosismo di quei giorni l’aveva resa troppo distratta.

 

<< Ehm… No >> rispose, << Più che chiedermi di preciso cosa dovevo fare, mi domandavo se volessi farlo… >>.

 

<< Capisco >>. McDonall annuì con il capo. << Non è niente di grave… La sua destinazione è Mosca, come sa già, e il suo compito è quello di scoprire chi si nasconde dietro il nome di “Lince”… >>.

 

<< Lince? >> ripeté Irina, perplessa.

 

<< Esattamente >> disse McDonall, giocando con il plico di fogli che continuava a tenere in mano, << L’utilizzo dei soprannomi è comune anche tra questi russi… E per l’originalità vale la stessa cosa. Il problema però è qui nemmeno le persone che gli stanno più vicine sanno di chi si tratta, ne tanto meno il suo vero nome. E’ una sorta di fantasma che tira i fili da dietro le quinte… E’ lui che dobbiamo prendere, se vogliamo veramente arrestarli tutti. E’ indispensabile arrivargli vicinissimo, e lei può farlo. Conosce Goryalef, e cosa ancora più importante, Goryalef conosce lei >>.

 

<< Ma siete sicuri che non sappia che sono stata io a tradire Challagher? >> chiese Irina.

 

McDonall scosse il capo. << No. I servizi segreti russi hanno sondato il terreno, è sembra che Goryalef non sappia che lei sia stata la chiave di volta che ha fatto cadere lo Scorpione >> rispose McDonall, gettandole un’occhiata, << Sanno che non è finita in carcere, ma credono che sia riuscita a sfuggire sfruttando la “debolezza” di qualche nostro agente… >>.

 

Irina inarcò un sopracciglio. << Pensano che sia libera perché sono andata a letto con qualcuno di voi? >> chiese, disgustata.

 

<< Così sembra >> rispose McDonall, << Pare siano sempre girate voci false, sul suo conto, quindi non c’è da stupirsi più di tanto >>.

 

La cosa la infastidiva abbastanza, ma evitò commenti. Di voci su di lei ne erano girate parecchie quando faceva parte del giro di Challagher, e aveva imparato a farci l’abitudine, ma la innervosiva molto il fatto che la dipingessero per quello che non era.

 

<< Quando arriverà a Mosca, dovrà raccontare che ha deciso di lasciare gli Stati Uniti perché la situazione stava diventando insostenibile: le autorità la stavano cercando dappertutto e rischiava la cattura, dopo aver capito il suo gioco >> spiegò McDonall, << Dovrà dare l’idea di essere fuggita per salvarsi la pelle, perché in giro credono che abbia davvero aiutato l’F.B.I. ha prendere Challagher, e far credere che in questi due anni si è spostata da uno Stato all’altro per sfuggire sia alla polizia, sia alla poca gente che era ancora fedele allo Scorpione e che voleva vendetta >>.

 

<< Ci crederanno? >> chiese Irina, poco convinta, << Non credo siano così stupidi… Oltretutto, sospettavano già di me da un bel po’… Non sono mai stata vista di buon occhio. Avevano intuito che non ero veramente fedele allo Scorpione >>.

 

McDonall annuì. << E’ vero, ma io penso che ci crederanno >> disse, << Proprio perché lei è la più sospettata, si ricrederanno quando la vedranno arrivare. Perché andare da loro quando avrebbe dovuto essere fuori dal mondo delle corse, visto che ha avuto la possibilità di uscirne? Per quale motivo chiedere rifugio da loro, se collabora con noi? Se davvero non era fedele allo Scorpione, non avrebbe senso che si rechi a Mosca per chiedere il loro aiuto >>.

 

Irina fece un cenno con la testa: aveva capito. Se avesse smesso di correre, non sarebbe certamente andata da loro, come in effetti in quei due anni era successo. Era sparita, si era eclissata, e per loro poteva essersi benissimo nascosta, in attesa di riuscire a lasciare gli Stati Uniti appena la polizia avesse abbassato la guardia. Era molto verosimile, come cosa.

 

<< E quando sarò dovrò chiedere rifugio a loro? >> domandò, << Dovrò farmi passare per una ricercata? >>.

 

<< Sì… E’ se vogliamo fare davvero le cose per bene, dovrà dire che ha bisogno di aiuto per far fuggire Challagher di prigione >>.

 

Irina fissò il Vicepresidente, spiazzata. << Farlo fuggire? >> boccheggiò, e inorridì al pensiero.

 

<< Naturalmente sarà tutto falso, ma dovrà dare l’idea che un giorno o l’altro vorrà aiutarlo a scappare >> spiegò calmo McDonall, << A quel punto, penseranno davvero che gli è ancora fedele, e non si faranno più troppe domande sul suo conto >>.

 

Irina abbassò il capo e guardò per terra. Anche se era una bugia, l’idea di riavere di nuovo William davanti agli occhi la faceva tremare. All’improvviso si accorse che quello era il prezzo da pagare per tornare a essere Fenice.

 

<< Bene… Direi che abbiamo fissato i punti principali >> disse McDonall, prendendo la cornetta del telefono appoggiato sulla scrivania, << Tutto il resto lo vedremo insieme a White, Went e forse al suo collega d’avventura >>. La voce del Vicepresidente subì una leggera inflessione, sull’ultima parola.

 

Irina tornò a guardarlo. << Non andrò da sola? >> chiese.

 

McDonall assunse una strana espressione. << Forse no >> rispose, << Ma è ancora tutto da vedere… E’ qualcosa a cui non è al corrente nemmeno Went, per il momento. Non si preoccupi, parleremo anche di questo >>. Pigiò un numero sulla tastiera, poi le rivolse un’occhiata eloquente, per dirle di prepararsi a quello che di lì a poco sarebbe successo. << Colette? Vada a chiamare l’agente Went, per favore. Gli dica di venire nel mio ufficio, perché ho il nostro agente >>.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

<< Pare ci sia una segnalazione di qualche pirata della strada lungo l’autostrada verso San Francisco>> disse Jess, seduto davanti al suo pc con l’aria annoiata, mentre Xander stava in piedi di fronte alla finestra, pensando che era una giornata troppo bella per stare chiuso lì dentro. Di sicuro Irina pensava la stessa cosa, inchiodata alla sua sedia, a lezione.

 

Poco interessato, guardò l’informatico, l’arredamento asettico e troppo formale della stanza che lo rendeva quasi depresso. << Davvero? >> disse, leggermente più interessato, << Era da un po’ che qualcuno non faceva il pazzo per strada… >>.

 

Jess mandò giù tutto d’un sorso il suo caffè, appoggiando il bicchiere vuoto sulla scrivania piena di penne e fogli sparsi qua e là. << Già… Pare sia un’auto bianca, che va anche piuttosto forte >> continuò, << Ma non li avevate presi tutti, due anni fa? >>.

 

Xander si strinse nelle spalle. << Sì, credo… Sarà qualcuno che cerca di imitare Challagher e la sua banda >>. Si avviò verso la porta, << Non è la prima volta che succede. Spero non mi chiamino per una cosa del genere, perché se oggi è tutto così tranquillo torno a casa e faccio in tempo ad andare a prendere Irina >>.

 

<< Ok… Beato te che riesci a fare avanti e indietro tutte le volte >> disse Jess, l’espressione scocciata, << A me tocca stare qui almeno tre giorni a settimana. Jenny ha chiesto se può trasferirsi a dormire nel tuo ufficio >>.

 

Xander rise. << Volentieri, se la spediscono in giro per il mondo al posto mio >> ribatté, << Ci vediamo domani, se decido di venire in ufficio. Forse devo andare a vedere se trovo qualcuno da portarmi dietro a Mosca… >>.

 

<< Ok >>. Jess gli fece un cenno di saluto, << Ci vediamo. Se scoprono chi è il pazzo che corre in autostrada, ti chiamo. Magari può interessarti, se è uno che ti è scappato >>.

 

Xander annuì e aprì la porta dell’ufficio, per ritrovarsi faccia a faccia con la segretaria di McDonall, la francese Colette. La sua espressione piuttosto feroce diceva che era stata disturbata mentre faceva qualcosa di importante.

 

<< Ah, è qui! >> abbaiò la donna, << McDonall la vuole vedere nel suo ufficio. Ha detto che le ha trovato un’agente >>.

 

Senza aggiungere altro, Colette gli rivolse un’occhiata di fuoco e gli voltò le spalle, lasciandolo lì fermo come un cretino. Non era mai stata particolarmente affabile, ma certi giorni era davvero insopportabile.

 

Inarcò un sopracciglio e diede un ultimo saluto a Jess, poi si diresse verso l’ufficio del Vicepresidente. Benissimo, gli aveva trovato un compagno… Un problema in meno da risolvere. Il giorno dopo avrebbe potuto benissimo passarlo con Irina…

 

Salì le scale a piedi, e arrivò al lungo corridoio che portava da McDonall. Il suo studio era in fondo, la porta chiusa. Salutò uno dei capi distretto, poi bussò.

 

Chissà di chi si trattava. Non che fosse particolarmente curioso, ma sperava fosse qualcuno che avesse una certa affidabilità e soprattutto seguisse i suoi ordini: gli piaceva avere sempre tutto sotto controllo, e un compagno che faceva di testa sua non gli andava a genio. La parte del piantagrane e del ribelle era la sua, fin da quando era dentro l’F.B.I.

 

<< Avanti >>.

 

Guardò l’orologio, sperando che McDonall non lo tenesse molto, e aprì la porta, borbottando un saluto mentre fissava le lancette argentante

 

<< Buongiorno, agente Went >>.

 

Nella voce del Vicepresidente notò una nota diversa dal solito, così alzò lo sguardo per vedere cosa avesse. Ma i suoi occhi vennero catturati da qualcun altro, decisamente più conosciuto e molto inaspettato.

 

Seduta davanti alla scrivania del Vicepresidente, c’era Irina.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 10.30 – Carcere di San Francisco

 

La “sala per i ricevimenti” era una stanza quadrata e spoglia, dalle pareti stranamente scure e illuminata dalle luci al neon, che facevano brillare i vetri che separavano i detenuti dai loro parenti in modo fastidioso. Agli angoli, quattro poliziotti dotati di pistola e sguardo assassino tenevano d’occhio i carcerati e i loro visitatori. William gettò un’occhiata sprezzante a uno di loro e proseguì guidato dalla sua guardia, che lo teneva stretto per un braccio.

 

<< La in fondo >>.

 

McCarteer gli indicò l’ultima nicchia, quella vicino alla parete, proprio vicino a uno degli sbirri. William lo fissò un momento, come a valutare la sua pericolosità, poi si avviò lentamente, guardando incuriosito le persone con cui stavano parlando gli altri detenuti: la maggior parte erano mogli o figli, tutti incollati al vetro nella speranza di riuscire ad avere un minimo di contatto con il carcerato di turno, la mano appoggiata su ciò che li divideva. Non provava alcuna emozione, a quella vista, ma trovò la situazione per certi versi patetica. Lo Scorpione non avrebbe mai avuto bisogno di una cosa del genere.

 

Mentre raggiungeva il suo posto, si ritrovò a sperare che la persona che si sarebbe ritrovato davanti non fosse il suo “contatto” esterno, ma Irina. Sapeva che non era lei, che non sarebbe mai venuta, perché l’unica persona che aspettava era quella che l’avrebbe portato fuori di lì, ma sorrise comunque al pensiero.

 

“Se davvero venissi, sarei disposto ad aspettare ancora un po’, per uscire…

 

Si fermò davanti e guardò oltre il vetro. Per un attimo faticò a riconoscerlo, ma l’espressione degli occhi era la stessa che ricordava: intelligente e incuriosita. Portava un cappello di feltro, la barba lunga e trascurata, un’anonima camicia a quadrettini stropicciata e i capelli ricci più disordinati del solito. Dava l’idea di essere un mezzo barbone.

 

<< Ce ne hai messo di tempo, Sebastian >> disse William, sedendosi sullo sgabello con una smorfia.

 

Sebastian Mackay, il suo meccanico. L’unico che si era salvato dalla retata degli sbirri perché lo aveva lasciato a Los Angeles quando era fuggito dalla città, portandosi dietro al posto suo Michael, l’agente che gli aveva fatto da talpa durante la missione di Went e che poi era stato ucciso… Paradossalmente, il meccanico era stato l’unico a non essere beccato anche se era stato lasciato in città apposta per tenere d’occhio le mosse dell’F.B.I.

 

<< Dove sei stato fino ad adesso? >> chiese lo Scorpione, a bassa voce, in modo che il poliziotto alle sue spalle non riuscisse a sentire. La lunga attesa lo aveva reso nervoso.

 

<< Mi sono dovuto nascondere >> rispose Sebastian, abbassando la tesa del cappello, << Gli sbirri mi hanno cercato per tutto il tempo… Credimi, sarei venuto prima, se non fossi rimasto bloccato in Colorado >>.

 

William assunse un’espressione fintamente colpita. << Colorado? Che ci facevi lì? >>.

 

<< Ho lasciato Los Angeles per un po’, ma poi hanno raddoppiato i controlli alle frontiere >> spiegò il meccanico, << Non mi sono potuto muovere… Come stai, piuttosto? Non sapevo fossi rinchiuso qui, credevo stessi a New York… >>.

 

<< Come sto? >> ripeté William, << Non mi manca da mangiare, né le occasioni per fare a botte, ma non sto di sicuro bene. Anche se quello che sembra abbia passato due anni in carcere sei tu, a giudicare dall’aspetto… >>.

 

Sebastian fece una smorfia. << Toccherà anche a te camuffarti in questo modo, quando sarai uscito >> sussurrò, << E la tua faccia è molto più conosciuta della la mia… >>.

 

William avvicinò lo sgabello, e con la coda dell’occhio diede uno sguardo allo sbirro alle sue spalle. << Avrai modo di dirmi quello che hai fatto la prossima volta. Adesso ascoltami bene, perché ho fretta, e mi hai fatto perdere già troppo tempo. Hai un foglio per scrivere? >>.

 

Sebastian tirò fuori un pezzo di carta spiegazzato e afferrò la penna lasciata lì da qualcuno.

 

<< Vai >>.

 

William abbassò leggermente la testa, poi gli dettò una serie di numeri. << Sono le coordinate bancarie del conto in banca svizzero che avevamo io e mio padre >> disse, << E’ sotto falso nome, quindi non dovrebbe essere stato toccato dall’F.B.I. Procurati dei soldi, poi vai a cercare un certo Francis Blacktree, e digli che deve organizzarmi la fuga… In fretta. Sono disposto a pagare qualsiasi cifra. Nel frattempo, procurati delle armi e qualche auto… Quando esco di qui, voglio essere pronto a defilarmi appena possibile. E per ultimo, voglio che scopri se Irina è ancora a Los Angeles, se sta ancora con Went, e che cosa sta facendo, chiaro? >>.

 

Al nome della ragazza, Sebastian gli gettò un’occhiata, che lui interpretò come ansia. Non si aspettava che la nominasse, né che la volesse ancora rivedere dopo tutto quello che era successo.

 

<< E’ meglio che prima esci di qui, poi pensi a lei… >> disse, ma il suo tono non era molto convincente. Non osava dirgli di lasciarla perdere, e William lo sapeva, ma proprio per questo era lui a decidere, e lui voleva sapere dove si trovasse.

 

<< Uscirò prima di quanto immagini >> disse, << E quando sarò fuori, vado a riprendermela, chiaro? Non farti rivedere finché non hai fatto tutto quello che ti ho detto, e finché non hai raccolto qualche informazione su Irina… E’ stata lei a farmi sbattere qui dentro, e sarà lei la prima a vedermi libero >>.

 

Sebastian deglutì. << Ok, va bene… C’è altro? >> chiese, gettando uno sguardo alla guardia, per far sembrava che non stavano parlando di niente di importante.

 

<< Sì. Fammi avere un rasoio per capelli, due pesi da cinque chili, e un pacchetto di sigarette >> rispose William, alzando la voce per far vedere che non era niente di pericoloso, << E una rivista di auto, già che ci sei >>.

 

<< D’accordo… Te li faccio avere domani mattina >> rispose Sebastian, iniziando ad alzarsi, << Non so quando passerò la prossima volta >>.

 

<< Vedi che sia il prima possibile… >> sibilò William, guardandolo andare via. Si alzò e fece cenno alla guardia che poteva ricondurlo alla sua cella.

 

Quando fu di nuovo rinchiuso tra le mura umide e scure della sua gabbia, la prima cosa che gli venne automatico fare fu cercare con gli occhi la foto di Irina. Un ghigno gli si dipinse sul volto, mentre si passava la mano sul collo, nel punto esatto dove lei lo aveva graffiato come una gatta l’ultima volta che aveva avuto modo di sentire il suo corpo stretto nelle sue braccia.

 

Finalmente il suo momento era arrivato, finalmente le cose andavano per il verso giusto. Forse tre settimane, forse un mese, ma sarebbe uscito di lì, e il suo primo obiettivo sarebbero stati lei, Went e Dimitri; e poi, sarebbe tornato a riprendersi la sua città, senza che nessuno potesse fare nulla.

 

“Li ucciderò entrambi… E quando avrò davanti te, quando ti avrò dimostrato che non mi puoi scappare, deciderò se ucciderti… O se sarai abbastanza saggia di ammettere di aver sbagliato, potrei anche pensare di riprenderti con me, bambolina mia”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 11.30 – San Francisco, Sede dell’F.B.I.

 

<< No! >> gridò Xander, alla vista di Irina, seduta alla scrivania di McDonall, lo sguardo su di lui, l’espressione tesa e preoccupata.

 

No… Non se lo era aspettato, questo, da McDonall. In un attimo collegò tutto: l’auto bianca che correva sull’autostrada poco prima era la Punto di Irina che si dirigeva lì… E poi quegli strani silenzi, quella malcelata preoccupazione che aveva reso Irina irrequieta e ombrosa per tutta la settimana…

 

Avrebbe dovuto pensarci, avrebbe dovuto capire, ma si era rifiutato di pensare che McDonall si abbassasse a tanto: contattarla senza dirgli niente, metterla in mezzo lasciandolo all’oscuro di tutto, se non a cosa fatta… E invece ne era stato capace.

 

<< Xander… >>.

 

La voce di Irina gli arrivò distante, lì, inchiodato sulla porta, gli occhi piantati addosso a McDonall, furioso. Lo stava guardando, ed era spaventata, forse per la sua reazione o forse solo per la sua rabbia.

 

<< Brava… >> le disse, gelido, << Complimenti a tutti e due… Non me lo aspettavo, davvero, siete riusciti a cogliermi di sorpresa… >>. Gli tremava la mano, stretta a pugno lungo il fianco.

 

<< Chiuda la porta, per favore, agente >> ordinò McDonall.

 

Xander volse lo sguardo sul Vicepresidente, nel più completo silenzio, poi guardò Irina: era seduta in bilico sulla sedia, come se fosse pronta ad alzarsi e scappare. Richiuse malamente la porta dell’ufficio, fissando la ragazza senza nemmeno sedersi di fianco a lei. Era furioso perché non gli avevano detto nulla, perché lo avevano tenuto all’oscuro, e perché avevano deciso senza prendere in considerazione la sua opinione.

 

<< Non può mandarla >> disse subito, inchiodando McDonall con gli occhi alla sua sedia, ringhiando quasi, << Non è un agente, e non ha esperienza… >>.

 

Irina sembrò voler dire qualcosa, le mani strette sui braccioli, ma rimase in silenzio quando lui le lanciò un’occhiata di fuoco.

 

<< Non è l’esperienza che conta, in questa situazione >> ribatté McDonall, << E’ il fatto che lei sia conosciuta e che non avrà alcuna difficoltà a infiltrarsi tra di loro… >>.

 

<< Non me ne frega niente! >> disse Xander, e Irina sussultò, << Non mi interessa che lei pensi che è perfetta per andare laggiù! Non è più una pilota clandestina, non deve niente a nessuno! Non può costringerla a fare una cosa del genere! >>.

 

<< Io non l’ho costretta >> lo interruppe McDonall, secco.

 

<< Ma ha solo ventidue anni, cazzo! >> sbraitò Xander, << E’ uscita viva per miracolo dalla storia di Challagher, e lei la vuole rimandare la in mezzo? Potrebbe essere sua figlia, non… >>.

 

Non stava capendo più niente, tranne che tutta la storia lo mandava in bestia. Voleva tanto scoprire che si trattava tutto di uno scherzo, che lo stessero prendendo in giro, ma sapeva che avrebbe dovuto aspettarselo, che sarebbe successo alla fine… Se il Vicepresidente gli aveva ventilato la possibilità di coinvolgerla nella missione, avrebbe dovuto pensare che sarebbe andato a parlare con lei…

 

<< Si calmi, Went >> disse McDonall, duro, << Si ricordi con chi sta parlando. E smetta di trattare l’agente Dwight come una ragazzina, mi sembra abbastanza grande per poter decidere da sola, non crede? >>.

 

“Agente Dwight? Ma nemmeno per sogno!”.

 

Xander lo ignorò, facendo un passo avanti e mettendo le mani sulla scrivania. << Potrebbe essere sua figlia >> ripeté, << Lei manderebbe sua figlia in Russia a far arrestare dei criminali, solo perché le sembra la più adatta? >>. Voleva proprio vedere cosa gli avrebbe risposto, il Vicepresidente.

 

McDonall lo ignorò a sua volta, la bocca storta in un mezzo sorriso amaro. << Sentiamo cos’ha da dire Irina, piuttosto >>. Guardò la ragazza ancora seduta, facendole cenno di parlare.

 

Xander si voltò verso di lei, furioso. << Lo sai cosa mi fa impazzire? >> ringhiò, senza lasciarle il tempo di parlare, << Il fatto che tu non mi abbia detto nulla! Non mi hai detto niente, capisci? Sei stata una settimana zitta, mentre io mi preoccupavo di non metterti in mezzo! >>.

 

Irina lo fissò, si morse il labbro, poi deglutì. I suoi occhi da cerbiatta si mossero a scatti, prima verso McDonall poi di nuovo su di lui. Per la prima volta, l’espressione dolce della ragazza non riuscì a scalfirlo: era molto, molto arrabbiato, perché nessuno gli aveva detto niente e soprattutto perché Irina si sarebbe messa in pericolo. Stava per continuare, ma lei lo zittì.

 

<< Fammi parlare >> disse, apparentemente sicura.

 

<< Tanto non ti lascio andare >> ribatté lui.

 

Irina scosse il capo. << Nessuno mi sta costringendo a farlo >> disse, << McDonall me lo ha proposto, mi ha spiegato perché ha preso questa decisione, e mi ha dato tempo per pensare… Se sono la persona migliore che può andare laggiù, è giusto che ci vada… >>.

 

Xander si avvicinò a lei, con la voglia di prenderle il viso tra le mani e costringerla a guardare in faccia la realtà, che era chiaro che da sola non riusciva a vedere.

 

<< Tu non sei la persona migliore! >> scandì, << Credi che andare laggiù sia una passeggiata? Pensi che basti arrivare a Mosca e dire: “Oh, scusate, vorrei stare qui con voi perché a Los Angeles era tutto troppo tranquillo”? Se vai laggiù, ti ammazzano alla prima occasione, lo vuoi capire? >>.

 

<< So cosa significa stare la in mezzo >> ribatté Irina, << Pensi che non me lo ricordi? Ho passato due anni della mia vita fare la criminale, e sono sopravvissuta… >>.

 

In un attimo gli balenò di nuovo davanti agli occhi il primo incontro con lei, quando l’unica intenzione che aveva era quella di farsi aiutare nella sua missione… E solo con uno sguardo, aveva capito che Irina non era una qualunque, che dietro il suo viso pulito c’era una ragazza piena di dolore…

 

<< Perché quel figlio di puttana di Challagher ti usava per farci i suoi giochetti, cazzo! >> gridò Xander, << Se non fosse stato per il fatto che ti avesse messo gli occhi addosso… >>. Ripensare a quello che le aveva fatto lo Scorpione lo faceva arrabbiare ancora di più.

 

<< Non parlarmi così >> disse Irina, ferita, << Non sono una bambina, sono consapevole di quello che sto facendo >>.

 

Non era una bambina? Certo che lo era, glielo stava dimostrando proprio ora, comportandosi da avventata e incosciente…

 

<< Ma questo non toglie che tu non sia in grado di guardarti da sola! >> disse Xander, << Non sei preparata, non saprai cosa fare… Sarai indifesa e rischierai di farti male, e questo perché vuoi fare la pilota clandestina! >>.

 

L’espressione di Irina si indurì. << Pensi che io sia così stupida? >> chiese, gelida, << Pensi davvero che io non sia in grado di fare una cosa del genere? Hai così poca fiducia in me? >>.

 

Xander rimase in silenzio. Scosse il capo e percorse l’ufficio su e giù, cercando di calmarsi.

 

Si fidava di Irina, ma sapeva anche che lei non era mai stata in grado di pensare a stessa, nel momento del pericolo. Aveva sempre avuto la tendenza a mettere tutto e tutti prima di lei, dando la priorità agli altri e senza preoccuparsi per se stessa. L’amava alla follia anche per quello, per quella sua capacità innata di essere sempre e comunque altruista.

 

Non le avrebbe permesso di rischiare la vita, non quando aveva fatto tanto per salvarla e soprattutto quando non voleva correre il rischio di perderla. Irina era sua, nessuno doveva portagliela vita, perché sapeva che non avrebbe trovato nessun’altra come lei…

 

Guardò prima Irina, poi McDonall.

 

<< Non ci andrà >> disse solo.

 

<< Tu lo fai sempre, Xander >> disse Irina, guardandolo dritto dritto negli occhi, << Metti in pericolo la tua vita tutte le volte che parti, e io non ti ho mai fermato. Ho sempre avuto fiducia in te, anche se ho paura, e mi sono sempre detta che saresti tornato… Perché tu puoi farlo, e io no? Lo hai detto tu che a volte bisogna fare scelte che non ci piacciono… >>.

 

<< Irina >> Xander afferrò la sedia e si sedette di fronte a lei, guardandola negli occhi, << Ascoltami. Posso accettare il fatto che tu voglia tornare a correre, che le gare in qualche modo ti manchino, ma non posso accettare che tu metta in pericolo la tua vita per arrestare quattro criminali da strapazzo… Può farlo qualcun altro. Magari sarà più difficile, ma non credere di essere l’unica che può cercare di metterli dietro le sbarre. Vado io, piuttosto >>.

 

Doveva farglielo capire, doveva farglielo capire che non voleva correre nessun rischio con lei…

 

<< Perché credi che non possa farcela? >> chiese Irina, la voce sottile, l’espressione ferita. Credeva la reputasse un’incapace, una stupida… Non era vero, ma se serviva a farla desistere…

 

<< Perché io lo so che quando andrai laggiù, quando ti ritroverai in mezzo alla gente che per due anni hai tentato di fuggire, tu starai di nuovo male. Ci ho messo mesi per farti dimenticare cosa è successo quando io non c’ero, e tornerà tutto come all’inizio… E’ questo, che vuoi? >>.

 

La fissò, fregandosene altamente che McDonall fosse lì ad ascoltare tutto, che li stesse guardando bisticciare, cosa che succedeva assai di rado… Conosceva Irina come le sue tasche, e non voleva vedere di nuovo la luce nei suoi occhi spegnersi, la paura farla tornare schiva e ombrosa come era stata in passato…

 

Irina sembrò non sapere cosa dire, ma c’era qualcosa nel suo sguardo che aveva già visto altre volte, e non gli piacque. Sembrava determinata, esattamente come lo era stata quando due anni prima gli aveva detto di andarsene e uscire definitivamente dalla sua vita… E lui era riuscito a farle cambiare idea.

 

<< Non posso continuare a fare la parte della bambina, Xander >> disse lei, << Questa volta tu non centri: io devo andare laggiù perché è l’unico modo che ho per chiudere definitivamente con il mio passato >>.

 

Xander non la capiva. Cosa centrava quello con il suo passato? Buttarsi di nuovo in mezzo a quella gentaglia gliela avrebbe fatta dimenticare? Non aveva senso, soprattutto quando quella gente era praticamente la stessa con cui aveva avuto a che fare…

 

<< Non puoi farcela, da sola >> disse, per cambiare argomento, << Non puoi andare da sola laggiù… Potevo accettarlo se ci fossi stato anche io, ma da sola no >>.

 

<< Ma ci sarai anche tu, no? >> disse lei, quasi fosse scontato, << Sarai a San Pietroburgo… >>.

 

<< Che dista centinaia di chilometri da Mosca! >> sbottò Xander, << Mi ci vorrebbero ore per raggiungerti, se non giorni! Se quella la definisci vicinanza… >>.

 

<< Non puoi pensare di potermi avere sempre sotto controllo >> lo interruppe Irina, arrabbiata, << Quando te ne vai, sono da sola, no? Mica mi tieni d’occhio… In tutto il tempo che te ne sei andato, me la sono cavata da sola… >>.

 

<< Ma è diverso! >> disse Xander, esasperato, << A Los Angeles non sei da sola, c’è tuo padre, c’è Jenny… E non sei in mezzo a una banda di pazzi! L’unico pericolo che corri è quello di bruciarti le dita con la pentola della cucina! >>.

 

L’occhiata che gli lanciò Irina fu talmente carica di risentimento che per un attimo ebbe paura che lo mandasse a quel paese, altra cosa che non era mai successa. Solo che era troppo arrabbiato e spaventato per tenere a freno la lingua: anche se rischiava di offenderla, di ferirla, doveva evitare che accettasse quella missione.

 

<< Tanto ho già firmato >> disse lei, la voce di ghiaccio, << Quindi non posso tornare indietro, ora >>. Guardò McDonall, il mento in alto e l’espressione infuriata.

 

Xander rimase di sasso: aveva già firmato?

 

Si voltò verso McDonall, inferocito, puntando un dito contro di lui. Fino a quel momento, il Vicepresidente non aveva parlato, e secondo lui aveva fatto bene: rischiava davvero di dirgli qualcosa di cui si sarebbe pentito.

 

<< E’ stata un’idea sua, vero? >> lo aggredì, << L’ha fatta firmare prima di parlare con me, perché lo sapeva che glielo avrei impedito. Complimenti, davvero… Questo da lei non me lo aspettavo, né tantomeno da te, Irina >>.

 

Si girò verso la ragazza, rendendosi conto che in quel momento Irina era più distante di quanto non l’avesse mai sentita. Aveva fatto tutto da sola, aveva preso quella decisione senza parlare con lui, gli aveva tenuto segreto tutto quanto, neanche fosse un perfetto sconosciuto… Perché all’improvviso lo trattava così?

 

Per un momento pensò di infilare la porta e uscire, lasciandola lì a rendersi bene conto di quello che aveva appena fatto, ma voleva sentire cosa aveva da dire adesso, voleva che almeno gli chiedesse scusa per essersi comportata da stupida…

 

<< Sei troppo abituato a considerarmi una ragazzina >> furono le sole parole che Irina pronunciò, con una nota amara nella voce.

 

Rimasero a guardarsi in faccia per diversi istanti, in completo silenzio, l’ufficio permeato da quell’atmosfera tesa ed elettrica. McDonall sospirò, e si decise a parlare.

 

<< Mi dispiace per la sua reazione, agente Went, ma credo che debba prendersi qualche minuto per pensare >> disse lentamente, << Sta facendo la cosa più tragica di quanto è. La prego di sedersi e calmarsi… Oltretutto sta mettendo in discussione la mia sanità mentale, non considerando Irina adatta per questa missione. Non credo di essere così stupido da non capire se sto sbagliando… >>

 

“Mi dispiace dirlo, ma in questo momento la sto considerando un traditore…”.

 

Xander gli gettò un’occhiata, si sedette sulla sedia e incrociò le braccia.

 

<< Bene, mi dica cos’avete intenzione di fare, allora >> disse, provocatorio, << Illustratemi il vostro piano perfetto… Voglio proprio sapere cosa avete in mente >>.

 

<< Irina andrà a Mosca, e dirà a Goryalef e gli altri che è fuggita dagli Stati Uniti per scappare dalla polizia >> spiegò il Vicepresidente, << Dovrà far credere che è rimasta fedele a Challagher, e che è sfuggita all’arresto perché ha corrotto alcuni dei nostri agenti… >>.

 

Ma brava… Mi sa tanto che si avvicina molto alla realtà”. Xander fece una smorfia disgustata e rimase in silenzio per continuare ad ascoltare quello che avevano da dire.

 

<< Il suo compito sarà quello di cercare di scoprire chi si cela dietro il soprannome Lince, e fare in modo di entrare in contatto con lui. Dopodiché organizzeremo una retata e lo arresteremo >>.

 

Xander fissò McDonall, il sopracciglio inarcato. << Un bellissimo piano, concordo >> disse, << Tranne per il fatto che non state considerando una cosa: Irina è una ragazza, sarà da sola e non saprà ne potrà guardarsi alle spalle >>.

 

<< Posso capire la sua preoccupazione, da quel punto di vista >> convenne McDonall, << Ma Irina non sarà da sola. Avrà qualcuno che la accompagnerà e che le darà una mano a destreggiarsi nell’ambiente >>.

 

Quel qualcuno non era di certo lui, Xander lo sapeva. E l’unica persona che avrebbe autorizzato a seguire Irina era se stesso, quindi chiunque fosse il compagno della ragazza non gli sarebbe andato a genio.

 

<< Non mi interessa >> disse, << Oltretutto, crede che la sua famiglia la lascerà andare? Come farà con l’Università, eh? Ha una vita da portare avanti, non può abbandonare gli studi… >>.

 

<< A questo ci abbiamo già pensato >> lo interruppe McDonall, << Per quanto riguarda i suoi studi, non ci saranno problemi… Per il resto, potrà dire che partirà per un soggiorno universitario in Europa, e come scusa mi sembra abbastanza verosimile >>.

 

Xander si appoggiò allo schienale della sedia, cercando di trattenersi dall’insultare il Vicepresidente. Se davvero Irina aveva firmato, poteva anche lasciar stare il fatto di cercare di convincerla a tirarsi indietro. In ogni caso, però, la questione non era chiusa: quello che la legava a quella missione era un misero foglio di carta, e lui avrebbe trovato il modo di renderlo inutile.

 

<< D’accordo >> disse, << Perfetto. Avete pensato a tutto… Adesso mi chiedo perché me lo abbiate detto, tanto la mia opinione non conta. Potevate benissimo fare tutto da soli, immagino >>.

 

Silenzio assoluto. In quel momento nella stanza era udibile solo il rumore di un paio di piedi che passavano vicino alla porta, fuori dall’ufficio, e poi nemmeno più quelli. E la temperatura era quella di una cella frigorifera.

 

<< E io cosa dovrei fare, allora? >> domandò Xander.

 

<< Esattamente quello che era stato previsto >> rispose McDonall, << Andrà a San Pietroburgo, e cercherà informazioni che possano tornarci utili. Si occuperà di tenere d’occhio gli eventuali affiliati alla Lince e li arresterà, appena ne avrà la possibilità. Niente di cui non abbiamo già parlato >>.

 

Qualcuno bussò alla porta, con tutta l’intenzione di interrompere quella discussione che sarebbe presto degenerata in un vero e proprio litigio, fosse dipeso da Xander. Si voltò a guardare chi fosse, e vide Franck White entrare nell’ufficio, l’espressione quasi divertita sul volto largo e barbuto.

 

<<Giorno, Vicepresidente >> disse rivolto a McDonall, << Agente Went, ho sentito la sua voce dal fondo del corridoio >>.

 

Xander lo fulminò, poi tornò a guardare il Vicepresidente: ci mancava solo il suo vecchio capo. Ora correva veramente il rischio di finire sbattuto fuori dall’F.B.I. per oltraggio. Da quando lo aveva accusato di essere la talpa di Challagher, tra loro non era mai corso buon sangue.

 

<< Avete già chiarito tutto? >> chiese White, andandosi a piazzare alle spalle di McDonall, in piedi. << Oppure devo aspettarmi qualche insulto a cui credo che questa volta risponderò con una sanzione disciplinare? >>.

 

Xander fece una smorfia. << Poteva esserci solo lei, in questa storia >> borbottò, << Si starà divertendo un sacco, immagino… Vorrei proprio vedere se si fosse trattato di sua figlia >>.

 

White gli rivolse un’occhiataccia. << Rispetto, Went >> disse, << Anche se qui le permettono di fare quello che le pare, con me la lingua la deve tenere a freno, chiaro? >>.

 

<< Tanto io non rispondo più a lei >> ribatté gelido Xander.

 

White sorrise malignamente. << Si sbaglia >> disse, << In questa missione sarò io il suo referente, chiaro? Quindi se non vuole essere sbattuto fuori a calci, tenga la bocca chiusa >>.

 

Xander lo fissò, sentendo che ormai stava arrivando al limite. Stavano complottando contro di lui, o volevano che commettesse un omicidio? No, perché se quella era la loro intenzione, ci stavano arrivando davvero vicini…

 

<< Bene, benissimo >> disse alzandosi, << C’è altro? Altrimenti io andrei nel mio ufficio… E’ stato un piacere parlare con voi. Se vi viene qualche altra bella idea come questa, sapete dove trovarmi >>.

 

Si allontanò in direzione della porta, senza degnare Irina di uno sguardo, ma poi si fermò. Guardò McDonall con un finto sorriso e disse: << Ah, dimenticavo di chiedere chi la accompagnerà… Magari la sua migliore amica, così nessuno sospetterà niente? >>.

 

McDonall non rispose, tantomeno White. Irina lo stava guardando con gli occhi spalancati, e forse iniziava a rendersi conto dell’enorme errore che aveva fatto.

 

<< Allora, chi la accompagnerà? >> abbaiò Xander.

 

McDonall si voltò verso White, e si scambiarono uno sguardo molto strano. Questa volta sembravano davvero titubanti a parlare, come se sapessero bene cosa sarebbe accaduto dopo. Ma non doveva essere l’unico a non conoscere l’identità dell’altro agente, perché anche Irina appariva curiosa di conoscerlo.

 

Alla fine White fece un cenno al Vicepresidente, come se desse il compito a McDonall di dire di chi si trattava. Abbassò il capo per un istante, poi finalmente parlò.

 

<< E’ stata un’idea di White >> disse, << Stiamo ancora vagliando tutti i pro e i contro… Non è una decisione definitiva, la nostra… >>.

 

<< Chi è? >> ringhiò Xander, stufo di tutta quella situazione.

 

<< Dimitri Goryalef >>. A parlare era stato White.

 

<< Cosa? >> disse Xander, ma in realtà aveva capito benissimo quello che era appena stato detto.

 

Si sentì gelare il sangue nelle vene; per un momento credette di essere diventato sordo, di non essere più in grado di capire quello che gli veniva detto. Poi sorrise, troppo arrabbiato e stupito per avere qualsiasi altra reazione coerente.

 

<< Ah, già… Giusto >> disse, tornando sui suoi passi, << Quand’è che pensate di scarcerare anche Challagher? Così li mandiamo in giro tutti e tre insieme, mano nella mano, a farsi una bella vacanza in Russia. Chissà come sono contenti >>.

 

Guardò prima McDonall, poi White, e infine Irina. La ragazza sembrava l’unica condividere il suo pensiero, in quel momento. Appena aveva sentito il nome del russo, si era voltata di scatto verso il Vicepresidente, lo sguardo inorridito. Almeno lei non sembrava al corrente della cosa.

 

<< Dimitri? >> soffiò, poi gli rivolse un’occhiata.

 

<< Non lo sapevi, eh? >> fece Xander, fintamente divertito, << Eh già, se no come facevano a convincerti? Adesso cosa mi dici, eh? >>.

 

<< Agente Went, la smetta di parlare in questo modo, perché rischia seriamente che sia io stesso a radiarla dall’F.B.I. >> ringhiò McDonall, che evidentemente aveva raggiunto anche lui il limite.

 

Irina sussultò e guardò il Vicepresidente, ma Xander non si lasciò intimorire.

 

<< Non me lo aveva detto… >> sussurrò lei.

 

McDonall assunse un’espressione più dolce. << L’idea ci è venuta dopo che sono venuto a parlare con lei >> spiegò, << White ha ritenuto che mandarla con qualcun altro che faceva parte della Lista avrebbe contribuito a destare meno sospetti… Oltretutto, Goryalef viene proprio da Mosca, e sa come ci si deve comportare da quelle parti >>.

 

Xander ascoltò la spiegazione con un mezzo sorriso. Forse era la volta buona che riuscisse a convincerla a tirarsi indietro: non avrebbe sopportato di ritrovarsi di nuovo di fianco a Dimitri. Il problema si stava risolvendo da solo, alla fine.

 

<< Abbiamo parlato con lui >> continuò McDonall, << Ed è disposto ad aiutarci, in cambio di uno sconto sulla pena. Quanto al pericolo di fuga, non c’è da preoccuparsi, perché adotteremo tutte le misure di sicurezza possibili… >>.

 

Irina si voltò a guardarlo, e lui le rivolse un’occhiata come a dire: “Visto? Bella idea, che hai avuto”.

 

<< Va bene, accetto comunque >> disse Irina, a voce bassa.

 

Xander strabuzzò gli occhi, poi si diresse verso la porta e afferrò la maniglia.

 

<< Voi siete tutti pazzi >> disse, << D’accordo, fate che cazzo volete, tanto è chiaro che la mia opinione non conta >>.

 

E uscì, sbattendosi violentemente la porta alle spalle.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Irina fissò la porta dalla quale era appena uscito Xander, rendendosi conto che non aveva previsto che la situazione prendesse quella piega. Non lo aveva mai visto così arrabbiato, e la cosa la spaventava.

 

Qualcosa però riportò la sua attenzione su se stessa: Dimitri. Sarebbe andata in missione con Dimitri, l’ex numero due della Black List, il braccio destro di William e forse una delle persone di cui aveva avuto più paura ai giorni della sua vita di pilota.

 

Forse se McDonall glielo avesse detto prima, non avrebbe accettato. Ma ora che i giochi erano fatti, si rendeva conto che anche quello faceva parte di ciò che voleva lei: affrontare le sue paure, e quindi avere di nuovo a che fare con il russo doveva essere tra quelle.

 

<< Mi dispiace non averglielo detto >> disse McDonall, riportandola alla realtà, << E’ qualcosa che abbiamo deciso solo qualche giorno fa… E comunque, non avrei potuto dirglielo, altrimenti avrei influenzato la sua decisione… Avremo modo di discuterne ulteriormente, perché come ho già detto la nostra non è una decisione definitiva >>. Inarcò le sopracciglia, come a farle intendere che era ancora tutto da vedere. << Se sarà un problema… >>.

 

Irina scosse il capo. << Non fa niente… >> mormorò, << Credo che alla fine non cambi poi molto… Avrei accettato comunque, credo >>.

 

<< L’idea è valida, ma sono ancora propenso a valutare tutti i pro e i contro >> disse McDonall, gettando uno sguardo verso la finestra e poi verso White, << Non voglio correre alcun rischio, e le faremo sapere al più presto se davvero Goryalef sarà il suo compagno >>.

 

<< Ci sono delle possibilità che non lo sia? >> domandò Irina, muovendosi agitata sulla sedia. Non sapeva se esserne contenta oppure no.

 

<< Vista la reazione dell’agente Went, le possibilità ci sono eccome >>. Il Vicepresidente si produsse in un sorrisetto.

 

<< Se Went si comporta in questo modo, ritengo sia il caso di esonerarlo dalla missione >> disse White, cogliendo l’occasione. << Potrebbe diventare un fastidio… >>.

 

<< No >> disse McDonall, << Ha solo bisogno di tempo. Dobbiamo capirlo: stiamo mettendo in pericolo una delle persone a cui tiene di più, e in qualche modo il suo comportamento va perdonato >>. Sorrise. << Signorina, vada a parlare con lui. Gli spieghi con calma perché ha preso questa decisione… Credo che lo troverà nel suo ufficio. Di sotto, al quarto piano >>.

 

Irina annuì e si alzò, mentre tutto si muoveva intorno a lei come se si trattasse di un sogno dai contorni sfocati. Uscì nel corridoio e lo percorse a passo rapido, ma al posto di chiamare l’ascensore prese le scale, scendendo i gradini piano piano, forse per darsi il tempo di pensare a cosa dire a Xander.

 

Non avrebbe mai immaginato che potesse avere una reazione così violenta, tanto di insultare i suoi superiori. Forse questa volta aveva esagerato, lo aveva provocato davvero troppo. Eppure era convinta di quello che stava facendo, era consapevole dei rischi e dei pericoli… E anche se doveva avere come compagno Dimitri, era pronta comunque a fare il suo dovere. Doveva riuscire a farglielo capire.

 

Raggiunse il quarto piano, e si guardò intorno in cerca dell’ufficio di Xander. Sulle porte non vide nessuna targhetta, nessun nome che le permettesse di riconoscerlo. Incerta, si avviò lungo il corridoio, guardando uno a uno gli usci, quasi aspettandosi che Xander saltasse fuori.

 

Alla fine lo trovò. Una piccola targhetta diceva “Alexander Went”, appesa al centro della porta. Rimase a fissarla per qualche istante, il respiro controllato, cercando un’idea per iniziare il suo discorso ed essere il più convincente possibile… Le idee erano poche, inutile che si sforzasse: in quel momento tutto quello che frullava nella sua testa era l’espressione furiosa di Xander.

 

Bussò.

 

Non rispose nessuno, ma sapeva che si trovava la dentro. Mise la mano sulla maniglia, attese qualche istante e poi entrò.

 

Xander era seduto dietro a una scrivania di legno scuro, di spalle, a fissare qualcosa di invisibile fuori dalla finestra. Teneva le braccia incrociate, ed era perfettamente immobile, come se non si fosse accorto che era entrata.

 

<< Complimenti, agente >> disse gelido, << Bel colpo >>.

 

Irina fece un passo avanti. << Xander, ascoltami… >> iniziò.

 

Lui voltò di scatto la sedia. << Siediti >> ribatté, la voce così dura che a Irina venne automatico prendere posto davanti a lui, divisi da quella scrivania che dava a tutto un’aria così formale.

 

Xander piantò i suoi occhi azzurri, ora di ghiaccio, sul suo volto, le braccia ancora incrociate, la mascella contratta.

 

<< Perché non me lo hai detto, eh? >> domandò.

 

<< Perché non mi avresti permesso nemmeno di pensarci >> rispose Irina, cercando di rimanere tranquilla per non farlo arrabbiare ancora di più, << Non mi avresti permesso di scegliere >>.

 

<< Perché tu non sei in grado di prendere una decisione, in questo caso >> ribatté lui, << Perché hai accettato, se sapevi che non sarei stato d’accordo? >>.

 

<< Sono la persona più adatta, per questa cosa, quindi devo andarci >> rispose Irina, risoluta, << Ci ho pensato, e ho capito è una cosa che voglio veramente fare >>.

 

Xander fece una smorfia. << Tu non ci vuoi andare perché lo vuoi veramente >> disse, << Tu ci vuoi andare perché ti senti in dovere di farlo… McDonall ha fatto leva sul tuo senso del dovere, altrimenti non ti avrebbe convinto ad accettare >>.

 

<< Come fai a saperlo? >> ribatté Irina, stizzita, << Non sei nella mia testa, non sai cosa penso veramente >>.

 

<< Lo so perché ti conosco come le mie tasche >> rispose lui, avvicinando la sedia alla scrivania, << Ti conosco meglio di te stessa >>.

 

Irina sentì per la prima volta montare un po’ di rabbia. Si stava sbagliando, non era come diceva lui…

 

<< Allora forse non mi conosci così bene, se non capisci la mia scelta >> sibilò.

 

Un attimo dopo si pentì di quella frase: Xander la fissava, l’espressione arrabbiata e forse anche ferita. Abbassò lo sguardo per un istante, poi disse lentamente: << Evidentemente no, non ti conosco abbastanza… >>.

 

Il tono della sua voce lasciò Irina senza parole: non era arrabbiato, ma profondamente amareggiato, come se all’improvviso si rendesse conto di chi si trovasse davanti.

 

<< Fammi spiegare >> disse in fretta lei, << So benissimo quant’è pericoloso, che gente ci sarà… Ed è vero, ho anche un po’ di paura, ma devo farlo perché sento che è l’unico modo che ho per crescere, per smettere di sentirmi sempre inadeguata… Per dimenticarmi di tutto il mio passato, lo devo affrontare da sola e dimostrare a me stessa che sono abbastanza grande per guardarmi da sola >>.

 

Guardò Xander, sperando di essere riuscita a fargli capire cosa la spingeva a voler tornare a essere Fenice, a voler affrontare quella cosa.

 

<< Non mi sembra il modo migliore per dimostrare di essere “grande” >> disse lui, << Anzi. Mi pare abbastanza infantile che tu voglia cacciarti nei guai per sentirti a posto con te stessa… Da sola cosa pensi di riuscire a fare? >>.

 

<< Ma lo vedi? >> sbottò Irina, << Mi tratti come una bambina, come se avessi sempre bisogno di essere salvata, seguita, aiutata… Perché credi che non possa farcela? Avevo diciotto anni quando sono diventata una pilota clandestina… Forse avevo Challagher dalla mia >> si affrettò ad aggiungere, ricordando le sue parole, << Ma gli altri non giocavano, e ho saputo cavarmela da sola. A Mosca le cose non saranno diverse, non ci sarà nessuno Scorpione, e sarò in stretto contatto con voi dell’F.B.I. Dove sta il problema? >>.

 

Xander sospirò esasperato. << Il problema è che io non voglio che tu rischi la vita >> rispose, secco.

 

Irina sorrise. Lo sapeva, che faceva tutte quelle storie perché non voleva che si cacciasse nei guai, che si facesse male, ma non aveva poi tanta paura per se stessa.

 

<< Tu lo fai sempre >> disse, addolcita, << Vai via per settimane, rischi la vita e mi fai stare male tutte le volte che ti vedo partire… Però non faccio tutte queste storie, quando vieni a casa e mi dici che hai un’altra missione a migliaia di chilometri da qui >>.

 

Xander si passò le mani sul volto, forse per cercare di mascherare un impercettibile sorriso. << D’accordo, è vero, hai ragione >> convenne << Però lì sono io che rischio, mica tu >>.

 

Irina continuò a sorridere. << Per una volta invertiamo le parti >> disse, << Non prenderla così male… E poi ci sei tu, no? Anche a chilometri di distanza arriverai a bordo della tua Ferrari rossa, andrai in contromano sull’autostrada e mi verrai a prendere, no? >>.

 

Xander non sorrise. << E Dimitri? >> chiese.

 

<< Dimitri… Forse non è così male come pensiamo >> disse lei, anche se non era proprio convinta, << McDonall ha detto che deve ancora decidere, e anche se accettasse la proposta di White, sono sicura che andrà tutto bene >>.

 

<< Mi lasci senza parole >> disse Xander, << Per una volta sei più incosciente di me. Andrà tutto bene… Ci sono una miriade di variabili da considerare, non è così semplice >>.

 

Rimasero in silenzio, Irina che guardava Xander e Xander che guardava il ripiano della scrivania, pensieroso. Forse era riuscita a convincerlo almeno un po’.

 

<< E’ una follia >> mormorò lui, << Una folliaMcDonall me la pagherà per questo, e anche quello stronzo di White. Mi sarei aspettato di tutto, ma non questo. Sono usciti di testa… >>.

 

<< Stanno facendo solo il loro lavoro >> li difese Irina, << Dovevano scegliere l’alternativa migliore che potevano, e l’hanno fatto. Per queste cose non si guarda l’affetto o i sentimenti… Me lo hai insegnato tu, no? >>.

 

Xander le gettò un’occhiata. << Torniamo da McDonall >> disse.

 

Si alzò e Irina gli corse dietro, fin nell’ufficio del Vicepresidente senza dire nulla. Aveva paura che Xander ricominciasse a gridare addosso al suo capo, o che facesse qualcosa di ancora peggio. Lo vide spalancare la porta e fiondarsi dentro.

 

McDonall e White erano ancora lì, uno in piedi e l’altro seduto, mentre esaminavano una cartina appoggiata alla scrivania. Alzarono lo sguardo quando Xander entrò come una furia.

 

<< Mi occupo io, di lei >> disse, indicando Irina alle sue spalle, << Dalla sua preparazione alla sua macchina. Tutto quello che la riguarda deve passare prima attraverso di me, compreso Goryalef >>.

 

McDonall non rispose. Irina si morse il labbro, in attesa.

 

<< O così o faro di tutto per non farla partire >> aggiunse Xander, per rendere più incisiva la sua minaccia.

 

McDonall sbatté le palpebre per un momento. << Va bene >> disse, << Ci penserà lei, se è questo che vuole. Irina risponderà a me, però, come lei risponderà a White, ci siamo spiegati? >>.

 

Xander annuì, poi si voltò verso Irina e puntò un dito su di lei.

 

<< E tu >> disse, << Se ti succede qualcosa, te la faccio pagare, capito? >>.

 

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

Ahi ahi ahi… La reazione di Xander era stata tutto tranne che calma. Non l’ha presa per niente bene… Ma ormai i giochi sono fatti, e dovrà accettare la cosa.

Scommetto che qualcuno aveva già intuito che il possibile compagno di Irina potesse essere Dimitri: non c’era nessuno più indicato di lui, in effetti. Ma c’è da fidarsi? McDonall appare dubbioso, e lui è uno che sa cosa fare. Quanto a Xander, è chiaro che lui non lo vorrà… Vedremo come finisce.

 

Supermimmina: ed ecco che Dimitri ricompare, non fisicamente ma quasi. E immagino anche che tu ci abbia azzeccato… Non era un mistero, che fosse il candidato ideale. Però bisogna ancora vedere… E ci saranno un sacco di cose, da vedere. Quanto a Irina, no, non la vedo certo come una bellezza “spregiudicata”, ma nemmeno angelica come una biondina acqua e sapone. Per come la vedo io, è una che attira gli sguardi non per come si veste o per come si comporta, ma perché ha qualcosa di “magnetico” che non ha a che fare con la bellezza fisica. Credi che William non abbia mai incontrato qualche ragazza più bella di lei? Irina ha qualcosa nello sguardo che cattura, altrimenti lo Scorpione non si sarebbe mai innamorato di lei. Questa è la mia Irina: dolce, insicura ma anche forte quando vuole. Ci vediamo al prossimo cap! Baci!

 

Marty_odg: sono contenta che questo seguito per il momento non ti stia deludendo. Molte delle cose che sono successe e che succederanno nei prossimi capitolo forse sono un po’ scontate, ma non può essere altrimenti, e sto cercando di dare comunque un’interpretazione che non le renda troppo automatiche e banali. E vedo che anche tu reputi normale che Xander non ami troppo Tommy: diversamente, sarebbe stato davvero troppo sdolcinato. Non correre troppo in macchina pensando a Irina, eh! Un bacio!

 

Annalisa70: non lo so se mi hai scritto altre volte (ma mi pare di sì), ma sono contenta che tu abbia deciso di farlo: fa sempre piacere sapere che qualcuno apprezza! Io personalmente ti consiglio di non prendere ancora le parti di un personaggio in particolare, perché siamo appena all’inizio, e ci saranno un sacco di cose che credo stravolgeranno molto la vicenda… E naturalmente grazie per i complimenti! Un bacio!

 

CriCri88: certo, la scelta di Irina era scontata, e in effetti forse lei vuole davvero più tornare a essere Fenice, che arrestare i russi… Quanto alla reazione di Xander, in questo capitolo faceva davvero paura: nemmeno Irina lo aveva mai visto così. Per il problema di Tommy, , non si tratta proprio di un problema: il bambino ha sempre rappresentato qualcosa che faceva parte della vita di Irina, e che non doveva esserci semplicemente perché il compito di crescerlo non spettava a lei. Egoisticamente lo ha “tolto di mezzo” perché voleva lasciare Irina libera di prendersi cura di se stessa, e poi anche di lui. In conclusione, è solo un po’ geloso e come ogni uomo che si rispetti non è dotato di spirito materno come Irina… Qualche difetto dovrà pur averlo anche lui! E poi William… William ha ancora molto da mostrare, e lo farà molto presto. Chissà se lo adorerai ancora… Baci!

 

Smemo92: sì, la scelta di Irina era prevedibile, ma per lei non era scontata: sa esattamente cosa significa. Come Xander, che è terrorizzato dal fatto di poterla vedere piombare di nuovo nella stessa spirale di dolore e paura in cui l’ha trovata. Questa volta non ci sarà William a “proteggerla”, ma nemmeno a ostacolarla: dovrà davvero affrontare tutto da sola, ma soprattutto dovrà affrontare stessa. Così come dovrà farlo lo Scorpione, che continua a non impazzire grazie a lei… Mi fermo qui, se no dico troppo. Baci e grazie che mi segui sempre!

 

Sheba_94: lo so, lo so, non mi collego mai… Ma tu non sai com’è sclerata la mia esistenza in questo momento. Vorrei tanto sdraiarmi su una spiaggia assolata e pensare solo a rilassarmi… Oppure usare il vampiro come puncing-ball antistress… E ultimamente sono davvero una Bad Girl, sai? Vabbè, ci sentiamo, baby. Bacioni-oni-oni

 

 

Sorelline koala: hola! Nuove? Sono contentissima! E lo sono ancora di più sapendo che avete apprezzato sia il Gioco dello Scorpione, che questo seguito ancora all’inizio. So che come genere è un po’ particolare, ma la mia intenzione era anche quella di far avvicinare a questo mondo qualcuno che magari lo vedeva con un po’ di perplessità. Se continua a piacervi, fatemelo sapere! Un bacione grande!

 

 

 

  
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